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5 giugno 1975

MARA CAGOL AMMAZZATA IN UN CONFLITTO A FUOCO!

Fu una notizia che colse tutt’Italia di sorpresa quando si seppe che  nel corso di un normale controllo  dei carabinieri sulle colline torinesi  alla ricerca dell’industriale dei vini Gancia, in un conflitto a fuoco era morta Mara Cagol, la moglie di Renato Curcio e cofondatrice delle Brigate Rosse.

Un anno terribile quel 1975 che aveva visto nel mese di aprile  uno dei più sanguinosi per il “Movimento”  (definendo con questo termine l’area larghissima comprensiva di gruppi estraparlamentari, associazioni di base, aree sindacali “ribelli”, ecc…)

Un anno che, in quell’inizio di calda estate si colorava col sangue di una donna resasi famosa per la sua scelta ultraradicale e che l’aveva vista poco tempo prima armi alla mano andare a liberare il marito nel Carcere di Casale Monferrato, ricopiando il copione di un’analoga liberazione,  nello stesso carcere,  di partigiani incarcerati da fascisti durante la resistenza.

Quest’episodio con tutti i  suoi suggestivi richiami ne aveva fatto di lei un’icona della liberazione “armata” femminile,  ponendo un’ennesima contraddizione nel dibattito sulla giustezza o non della lotta armata nel quadro intricato della vita politica italiana di quegli anni.

Quando morì  a renderle onore non furono solo le Brigate rosse ma anche quell’area di Movimento che  pur tra mille distinguo,  riteneva l’ipotesi della lotta armata, o comunque l’uso della forza,  giustificabile dinanzi all’innalzarsi dello scontro , della repressione, delle trame golpiste e  dei rigurgiti fascisti.

La morte   di Mara , invece di esser un deterrente,  fu  un’elemento di spinta nel coinvolgimento diretto dell’altra metà del cielo, le donne, nelle organizzazioni della lotta armata e molte di esse riuscirono a superare gli stessi uomini in determinazione,  ma anche  in spietatezza

 

Sulla vicenda di Mara Cagol son stati scritti libri, fatte rappresentazioni teatrali e cinematografiche , il suo nome  fu riportato in innumerevoli comunicati delle BR e delle altre organizzazione della lotta armata , scritte con lo spray a lei dedicate furono fatte su migliaia di muri, ma forse a comprendere quanto la spietata logica delle scelte estreme e del militarismo comporti un espropriazione radicale dell’elemento umano lo ritroviamo in quel  gelido comunicato  scritto da suo marito Renato Curcio  in cui la sua morte diventa un elemento strumentale dell’organizzazione.

 Ma ci domandiamo, dietro tanta fermezza , tanta convinzione della vittoria finale, quanto vi era di disperazione per la perdita di una persona amata? Non parliamo poi degli altri , degli innominabili, gli “sbirri” che rimasero ammazzati o feriti in quel fatale scontro a fuoco e che comunque pur essendo “ servi dello stato” non fu reso nèanche  l’onore delle armi anzi  su di essi pesò l’ipotesi che Mara fosse stata uccisa a sangue freddo dopo essersi arresa.

Noi vogliamo ricordare la sua storia come quella di una donna che volle  percorrere sino in fondo le sue scelte con slancio come solo le donne sanno fare, pagandone anche le conseguenze

Una donna  che trasse dalla sua formazione cattolica, dall’interpretazione di un cristianesimo liberatore degli afflitti e degli oppressi la forza  di essere testimone con la propria vita  di quell’ansia di rinnovamento e di libertà che percorse la nostra generazione.

