|
è consentita la
riproduzione a fini non di lucro dei materiali dell'Archivio Storico
Benedetto Petrone con l'obbligo di riportarne la fonte |
23 luglio 1970
muore il compagno
AMADEO BORDIGA
Quel giorno
scompariva un rivoluzionario, comunista, un ribelle
del nostro SUD, una spina nel fianco per coloro che
nascondendosi dietro il rispetto all'ortodossia politica e
alla disciplina di partito tradivano lo spirito innovatore
e rivoluzionario del messaggio comunista, sostituendolo
con la spasmodica ricerca del raggiungimento del
potere personale.
Un uomo scomodo e
un teorico fuori dalle righe. Gli stessi movimenti del 68
a cui molti di noi parteciparono snobbarono o
semplicemente ignorarono il messaggio bordighista anche
perchè influenzati da una sorta di marchio di infamia che
era stato imposto dal Partito Comunista Italiano nel
momento in cui Bordiga era uscito dalla terza
Internazionale.
Vogliamo oggi
ricordarlo con una pagina curata autonomamente ( come è
prassi della Redazione dell'Archivio Storico Benedetto
Petrone) dai militanti di formazioni politiche che
si riconoscono nel suo messaggio politico.
Dal canto nostro
noi vogliamo ricordarlo come un ribelle del Sud, un uomo
che come un altro ribelle del Sud Antonio Gramsci non
volle chinare mai il capo. Vogliamo ricordare anche i
tanti suoi compagni...bordighisti...tantissimi anche nel
Sud ed in particolare in Campania e nella ribelle Irpinia,
di cui alcuni abbiamo potuto personalmente conoscere e
stimare.
Rportiamo quello
che è uno dei messaggi più attuali nei tempi della
globalizzazione capitalistica e del disastro ambientale e
sociale mondiale:
1954: "Il ciclo del capitalismo ha condotto al mostruoso
volume di una produzione per nove decimi inutile alla sana
vita della specie umana. Ha ha determinato una
sovrastruttura dottrinale che richiama la posizione di
Malthus, invocando, a costo di chiederli alle forze
infernali, consumatori che inghiottano senza posa quanto
la produzione erutta. La scuola del benessere, con
la sua pretesa che l'assorbimento individuale di consumo
possa salire oltre ogni limite, gonfia di passi, riti e
morbose follie le poche ore che il lavoro obbligato e il
riposo lasciano a ciascuno. Essa esprime in realtà il
malessere di una società in rovina, e volendo scrivere
le leggi della sua sopravvivenza non fa che confermare il
decorso, forse ineguale ma inesorabile, della sua orribile
agonia".
riportato sul sito
http://digilander.libero.it/diesel43/
LA REDAZIONE
DELL'ARCHIVIO STORICO BENEDETTO PETRONE
Un curioso articolo su Bordiga di Nino
Longobardi del 1952 e segnalato da un gruppo di
"Internazionalisti"
Il Lavoro Illustrato,
n. 22, 1952
L'articolo
che qui riproponiamo è oggi praticamente sconosciuto mentre quando
apparve, e si trattò del 1952, destò un certo scalpore, pur nel suo tono
ironico ed ingenuo. Nei primi anni cinquanta Bordiga non si nominava e non
se ne parlava; la cappa di silenzio imposta dallo stalinismo veniva rotta
di tanto in tanto solo per dire che si era ritirato a vita privata (nella
migliore delle ipotesi) oppure (e questo era più normale) era
direttamente passato alla controrivoluzione.
Il
Nino Longobardi (morto alla fine del secolo scorso) che scrisse questo
articolo che allora ebbe l'effetto di uno scoop, era
della scuola dei Longanesi e dei Flaiano e scriveva nel Lavoro
Illustrato un settimanale che ospitò
nello stesso anno gli articoli di un altro valido personaggio Sergio
Saviane che riportò alla luce, con notevole scalpore, i delitti di
Alleghe.
Bordiga
disse di no a Stalin
L'ing.
Amadeo Bordiga, ex capo dei comunisti italiani, vive a Napoli,
apparentemente si occupa solo della professione, ma in segreto prepara la
"sua rivoluzione" che comincia con un no a Giuseppe Stalin
Ogni
volta che a Napoli arriva il Presidente della Repubblica o c'è qualche
regnante di passaggio, un vecchio maresciallo della «squadra politica»
della Questura s' arrampica lungo la salita di Montesanto. A passo lento
arriva al Corso Vittorio Emanuele sostando infine dinanzi ad una palazzina
a tre piani posta alla prima curva della panoramica strada che si affaccia
sul golfo. Quando l'ingegnere Amadeo Bordiga esce dalla
palazzina per recarsi al lavoro, il maresciallo sa che sono le otto
precise; controlla l'orologio e poi si mette alle calcagna dell'ingegnere
che conserva agilità e passo elastico nonostante i suoi 63 anni. Ha
inizio quindi per le vie di Napoli il pedinamento di prammatica.
Gli
ordini sono ordini. Il poliziotto non perde di vista neanche per un
momento il suo uomo. Una sola volta Bordiga giocò un brutto tiro al
maresciallo scantonando in un vicolo, e quando il vecchio poliziotto arrivò
ansante in un bar di via Roma dove finalmente aveva intravisto l'ingegnere
trovò pronta per lui una tazzina di caffè. L'ingegnere aveva ordinato
due «espressi» e lo stava aspettando.
