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5 giugno 1975
MARA CAGOL AMMAZZATA IN UN CONFLITTO A FUOCO!
Fu una notizia che colse tutt’Italia di sorpresa quando si seppe che nel corso di un normale controllo dei carabinieri sulle colline torinesi alla ricerca dell’industriale dei vini Gancia, in un conflitto a fuoco era morta Mara Cagol, la moglie di Renato Curcio e cofondatrice delle Brigate Rosse.
Un anno terribile quel 1975 che aveva visto nel mese di aprile uno dei più sanguinosi per il “Movimento” (definendo con questo termine l’area larghissima comprensiva di gruppi estraparlamentari, associazioni di base, aree sindacali “ribelli”, ecc…)
Un anno che, in quell’inizio di calda estate si colorava col sangue di una donna resasi famosa per la sua scelta ultraradicale e che l’aveva vista poco tempo prima armi alla mano andare a liberare il marito nel Carcere di Casale Monferrato, ricopiando il copione di un’analoga liberazione, nello stesso carcere, di partigiani incarcerati da fascisti durante la resistenza.
Quest’episodio con tutti i suoi suggestivi richiami ne aveva fatto di lei un’icona della liberazione “armata” femminile, ponendo un’ennesima contraddizione nel dibattito sulla giustezza o non della lotta armata nel quadro intricato della vita politica italiana di quegli anni.
Quando morì a renderle onore non furono solo le Brigate rosse ma anche quell’area di Movimento che pur tra mille distinguo, riteneva l’ipotesi della lotta armata, o comunque l’uso della forza, giustificabile dinanzi all’innalzarsi dello scontro , della repressione, delle trame golpiste e dei rigurgiti fascisti.
La morte di Mara , invece di esser un deterrente, fu un’elemento di spinta nel coinvolgimento diretto dell’altra metà del cielo, le donne, nelle organizzazioni della lotta armata e molte di esse riuscirono a superare gli stessi uomini in determinazione, ma anche in spietatezza
Sulla vicenda di Mara Cagol son stati scritti libri, fatte rappresentazioni teatrali e cinematografiche , il suo nome fu riportato in innumerevoli comunicati delle BR e delle altre organizzazione della lotta armata , scritte con lo spray a lei dedicate furono fatte su migliaia di muri, ma forse a comprendere quanto la spietata logica delle scelte estreme e del militarismo comporti un espropriazione radicale dell’elemento umano lo ritroviamo in quel gelido comunicato scritto da suo marito Renato Curcio in cui la sua morte diventa un elemento strumentale dell’organizzazione.
Ma ci domandiamo, dietro tanta fermezza , tanta convinzione della vittoria finale, quanto vi era di disperazione per la perdita di una persona amata? Non parliamo poi degli altri , degli innominabili, gli “sbirri” che rimasero ammazzati o feriti in quel fatale scontro a fuoco e che comunque pur essendo “ servi dello stato” non fu reso nèanche l’onore delle armi anzi su di essi pesò l’ipotesi che Mara fosse stata uccisa a sangue freddo dopo essersi arresa.
Noi vogliamo ricordare la sua storia come quella di una donna che volle percorrere sino in fondo le sue scelte con slancio come solo le donne sanno fare, pagandone anche le conseguenze
Una donna che trasse dalla sua formazione cattolica, dall’interpretazione di un cristianesimo liberatore degli afflitti e degli oppressi la forza di essere testimone con la propria vita di quell’ansia di rinnovamento e di libertà che percorse la nostra generazione.
Poi l’esperienza da intellettuale
marxista leninista (Da Wikipedia, l'enciclopedia libera). collaborando alla
rivista Lavoro Politico e militando nel Partito comunista d’Italia m-l ed
infine quella, dopo il
Nel frattempo lei sposò in chiesa con l’abito bianco il suo “Renè” , poi dopo qualche tempo la sua vita fu segnata da una mancata maternità che la segnò alla stessa stregua di tante altre donne che hanno questa disavventura. Poi si riprese, lanciandosi con più determinazione nelle lotte e nelle sue successive radicali scelte.