Poi l’esperienza da intellettuale marxista leninista (Da Wikipedia, l'enciclopedia libera). collaborando alla rivista Lavoro Politico e militando nel Partito comunista d’Italia m-l ed infine quella, dopo il 68 a Trento con “Renè “, il full immersion nel calderone esplosivo di Milano e la nascita di un collettivo , il Collettivo Politico Metropolitano che elaborò anticipando di qualche decennio,  accurate analisi sull’evoluzione  della società nell’era della trasformazione tecnologica , dell’informatica e dei media,

Nel frattempo lei  sposò  in chiesa con l’abito bianco il suo “Renè” , poi dopo qualche tempo la sua vita fu segnata da una  mancata maternità  che la segnò alla stessa stregua di tante altre donne che  hanno questa disavventura. Poi si riprese,  lanciandosi con più determinazione nelle lotte e nelle sue successive radicali scelte.

Molte altre donne ne fecero altre,  diverse ed anch’esse lo fecero con slancio, gioia  e determinazione, nacquero i movimenti femministi e tanto altro ancora  e questo fu anche merito di quella grande stagione che fu il 68

Vennero,   dopo il 75,  momenti ancor più terribili, e l’intera penisola fu percorsa da una lunga striscia di sangue di morti ammazzati  da una e dall’altra parte, con conseguenti drammi personali, famigliari che hanno lasciato e lasciano ancor oggi  una scia di astio  alla quale le istituzioni della repubblica e l’intero sistema politico non hanno mai voluto dare la parola fine preferendo  utilizzare   lo spauracchio di un ritorno degli anni di piombo e la necessità del permanere di forme legislative emergenziali.

Ripetiamo ancora una volte quanto in altre occasioni abbiamo ribadito,  che questa repubblica ha tutto il dovere di dichiarare chiuso quel capitolo,  facendo rientrare gli esuli e dimostrando che non con leggi eccezionali ma bensì con la partecipazione democratica  si può evitare che si ripetano condizioni tali da far rinascere il fenomeno della lotta armata.

I tempi purtroppo si stanno accorciando e  di questo ne sono tutti consapevoli compresi coloro che oggi giocano nel teatrino parlamentare.

L’annuncio di Berlusconi che :-…le” decisioni  forti”  del governo saranno accompagnate con l’uso della forza se non proprio dell’esercito …- non sono  dei bei segnali.

Alle scelte ideologiche di un tempo si stanno sostituendo nel quadro della costituzione di movimenti di lotta locali , forme di resistenza  che coinvolgono il vivere quotidiano con tutta la rabbia ed esasperazione che nessuna  disciplina di partito può fermare. Molto presto la crisi economica determinerà altri elementi di instabilità e di disgregazione  che ancora una volta il potere penserà di governare con l’uso della forza.

Tutto questo in un contesto in cui dal cosiddetto potere non sono stato digeriti il 68, il 77 , i movimenti noglobal, Genova e Bolzaneto e la Diaz ed  il rinascere di un neofascismo sanguinario, tracotante e che si presta al fornire  la provocazione  che dia l’alibi per una nuova stretta repressiva contro tutti i movimenti,ne è la prova più evidente

Son tutti gli elementi che purtroppo la nostra generazione ha conosciuto a cavallo di quegli anni 70 in cui il 1975 fu un’anno cruciale, che determinò molte scelte estreme, covate per molti mesi ancora ma che poi nel 77 divennero un grido di massa…allora l’illegalità diffusa veniva teorizzata dall’Autonomia Operaia come forma di autodifesa proletaria contro lo sfruttamento capitalistico in una fase di profonda crisi di riconversione, oggi l’illegalità è il motore trainante di un’economia ,  quella italiana,  che fatica a reggere la concorrenza internazionale, ma ...quanto questo potrà essere retto in termini di coesione sociale?

 Quanto scrive Saviano sul suo libro andrebbe analizzato con la stessa ostinazione con cui molti di noi si scervellavano un tempo  sui tomi dei Grundisse  o dello stesso Capitale.