Nella
schedina personale archiviata alla Questura centrale di Napoli sotto la
foto di Amadeo Bordiga vi è scritto: «rivoluzionario comunista
internazionale amico personale di Lenin». La schedina risale al settembre
del 1920 e da allora non è stata più aggiornata. La scritta sotto la
foto della schedina personale di Bordiga siamo in grado di dettarla noi
oggi: «Amadeo Bordiga capo del partito comunista internazionalista,
nemico numero uno di Stalin». Tempo fa di Amadeo Bordiga si interessò la
stampa di tutto il mondo, quando l'ingegnere fu ufficialmente definito il
«Tito italiano». In quel periodo il maresciallo ebbe due uomini di
rinforzo per pedinare Bordiga mentre il resto della «squadra politica»,
come ampliamente fu pubblicato, nelle campagne dell'aversano dava la
caccia a quattro fantomatici personaggi «emissari sovietici» giunti a
bella posta a Napoli da Mosca per prendere contatti diretti con Bordiga.
Poi si disse che il fatto era «privo di consistenza». La verità non la
seppe nessuno e Bordiga tornò nel dimenticatoio cioè in quella che lui
chiama «la zona grigia del silenzio» nella quale ama lavorare «a
preparare la rivoluzione». La verità sugli «emissari sovietici» non la
seppe nessuno. In realtà, siamo ora in grado di rivelare che la «visita»
ci fu. Ma Bordiga si rifiutò nella maniera più categorica di incontrarsi
con gli «inviati di Stalin».
«Ras
dwa, tri mui bolsceviki». Durante il suo lavoro d'ingegnere («ho scelto
i logaritmi!» ha detto una volta) Bordiga nel suo studio sito all'ultimo
piano del vecchio palazzo Salsi alla Marina, canticchia spesso il motivo
di questa canzoncina molto in voga in Russia ai tempi di Lenin «uno, due,
tre, noi bolscevichi!». I tre bolscevichi allora erano i tre gatti del
rivoluzionario russo: Osram, Katia, Moutzi. Il «quarto gatto bolscevico»
era Lenin ed «il quinto gatto italiano» come lo chiamarono a Mosca:
Amadeo Bordiga.
Il
«quinto gatto italiano» andò in Russia nel luglio del 1920 su invito
personale di Lenin. Aveva percorso una lunga, faticosa marcia per giungere
a tanto.
Amadeo
Bordiga dei conti Degli Amidei è nato in un comune vesuviano e
precisamente in quello di Resina il 13 giugno 1889. Suo padre Oreste,
professore di Agraria all'Università di Portici, veniva da Venezia, di
nobile famiglia imparentata anche con un Doge. A 23 anni Bordiga si
iscrisse alla sezione socialista di Portici e raccogliendo fondi riuscì a
pubblicare un settimanale «Il Proletario» che usciva ogni domenica. Fin
da allora Bordiga sosteneva «l'intransigenza assoluta» e militava nella
sinistra del partito socialista.
Dal
1912 al 1918, ogni domenica, l'allora giovane Bordiga, faceva quattro
volte al mese il giro dei comuni vesuviani e distribuiva da una carrozza
le copie del suo settimanale che, per precauzione, portava nascoste sotto
il mantice della vettura. Il cocchiere, un socialista arrabbiato, metteva
a disposizione di Bordiga carrozza e cavallo e qualche soldo per la
colazione. I due se ne andavano al trotto nelle assolate campagne del Sud
al canto di quei «motivetti» rivoluzionari dai quali il clero usciva
sempre malconcio e che in quel tempo facevano la fortuna del nascente
estremismo di sinistra nelle aule universitarie italiane.
Il
24 ottobre 1918 Amadeo Bordiga è chiamato alla direzione del settimanale
«Soviet». Finirono le assolate gite in carrozza. Il Sud si accorgeva di
Bordiga «il veneziano di Napoli». Quando nacque la polemica tra
l'esordiente Bordiga ed il grande Labriola, il grosso pubblico dei lettori
napoletani si divise: «o per Labriola o per Bordiga non c'erano vie di
mezzo!» La fama del giovane ingegnere che aveva in pubblico rifiutato il
titolo di conte, che gli spettava per legittima discendenza, si andava
consolidando. Arturo Labriola in quel tempo dal Sud pontificava. Era «l'uomo
più rivoluzionario di Napoli». Bordiga superò Labriola in quella che i
giornali dell'epoca definirono «spericolatezza rivoluzionaria». Divenne
di colpo popolarissimo. Nasceva a Napoli una moda più che un partito: il
bordighismo. Giovanotti di buona famiglia borghese, con un fiore rosso
all'occhiello della giacchetta a redingote, inseguivano nelle strade di
Napoli il rivoluzionario Bordiga agitando fazzoletti anche rossi. Poco
amante della folla, incline alla solitudine come la maggior parte dei veri
rivoluzionari, Bordiga sfuggiva tutto quel rosso come un toro riottoso.
Non era quello il suo ambiente. Preferiva le officine ed
i cantieri. Ma ormai la sua popolarità aumentava.
