CONTATTACI |
GAETANO AMOROSO
30 APRILE 1976
I FASCISTI MILANESI CON UN RITUALE DA BELVE SI PASSARONO IL COLTELLO DI MANO IN MANO PER ACCANIRSI SU GAETANO, SICURI DELL'IMPUNITA' CHE FINO AD ALLORA LI AVEVA SALVATI...
MA NON FU COSì
LA RABBIA TRA GLI ANTIFASCISTI PER L'ASSASSINIO DI PEDENOVI FU GRANDISSIMA E LE POLEMICHE SU COME RISPONDERE A QUESTI FATTI INFUOCARONO LA NUOVA SINISTRA L'ESEMPIO è QUESTO VOLANTINO DI UN GRUPPO COLLEGATO ALL'AREA DEI COMUNISTI INTERNAZIONALISTI... MA LE REAZIONI NON EBBERO LA SOLITA ROUTINE
A POCHE ORE DI DISTANZA AVVENNE L'ELIMINAZIONE DEL FEDERALE MISSINO PEDENOVI E LA POLIZIA ONDE EVITARE UN'EFFETTO A CATENA FU COSTRETTA AD ARRESTARE IMMEDIATAMENTE GLI ASSASSINI DI GAETANO.
UN CONTRIBUTO DAI COMPAGNI COMUNISTI INTERNAZIONALISTI DI VARESE ( APRILE 2010)
L'UCCISIONE DI PEDENOVI NON FU MAI RIVENDICATA ANCHE SE FU ATTRIBUITA, COME TROVERETE SULL'INTERESSANTE SITO DELLA RIVISTA DEL SISDE A COMPONENTI DELLE RONDE PROLETARIE MILANESI CONFLUITI POI NELL'ORGANIZZAZIONE ARMATA PRIMA LINEA http://www.sisde.it/Gnosis/Rivista5.nsf/ServNavig/11#(2x)
SULLE VICENDE DEGLI IMPUTATI PER L'OMICIDIO PEDENOVI
http://www.archivio900.it/it/articoli/art.aspx?id=7317
E SU QUELLE DEGLI ASSASSINI DI GAETANO AMOROSO
http://www.onemoreblog.it/archives/005186.html
su GAETANO AMOROSO inseriamo la scheda tratta dal sito
www.pernondimenticare.net/
Gaetano Amoroso,
insieme ad altri compagni del Comitato rivoluzionario antifascista di porta
Venezia, fu aggredito e accoltellato la sera del 27 aprile 1976, in via Uberti,
da un gruppo di fascisti.
Aveva 21 anni, lavorava all'Acfa come disegnatore
di fibbie e, studente-lavoratore, di sera frequentava l'ultimo anno del corso
serale presso la Scuola artistica del Castello che oggi porta il suo nome.
Era entrato giovanissimo a far parte della lega degli artisti del Vento
rosso, organismo di massa del Partito comunista marxista leninista
Italiano, nella quale
aveva trovato il modo di esprimere le sue esigenze politiche e artistiche,
dipingendo murales.
Nella fabbrica, in cui lavorava col padre, si era
impegnato con altri operai in una autogestione di mesi contro la chiusura della
stessa; nel quartiere si batteva contro le speculazioni edilizie, partecipando
all' occupazione della casa di piazza Risorgimento.
La presenza fascista
all'interno del quartiere in cui viveva e una forte spinta antifascista dopo
l'uccisione di Claudio Varalli e Giannino Zibecchi lo spinsero a creare ed
organizzare, insieme ad altri compagni, il Comitato antifascista di porta
Venezia.
Fu a causa del suo impegno democratico e antifascista che, la sera
del 27 aprile venne aggredito da un gruppo di noti squadristi (Cavallini, Folli,
Cagnani, Pietropaolo, Terenghi, Croce, Frascini, Forcati), tutti provenienti
alla sede del Msi di via Guerrini.
