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“Era un compagno, era un combattente
per il Socialismo e per la Libertà:
per questo il governo un plotone mandò
e un sicario alle spalle
sparò.”
E’ la prima strofa della canzone che la commissione musicale del Movimento
Studentesco scrisse nel 1973 per ricordare il sacrificio di Roberto Franceschi.
Una canzone che negli anni ’70 a Milano era diventata un po’ quel che 10 anni
prima era stata “Per i morti di Reggio Emilia” dedicata ai cinque operai uccisi
dalla polizia il 7 luglio 1960: l’espressione popolare d’affetto e denuncia per
un compagno di lotta assassinato e la trasmissione orale del ricordo del suo
sacrificio.
Fu così che anche grazie a “Compagno Franceschi” nell’arco di
quasi un decennio molte migliaia di giovani e meno giovani conobbero la figura
di Roberto e le circostanze in cui perse la vita.
Oggi però quella canzone
non la canta più nessuno e anche il ricordo di Franceschi, nonostante la mole
del monumento alla sua memoria - un mastodontico maglio posto davanti
all’università Bocconi -, anno dopo anno rischia di affievolirsi nella coscienza
collettiva della Milano democratica. Per questo oltre che invitare a leggere la
storia di Roberto nelle pagine del sito Fondazione Roberto Franceschi, vogliamo ricordarla brevemente
qui anche noi.
Roberto Franceschi nel 1973 aveva 21 anni, studiava economia politica
all’università Bocconi ed era un militante del Movimento Studentesco.
La
sera del 23 gennaio di quell’anno il collettivo M.S. Bocconi, di cui Roberto era
un dirigente, aveva indetto un’assemblea tra lavoratori e studenti presso l’aula
magna dell’università; il rettore Gaetano dell’Amore contrariamente ad una
prassi ormai acquisita aveva vietato l’ingresso nell’ateneo ai non iscritti,
cioè di fatto aveva vietato l’assemblea; per imporre quella decisione un reparto
di polizia (che allora si chiamava “celere”) era schierato davanti all’ingresso
dell’università.
Non appena gli studenti e i lavoratori giunti per
partecipare all’assemblea accennarono una protesta i “celerini” non esitarono a
caricarli: ci fu un breve scontro e quando già i manifestanti si stavano
allontanando agenti e funzionari di polizia aprirono ripetutamente il fuoco
contro di loro con le rivoltelle d’ordinanza.
Due giovani furono colpiti alle
spalle: Roberto Franceschi al capo e Roberto Piacentini, un operaio della
Cinemeccanica di Milano, alla clavicola.
Piacentini nonostante la gravità
della ferita si salvò, Franceschi morì il 30 gennaio dopo sette giorni d’agonia.
fotoDE BELLIS 25-1-1973 MILANO