Intanto
da Roma, da Bologna, da Torino i grossi papaveri delle sinistre guardano a
Bordiga con grande diffidenza. Il puledro scalpita troppo e «tira
calci poderosi». E «quando parla di cose più grandi di lui dovrebbe
tenere la lingua a freno!». Forse a Bologna si pensa già di sconfessarlo
pubblicamente ed in maniera definitiva, quando arriva la «bomba» dalla
Russia dove Lenin vive le giornate del suo trionfo. Lenin
in persona nel suo libro «Estremismo malattia infantile del comunismo»
cita il giornale «Soviet» diretto da Bordiga e dichiara di seguirlo con
grande interesse. Nel luglio del 1920 arriva l'invito personale di Lenin e
Bordiga si reca a Mosca. Vi rimane due mesi circa. «Ras, dwa, tri, mui
bolsceviki!». Il giovanotto che andava in carrozzella per i comuni
vesuviani a distribuire le copie del «Proletario» ha fatto molta strada.
Arrivano in Italia sue fotografie nelle quali lo si vede in troika con
Lenin in una ispezione nei dintorni della capitale russa.
Poi
Bordiga torna in Italia ed ancora nel 1921, dopo essere stato il fondatore
della frazione socialista per la costituzione del P.C.I. diventa uno dei
massimi esponenti del partito. Il neonato P.C.I. emette i suoi primi
vagiti: «Il Comunista» a Roma, «Ordine Nuovo» a Torino ed il «Lavoratore»
a Trieste. Sono i primissimi quotidiani del partito comunista italiano.
Bordiga ne muove i fili mantenendosi in contatto epistolare con Lenin che
firmava le sue missive a Bordiga con il suo vero nome e cognome: Vladimiro
Jlitch Ulianov, ma poi scrive a parte in una lettera autografa: «efficace
pseudonimo il mio! Rapido come una martellata. Ha fatto da solo la sua
rivoluzione distruggendo il mio lunghissimo e noioso nome-cognome monotono
come una cantilena!».
Palmiro
Togliatti era allora redattore nel giornale «Ordine Nuovo» di Torino e
Bordiga era il capo del partito. Nel 1923 Bordiga è arrestato e nella
direzione del partito è sostituito dal triumvirato: Togliatti, Gramsci,
Grieco. Dopo un lungo processo viene assolto dalla Magistratura dalla
accusa per «complotto contro lo Stato» perché il fatto non costituisce
reato. Nel 1926 Bordiga ritorna a Mosca. Da questo periodo comincia per il
giovanotto di un tempo che distribuiva il «Proletario» dalla carrozza la
crisi di allontanamento dai traditori della «causa comunista», e primo
tra tutti da Stalin.
Bordiga
sostiene apertamente la «intransigenza a tutti i costi». Ma in Russia
non c'è più nessuno disposto ad ascoltarlo. I tempi
eroici del leninismo sono per sempre tramontati. «I tempi aurei della
rivoluzione» che andarono fino al 1920. Allora in Italia, in Norvegia, in
Francia il partito socialista era «una cosa sola» con la Terza
Internazionale. Circolavano in tutta Europa a milioni
di esemplari i medaglioni di Lenin «profilo e faccia» che portava la
scritta dalle risonanze bibliche: «ex oriente lux». Operai italiani
imponevano ai loro primi nati il nome di Lenin.
Nel
1926 Bordiga disposto a dare la vita per la rivoluzione, come aveva
promesso a Lenin, trova a Mosca le carte cambiate ed inutilmente cerca «l'eredità
di Lenin». Gli incontri con Stalin e compagni ... sono molto freddi. «Cosa
vuole quest'italiano, che noi si vada a mettere una bomba sotto al
Vaticano?». Zinoviev si scontra violentemente con Bordiga. In Russia
stanno gettando acqua sul fuoco; le posizioni insperatamente raggiunte da
«quel pazzo di Lenin» sono comode! Bordiga invece insiste. Vuole
l'azione diretta: «niente ricostruzione, distruzione a tutti i costi del
regime capitalista subito anche oltre i confini della Santa Patria
Russia!!!». Ma a Mosca si temporeggia e viene inaugurata quella che
Zinoviev chiama «la grande tattica del sapere attendere».
Bordiga
si chiude nel suo albergo e non vuole più vedere nessuno. Rifiuta di
incontrarsi con Stalin. Zinoviev lo va a trovare invitandolo «per causa
comune» a desistere dal suo atteggiamento e Bordiga gli risponde: «La
tua tattica, compagno Zinoviev ti condurrà al plotone di esecuzione!».
Qualche tempo dopo Zinoviev è fucilato. Intanto Stalin dinanzi al quale
la Russia comincia a tremare non perde d'occhio Bordiga e cerca di
trattenerlo in Russia «a smaltire il fuoco mediterraneo». Cerca di
liquidarlo ma deve andarci piano perché ci sono ancora allora in Russia
molti compagni che non si sono scordati di Lenin e che la pensano come
Bordiga.La tedesca Fischer riporta un giudizio di Stalin su Bordiga: «Questo
Bordiga dice sempre la verità!...» (Correspondance Internationale, 1926,
pagina 510). Fiutato il vento infido Bordiga lascia la Russia. Dopo molte
peripezie e dopo essere passato da un esilio all'altro, nel 1931 dopo una
riunione segreta tenuta a Mosca viene ufficialmente espulso dal Partito
Comunista Italiano.
Questo
l'uomo che il maresciallo della «squadra politica» della Questura di
Napoli ha l'incarico di sorvegliare da qualche anno a questa parte.
