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Saverio
Saltarelli
12
dicembre 1970
Ucciso
da un lacrimogeno che gli spaccò il cuore
lo
ricordiamo con ciò che scrissero di lui i suoi compagni
12 dicembre 1969 - 12 dicembre 1970: due date da non dimenticare
Saverio Saltarelli nacque il 25 maggio 1947 a Pescasseroli (L'Aquila) da
una famiglia di pastori. Trasferitosi a Milano, frequentò il liceo e poi
l'università, alternando studio e lavoro. Al paese aveva organizzato
delle lotte contro la devastazione del Parco Nazionale degli Abruzzi ad
opera della speculazione edilizia e per alleviare la grave condizione dei
lavoratori stagionali e degli edili. Nell'estate del 1969, mentre lavorava
come falegname in un cantiere di Pescasseroli, organizzò un gruppo di
studenti-lavoratori per denunciare il supersfruttamento degli stagionali
costretti a lavorare fino a 14 ore al giorno e senza contributi. Appena
articolò la prima protesta venne licenziato. Ma egli non smise di lottare
e denunciò con un volantino la politica del sindaco che favoriva la
speculazione edilizia ed il saccheggio del Parco.
Alla fine di novembre Saverio si avvicina al Partito comunista
internazionalista (Rivoluzione Comunista), cominciando ad appoggiare i
compagni che operano nell'ambiente studentesco mediante il Comitato di
Agitazione Rivoluzionaria (Csar). Il 23 dicembre egli è in piazza col
partito per manifestare contro il terrorismo borghese. Il 21 gennaio col
gruppo di autodifesa reagisce alle cariche della polizia che blocca il
corteo alla partenza e, impegnandola con azioni diversive, permette che il
corteo si effettui muovendosi in un'altra direzione. In questa come in
altre occasioni egli rivela una notevole capacità di azione nonché i
tratti più caratteristici della sua personalità: la fermezza e
l'abnegazione.
È stato ucciso dalla polizia a 23 anni, nel tardo pomeriggio del 12
dicembre 1970 nei pressi della Statale di Milano, durante la
manifestazione indetta dagli anarchici per la liberazione di
Valpreda-Borghese-Gargamelli appoggiata da Rivoluzione Comunista, con una
bomba lacrimogena sparata da pochi metri di distanza che gli ha spaccato
il cuore.
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(Dall’Agitatore comunista n.11 – Dicembre 1970)
Profilo politico di Saverio Saltarelli
Il compagno Saverio è una creatura tipica del più recente periodo
storico. Vissuto in mezzo alle ristrettezze egli, è, fin da giovanetto,
un comunista istintivo: uno che prende a cuore la sorte dei lavoratori e
odia lo sfruttamento. Il suo sviluppo politico è particolarmente intenso
nell’ultimo triennio. In questo lasso di tempo egli raggiunge la sua
piena maturità politica. Nella sua breve esistenza egli riflette il
travaglio di un’intera generazione: quella che, entrata sulla scena
[politico-sociale] nel 1968, si trova ora o impegnata nella lotta o alla
ricerca della via per la rivoluzione.
Lasciato il padre che seguiva da bambino sulle montagne abruzzesi per
pascolare il gregge non ancora quindicenne Saverio è introdotto in un
seminario; ove, non potendo pagare la retta, si disobbliga facendo il
legatore e l’elettricista. Pieno di spirito critico egli ingaggia qui le
sue prime discussioni sulle condizioni sociali. Discutendo sulle
differenze sociali egli prende la difesa dei poveri contro i ricchi e, nel
far ciò, si appella all’esempio di Gesù Cristo.
Passato a Milano con alcune delle sorelle si iscrive al ginnasio Berchet.
Questo passo ha una grande importanza nello sviluppo della sua personalità
politica. A contatto con l’ambiente evoluto del Berchet egli deve fare i
conti dapprima con le proprie convinzioni religiose, in secondo luogo con
l’ostilità sociale degli elementi borghesi del Berchet. Questa seconda
prova è la più ardua anche perché Saverio, tra le altre difficoltà,
deve vincere quella di esprimersi in lingua italiana. Ma è su questo
terreno che egli dimostra le sue qualità di fondo. A differenza di alcuni
suoi compagni di scuola che si vergognano delle sue umili origini Saverio
se ne dimostra fiero e rintuzza in modo risoluto i tentativi di sopruso
messi in atto dagli elementi razzisti. Così un giorno fa a pugni col
figlio di un chirurgo che voleva prenderlo in giro per essere figlio di un
pastore.