Gli otto assassini fascisti furono
arrestati poche ore dopo il fatto: l'accusa iniziale di aggressione fu
trasformata, quando il 30 aprile Gaetano morì per le ferite subite, in quella di
omicidio premeditato e tentato omicidio pluriaggravato, quest'ultima per il
ferimento di due compagni di Amoroso.
www.pernondimenticare.net/
|
dall'interessante e prezioso sito dell'osservatorio sulle nuove destre http://www.osservatoriodemocratico.org/page.asp?ID=2846&Class_ID=1010
traiamo queste cronache dei giornali dell'epoca
L’UNITÀ, 30 APRILE 1976
Milano, 29 aprile
Cercavano qualche “rosso per dargli una lezione”. Hanno visto quattro
giovani e una ragazza che non conoscevano ma che avevano tutta l’aria di
essere “rossi”; hanno bloccato i tre che non sono riusciti a scappare, li
hanno storditi a pugni e calci, poi li hanno colpiti a turno con un solo
coltello, nell’agghiacciante rituale di un crimine di gruppo. Solo per caso
non c’è stato un altro delitto come quello di cui fu vittima Brasili, lo
studente lavoratore assassinato nel pieno centro di Milano perché “sembrava
un cinese”.
Così il sostituto procuratore Luigi De Liguori, il dirigente l’ufficio
politico e della questura Meterangelis, e i funzionari Rea e Puttomatti hanno
ricostruito nelle sue barbariche premesse e nelle sue feroci sequenze
l’accoltellamento di tre giovani antifascisti, avvenuto martedì sera a Città
Studi. Una ricostruzione sostanzialmente ammessa dai nove missini arrestati:
Gian Luca Folli, di 18 anni; marco Meroni, di 19 anni; Angelo Croce, di 20
anni; Luigi Fraschini, di 23 anni; Antonio Pietropaolo; Danilo Terenghi;
Walter Cagnani; Claudio Forcati tutti di 20 anni, Gilberto Cavallini, di 24
anni. L’accusa è di tentato omicidio pluriaggravate e di detenzione di
arma. In carcere è finito un altro fascista, il più noto del gruppo, Ugo
Bersani detto “Balilla”, 37 anni, è accusato di reticenza.
Il primo anello della catena a saltare è stato Gilberto Cavallini. Il
commissario capo Rea ha interrogato in ospedale uno dei feriti, Luigi Spera
(gli altri due sono Carlo Palma e Gaetano Amoroso, quest’ultimo ancora in
gravi condizioni). Dalla descrizione di uno degli aggressori ha capito che si
trattava, con ogni probabilità, del Cavallini, uno dei “duri” del
fascismo milanese che conosceva. Gilberto Cavallini, ha detto uno degli
inquirenti, “crede di essere qualcuno nel MSI milanese”. O almeno, vuol
diventarlo, e non indietreggia davanti a niente, neppure di fronte alla
violenza più gratuita e odiosa. Pere esempio quando nel settembre 1974
ridusse in fin di vita con una rivoltellata in pieno petto un garagista che,
essendo trascorso l’orario di chiusura, si era rifiutato di fare il pieno di
benzina alla sua moto.
Cavallini, mentre è in corso il suo interrogatorio alla presenza di De
Liguori, Meterangelis e Rea, strappa il primo foglio del verbale dalle mani
dell’agente che dattilografa, assume un atteggiamento strafottente e rifiuta
di parlare, dopo aver detto che è un simpatizzante del MSI.
La polizia sa però qual è il suo “giro”. Da lui risale al Croce,
cominciano a venir fuori le prime ammissioni; in piche ore tutto il gruppo è
nelle mani degli inquirenti. Ultimo ad essere arrestato è Claudio Forcati,
bloccato questa mattina.
I nove fascisti danno versioni differenti in alcuni particolari ma identiche
nella sostanza. Martedì sera, nella sezione di via Guerrini, sono presenti
una quindicina di giovani attivisti. Vengono lanciati sassi contro la porta
della sezione (c’è stato anche un lancio di bottiglie incendiarie che
sembra, però, sia avvenuto quando ormai la sede era deserta). Qualcuno, si
pensa sia il Cavallini, che appare il capo del gruppo, lancia la proposta:
“Andiamo a fare un giro e diamo una lezione ai rossi”. Solo nove dei
presenti accettano di far parte della squadraccia che parte su due auto per la
spedizione punitiva.