«Il
nemico numero uno di Stalin» però ha anche altri «sorveglianti» di
diverso calibro che non lo perdono d'occhio un solo momento. Nessuno al
mondo immaginerebbe che il tranquillo ingegnere che a Napoli conduce una
vita apparentemente borghese è il diretto erede di Lenin ed il capo
segreto del «Partito comunista internazionale». Bordiga muove da Napoli
i fili del suo partito «preparando la rivoluzione». Non si sa con
precisione quanti iscritti abbia il partito comunista internazionalista
che si estenderebbe con la sua segreta trama in Italia, in Russia, negli
Stati Uniti, nell'America del Sud, in Asia. E' costituito ufficialmente e
pubblica un giornale settimanale a Milano: «Battaglia Comunista»;
apparentemente non obbedisce a nessun «capo» ma il vero «capo» sta a
Napoli. Bordiga tuttavia dice: «io faccio l'ingegnere... ho scelto i
logaritmi!».
Due
anni fa un libro pubblicato da un comunista americano
nel quale si parlava di Bordiga suscitò un interesse palese nelle autorità
americane. Un altro personaggio politico statunitense venne a bella posta
a Napoli - si dice - per incontrarsi con Bordiga che in quella occasione
si rese irreperibile. La sua indole di rivoluzionario nato non viene a
patti con nessuno. Egli è il nemico di Stalin e l'avversario irriducibile
del capitalismo. Odia i suoi ex compagni che oggi occupano i posti di
primo piano nel «carnevale comunista».
Giorni
fa uscendo dalla sua palazzina una grossa auto nera stava per investirlo.
Sarà un caso ma parecchie volte in questi ultimi anni la vita
dell'ingegnere è stata seriamente minacciata. Nei giorni in cui si parlò
degli «emissari sovietici» a Napoli Bordiga non cambiò le sue
abitudini. Ma che questi «emissari» circolassero in
Italia e poi a Napoli è un fatto assodato che Bordiga non smentisce. Se
si decidesse a rientrare nelle file del Partito
comunista Italiano potrebbe essere subito il successore di Togliatti.
Sembra che Stalin lo tema e lo ammiri insieme. Ma Bordiga, quasi che lo
spirito di Lenin si sia impadronito di lui, è irriducibile alle promesse
seducenti ed alle minacce. Sta preparando la «sua rivoluzione» giorno
per giorno. Da ieri circolano per Napoli e presto appariranno in tutta
Italia e in tutto il mondo dei curiosi volantini che recano dieci domande
alle quali bisogna rispondere. Le dieci domande formano il «decalogo
scritto da Bordiga». Chi risponde di sì a tutte e dieci è maturo per la
«grande rivoluzione».
«Ras,
dwa, tri, mui bolscevichi». I tre gatti di Lenin sono morti ed anche
Lenin è morto. Forse al mondo è rimasto un solo bolscevico: «il quinto
gatto italiano», l'ingegnere Amadeo Bordiga, l'uomo che disse di no a
Stalin.
Nino
Longobardi
Il Lavoro
Illustrato, n. 22, (giugno) 1952
PAGINA CURATA AUTONOMAMENTE DAL
CIRCOLO PROLETARIO LANDONIO DI VARESE
Per una soluzione rivoluzionaria della crisi
italiana
Nasce a Resina
(Napoli) da Oreste e Zaira Amadei il 13 giugno 1889.
Formatosi in un ambiente familiare ed in un contesto
sociale ricchi di fermenti intellettuali, morali e
politici, legge il Manifesto di Marx-Engels, su
consiglio del suo professore di filosofia, prima
ancora di diventare studente d'ingegneria a Napoli.
Già nel 1907 inizia a frequentare l'ambiente
socialista napoletano. Nel 1910 aderisce alla
Federazione Giovanile Socialista, schierandosi
immediatamente su posizioni antiriformiste, "antibloccarde"
ed antimassoniche.
Inizia ad operare sia sul piano teorico che su quello
pratico per l'emancipazione sociale del proletariato e
per l'affermazione del socialismo marxista
rivoluzionario. Agisce nel napoletano come
organizzatore e propagandista del movimento operaio e
difende, a livello nazionale, la funzione
"anticulturista" della federazione, individuando nella
partecipazione dei giovani alle agitazioni di classe
del proletariato "il migliore terreno per lo sviluppo
della loro coscienza rivoluzionaria" e per la crescita
di un autentico "sentimento socialista", lontano
dall'"utilitarismo" capitalistico. Nel 1912 a Napoli,
insieme con altri militanti che condividono le sue
posizioni, tra cui la sua compagna Ortensia De Meo, e
in opposizione alla locale sezione socialista,
accusata di riformismo, fonda un circolo
significativamente chiamato Carlo Marx: si trova così
collegato a quella "sinistra" del Partito Socialista
Italiano che intende respingere il tentativo
giolittiano-riformista di mettere "Marx in soffitta",
e ne diviene presto un esponente di rilievo.
