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Genova 2001
 

 

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23 luglio 1970 muore  il compagno

AMADEO BORDIGA 

Quel giorno scompariva  un rivoluzionario, comunista, un ribelle del nostro SUD, una spina nel fianco per coloro che nascondendosi dietro il rispetto all'ortodossia politica e alla disciplina di partito tradivano lo spirito innovatore e rivoluzionario del messaggio comunista, sostituendolo con la spasmodica ricerca  del raggiungimento del potere personale.

Un uomo scomodo e un teorico fuori dalle righe. Gli stessi movimenti del 68 a cui molti di noi parteciparono snobbarono o semplicemente ignorarono il messaggio bordighista anche perchè influenzati da una sorta di marchio di infamia che era stato imposto dal Partito Comunista Italiano nel momento in cui Bordiga era uscito dalla terza Internazionale.

Vogliamo oggi  ricordarlo con una pagina curata autonomamente ( come è prassi della Redazione dell'Archivio Storico Benedetto Petrone) dai  militanti di formazioni politiche che si riconoscono nel suo messaggio politico.

Dal canto nostro noi vogliamo ricordarlo come un ribelle del Sud, un uomo che come un altro ribelle del Sud Antonio Gramsci non volle chinare mai il capo. Vogliamo ricordare anche i tanti suoi compagni...bordighisti...tantissimi anche nel Sud ed in particolare in Campania e nella ribelle Irpinia, di cui alcuni abbiamo potuto personalmente conoscere e stimare.

Rportiamo quello che è uno dei messaggi più attuali nei tempi della globalizzazione capitalistica e del disastro ambientale e sociale mondiale:

1954: "Il ciclo del capitalismo ha condotto al mostruoso volume di una produzione per nove decimi inutile alla sana vita della specie umana. Ha ha determinato una sovrastruttura dottrinale che richiama la posizione di Malthus, invocando, a costo di chiederli alle forze infernali, consumatori che inghiottano senza posa quanto la produzione erutta. La scuola del benessere, con la sua pretesa che l'assorbimento individuale di consumo possa salire oltre ogni limite, gonfia di passi, riti e morbose follie le poche ore che il lavoro obbligato e il riposo lasciano a ciascuno. Essa esprime in realtà il malessere di una società in rovina, e volendo scrivere le leggi della sua sopravvivenza non fa che confermare il decorso, forse ineguale ma inesorabile, della sua orribile agonia".

riportato sul sito  http://digilander.libero.it/diesel43/

LA REDAZIONE DELL'ARCHIVIO STORICO BENEDETTO PETRONE

 

Un curioso articolo su Bordiga di Nino Longobardi del 1952 e segnalato da un gruppo di "Internazionalisti"

Il Lavoro Illustrato, n. 22, 1952

L'articolo che qui riproponiamo è oggi praticamente sconosciuto mentre quando apparve, e si trattò del 1952, destò un certo scalpore, pur nel suo tono ironico ed ingenuo. Nei primi anni cinquanta Bordiga non si nominava e non se ne parlava; la cappa di silenzio imposta dallo stalinismo veniva rotta di tanto in tanto solo per dire che si era ritirato a vita privata (nella migliore delle ipotesi) oppure (e questo era più normale) era direttamente passato alla controrivoluzione.

Il Nino Longobardi (morto alla fine del secolo scorso) che scrisse questo articolo  che allora ebbe l'effetto di uno scoop, era della scuola dei Longanesi e dei Flaiano e scriveva nel Lavoro Illustrato un settimanale che ospitò nello stesso anno gli articoli di un altro valido personaggio Sergio Saviane che riportò alla luce, con notevole scalpore, i delitti di Alleghe.