Vedono quattro giovani e una ragazza “vestiti da rossi”. Bloccano le
macchine, si dividono in due gruppi per prendere i cinque in mezzo. La ragazza
e un altro giovane si accorgono del pericolo e fuggono. Luigi Spera, Gaetano
Amoroso e Carlo Palma restano in trappola all’angolo di via Uberti con via
Goldoni. Il commando nero li carica di botte al grido di “Sporchi
comunisti”; i tre giovani finiscono a terra storditi. Uno dei fascisti
estrae un coltello e dà un primo colpo ad uno dei tre, poi il coltello passa
di mano in mano, ogni mano un colpo sui tre che sanguinano sul marciapiede in
un mostruoso crescendo di ferocia. Poi il commando risale sulle due macchine ,
fugge nella notte. La “lezione al rosso” è stata data, la vendetta è
compiuta, si può tornare, proprio come i vecchi squadristi del ’21, fra i
camerati col petto in fuori, magari a raccontare l’impresa domani alla
ragazza in un bar di S. Babila. “Sono nauseato per quello che ho sentito”
ha detto uno degli inquirenti. Ugo Bersani, candidato del MSI alle ultime
elezioni comunali a Milano, ha lo stomaco molto più forte. Sapeva della
spedizione e non ha parlato: per questoè finito in galera insieme ai suoi
camerati per reticenza. Per lui si è trattato di un “lavoro ben fatto”.
Ennio Elena
“TRE PICCHIATORI”
Il più noto del gruppo è Ugo Bersani, che il MSI ha presentato agli elettori
milanesi nella lista per il consiglio comunale. E’ stato protagonista di
numerosi atti di violenza (lancio di bottiglie incendiarie contro l’ex
albergo Commercio occupato, aggressione ad attivisti sindacali davanti alla
camera del lavoro, devastazione della sede di Italia-Cina) insieme a noti
personaggi fascisti come il deputato missino Francesco Petronio e il dirigente
del MSI Gianluigi Radice. E’ stato fermato per i disordini del 12 aprile
1973, quando i fascisti uccisero l’agente Marino. Walter cagnani venne
arrestato la sera del 2 agosto 1974 perché insieme ad altri fascisti aggredì
due operai nel centro di Milano. La squadraccia appiccò il fuoco alla moto su
cui i due viaggiavano.
Di Gilberto cavallini parliamo nel servizio a fianco. Tutti gli altri
arrestati hanno precedenti per radunata sediziosa.
“ ‘AMMAZZIAMOLO COME UN CANE’ HANNO GRIDATO I FASCISTI”
QUOTIDIANO DEI LAVORATORI, 29 APRILE 1976
Milano, 28
(…) Esco dalla redazione col cuore gonfio; mi metto su un tram per
raggiungere l’ospedale dove sono ricoverati in gravi condizioni due dei tre
compagni, Luigi Spera e Carlo palma, per cercare di vederli, di confortarli,
riportando le parole e la presenza solidale che riempie le strade, di offrire
la mia presenza fisica; le uniche e poche cose che in questo momento posso
fare per loro.
All’ospedale sono subito bloccatola una serie di uscieri, infermieri,
dottori, che vogliono mantenere l’isolamento intorno ai compagni, non
vogliono speculazioni politiche” sul fatto (…). Commosso mi avvicino a
Luigi Spera, che con gli occhi aperti sembra essersi leggermente ripreso.
Carlo Palma giace su di un lettino a fianco, immobile, stremato dopo
l’operazione subita. A Luigi con un filo di voce, per non esser udito dagli
altri, dico che sono del Quotidiano dei lavoratori, che vengo trovarlo in nome
dei compagni che non possono venire, che tutta Milano è in piazza per loro e
che stasera, alle 18, ci sarà una grande manifestazione.
Mi guarda, sorride, e mi dice: “Vorrei esserci anch’io”. Mi siedo vicino
a lui e gli chiedo di raccontarmi come si è svolta l’aggressione degli
assassini fascisti. “Ieri sera, come tante altre sere, siamo andati a una
riunione del Comitato Antifascista di zona. Siamo arrivati alla sede, in via
Arconti alle 21,15 c’erano tutti, tutti i compagni del quartiere, molti
studenti, altri come me, giovani lavoratori. La riunione era centrata sul
problema dell’entrata di un nuovo compagno nel Comitato; era Carlo, che
adesso è lì, sul lettino, in condizioni più travi delle mie. Dopo la
riunione, che aveva deciso la sua entrata nel Comitato, abbiamo messo in
ordine la sede, buttato via un’asta di legno, perché non volevamo nessun
oggetto che potesse essere ritenuto ‘un’arma’ in un’eventuale
perquisizione della polizia.