Molte altre donne ne fecero altre, diverse ed anch’esse lo fecero con slancio, gioia e determinazione, nacquero i movimenti femministi e tanto altro ancora e questo fu anche merito di quella grande stagione che fu il 68
Vennero, dopo il 75, momenti ancor più terribili, e l’intera penisola fu percorsa da una lunga striscia di sangue di morti ammazzati da una e dall’altra parte, con conseguenti drammi personali, famigliari che hanno lasciato e lasciano ancor oggi una scia di astio alla quale le istituzioni della repubblica e l’intero sistema politico non hanno mai voluto dare la parola fine preferendo utilizzare lo spauracchio di un ritorno degli anni di piombo e la necessità del permanere di forme legislative emergenziali.
Ripetiamo ancora una volte quanto in altre occasioni abbiamo ribadito, che questa repubblica ha tutto il dovere di dichiarare chiuso quel capitolo, facendo rientrare gli esuli e dimostrando che non con leggi eccezionali ma bensì con la partecipazione democratica si può evitare che si ripetano condizioni tali da far rinascere il fenomeno della lotta armata.
I tempi purtroppo si stanno accorciando e di questo ne sono tutti consapevoli compresi coloro che oggi giocano nel teatrino parlamentare.
L’annuncio di Berlusconi che :-…le” decisioni forti” del governo saranno accompagnate con l’uso della forza se non proprio dell’esercito …- non sono dei bei segnali.
Alle scelte ideologiche di un tempo si stanno sostituendo nel quadro della costituzione di movimenti di lotta locali , forme di resistenza che coinvolgono il vivere quotidiano con tutta la rabbia ed esasperazione che nessuna disciplina di partito può fermare. Molto presto la crisi economica determinerà altri elementi di instabilità e di disgregazione che ancora una volta il potere penserà di governare con l’uso della forza.
Tutto questo in un contesto in cui dal
cosiddetto potere non sono stato digeriti il 68, il 77 , i movimenti noglobal,
Genova e Bolzaneto e
Son tutti gli elementi che purtroppo
la nostra generazione ha conosciuto a cavallo di quegli anni
Quanto scrive Saviano sul suo libro andrebbe analizzato con la stessa ostinazione con cui molti di noi si scervellavano un tempo sui tomi dei Grundisse o dello stesso Capitale.
Oggi la contraddizione principale con tutti i suoi elementi esplosivi è appena usciamo il naso fuori di casa e il senso di essere in guerra è forse più diffuso nell’opinione comune di quanto lo si era nei momenti dello scontro civile degli anni 70…ma, a quanto pare, nessuno se ne fotte, tanto…al massimo chiamiamo l’esercito…
A cura della redazione dell’Archivio Storico Benedetto Petrone
canzone di YO YO MUNDI: QUALCUNO HA PORTATO DEI FIORI PER MARA CAGOL
Riportiamo qui di seguito
parziali ricerche su internet
fatte da noi e da nostri collaboratori , tra i quali i sempre presenti
compagni del CIRCOLO DI INIZIATIVA PROLETARIA GIANCARLO LANDONIO
di Busto Arsizio (VA)e-mail: circ.pro.g.landonio@tiscali.it,
che ringraziamo
Dal sito di un giovane ricercatore e scrittore su quegli anni
http://www.valeriolucarelli.it/Mara.htm
Alla
Cascina Spiotta, dove era imprigionato l'industriale Vallarino Gancia, Mara
Cagol cadde in un conflitto a fuoco o bisogna credere all'autopsia che parlò
di colpo sparato per uccidere?
Margherita
Cagol proviene da una famiglia cattolica, da ragazzina organizza lotterie di
beneficienza, suona la chitarra arrivando ad incidere alcuni brani per
Gli
eventi da allora si succedono freneticamente. Ad agosto Renato e Mara si
sposano, poi sono tra i fondatori del Colletivo Politico Metropolitano. In una
lettera alla madre scrive:
"Tutto
ciò che è possibile fare per combattere questo sistema è dovere farlo, perché
questo io credo sia il senso profondo della nostra vita. Non sono cose troppo
grosse, sai mamma. Sono piuttosto cose serie e difficili che tuttavia vale la
pena di fare. […] La vita è una cosa troppo importante per spenderla male o
buttarla via in inutili chiacchiere o battibecchi." Il passaggio alla lotta
armata è ormai vicino.