 

                                                                                                                                         

 

Bordiga disse di no a Stalin

 

L'ing. Amadeo Bordiga, ex capo dei comunisti italiani, vive a Napoli, apparentemente si occupa solo della professione, ma in segreto prepara la "sua rivoluzione" che comincia con un no a Giuseppe Stalin

 

Ogni volta che a Napoli arriva il Presidente della Repubblica o c'è qualche regnante di passaggio, un vecchio maresciallo della «squadra politica» della Questura s' arrampica lungo la salita di Montesanto. A passo lento arriva al Corso Vittorio Emanuele sostando infine dinanzi ad una palazzina a tre piani posta alla prima curva della panoramica strada che si affaccia sul golfo. Quando  l'ingegnere Amadeo Bordiga esce dalla palazzina per recarsi al lavoro, il maresciallo sa che sono le otto precise; controlla l'orologio e poi si mette alle calcagna dell'ingegnere che conserva agilità e passo elastico nonostante i suoi 63 anni. Ha inizio quindi per le vie di Napoli il pedinamento di prammatica.

Gli ordini sono ordini. Il poliziotto non perde di vista neanche per un momento il suo uomo. Una sola volta Bordiga giocò un brutto tiro al maresciallo scantonando in un vicolo, e quando il vecchio poliziotto arrivò ansante in un bar di via Roma dove finalmente aveva intravisto l'ingegnere trovò pronta per lui una tazzina di caffè. L'ingegnere aveva ordinato due «espressi» e lo stava aspettando.

Nella schedina personale archiviata alla Questura centrale di Napoli sotto la foto di Amadeo Bordiga vi è scritto: «rivoluzionario comunista internazionale amico personale di Lenin». La schedina risale al settembre del 1920 e da allora non è stata più aggiornata. La scritta sotto la foto della schedina personale di Bordiga siamo in grado di dettarla noi oggi: «Amadeo Bordiga capo del partito comunista internazionalista, nemico numero uno di Stalin». Tempo fa di Amadeo Bordiga si interessò la stampa di tutto il mondo, quando l'ingegnere fu ufficialmente definito il «Tito italiano». In quel periodo il maresciallo ebbe due uomini di rinforzo per pedinare Bordiga mentre il resto della «squadra politica», come ampliamente fu pubblicato, nelle campagne dell'aversano dava la caccia a quattro fantomatici personaggi «emissari sovietici» giunti a bella posta a Napoli da Mosca per prendere contatti diretti con Bordiga. Poi si disse che il fatto era «privo di consistenza». La verità non la seppe nessuno e Bordiga tornò nel dimenticatoio cioè in quella che lui chiama «la zona grigia del silenzio» nella quale ama lavorare «a preparare la rivoluzione». La verità sugli «emissari sovietici» non la seppe nessuno. In realtà, siamo ora in grado di rivelare che la «visita» ci fu. Ma Bordiga si rifiutò nella maniera più categorica di incontrarsi con gli «inviati di Stalin».

«Ras dwa, tri mui bolsceviki». Durante il suo lavoro d'ingegnere («ho scelto i logaritmi!» ha detto una volta) Bordiga nel suo studio sito all'ultimo piano del vecchio palazzo Salsi alla Marina, canticchia spesso il motivo di questa canzoncina molto in voga in Russia ai tempi di Lenin «uno, due, tre, noi bolscevichi!». I tre bolscevichi allora erano i tre gatti del rivoluzionario russo: Osram, Katia, Moutzi. Il «quarto gatto bolscevico» era Lenin ed «il quinto gatto italiano» come lo chiamarono a Mosca: Amadeo Bordiga.

Il «quinto gatto italiano» andò in Russia nel luglio del 1920 su invito personale di Lenin. Aveva percorso una lunga, faticosa marcia per giungere a tanto.

Amadeo Bordiga dei conti Degli Amidei è nato in un comune vesuviano e precisamente in quello di Resina il 13 giugno 1889. Suo padre Oreste, professore di Agraria all'Università di Portici, veniva da Venezia, di nobile famiglia imparentata anche con un Doge. A 23 anni Bordiga si iscrisse alla sezione socialista di Portici e raccogliendo fondi riuscì a pubblicare un settimanale «Il Proletario» che usciva ogni domenica. Fin da allora Bordiga sosteneva «l'intransigenza assoluta» e militava nella sinistra del partito socialista.

Dal 1912 al 1918, ogni domenica, l'allora giovane Bordiga, faceva quattro volte al mese il giro dei comuni vesuviani e distribuiva da una carrozza le copie del suo settimanale che, per precauzione, portava nascoste sotto il mantice della vettura. Il cocchiere, un socialista arrabbiato, metteva a disposizione di Bordiga carrozza e cavallo e qualche soldo per la colazione. I due se ne andavano al trotto nelle assolate campagne del Sud al canto di quei «motivetti» rivoluzionari dai quali il clero usciva sempre malconcio e che in quel tempo facevano la fortuna del nascente estremismo di sinistra nelle aule universitarie italiane.