Oggi la contraddizione principale  con tutti i suoi elementi esplosivi è  appena usciamo il naso fuori di casa e il senso di essere in guerra è forse più diffuso nell’opinione comune di quanto lo si era nei momenti dello scontro civile degli anni 70…ma, a quanto pare, nessuno se ne fotte, tanto…al massimo chiamiamo l’esercito…

                               A cura della redazione dell’Archivio Storico Benedetto Petrone

canzone di YO YO MUNDI: QUALCUNO HA PORTATO DEI FIORI PER MARA CAGOL

 

Riportiamo qui di seguito  parziali ricerche  su internet fatte da noi e da nostri collaboratori ,  tra i quali i sempre presenti compagni del CIRCOLO DI INIZIATIVA PROLETARIA GIANCARLO LANDONIO
 di Busto Arsizio (VA)e-mail: circ.pro.g.landonio@tiscali.it,  che ringraziamo

 

Dal sito di un giovane ricercatore e scrittore su quegli anni

http://www.valeriolucarelli.it/Mara.htm

Alla Cascina Spiotta, dove era imprigionato l'industriale Vallarino Gancia, Mara Cagol cadde in un conflitto a fuoco o bisogna credere all'autopsia che parlò di colpo sparato per uccidere?

 

Margherita Cagol proviene da una famiglia cattolica, da ragazzina organizza lotterie di beneficienza, suona la chitarra arrivando ad incidere alcuni brani per la Rai. Dopo il diploma di ragioneria si iscrive alla facoltà di Sociologia di Trento dove conosce Renato Curcio. Nel luglio del 1969 si laurea con una tesi sulla “Qualificazione della forza lavoro nelle fasi dello sviluppo capitalistico”, mentre Curcio rifuta di discutere la tesi di laurea non riconoscendo alcuna autorità alla commissione.

Gli eventi da allora si succedono freneticamente. Ad agosto Renato e Mara si sposano, poi sono tra i fondatori del Colletivo Politico Metropolitano. In una lettera alla madre scrive:

"Tutto ciò che è possibile fare per combattere questo sistema è dovere farlo, perché questo io credo sia il senso profondo della nostra vita. Non sono cose troppo grosse, sai mamma. Sono piuttosto cose serie e difficili che tuttavia vale la pena di fare. […] La vita è una cosa troppo importante per spenderla male o buttarla via in inutili chiacchiere o battibecchi." Il passaggio alla lotta armata è ormai vicino.

L’ultima speranza di una vita vissuta con profondo impegno ma senza il ricorso alla violenza cade forse quando nel 1971 Curcio e la moglie vengono coinvolti in uno scontro con la polizia a Quarto Oggiaro dove avevano occupato delle case. In quella circostanza Mara perde il bambino che aveva in grembo. I due entrano in clandestinità diventando insieme ad Alberto Franceschini i leader delle Brigate Rosse. L’8 settembre 1974 Curcio e Franceschini vengono arrestati. In una delle sue ultime lettere ai genitori Mara scrive:

“Cari genitori, vi scrivo per dirvi che non dovete preoccuparmi troppo per me. Ora tocca a me e ai tanti compagni che vogliono combattere questo potere borghese ormai marcio continuare la lotta. Non pensate per favore che io sia un’incosciente. Grazie a voi sono cresciuta istruita, intelligente e soprattutto forte. E questa forza in questo momento me la sento tutta. È giusto e sacrosanto quello che sto facendo, la storia mi dà ragione come l’ha data alla Resistenza nel ’45. Ma voi direte, sono questi i mezzi da usare? Credetemi non ce ne sono altri. Questo stato di polizia si regge sulla forza delle armi e chi lo vuol combattere si deve mettere sullo stesso piano.”

La Cagol organizza un piano per far evadere Curcio rinchiuso nel carcere di Casale Monferrato. È lei, pistola serrata fra le mani, ad entrare nel carcere e a far fuggire Curcio....