L’ultima
speranza di una vita vissuta con profondo impegno ma senza il ricorso alla
violenza cade forse quando nel 1971 Curcio e la moglie vengono coinvolti in uno
scontro con la polizia a Quarto Oggiaro dove avevano occupato delle case. In
quella circostanza Mara perde il bambino che aveva in grembo. I due entrano in
clandestinità diventando insieme ad Alberto Franceschini i leader delle Brigate
Rosse. L’8 settembre 1974 Curcio e Franceschini vengono arrestati. In una
delle sue ultime lettere ai genitori Mara scrive:
“Cari
genitori, vi scrivo per dirvi che non dovete preoccuparmi troppo per me. Ora
tocca a me e ai tanti compagni che vogliono combattere questo potere borghese
ormai marcio continuare la lotta. Non pensate per favore che io sia
un’incosciente. Grazie a voi sono cresciuta istruita, intelligente e
soprattutto forte. E questa forza in questo momento me la sento tutta. È giusto
e sacrosanto quello che sto facendo, la storia mi dà ragione come l’ha data
alla Resistenza nel ’45. Ma voi direte, sono questi i mezzi da usare?
Credetemi non ce ne sono altri. Questo stato di polizia si regge sulla forza
delle armi e chi lo vuol combattere si deve mettere sullo stesso piano.”
Sulla
sparatoria che portò alla sua morte controversa vedi http://www.valeriolucarelli.it/Mara.htm
http://www.lastorianascosta.com/comment.php?comment.news.8
SULLA
SUA PERSONALITA’ E
http://www.rifondazione-cinecitta.org/nomebattaglia.html
--------- Stefania Podda - Vita e morte di
Margherita Cagol
Libri/
“Nome di battaglia Mara” di Stefania Podda: la storia della più
‘guerriera’ delle brigatiste, moglie di Renato Curcio. L’autrice ad
Affari: “La scelta delle armi è sempre perdente, politicamente fragile”
Martedí
29.05.2007 16:00
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«Se il potere riesce, con brillanti operazioni, a colpire qualche nostro militante, non riuscirà a neutralizzare la forza politica della nostra proposta strategica: la lotta armata per il comunismo»: recitava così un comunicato delle Brigate rosse dopo l’arresto nel settembre ’74 di Renato Curcio e Alberto Franceschini attribuito a Margherita Cagol, la ‘compagna Mara’, la cui battaglia, contro il mondo e lo ‘Stato borghese’, finirà una mattina del giugno ‘75 all’età di trent’anni.
La
vicenda di Margherita, studiosa e musicista, viene raccontata con rigore e
passione nel libro 'Nome di battaglia Mara. Vita e morte di Margherita
Cagol il primo capo delle Br'. (Sperling
& Kupfer, pp. 250, € 14,00). “Da
sempre sono un’appassionata della storia degli anni Settanta e del fenomeno
della lotta armata - confessa l’autrice Stefania Podda ad Affari
- e attorno alla figura di Mara c’è sempre stato un alone di mitologia”.
Sotto
quale aspetto per esempio?
“Già a partire
dalla sua morte di cui esistono due versioni. Una fornita dai carabinieri i
quali l’hanno colpita mentre tentava di fuggire, ma per errore; l’altra,
riportata dai brigatisti, secondo la quale è stata uccisa a freddo. Di sicuro
era disarmata”
Che
cosa in particolare la tua indagine ha messo in luce?
“Si sapeva poco di
questa ragazza: che era di buona famiglia, ottima studentessa, legata alle sue
origine trentine e che ad un certo punto divenne una brigatista. In realtà,
c’è un’evoluzione che l’ha portata a una precisa scelta, dettata non
semplicemente dal fatto di essere compagna di Curcio. Ci sono state delle
circostanze di vita che hanno influito su di lei; in quegli anni comincia a
conoscere la politica, a maturare una forte coscienza di classe, soprattutto
dopo il trasferimento a Milano: la vita delle fabbriche, i collettivi, la strage
di piazza Fontana…”
Quale
principio animava le sue azioni?