Il 24 ottobre 1918 Amadeo Bordiga è chiamato alla direzione del settimanale «Soviet». Finirono le assolate gite in carrozza. Il Sud si accorgeva di Bordiga «il veneziano di Napoli». Quando nacque la polemica tra l'esordiente Bordiga ed il grande Labriola, il grosso pubblico dei lettori napoletani si divise: «o per Labriola o per Bordiga non c'erano vie di mezzo!» La fama del giovane ingegnere che aveva in pubblico rifiutato il titolo di conte, che gli spettava per legittima discendenza, si andava consolidando. Arturo Labriola in quel tempo dal Sud pontificava. Era «l'uomo più rivoluzionario di Napoli». Bordiga superò Labriola in quella che i giornali dell'epoca definirono «spericolatezza rivoluzionaria». Divenne di colpo popolarissimo. Nasceva a Napoli una moda più che un partito: il bordighismo. Giovanotti di buona famiglia borghese, con un fiore rosso all'occhiello della giacchetta a redingote, inseguivano nelle strade di Napoli il rivoluzionario Bordiga agitando fazzoletti anche rossi. Poco amante della folla, incline alla solitudine come la maggior parte dei veri rivoluzionari, Bordiga sfuggiva tutto quel rosso come un toro riottoso. Non era quello il suo ambiente. Preferiva le officine  ed i cantieri. Ma ormai la sua popolarità aumentava.

Intanto da Roma, da Bologna, da Torino i grossi papaveri delle sinistre guardano a Bordiga con grande diffidenza. Il puledro scalpita troppo e  «tira calci poderosi». E «quando parla di cose più grandi di lui dovrebbe tenere la lingua a freno!». Forse a Bologna si pensa già di sconfessarlo pubblicamente ed in maniera definitiva, quando arriva la «bomba» dalla Russia dove Lenin vive le giornate del suo trionfo.  Lenin in persona nel suo libro «Estremismo malattia infantile del comunismo» cita il giornale «Soviet» diretto da Bordiga e dichiara di seguirlo con grande interesse. Nel luglio del 1920 arriva l'invito personale di Lenin e Bordiga si reca a Mosca. Vi rimane due mesi circa. «Ras, dwa, tri, mui bolsceviki!». Il giovanotto che andava in carrozzella per i comuni vesuviani a distribuire le copie del «Proletario» ha fatto molta strada. Arrivano in Italia sue fotografie nelle quali lo si vede in troika con Lenin in una ispezione nei dintorni della capitale russa.

Poi Bordiga torna in Italia ed ancora nel 1921, dopo essere stato il fondatore della frazione socialista per la costituzione del P.C.I. diventa uno dei massimi esponenti del partito. Il neonato P.C.I. emette i suoi primi vagiti: «Il Comunista» a Roma, «Ordine Nuovo» a Torino ed il «Lavoratore» a Trieste. Sono i primissimi quotidiani del partito comunista italiano. Bordiga ne muove i fili mantenendosi in contatto epistolare con Lenin che firmava le sue missive a Bordiga con il suo vero nome e cognome: Vladimiro Jlitch Ulianov, ma poi scrive a parte in una lettera autografa: «efficace pseudonimo il mio! Rapido come una martellata. Ha fatto da solo la sua rivoluzione distruggendo il mio lunghissimo e noioso nome-cognome monotono come una cantilena!».

Palmiro Togliatti era allora redattore nel giornale «Ordine Nuovo» di Torino e Bordiga era il capo del partito. Nel 1923 Bordiga è arrestato e nella direzione del partito è sostituito dal triumvirato: Togliatti, Gramsci, Grieco. Dopo un lungo processo viene assolto dalla Magistratura dalla accusa per «complotto contro lo Stato» perché il fatto non costituisce reato. Nel 1926 Bordiga ritorna a Mosca. Da questo periodo comincia per il giovanotto di un tempo che distribuiva il «Proletario» dalla carrozza la crisi di allontanamento dai traditori della «causa comunista», e primo tra tutti da Stalin.