Sulla sparatoria che portò alla sua morte controversa vedi http://www.valeriolucarelli.it/Mara.htm

 

 

http://www.lastorianascosta.com/comment.php?comment.news.8

 

 

SULLA SUA PERSONALITA’ E LA SUA STORIA TRAIAMO QUESTO CONTRIBUTO DAL SITO

 

http://www.rifondazione-cinecitta.org/nomebattaglia.html


--------- Stefania Podda - Vita e morte di Margherita Cagol

Libri/ “Nome di battaglia Mara” di Stefania Podda: la storia della più ‘guerriera’ delle brigatiste, moglie di Renato Curcio. L’autrice ad Affari: “La scelta delle armi è sempre perdente, politicamente fragile”

Martedí 29.05.2007 16:00

 

 

«Se il potere riesce, con brillanti operazioni, a colpire qualche nostro militante, non riuscirà a neutralizzare la forza politica della nostra proposta strategica: la lotta armata per il comunismo»: recitava così un comunicato delle Brigate rosse dopo l’arresto nel settembre ’74 di Renato Curcio e Alberto Franceschini attribuito a Margherita Cagol, la ‘compagna Mara’, la cui battaglia, contro il mondo e lo ‘Stato borghese’, finirà una mattina del giugno ‘75 all’età di trent’anni.

La vicenda di Margherita, studiosa e musicista, viene raccontata con rigore e passione nel libro 'Nome di battaglia Mara. Vita e morte di Margherita Cagol il primo capo delle Br'. (Sperling & Kupfer, pp. 250, € 14,00). “Da sempre sono un’appassionata della storia degli anni Settanta e del fenomeno della lotta armata - confessa l’autrice Stefania Podda ad Affari - e attorno alla figura di Mara c’è sempre stato un alone di mitologia”.

Sotto quale aspetto per esempio?
“Già a partire dalla sua morte di cui esistono due versioni. Una fornita dai carabinieri i quali l’hanno colpita mentre tentava di fuggire, ma per errore; l’altra, riportata dai brigatisti, secondo la quale è stata uccisa a freddo. Di sicuro era disarmata”

Che cosa in particolare la tua indagine ha messo in luce?
“Si sapeva poco di questa ragazza: che era di buona famiglia, ottima studentessa, legata alle sue origine trentine e che ad un certo punto divenne una brigatista. In realtà, c’è un’evoluzione che l’ha portata a una precisa scelta, dettata non semplicemente dal fatto di essere compagna di Curcio. Ci sono state delle circostanze di vita che hanno influito su di lei; in quegli anni comincia a conoscere la politica, a maturare una forte coscienza di classe, soprattutto dopo il trasferimento a Milano: la vita delle fabbriche, i collettivi, la strage di piazza Fontana…”

Quale principio animava le sue azioni?
“Diciamo che Mara sta sul filo: in lei c’è il meglio e il peggio. Leggendo le sue lettere e parlando con chi l’aveva conosciuta viene fuori una fortissima tensione etica. In nuce c’è anche il peggio che verrà dopo la sua morte, cioè la deriva militarista delle Brigate Rosse. La sua fine ha sbarrato possibili percorsi e si può dire che lei costituisce un vero e proprio spartiacque”

Quale preciso evento dà prova di tale deriva militarista?
“Dopo la sparatoria di Arzello ci fu l’omicidio Coco, una spietata esecuzione che mostra una svolta nell’azione brigatista: persero la vita il giudice, l’uomo della scorta e un altro in macchina che non avrebbe potuto fare nulla. Per la prima volta le B.R. uccisero anche chi non poteva essere ucciso”.

 

 

 