Siamo quindi andati in strada per accompagnare a casa vanni, che abita in via
Pisacane, vicino al bar conosciuto nel quartiere per essere frequentato dai
fasci; volevamo in questo modo impedire qualsiasi eventuale provocazione lungo
la strada. Valutavamo l’intervento fatto la sera prima coi compagni dell’Mls,
attaccando manifesti antifascisti in piazza Grandi e le conseguenze nel
quartiere di una provocazione di ieri pomeriggio che un gruppo di fascisti
aveva preparato nei nostri confronti. Avevamo così raggiunto viale dei mille,
dove un gruppo di persone ingombrava la strada, e insospettito ho chiesto ai
compagni. ‘E quelli chi sono?’ ‘Niente, non sono fasci!’ Invece erano
fasci, fasci di altre zone o altre città perché noi non li avevamo mai visti
circolare nel quartiere. Sulla strada, a fianco a loro, erano ferme alcune
macchine con i fari e il motore accesi.
Appena li abbiamo affiancati ci sono saltati subito addosso, una squadra di
undici, dodici persone, noi eravamo in cinque più una ragazza. Quando mi
hanno tirato il primo colpo di coltello uno gridava: ‘Ammazziamolo come un
cane bastardo!’ io l’ho visto in faccia: aveva i baffetti sottili, non
molto alto, con i capelli corti, come del resto tutti gli altri. I coltelli
erano affilati, si vedeva che tutti li sapevano usare bene, veri e propri
maniaci delle armi. Due compagni e la ragazza sono riusciti a scappare mentre
noi tentavamo di difenderci; rovisto subito Carlo cadere con la pancia
squarciata e le viscere fuori; e questo mi ha dato la forza di divincolarmi.
Mi sono trovato con una ferita sopra il cuore – adesso ho saputo che mi ha
bucato un polmone – , ferite sulle braccia, nella pancia, sul torace.
Nonostante questo sono riuscito a scappare, ma mi hanno inseguito. Sono
riusciti a raggiungermi.
Mi hanno colpito alla testa con una spranga, quindi, quando ero a terra, mi
hanno di nuovo accoltellato. Quando ho raggiunto un semaforo in cerca
d’aiuto nessuna macchina si è fermata; sono riuscito ad arrivare al nostro
bar di zona perdendo sangue e tamponandomi le ferite con le mani; avevo paura
che mi inseguissero. Qui sono svenuto nelle mani di un compagno di Lotta
continua, al quale ho gridato “siamo stati aggrediti dai fascisti, hanno
ucciso gli altri”.
(…)
Pierluigi Navoni
COSA FANNO OGGI GLI ASSASSINI DI AMOROSO E GLI AMICI DI ALLORA?
PUBBLICHIAMO UN ARTICOLO DELL'UNITA' DEL 2005
Da l'Unità del 2 marzo 2005Ex militante dei Nar candidato di An
Milano, dai Nuclei Armati Rivoluzionari alle regionali con Formigoni
di Oreste Pivetta
Negli anni del terrorismo nero era un elemento di primo piano dei Nar, amico
di Cavallini e Nico Azzi, e fu coinvolto in inchieste per banda armata. Oggi,
Lino Guaglianone, è in lista con Alleanza Nazionale a sostegno del candidato
presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni. Sia il partito
“rifondato” a Fiuggi, sia il presidente ex dc non hanno trovato nulla da
dire su questa inquietante candidatura. Evidentemente più di ogni coerenza
vale l’effetto che l’ex esponente dei Nar può ottenere sulla destra più
estrema.
Talmente invadente da guadagnarsi un posto anche nel forum on line degli
studenti dell’università Bicocca. Scrive una ragazza, Bubbola: «Sono
rimasta colpita da un manifesto di An: “Alla regione Lino Guaglianone,
volontà e passione”. Uno slogan scontato, basato su rime ingenue... Poi,
vabbè, la scelta della fotografia del candidato è stata pessima... una
faccia poco affidabile...». Pasquale, detto Lino, Guaglianone, ragioniere,
commercialista, titolare di una palestra, la Doria, gestore del bar Maya,
organizzatore di kickboxing (insieme con la signora Cristina Randazzo nella
sigla Cris Promotion) non ha voluto risparmiare in manifesti. Ha cominciato
tra i primi a tappezzare Milano, è tra i più attivi in un campagna che lo
vede appena al di sotto del governatore Formigoni e della rivale di partito
Paola Frassinetti e dei “signori delle poltrone”, Silvia Ferretto,
Piergianni Prosperini (in armatura di crociato: «Baluardo della Cristianità,
flagello dei Centri sociali, condottiero del Nord»). Soldi spesi male se
l’impressione giusta è quella di Bubbola: «poco affidabile». Per uno che
vuole entrare di diritto nella cosiddetta “destra affidabile”, finalmente
indossare il doppiopetto, dopo anni vissuti pericolosamente. Al punto di
subire ancora qualche ritorno o rigurgito, come la “molotov” che domenica
notte esplose contro il suo gazebo elettorale in corso Lodi. Subito arrestato
il “colpevole”, un giovane di un centro sociale.