Al XIII Congresso del Partito Socialista (Reggio
Emilia, 7-10 luglio 1912), è alla guida della corrente
dei giovani rivoluzionari, che si configura come
Frazione Intransigente Rivoluzionaria. 1913. Fonda a
Portici il giornale propagandistico Il lavoro, mentre
il quindicinale La Voce di Castellammare di Stabia si
fa portavoce del Circolo Carlo Marx pubblicandone gli
articoli. Al XIV Congresso dello Psi (Ancona, 26-29
aprile 1914), il suo ruolo politico assunse una
dimensione nazionale. Il suo impegno militante stimolò
riflessioni, che portarono ad un costante
approfondimento della teoria marxista, i cui frutti
maturarono nel decennio seguente. Nel gennaio del
1914, si sposò con Ortensia De Meo; dalla loro unione
nacquero due figli: Alma e Oreste. L´attiva
partecipazione alle manifestazioni della "settimana
rossa" (giugno 1914), che a Napoli ebbero grande
rilievo, provocò il suo licenziamento per rappresaglia
dalle ferrovie dello Stato, dove era stato assunto
come funzionario, dopo la laurea in ingegneria.
Fin dall´inizio, condusse una dura opposizione alla
guerra mondiale e, rifiutando la parola d'ordine "né
aderire né sabotare" adottata dal Psi, denunciò la
natura imperialistica del conflitto, rivolto alla
spartizione dei mercati. Sotto le armi dal marzo 1915
al novembre 1916 (quando fu definitivamente congedato
a causa della forte miopia), proseguì la sua attività,
soprattutto con combattivi articoli sull'"Avanti!" e
sul settimanale della Federazione giovanile,
"L'Avanguardia", di cui fu direttore. Nel novembre
1917, dopo la rotta di Caporetto, sostenne la
diserzione di massa dei proletari-soldati, ponendo il
problema del passaggio all'azione rivoluzionaria.
Quasi negli stessi giorni, si schierò, senza
esitazioni, a difesa della rivoluzione russa, che sin
dall'inizio considerò aurora della rivoluzione
proletaria internazionale.
Quasi negli stessi giorni si schiera, senza
esitazioni, a difesa della rivoluzione russa, che sin
dall'inizio considera quale momento di una rivoluzione
proletaria internazionale e che ritiene dimostri
definitivamente al mondo la necessità
dell'abbattimento violento dello stato borghese e il
superamento della sua forma democratico-parlamentare.
Anche per tale ragione pensa sia venuto il momento di
dar corpo ad una corrente che abbia come compito la
formazione di un partito rivoluzionario in Italia:
rientra in questo progetto la fondazione a Napoli, nel
dicembre del 1918, del settimanale Il Soviet,
periodico che diventerà presto il centro vitale della
polemica con i riformisti e poi l'organo della
battaglia per il nuovo partito, già esistente di
fatto, in una corrente che, intorno al giornale, è
qualcosa di più di una frazione tra le altre. Nello
stesso anno, al XV Congresso del PSI, sostiene la
necessità di appoggiare le tesi di Lenin sulla
rivoluzione internazionale. Per prendere le distanze
dal massimalismo socialista, declamatorio ed
inconcludente, sostiene la necessità di astenersi
dalle elezioni parlamentari, tesi questa che, insieme
all'esigenza di separarsi dai riformisti, egli difende
al XVI congresso socialista di Bologna dell'ottobre
del 1919, durante il quale la sua posizione risultò
minoritaria. L´orientamento astensionista nasceva da
due considerazioni, una tattica, in quanto la
competizione elettorale avrebbe bruciato preziose
energie, da dedicare invece alla preparazione
rivoluzionaria. L´altra, strategica, ben più
importante, nasceva dalla constatazione che la
Rivoluzione russa aveva visto nascere una nuova forma
di rappresentanza proletaria, i soviet, che superava
quella democratico-parlamentare.
Nel 1920 a Mosca, Bordiga concorre in modo sostanziale
all'organizzazione della Terza internazionale (o
Internazionale comunista) e nel corso del Secondo
Congresso interviene sulla necessità di non impegnare
le forze del partito nelle contese elettorali e
parlamentari, ormai non solo inutili ma anche dannose,
in Occidente, ai fini rivoluzionari. Criticato da
Lenin per la posizione astensionista, ha tuttavia il
suo accordo sulla proposta di aggiungere alle
condizioni d'ammissione o di permanenza dei partiti
comunisti nell'internazionale l'espulsione di quei
membri che respingono le condizioni e la tesi da essa
formulate (punto 21), il che significa di fatto
proporre l'espulsione dei riformisti.
Verso la metà di ottobre presenta il Manifesto della
Frazione Comunista, al Convegno di Milano della
Frazione, detta in seguito anche dei "comunisti puri".
Alla discussione sulla eventuale separazione dal PSI
partecipano anche Gramsci e Terracini in
rappresentanza dei socialisti torinesi. Inizia la sua
collaborazione redazionale a Il Comunista che esce dal
novembre. Molti articoli sono chiaramente preparatori
di una scissione dal PSI. Il 29 novembre presenta la
mozione della Frazione Comunista al Convegno Nazionale
di Imola invocando "un taglio netto" con la
socialdemocrazia.