Se è vero che tutti siamo condizionati dal tempo in cui viviamo, alcuni lo sono in modo più forte, tanto da venirne letteralmente tra­volti. Così è stato per Margherita “Mara” Cagol, occhi verdi e capelli neri, graziosa ragazza trentina di buona famiglia, cattolica, che dal­l’ambiente in cui fu educata assorbì ogni insegnamento, veramente sul serio. Se un buon cristiano non deve essere insensibile ai bisogni degli esseri umani che soffrono, per Margherita questo volle dire, in modo un po’ estremo e semplicistico, che doveva impegnarsi a cambiare il mondo, proprio lei, con qualsiasi mezzo, e subito. Probabilmente, se fosse nata un secolo prima, avrebbe potuto essere una di quelle fonda­trici religiose che hanno investito in opere assistenziali le loro strabordanti energie e il loro bisogno di aiutare. Anche Margherita, studiosa e musicista, piena di passione ed entu­siasmo, voleva intervenire nel mondo, voleva migliorarlo. come le era stato insegnato fin da piccola. Ma l’aria dei tempi che a Trento (facoltà di Sociologia) spirava forte, le propose fra le altre una ricetta semplice che sembrava spiegare tutto, e trovare un rimedio per tutto: il comunismo, la rivoluzione armata, avrebbero creato proprio quel paradiso in terra che somigliava molto, ai suoi occhi, a quella società migliore che i cristiani dovevano costruire. Il fatto, poi, che la strada per realizzare la Gerusalemme celeste le fosse proposta da un bel giovane, un po’ triste come si conviene ai più pregiati principi azzurri, non fece che renderla praticamente irresistibile agli occhi di Mar­gherita.

--- Dietro all’immagine della più ‘guerriera’ delle brigatiste si celava quindi una storia antica: per amore di suo marito, Renato Curcio, la giovane rivoluzionaria si è impegnata così a fondo nell’organizzazione politica clandestina da assumere non solo il ruolo di leader al posto del marito arrestato, ma addirittura di organizzare il commando con cui lo ha liberato dal carcere di Casale. Ma, come scrisse nell’ultima lettera alla famiglia, era una passione, quella rivoluzionaria, che la faceva sentire estremamente sicura di sé: “Abbiate fiducia nelle mie capacità e nella mia ormai grossa esperienza. So cavarmela in qualunque situa­zione e nessuna prospettiva mi impressiona o impaurisce. Vi voglio più bene che mai". Apparentemente senza dubbi e impavida, ma nel fondo timorosa di perdere l’approvazione della famiglia, con cui cercò di mantenere un legame anche dalla clandestinità, e forse anche quella del marito, se non lo seguiva fino in fondo, Margherita non ebbe mai il tempo di riflettere e di ‘pentirsi’, come altre sue compagne di ‘guerriglia’. Per lei l’aria del tempo spirava troppo forte per poterle resistere, tanto forte da farla finire uccisa, a soli trent’anni, con il fucile in mano, in un insensato scontro a fuoco con i carabinieri. Il 5 Giugno del 1975  

La storia ce la consegna bella, minuta, fisicamente fragile, occhi verdi e capelli neri, interiormente intransigente, determinata, fortissima. Morta con il fucile in mano, capace di replicare al fuoco col fuoco, coraggiosa di un coraggio che è però stretto parente di spietatezza e follia. Un meraviglioso personaggio da romanzo, non fosse stata la posta in gioco il vero sangue, la vera vita, la morte vera di vittime e, qualche volta, anche degli stessi carnefici. Ragazza perbene, di "sana" educazione cattolica, un cattolicesimo esasperato nei suoi fondamenti si direbbe, mai rinnegato. Anzi, nel '69, quando fra i suoi coetanei infuria una più leggiadra rivolta di costumi e ci si sposa in municipio soltanto o non ci si sposa affatto, lei si sposa in chiesa.