Chissà come sarebbe finita ai “bei tempi”, quando il Lino neppure ci
pensava a una sedia da consigliere regionale e invece frequentava la destra
pura senza paura e, grazie alla sua pratica di numeri, faceva il tesoriere dei
Nar, nuclei armati rivoluzionari, quelli di Francesca Mambro, Giusva
Fioravanti e Gilberto Cavallini che all’epoca aveva pure trovato lavoro
(come impiegato senza obbligo di presenza) nella palestra (una gran passione)
che Lino Guaglianone gestiva a Novate Milanese. Gilberto Cavallini è lo
stesso che nel momento del suo arresto, due anni fa (era in semilibertà dal
2001 nonostante numerosi ergastoli e una catena infinita di omicidi: il primo
a cadere era stato Gaetano Amoroso, studente lavoratore, finito a coltellate
la sera del 26 aprile 1976, mentre attaccava manifesti) si rivolse ai
carabinieri così: «Ringraziate Dio che la pistola l’avevo nello zaino...».
Sono storie “remote”, come spiega Guaglianone, che intanto, coinvolto in
varie inchieste per associazione sovversiva e banda armata (per colpa dei Nar,
ovviamente, delle armi e degli esplosivi, ma anche ad esempio di un tal Carlo
Digilio, bombarolo di Ordine Nuovo e persino di Piazza Fontana), ne ha fatta
di strada: la boxe francese insegnata e organizzata, il bar, la palestra, la
compravendita degli immobili, il commercio dei rubinetti, fino alla prima
poltrona, quella nel consiglio di amministrazione delle Ferrovie nord
(regionali), una questione di apprendistato verso il consiglio regionale. Un
miracolato. Al punto da nutrire qualche ambizione in più.
Nel frattempo, per la dovuta solidarietà, era riuscito anche a dare un lavoro
(nel bar Maya di via Ascanio Sforza) al vecchio amico Nico Azzi, quello della
tentata strage sul treno Torino-Roma, il 7 aprile 1973. Tra i ragazzi del bar
e della palestra, qualcuno si trovò precipitato in indagini e in vicende
pesanti: dall'assassinio di Alessandro Alvarez (a colpi di pistola il 3 marzo
2000, a Cologno, nell'hinterland milanese), a quello di Francesco Durante
(ritrovato cadavere nel bagagliaio di una macchina, bruciato e con un colpo
alla nuca, nel maggio dello stesso anno), dall'uccisione del giovane tifoso
genoano Vincenzo Spagnolo (accoltellato il 29 gennaio del '95, poco prima
della partita dei calcio Genoa - Milan), al ferimento (in via Ascanio Sforza)
nell’aprile del 1997 di Davide “Atomo” Tinelli, consigliere comunale di
Rifondazione. In un rapporto della Digos milanese alla Procura della
Repubblica in merito a quest’ultimo accoltellamento si potrebbe leggere: «Alcuni
elementi gravitanti nell'area della destra radicale milanese... nelle serate
del martedì e giovedì - giorno dell'aggressione - al termine delle sedute di
allenamento presso la segnalata palestra Doria sono soliti recarsi presso il
Maya dove godrebbero di un trattamento di favore in virtù degli stretti
rapporti che li legano a Pasquale Guaglianone».
Guaglianone, ovviamente, sotto elezioni si dà ad altre pratiche. Fa
l’intellettuale, organizza forum, scrive persino un libro, un titolo
ampolloso: «Le ragioni ideali della destra» (insieme con Cesare Ferri, Marco
Valle, Pietro Cerullo, Maurizio Murelli), invita alla presentazione i vecchi
soci Nico Azzi e Gabriele Adinolfi, uno dei fondatori di Terza posizione, e i
nuovi “capi”, come Ignazio La Russa, ben felice di ritrovare antiche
compagnie con le quali festeggiare il decennale di An. Il vecchio Lino svela
le ragioni della parata: «... offrire a questo mondo la possibilità di
uscire dall’isolamento...». Cioè, banalmente, non svendere la destra nera
al trio Mussolini-Fiore-Tilgher.