Nel gennaio del 1921, al XVII Congresso Nazionale del
PSI a Livorno, quando la maggioranza dei socalisti
rifiuta di votare la mozione comunista, i delegati
comunisti, con Bordiga alla testa, fondano il Partito
Comunista d'Italia (sezione italiana
dell'Internazionale Comunista). Si trasferisce a
Milano nel febbraio come "membro direttivo" del nuovo
partito che decide di costituire in quella città la
sua direzione. Intensifica la sua attività nei diversi
settori di intervento del nuovo partito. In questo
periodo compie frequenti viaggi presso le nuove
sezioni del partito, scrive regolarmente su quattro
periodici: Il Soviet, Il Comunista di cui è diventato
direttore, L'Ordine Nuovo che diventa organo del
partito e Rassegna Comunista che ne è la rivista
teorica. Sotto la sua direzione, il nuovo partito
organizza subito sia la rete sindacale che quella
illegale militare, mentre per disciplina
all'Internazionale deve mettere da parte
l'astensionismo e partecipare alle elezioni. Sul piano
dei princìpi e della tattica incomincia a scrivere
articoli di orientamento teorico e pratico da cui
risulta evidente che già all'inizio del 1921
individuava l'esistenza di problemi non indifferenti
con l'Internazionale. Negli articoli che scrive nel
corso del 1921 si chiariscono tutte le divergenze, non
ancora esplicite (cioè non ancora oggetto di polemica
diretta), tra la direzione del PCd'I e
l'Internazionale: il problema della rivoluzione in
Occidente; la tattica dell'azione con le altre forze
politiche (Fronte unico); la valutazione sul fascismo;
la natura dell'Internazionale (cioè Partito Comunista
mondiale o federazione dei partiti comunisti
nazionali).
La scissione dai socialisti sancisce il suo ruolo
direttivo, che viene confermato nel marzo dell'anno
seguente al Congresso di Roma del partito, pur non
essendone egli segretario, carica allora inesistente,
ma solo primus inter pares di un gruppo dirigente
omogeneo. Nel dicembre partecipa come inviato
dell'Internazionale al Congresso di Marsiglia del
Partito Comunista Francese.
Nel 1922, dopo neppure due settimane dalla fascista
Marcia su Roma, si apre il IV Congresso dell'IC (dal 5
novembre al 5 dicembre) in cui Bordiga tiene la
relazione sulla situazione italiana. Nella primavera
del 1923 viene arrestato dalla polizia e incriminato
per "complotto contro lo Stato". Nel giugno i
dirigenti arrestati vengono sostituiti alla direzione
del partito per ordini di Mosca. La responsabilità
organizzativa e politica passa a Togliatti e Terracini.
Dopo il processo e la scarcerazione, viene invitato
dall'Internazionale a riprendere il suo posto nel
Comitato Esecutivo del partito, ma rifiuta (22
dicembre) spiegando che vi è incompatibilità fra le
sue posizioni e quelle dell'IC: un impegno direttivo
lo costringerebbe per disciplina a sostenere posizioni
che non ha e ciò comporterebbe un falso di fronte
all'organizzazione.
Nel gennaio del 1924 fa uscire a Napoli la rivista
mensile Prometeo. L'intento è di dare una voce alla
Sinistra del partito. Nel mese di maggio si svolge la
Conferenza di Como in cui il partito si dichiara a
stragrande maggioranza per le tesi della Sinistra.
Bordiga rifiuta di presentarsi candidato alle
elezioni. Partecipa al V Congresso dell'IC e
ripresenta le tesi sulla tattica mettendo in guardia
contro il revisionismo di destra che minaccia il
partito russo. Le tesi vengono di nuovo respinte. Nel
successivo Congresso clandestino di Napoli si scontra
con i nuovi dirigenti allineati alle posizioni
dell'IC. Nel 1925 il centrismo scatena la lotta aperta
contro la Sinistra. Togliatti è per una azione
definitiva contro Bordiga, ma Gramsci ha paura delle
conseguenze nel partito. Bordiga scrive un articolo in
difesa di Trotzky (febbraio), utilizzato in seguito di
centristi per dimostrare il suo "trotzkismo". Aderisce
al Comitato d'intesa, formato da militanti della
Sinistra (tra essi Bruno Fortichiari, Luigi Repossi,
Onorato Damen) per rispondere unitariamente agli
attacchi del Centro. Scioglie tale comitato dopo
qualche mese. Nel successivo Congresso clandestino di
Napoli si scontra con i nuovi dirigenti allineati alle
posizioni dell'IC.
Nel 1926, dal 21 al 26 gennaio partecipa al III
Congresso del PCd'I a Lione (clandestino). Con un
espediente tipicamente elettorale, la centrale si
assicura i voti degli assenti della Sinistra,
impossibilitati a raggiungere il Congresso. Il mese
successivo si aprono i lavori del VI Esecutivo
allargato dell'Internazionale a Mosca. In entrambe le
occasioni Bordiga tenta l'ultima appassionata difesa
delle tesi marxiste. In una riunione in margine al VI
Esecutivo, chiede a Stalin se le questioni russe non
stiano prendendo il sopravvento sulle questioni
internazionali. Stalin risponde sdegnato. Bordiga è
l´unico delegato non russo che si permette di
affrontare, senza remore e in piena autonomia, i
problemi russi e internazionali, al di là di quelli
propri del partito di provenienza. In questa occasione
egli, è proprio il caso di dirlo, senza ombra di
retorica: semplicemente, giganteggia.