Come si fa a confondere l'insegnamento cristiano con la selvaggia pratica dei sequestri, delle rapine a mano armata, del ferro e del fuoco? Chi lo sa, eppure non è stata Mara Cagol l'unico esempio nella storia, né il più eclatante, dell'integralismo cattolico, del fondamentalismo religioso che diventa alimento e giustificazione di violenza politica. Nelle pagine del suo diario ci sono analisi dolorose della barbarie in cui sprofondava Milano, del decomporsi degli affetti fra le persone nella società così detta civile. E suona sinistramente tragico che quella generosità, quel rispettabile desiderio di cambiare la società, fondarne una più giusta, punire gli oppressori per favorire gli oppressi, non abbiano trovato altra strada per esprimersi se non il corpo a corpo del sangue.
Sono davvero ragioni da relegare nell'insondabilità della psiche individuale o non piuttosto da cercare anche nella totalità di una cultura che prima ha indotto la rivolta in alcuni suoi figli e poi l'ha estirpata con altrettanta violenza, senza mai fare conti seri, dolorosi, con se stessa? È difficile spiegare il terrorismo alle nuove generazioni, ma è anche difficile giustificare la violenza dello Stato contro i terroristi, il carcere-dimenticatoio, il pentitismo coatto, il suicidio indotto modello tedesco. È difficile assumersi le ragioni di una società che dopo quella ferita non si è preoccupata di curarsi, ma anzi ha continuato a essere corrotta, spietata, ingiusta, invivibile come e peggio di quella che i terroristi pretendevano di combattere.
Quando frequentava la facoltà di Sociologia a Trento, Mara Cagol era una ragazza generosa e attiva, che preparava una tesi sulle diverse fasi dello sviluppo capitalistico e intanto si impegnava con il gruppo cattolico "Mani tese" per il Terzo mondo. Sentiva l'urgenza di dare il suo contributo per una società migliore e le sembrava sicuramente che imbracciare un fucile fosse un dovere civile, quasi una necessità di sopravvivenza contro l'attacco all'intelligenza, alla libertà che vedeva incarnato nellabrutta società in cui viveva.
Oggi le generazioni più giovani sembrano spaventate dai fucili e la parola d'ordine è tolleranza. Salvo buttare di tanto in tanto pietre giù dai cavalcavia, la moda della tolleranza e della solidarietà è senz'altro più quieta e rassicurante della guerriglia urbana. Ma possiamo per questo credere di vivere in una società più civile?

 

Fiori per Mara

<<Se il potere riesce, con brillanti operazioni>>, a colpire qualche nostro militante, non riuscirà a neutralizzare la forza politica della nostra proposta strategica: la lotta armata per il comunismo>>, diceva un comunicato delle Brigate rosse dopo l’arresto di Renato Curcio e Alberto Franceschini  avvenuto a Pinerolo nel settembre 1974; gli inquirenti lo attribuiranno a Margherita Cagol, la <<compagna Mara>> La sua , contro il mondo prima che ancora lo << Stato borghese>>, è finita una mattina del giugno 1975 .

Sul luogo dove Mara cadde, pochi giorni più tardi, mani ignote deposero dei mazzi di fiori rossi. Mesi dopo,sul muro di cinta dello stabilimento << Gancia>> a Canelli, verranno incollati manifesti a colori e autoadevisi con il volto della giovane terrorista. Altri simili saranno attaccati sulle pareti della stazione del metrò di piazzale Loreto a Milano e a Trento nei pressi dell’Università alla quella mitica facoltà di sociologia dove Curcio e la stessa Mara gettarono le basi della futura organizzazione, le Brigate rosse........

 

 

Ed ancora

Contributo dal CIRCOLO DI INIZIATIVA PROLETARIA GIANCARLO LANDONIO

 

 

 

--------    MARGHERITA CAGOL: UNA NEO-PARTIGIANA CADUTA CON LE ARMI IN PUGNO CALUNNIATA VILMENTE DAI SOSTENITORI DELLA RESISTENZA

Presa di posizione tratta da Lotte Operaie Murale dei comunisti internazionalisti  RIVOLUZIONE COMUNISTA  n. 85 del 10/6/1975

 
Via via sono passate le ore è apparso nei suoi drammatici contorni il significato del conflitto a fuoco avvenuto il 5 giugno[1975] alla cascina Spiotta ai Arzello in zona Acqui Terme tra i rapitori di Vallarino Gancia e la pattuglia di carabinieri del tenente Rocca.

A rapire Gancia erano dunque state la Brigate Rosse per finanziarsi. Contro di esse è scattato un imponente apparato poliziesco; tanto che, a liberazione fortunosa dell´industriale dello spumante, tutta la stampa ha esultato in coro, nonostante il sangue versato, per la presenza dello Stato.