Acceso sostenitore dell’uguaglianza sociale Saverio rimane durante i
primi anni di frequenza al Berchet un comunista sentimentale. Egli crede
sia possibile una conciliazione su basi umane. Ma questo comunismo ingenuo
viene scosso ben presto dall’ondata impetuosa delle agitazioni operaie e
studentesche, con cui si inaugura il 1968. Il Berchet è al centro delle
agitazioni studentesche. Qui gli studenti liceali cacciano un professore
giudicato da loro incapace di insegnare. A febbraio, mentre gli
universitari torinesi occupano Palazzo Campana, i liceali occupano il
Berchet (il primo liceo del paese ad essere occupato). Durante le prime
ore di occupazione, avviene uno scontro tra studenti e i carabinieri
intervenuti per bloccare l’entrata a un migliaio di studenti dell’Einstein.
Saverio è a fianco degli occupanti e protesta contro l’intervento dei
carabinieri.
La vita al Berchet in questo periodo è infuocata. Le assemblee si
susseguono in modo tempestoso, mentre tra i gruppi studenteschi di
tendenza opposta cominciano a verificarsi i primi urti violenti. Tutto ciò
accelera, straordinariamente, la sua maturazione politica. Saverio evolve
dal comunismo ingenuo al comunismo proletario. Egli si rende conto che le
masse sfruttate non possono eliminare gli sfruttatori senza una lotta
radicale. Tuttavia egli non ha ancora chiari né il ruolo necessario
dell’organizzazione d’avanguardia né i rapporti tra partito e classe;
perciò egli non entra a far parte di nessuno dei raggruppamenti di
estrema sinistra.
Nell’autunno del 1968 fa il suo ingresso nell’università statale. Il
contatto con nuovi elementi di sinistra e la più vasta vita intellettuale
della Statale allargano il suo quadro politico. Egli prende parte attiva
alle agitazioni, partecipa ai seminari, ma non accetta le posizioni del
Movimento Studentesco (MS): lo giudica confusionario e pieno di “figli
di papà” (benestanti). In questo momento alla Statale primeggiano i
gruppi filo-cinesi. Saverio dibatte ogni questione con molto interesse.
Legge Mao e polemizza coi filo-cinesi che ostentavano di possedere la vera
ideologia rivoluzionaria e di essere la vera guida delle masse. Contrario
ad ogni dottrinarismo osteggia la boria intellettuale sostenendo che
l’organizzazione ci vuole ma che questa non deve distaccarsi dalle masse
bensì immedesimarsi con esse.
Le disagiate condizioni economiche non gli permettono uno studio a tempo
pieno. Deve pensare anche a lavorare per vivere. Così giovedì e sabato
fa il fattorino ai supermercati; per un certo tempo lavora alla Rizzoli al
turno di notte intruppato in una carovana di facchinaggio; qualche volta
va a scaricare sacchi di patate ai mercati generali. Pieno di entusiasmo e
di vitalità egli si sforza di conciliare l’impegno politico con lo
studio universitario e il lavoro. Naturalmente tutto questo non avviene
che a prezzo di duri sacrifici e in condizioni di particolare asprezza.
Una notte, alla Rizzoli un suo compagno di lavoro scrive una frase
anti-padronale abbastanza colorita. La direzione licenzia per rappresaglia
tutti gli avventizi. Saverio, pur criticando nella forma l’autore della
scritta, ne condivide la sorte senza rammarico.
Il trasferimento a Milano non lo staccò mai completamente dal paese di
nascita al quale ritornava spesso. Due problemi gli stavano
particolarmente a cuore e lo tormentavano fin dalla prima giovinezza: la
grave condizione della manodopera locale e la distruzione del parco
nazionale degli Abruzzi ad opera della speculazione edilizia.
Nell’estate del 1969 mentre lavora come falegname in un cantiere
organizza un gruppo di studenti lavoratori col proposito di denunciare il
supersfruttamento dei lavoratori stagionali costretti a lavorare tutto il
giorno senza assicurazioni sociali. La denuncia è appena articolata che
egli viene licenziato sui due piedi. Qualche giorno dopo anche il fratello
subisce la stessa [sorte]. Saverio non disarma. Sa che la lotta politica
va fatta, prima di tutto, nel proprio ambiente. Così, appreso che il
sindaco favorisce la speculazione edilizia, non esita a denunciare il
fatto con un volantino. Per questa azione egli viene minacciato,
pesantemente, dal[lo stesso] sindaco.