Il 22 novembre viene condannato senza processo a tre
anni di confino e immediatamente arrestato mentre i
fascisti gli devastano la casa. Viene condotto prima a
Ustica poi a Ponza, isolotti di 7-8 kmq, dove rimarrà
fino al 1929. Durante la prigionia organizza una
scuola per detenuti e con Gramsci tiene regolarmente
lezioni su materie scientifiche. Nel 1930 viene
espulso dal partito con l'accusa di attività
frazionistica "trotzkista". Al rientro dal confino si
dedica alla professione di ingegnere senza più
occuparsi pubblicamente di questioni politiche. Del
resto ne sarebbe completamente impossibilitato perché
la polizia lo controlla 24 ore su 24 con ben sei
funzionari che si danno il cambio. Negli archivi di
polizia rimane traccia di questo controllo che dura
fino al 1943, quando a Napoli la guerra ha fine in
seguito agli sbarchi anglo-americani.
Fondatore a Livorno nel 1921 del PCd'I e sua guida
sino all'autunno del '23, Bordiga dà un fondamentale
contributo alla formazione di un partito
caratterizzato sia da un alto grado di unità di
intenti politica e di chiarezza programmatica, che da
un elevato livello di preparazione teorica e di
moralità politica. Schieratosi su posizioni di netta
opposizione al movimento e al regime fascista, viene
arrestato ed incarcerato nel 1923 e confinato poi dal
1926 al 1929. Contrario a qualsiasi trasformazione del
partito in senso socialdemocratico, il che a suo
avviso conseguirebbe dall'adozione della tattica del
"fronte unico" politico e del "governo operaio"
proposte dalla III Internazionale, fortemente critico
della "bolscevizzazione" imposta ai partiti comunisti
europei dal partito comunista russo, dal 1924 guida
l'opposizione della corrente della "sinistra"
all'interno del partito. Denunzia anticipatamente, con
lucidità teorica e coraggio personale e politico le
degenerazioni staliniane nella pratica del partito
comunista russo e dell'Internazionale, ed in quella
dello stesso partito comunista italiano, in difesa di
una concezione della politica aliena da compromessi,
da intrighi e carrierismi, ma soprattutto dalla
risoluzione con metodi amministrativi dei conflitti
politici.
Richiede che le questioni russe vengano discusse
apertamente e collettivamente da tutti i partiti
comunisti in sede d'Internazionale ed individua nella
prospettiva staliniana del "socialismo in un solo
paese" una deviazione netta dalla teoria e dalla
pratica del comunismo rivoluzionario, comportante la
subordinazione della politica dell'Internazionale
Comunista, quale organizzazione della classe
proletaria internazionale, alle esigenze dello stato
russo. L'esplusione dal Partito comunista italiano nel
1930, seguita alla sconfitta della sinistra al III
Congresso a Lione nel gennaio del 1926 da parte del
centro gramsciano e allo scontro con la dirigenza
staliniana al VI esecutivo allargato
dell'Internazionale Comunista a Mosca nel febbraio
successivo, segna nella vita di Bordiga l'inizio di
una diversa fase, caratterizzata da un'intensa
attività di studio e di riflessione e, dal 1945,
d'attività pubblicistica di eccezionale rilevanza
teorica e politica.
Tornato in libertà nel 1929, non ritenendo possibile,
data la situazione di riflusso rivoluzionario,
costituire una nuova organizzazione politica
comunista, al di fuori della III Internazionale e non
intendendo neppure dare vita al suo interno ad una
frazione di sinistra organizzata, si dedica
all'attività professionale d'ingegnere: lungi
dall'essere una fonte cospicua di guadagno, come a
lungo si è detto da parte di voci denigratorie dello
stesso PCI, tale attività gli permette appena di far
fronte alle necessità economiche della vita
quotidiana, resa più difficoltosa dal continuo
peggioramento delle condizioni di salute della moglie
Ortensia De Meo, figura di primo piano
nell'organizzazione socialista femminile, anch'essa
finora travolta in sede politica e storica dall'oblio
della memoria, che per lungo tempo ha colpito Bordiga.
La posizione di Bordiga di fronte al secondo conflitto
bellico, per quanto fin'ora c'è dato sapere, non è
mutata: la natura della guerra resta imperialistica e
richiede il sabotaggio proletario delle due coalizioni
belligeranti, la sconfitta dei paesi
capitalisticamente più avanzati, offre migliori
condizioni per un potenziale sviluppo rivoluzionario
del proletariato.
Dopo un quindicennio di silenzio, durante il quale non
sembra abbia contatto con i suoi seguaci fuoriusciti
che hanno dato vita nel 1928 in Francia alla Frazione
di Sinistra del Partito Comunista d'Italia, dal 1945
al 1952 contribuisce con numerosi scritti (tra cui la
Piattaforma politica del P.C.Int., primavera 1945)
all'orientamento della rivista mensile "Prometeo"
(sotto gli pseudonimi di Alfa e A. Orso.) e del
quindicinale "Battaglia Comunista" del Partito
comunista Internazionalista, fondato nel 1942 dai
seguaci di Bordiga raggruppati intorno a Bruno Maffi
ed Onorato Damen.
Nel 1952, dopo la separazione da Damen, aderisce a
questo raggruppamento (dal 1965 Partito comunista
Internazionale), alla cui attività darà un contributo
fondamentale sino alla sua morte con le relazioni da
lui tenute alla riunioni di partito, pubblicate poi
insieme con altri numerosi suoi scritti, tutti in
forma anonima, sul quindicinale "il programma
comunista" diretto da Bruno Maffi.