“Diciamo che Mara sta sul filo: in lei c’è il meglio e il peggio. Leggendo
le sue lettere e parlando con chi l’aveva conosciuta viene fuori una
fortissima tensione etica. In nuce c’è anche il peggio che verrà dopo la sua
morte, cioè la deriva militarista delle Brigate Rosse. La sua fine ha sbarrato
possibili percorsi e si può dire che lei costituisce un vero e proprio
spartiacque”
Quale
preciso evento dà prova di tale deriva militarista?
“Dopo la sparatoria di Arzello ci fu l’omicidio Coco, una spietata
esecuzione che mostra una svolta nell’azione brigatista: persero la vita il
giudice, l’uomo della scorta e un altro in macchina che non avrebbe potuto
fare nulla. Per la prima volta le B.R. uccisero anche chi non poteva essere
ucciso”.
Se
è vero che tutti siamo condizionati dal tempo in cui viviamo, alcuni lo sono in
modo più forte, tanto da venirne letteralmente travolti. Così è stato per
Margherita “Mara” Cagol, occhi verdi e capelli neri, graziosa ragazza
trentina di buona famiglia, cattolica, che dall’ambiente in cui fu educata
assorbì ogni insegnamento, veramente sul serio. Se un buon cristiano non deve
essere insensibile ai bisogni degli esseri umani che soffrono, per Margherita
questo volle dire, in modo un po’ estremo e semplicistico, che doveva
impegnarsi a cambiare il mondo, proprio lei, con qualsiasi mezzo, e subito.
Probabilmente, se fosse nata un secolo prima, avrebbe potuto essere una di
quelle fondatrici religiose che hanno investito in opere assistenziali le loro
strabordanti energie e il loro bisogno di aiutare. Anche Margherita, studiosa e
musicista, piena di passione ed entusiasmo, voleva intervenire nel mondo,
voleva migliorarlo. come le era stato insegnato fin da piccola. Ma l’aria dei
tempi che a Trento (facoltà di Sociologia) spirava forte, le propose fra le
altre una ricetta semplice che sembrava spiegare tutto, e trovare un rimedio per
tutto: il comunismo, la rivoluzione armata, avrebbero creato proprio quel
paradiso in terra che somigliava molto, ai suoi occhi, a quella società
migliore che i cristiani dovevano costruire. Il fatto, poi, che la strada per
realizzare
--- Dietro
all’immagine della più ‘guerriera’ delle brigatiste si celava quindi una
storia antica: per amore di suo marito, Renato Curcio, la giovane rivoluzionaria
si è impegnata così a fondo nell’organizzazione politica clandestina da
assumere non solo il ruolo di leader al posto del marito arrestato, ma
addirittura di organizzare il commando con cui lo ha liberato dal carcere di
Casale. Ma, come scrisse nell’ultima lettera alla famiglia, era una passione,
quella rivoluzionaria, che la faceva sentire estremamente sicura di sé:
“Abbiate fiducia nelle mie capacità e nella mia ormai grossa esperienza. So
cavarmela in qualunque situazione e nessuna prospettiva mi impressiona o
impaurisce. Vi voglio più bene che mai". Apparentemente
senza dubbi e impavida, ma nel fondo timorosa di perdere l’approvazione della
famiglia, con cui cercò di mantenere un legame anche dalla clandestinità, e
forse anche quella del marito, se non lo seguiva fino in fondo, Margherita non
ebbe mai il tempo di riflettere e di ‘pentirsi’, come altre sue compagne di
‘guerriglia’. Per lei l’aria del tempo spirava troppo forte per poterle
resistere, tanto forte da farla finire uccisa, a soli trent’anni, con il
fucile in mano, in un insensato scontro a fuoco con i carabinieri. Il 5
Giugno del 1975
La
storia ce la consegna bella, minuta, fisicamente fragile, occhi verdi e capelli
neri, interiormente intransigente, determinata, fortissima. Morta con il fucile
in mano, capace di replicare al fuoco col fuoco, coraggiosa di un coraggio che
è però stretto parente di spietatezza e follia. Un meraviglioso personaggio da
romanzo, non fosse stata la posta in gioco il vero sangue, la vera vita, la
morte vera di vittime e, qualche volta, anche degli stessi carnefici. Ragazza
perbene, di "sana" educazione cattolica, un cattolicesimo esasperato
nei suoi fondamenti si direbbe, mai rinnegato. Anzi, nel '69, quando fra i suoi
coetanei infuria una più leggiadra rivolta di costumi e ci si sposa in
municipio soltanto o non ci si sposa affatto, lei si sposa in chiesa.