Al suo rientro a Milano iniziano le lotte operaie per il rinnovo dei
contratti. Nell’ambiente studentesco non si fa che parlare di ciò:
dell’atteggiamento verso i sindacati, degli obiettivi e dei metodi di
lotta, della forma di partecipazione. Saverio comprende che per ogni
raggruppamento, che si qualifica rivoluzionario, diventa decisiva la
propria posizione concreta rispetto a queste lotte. Perciò discute
approfonditamente nella cerchia ristretta dei suoi amici tale questione.
Passa al vaglio l’atteggiamento dei vari gruppi: formula le proprie
critiche; partecipa alle manifestazioni di piazza. L’esperienza
accumulata gli consente di distinguere le differenze politiche esistenti
tra i diversi raggruppamenti. In tal modo egli è in grado di rompere
quella sua naturale diffidenza, che lo portava a ripensare più volte una
questione prima di decidersi e di compiere una scelta. Alla fine di
novembre, nel pieno sviluppo delle lotte operaie, Saverio si avvicina alla
nostra organizzazione [P.C.Int., Rivoluzione Comunista]., cominciando ad
appoggiare i compagni che operano nell’ambiente studentesco mediante il
Comitato Studentesco di Agitazione Rivoluzionaria (Csar). Il 23 dicembre
[1969] egli è al nostro fianco per manifestare contro il terrorismo
borghese.
Con l’inizio dell’anno il suo appoggio diventa stabile. Non manca a
nessuna importante azione pubblica di partito. E’ attivo e coraggioso.
Il 21 gennaio [1970] col “gruppo di autodifesa” reagisce alle cariche
della polizia che blocca il corteo alla partenza e, impegnandosi con
azioni diversiva, permette che il corteo si effettui muovendosi in
un’altra direzione. In questa come in altre circostanze egli rivela una
capacità notevole di adattamento da una situazione all’altra. Ma già
fin dai primi contatti con la nostra organizzazione egli rivela i tratti
più caratteristici della sua personalità: la fermezza e l’abnegazione.
Per lui si può dire, veramente, , che la lotta politica era una cosa
seria, un impegno passionale, che egli sentiva fino in fondo.
Fino alla primavera i rapporti tra Saverio e il nostro raggruppamento si
basano essenzialmente sull’attività pratica. Egli appoggia il Csar
nella sua attività di agitazione. E’ dopo il 1° maggio che la sua
partecipazione all’attività complessiva di partito diviene completa,
continua e sistematica. Entrato a far parte del Csar egli partecipa
stabilmente al suo lavoro, sia pratico sia teorico. Qui egli mette in
luce, accanto alle sue doti pratiche, il suo talento intellettuale.
Perspicace e intelligente, egli impara in pochi mesi ciò che richiede
anni interi. La sua preparazione teorica migliora così a vista
d’occhio, stimolando le discussioni tra compagni e i dibattiti nelle
riunioni. Ma il suo miglior talento è lo spirito critico. Trasportando
nel Csar il suo spirito critico egli ne anima le riunioni, ne ravviva le
analisi, fornendo a tutto il partito un contributo inestimabile. Nel Csar
è rimasto fino all’attimo della sua uccisione, cioè fino a quel
momento in cui una bomba lacrimogena sparata da pochi metri di distanza
colpendolo in pieno petto non gli ha spaccato il cuore.
Per la sua schiettezza, semplicità, era simpatico a migliaia di studenti;
mentre pochi sono gli operai che nelle grandi concentrazioni industriali
del Nord non ricordino il suo viso. La sua militanza è una fonte di
azioni esemplari. Molti giovani della sua età vi troveranno numerosi
esempi preziosi da seguire. Egli ha potuto dare solo questo contributo, ma
crediamo che ciò sia sufficiente a farlo entrare nella storia del
movimento operaio e comunista.
(L’Agitatore Comunista, organo dei gruppi studenteschi
internazionalisti,
La Rivoluzione Comunista)
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Edizione a cura di
RIVOLUZIONE COMUNISTA
SEDE CENTRALE: P.za Morselli 3 - 20154 Milano
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