Negli anni del cosiddetto "minoritarismo" (1945-70)
Amadeo Bordiga si rivela un profondo conoscitore ed
interprete controcorrente delle teoria marxiana, da
lui riproposta come valido strumento di comprensione
scientifica della realtà storico-sociale contemporanea
e quale fondamento per la ridelineazione del programma
del comunismo rivoluzionario: emblematica a tale
riguardo è l'analisi da lui condotta delle ragioni del
fallimento della rivoluzione in Russia e della
struttura economica e sociale dell'ex Unione
Sovietica, definita come sistema di capitalismo di
Stato, del tutto estraneo alla prospettiva marxiana
del socialismo.
Tale analisi assume la portata di una riconsiderazione
globale della tradizionale concezione del capitalismo
ed intende essere insieme riproposizione al
proletariato internazionale degli obiettivi storici
del comunismo marxiano antimercantile, antisalariale
ed antiaziendale. L'eccezionale apporto da lui dato
all'elaborazione del marxismo quale teoria scientifica
e alla causa del comunismo rivoluzionario viene meno
alle soglie degli anni settanta.
Bordiga muore a Formia (Latina) il 23 luglio 1970.
L'opera di Amadeo Bordiga, per lungo tempo volutamente
ignorata, riveste una fondamentale importanza per la
storia del movimento proletario italiano ed
internazionale; essa si spinge ben oltre gli anni
venti, quando egli, all'interno del PC d'Italia e
dell'Internazionale Comunista con lucidità, cercò
anticipatamente di opporsi come sinistra comunista
alle degenerazioni staliniste. Espulso dal partito,
Bordiga infatti ha continuato ad operare teoricamente
e dal 1945 anche praticamente per la restaurazione del
comunismo marxista rivoluzionario, fino alla soglia
degli anni settanta.
Bordiga è stato a lungo ignorato da una storiografia
ufficiale, che si definiva comunista, che risaliva a
Stalin ed è durata sino agli anni ottanta. E'
significativo che si torni a parlare di Bordiga,
mentre quello che si autodefiniva comunismo sembra
scomparso dalla scena e la sua storia viene presentata
come una storia criminale o tutt'al più come
un'illusione. E' significativo perchè Bordiga è la
dimostrazione che la storia del comunismo è anche la
storia di un pensiero scientifico, che come tale non
finirà nel 2000.
Sono momenti significativi del suo percorso politico:
· la militanza antiriformista ed antimilitarista nel
PSI (1910 - 1921);
· la direzione rivoluzionaria del Partito Comunista
d'Italia (1921 - 1923);
· l'opposizione alla linea centrista del partito e
dell'internazionale comunista (1923 - 1926);
· il periodo del confino ad Ustica e Ponza (1926 -
1929) trascorso in gran parte con Gramsci al quale
Bordiga era legato, nonostante le nette divergenze
politiche, da salda e reciproca stima;
· l'espulsione dal PC d'Italia (1930);
· l'ultimo periodo della sua vita, di minoritarismo
politico ma d'elaborazione d'eccezionale rilevanza
teorica (1945 - 1970).
Fonti:
-
http://www.fondazionebordiga.org/index.htm;
-
http://digilander.libero.it/diesel43/index.html
(Amadeo Bordiga)
Per approfondire:
-
Intervista ad Amadeo Bordiga
(giugno 1970)
-
Archivio storico su Bordiga e il
primo Pcd'It.
-
Tutti gli articoli di Bordiga
1921-22
Bibliografia su Bordiga
- Quaderni Internazionalisti, La passione e l'algebra
- Amadeo Bordiga e la scienza della rivoluzione, 1994
(in queste edizioni sono stati pubblicati quasi tutti
gli scritti di Bordiga dal 1944 in poi).
- Peregalli Arturo e Saggioro Sandro: Amadeo Bordiga
1889-1970, Colibrì 1995 (bibliografia completa).
- Luigi Gerosa (a cura di): Amadeo Bordiga - Scritti
1911-1926. L´opera è composta da nove volumi. I primi
due sono stati pubblicati dalla Casa Editrice Graphos
di Genova, rispettivamente nel 1996 e nel 1998. Il
terzo volume è stato pubblicato nel 2006 dalla Casa
Editrice Giovane Talpa di Cernusco sul Naviglio
(Milano), che ha in programma la pubblicazione dei
successivi volumi entro il 2009.
- Livorsi Franco (a cura di) A.Bordiga. Scritti
scelti, Feltrinelli, Milano 1975.
- Grilli Liliana, Amadeo Bordiga: capitalismo
sovietico e comunismo, La Pietra, 1982.
- Bongiovanni Bruno (a cura di), L'antistalinismo di
sinistra e la natura sociale dell'URSS, Feltrinelli,
1975.
- Cortesi Luigi, Bordiga nella storia del comunismo,
Edizioni Scientifiche Italiane, 1997
- De Clementi Andreina, Amadeo Bordiga, Einaudi, 1971
- Livorsi Franco, Amadeo Bordiga. Il pensiero e
l'azione politica 1912-1970, Editori Riuniti, 1976.
- Spriano Paolo, Storia del Partito comunista
italiano. vol. I, Da Bordiga a Gramsci, Einaudi, 1967.
- Edek Osser: Una intervista ad Amadeo Bordiga,
Rivista di storia contemporanea, 1973.
- Peregalli Arturo e Saggioro Sandro: Amadeo Bordiga -
La sconfitta e gli anni oscuri (1926-1945), Colibrì,
1998.
|
|
|