Nel conflitto a fuoco, sono rimasti gravemente feriti l´appuntato Giovanni D´Alfonso (è morente all´ospedale) e il tenente Rocca, meno gravemente il maresciallo Cattafi. Vi ha perso la vita Margherita Cagol dirigente delle Brigate Rosse, moglie del loro capo Renato Curcio.

Ecco quanto scrivono su questo drammatico episodio le stesse Brigate Rosse in un comunicato dei 5 giugno, che per la circostanza riportiamo interamente:

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"È caduta combattendo MARGHERITA CAGOL, `MARA´, dirigente comunista e membro del Comitato Esecutivo delle Brigate Rosse.

La sua vita e la sua morte sono un esempio che nessun combattente per la libertà potrà più dimenticare.

Fondatrice della nostra organizzazione `Mara´ ha dato un inestimabile contributo di intelligenza, di abnegazione e di umanità alla nascita e alla crescita nell´autonomia operaia e della lotta armata per il comunismo.

Comandante politico-militare di Colonna, `Mara´ ha saputo guidare vittoriosamente alcune tra le più importanti operazioni dell´organizzazione. Valga per tutte la liberazione di un nostro compagno dal carcere di Casale Monferrato.

Non possiamo permetterci di versare lacrime sui nostri caduti, ma dobbiamo impararne la lezione di lealtà, coerenza, coraggio ed eroismo!

È la guerra che decide in ultima analisi, della questione del potere: la guerra di classe rivoluzionaria. E questa guerra ha un prezzo: un prezzo alto certamente, ma non così alto da farci preferire la schiavitù del lavoro salariato, la dittatura della borghesia nelle sue varianti fasciste o socialdemocratiche.

Non è il voto che decide la questione del potere; non è con una scheda che si conquista la libertà.

Che tutti i sinceri rivoluzionari onorino la memoria di `Mara´ meditando l´insegnamento politico che ha saputo dare con la sua scelta, con il suo lavoro, con la vita.

Che mille braccia si protendano per raccogliere il suo fucile!

Noi, come ultimo saluto le diciamo: `Mara´ un fiore è sbocciato, e questo fiore di libertà le Brigate Rosse continueranno a coltivarlo fino alla vittoria!

LOTTA ARMATA PER IL COMUNISMO!

5 giugno 1975 BRIGATE ROSSE"

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La Cagol è morta, come dice il comunicato, sul fronte della libertà; da eroina dei nuovi partigiani. In essa apprezziamo il coraggio e lo spirito di abnegazione. Ma il suo esempio nulla può insegnare al proletariato o a noi rivoluzionari. Dimostra solo l´idealismo, la sfiducia nella masse, l´avanguardismo propri del radicalismo democratico.

Il suo posto non è nelle file della rivoluzione; è nelle file della democrazia radicale anche se, per ironia storica, sono coalizzati a denigrarla tutti coloro che dovrebbero, invece, immortalarla (vedi al riguardo il PCI che dopo avere definito le Brigate Rosse banditi da strada, rimprovera alla DC la stessa debolezza che le rimprovera Almirante: la mancanza di pugno di ferro; con questo florilegio che riprendiamo dall´Unità 7/6: "Siete voi che avete il potere e la forza in mano da trent´anni. Se la criminalità dilaga la colpa è vostra: perché ne avete creato le condizioni e perché non sapete porvi riparo. Mandate solo, ogni tanto, qualche agente o qualche carabiniere a farsi ammazzare".).

Edizione a cura di: RIVOLUZIONE COMUNISTA
SEDE CENTRALE: P.za Morselli, 3 - 20154 Milano-
e-mail: rivoluzionec@libero.it
http://digilander.libero.it/rivoluzionecom/

 

 

A SEGUIRE, NEL PIU’ BREVE TEMPO POSSIBILE RIPORTEREMO ALTRI DOCUMENTI DELL’EPOCA TRATTI DAL NOSTRO ARCHIVIO

 

LA REDAZIONE DELL ’ARCHIVIO STORICO BENEDETTO PETRONE


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