Come
si fa a confondere l'insegnamento cristiano con la selvaggia pratica dei
sequestri, delle rapine a mano armata, del ferro e del fuoco? Chi lo sa, eppure
non è stata Mara Cagol l'unico esempio nella storia, né il più eclatante,
dell'integralismo cattolico, del fondamentalismo religioso che diventa alimento
e giustificazione di violenza politica. Nelle pagine del suo diario ci sono
analisi dolorose della barbarie in cui sprofondava Milano, del decomporsi degli
affetti fra le persone nella società così detta civile. E suona sinistramente
tragico che quella generosità, quel rispettabile desiderio di cambiare la
società, fondarne una più giusta, punire gli oppressori per favorire gli
oppressi, non abbiano trovato altra strada per esprimersi se non il corpo a
corpo del sangue.
Sono davvero ragioni da relegare nell'insondabilità della psiche individuale o
non piuttosto da cercare anche nella totalità di una cultura che prima ha
indotto la rivolta in alcuni suoi figli e poi l'ha estirpata con altrettanta
violenza, senza mai fare conti seri, dolorosi, con se stessa? È difficile
spiegare il terrorismo alle nuove generazioni, ma è anche difficile
giustificare la violenza dello Stato contro i terroristi, il
carcere-dimenticatoio, il pentitismo coatto, il suicidio indotto modello
tedesco. È difficile assumersi le ragioni di una società che dopo quella
ferita non si è preoccupata di curarsi, ma anzi ha continuato a essere
corrotta, spietata, ingiusta, invivibile come e peggio di quella che i
terroristi pretendevano di combattere.
Quando frequentava la facoltà di Sociologia a Trento, Mara Cagol era una
ragazza generosa e attiva, che preparava una tesi sulle diverse fasi dello
sviluppo capitalistico e intanto si impegnava con il gruppo cattolico "Mani
tese" per il Terzo mondo. Sentiva l'urgenza di dare il suo contributo per
una società migliore e le sembrava sicuramente che imbracciare un fucile fosse
un dovere civile, quasi una necessità di sopravvivenza contro l'attacco
all'intelligenza, alla libertà che vedeva incarnato nellabrutta società in cui
viveva.
Oggi le generazioni più giovani sembrano spaventate dai fucili e la parola
d'ordine è tolleranza. Salvo buttare di tanto in tanto pietre giù dai
cavalcavia, la moda della tolleranza e della solidarietà è senz'altro più
quieta e rassicurante della guerriglia urbana. Ma possiamo per questo credere di
vivere in una società più civile?
Fiori
per Mara
<<Se
il potere riesce, con brillanti operazioni>>, a colpire qualche nostro
militante, non riuscirà a neutralizzare la forza politica della nostra proposta
strategica: la lotta armata per il comunismo>>, diceva un comunicato delle
Brigate rosse dopo l’arresto di Renato Curcio e Alberto Franceschini
avvenuto a Pinerolo nel settembre 1974; gli inquirenti lo attribuiranno a
Margherita Cagol, la <<compagna Mara>> La sua , contro il mondo
prima che ancora lo << Stato borghese>>, è finita una mattina del
giugno 1975 .
Sul
luogo dove Mara cadde, pochi giorni più tardi, mani ignote deposero dei mazzi
di fiori rossi. Mesi dopo,sul muro di cinta dello stabilimento << Gancia>>
a Canelli, verranno incollati manifesti a colori e autoadevisi con il volto
della giovane terrorista. Altri simili saranno attaccati sulle pareti della
stazione del metrò di piazzale Loreto a Milano e a Trento nei pressi
dell’Università alla quella mitica facoltà di sociologia dove Curcio e la
stessa Mara gettarono le basi della futura organizzazione, le Brigate rosse........
Ed
ancora
Contributo dal CIRCOLO DI INIZIATIVA PROLETARIA GIANCARLO LANDONIO
-------- MARGHERITA CAGOL: UNA NEO-PARTIGIANA CADUTA CON LE ARMI IN PUGNO CALUNNIATA VILMENTE DAI SOSTENITORI DELLA RESISTENZA
Presa di posizione tratta da Lotte Operaie Murale dei comunisti internazionalisti RIVOLUZIONE COMUNISTA n. 85 del 10/6/1975
Via via sono passate le ore è apparso nei suoi
drammatici contorni il significato del conflitto a fuoco avvenuto il 5
giugno[1975] alla cascina Spiotta ai Arzello in zona Acqui Terme tra i rapitori
di Vallarino Gancia e la pattuglia di carabinieri del tenente Rocca.
A
rapire Gancia erano dunque state
Nel conflitto a fuoco, sono rimasti gravemente feriti l´appuntato Giovanni D´Alfonso (è morente all´ospedale) e il tenente Rocca, meno gravemente il maresciallo Cattafi. Vi ha perso la vita Margherita Cagol dirigente delle Brigate Rosse, moglie del loro capo Renato Curcio.
Ecco quanto scrivono su questo drammatico episodio le stesse Brigate Rosse in un comunicato dei 5 giugno, che per la circostanza riportiamo interamente:
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"È caduta combattendo MARGHERITA CAGOL, `MARA´, dirigente comunista e membro del Comitato Esecutivo delle Brigate Rosse.
La sua vita e la sua morte sono un esempio che nessun combattente per la libertà potrà più dimenticare.
Fondatrice della nostra organizzazione `Mara´ ha dato un inestimabile contributo di intelligenza, di abnegazione e di umanità alla nascita e alla crescita nell´autonomia operaia e della lotta armata per il comunismo.
Comandante politico-militare di Colonna, `Mara´ ha saputo guidare vittoriosamente alcune tra le più importanti operazioni dell´organizzazione. Valga per tutte la liberazione di un nostro compagno dal carcere di Casale Monferrato.
Non possiamo permetterci di versare lacrime sui nostri caduti, ma dobbiamo impararne la lezione di lealtà, coerenza, coraggio ed eroismo!
È la guerra che decide in ultima analisi, della questione del potere: la guerra di classe rivoluzionaria. E questa guerra ha un prezzo: un prezzo alto certamente, ma non così alto da farci preferire la schiavitù del lavoro salariato, la dittatura della borghesia nelle sue varianti fasciste o socialdemocratiche.
Non è il voto che decide la questione del potere; non è con una scheda che si conquista la libertà.
Che tutti i sinceri rivoluzionari onorino la memoria di `Mara´ meditando l´insegnamento politico che ha saputo dare con la sua scelta, con il suo lavoro, con la vita.
Che mille braccia si protendano per raccogliere il suo fucile!
Noi, come ultimo saluto le diciamo: `Mara´ un fiore è sbocciato, e questo fiore di libertà le Brigate Rosse continueranno a coltivarlo fino alla vittoria!
LOTTA ARMATA PER IL COMUNISMO!
5 giugno 1975 BRIGATE ROSSE"
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Il suo posto non è nelle file della rivoluzione; è nelle file della democrazia radicale anche se, per ironia storica, sono coalizzati a denigrarla tutti coloro che dovrebbero, invece, immortalarla (vedi al riguardo il PCI che dopo avere definito le Brigate Rosse banditi da strada, rimprovera alla DC la stessa debolezza che le rimprovera Almirante: la mancanza di pugno di ferro; con questo florilegio che riprendiamo dall´Unità 7/6: "Siete voi che avete il potere e la forza in mano da trent´anni. Se la criminalità dilaga la colpa è vostra: perché ne avete creato le condizioni e perché non sapete porvi riparo. Mandate solo, ogni tanto, qualche agente o qualche carabiniere a farsi ammazzare".).
Edizione
a cura di: RIVOLUZIONE COMUNISTA
SEDE CENTRALE: P.za Morselli, 3 - 20154 Milano-
e-mail: rivoluzionec@libero.it
http://digilander.libero.it/rivoluzionecom/
A SEGUIRE, NEL PIU’ BREVE TEMPO POSSIBILE RIPORTEREMO ALTRI DOCUMENTI DELL’EPOCA TRATTI DAL NOSTRO ARCHIVIO
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