Bordiga sostiene apertamente la «intransigenza a tutti i costi». Ma in Russia non c'è più nessuno disposto ad ascoltarlo. I  tempi eroici del leninismo sono per sempre tramontati. «I tempi aurei della rivoluzione» che andarono fino al 1920. Allora in Italia, in Norvegia, in Francia il partito socialista era «una cosa sola» con la Terza Internazionale. Circolavano in tutta Europa  a milioni di esemplari i medaglioni di Lenin «profilo e faccia» che portava la scritta dalle risonanze bibliche: «ex oriente lux». Operai italiani imponevano ai loro primi nati il nome di Lenin.

Nel 1926 Bordiga disposto a dare la vita per la rivoluzione, come aveva promesso a Lenin, trova a Mosca le carte cambiate ed inutilmente cerca «l'eredità di Lenin». Gli incontri con Stalin e compagni ... sono molto freddi. «Cosa vuole quest'italiano, che noi si vada a mettere una bomba sotto al Vaticano?». Zinoviev si scontra violentemente con Bordiga. In Russia stanno gettando acqua sul fuoco; le posizioni insperatamente raggiunte da «quel pazzo di Lenin» sono comode! Bordiga invece insiste. Vuole l'azione diretta: «niente ricostruzione, distruzione a tutti i costi del regime capitalista subito anche oltre i confini della Santa Patria Russia!!!». Ma a Mosca si temporeggia e viene inaugurata quella che Zinoviev chiama «la grande tattica del sapere attendere».

Bordiga si chiude nel suo albergo e non vuole più vedere nessuno. Rifiuta di incontrarsi con Stalin. Zinoviev lo va a trovare invitandolo «per causa comune» a desistere dal suo atteggiamento e Bordiga gli risponde: «La tua tattica, compagno Zinoviev ti condurrà al plotone di esecuzione!». Qualche tempo dopo Zinoviev è fucilato. Intanto Stalin dinanzi al quale la Russia comincia a tremare non perde d'occhio Bordiga e cerca di trattenerlo in Russia «a smaltire il fuoco mediterraneo». Cerca di liquidarlo ma deve andarci piano perché ci sono ancora allora in Russia molti compagni che non si sono scordati di Lenin e che la pensano come Bordiga.La tedesca Fischer riporta un giudizio di Stalin su Bordiga: «Questo Bordiga dice sempre la verità!...» (Correspondance Internationale, 1926, pagina 510). Fiutato il vento infido Bordiga lascia la Russia. Dopo molte peripezie e dopo essere passato da un esilio all'altro, nel 1931 dopo una riunione segreta tenuta a Mosca viene ufficialmente espulso dal Partito Comunista Italiano.

Questo l'uomo che il maresciallo della «squadra politica» della Questura di Napoli ha l'incarico di sorvegliare da qualche anno a questa parte.

«Il nemico numero uno di Stalin» però ha anche altri «sorveglianti» di diverso calibro che non lo perdono d'occhio un solo momento. Nessuno al mondo immaginerebbe che il tranquillo ingegnere che a Napoli conduce una vita apparentemente borghese è il diretto erede di Lenin ed il capo segreto del «Partito comunista internazionale». Bordiga muove da Napoli i fili del suo partito «preparando la rivoluzione». Non si sa con precisione quanti iscritti abbia il partito comunista internazionalista che si estenderebbe con la sua segreta trama in Italia, in Russia, negli Stati Uniti, nell'America del Sud, in Asia. E' costituito ufficialmente e pubblica un giornale settimanale a Milano: «Battaglia Comunista»; apparentemente non obbedisce a nessun «capo» ma il vero «capo» sta a Napoli. Bordiga tuttavia dice: «io faccio l'ingegnere... ho scelto i logaritmi!».

Due anni fa  un libro pubblicato da un comunista americano nel quale si parlava di Bordiga suscitò un interesse palese nelle autorità americane. Un altro personaggio politico statunitense venne a bella posta a Napoli - si dice - per incontrarsi con Bordiga che in quella occasione si rese irreperibile. La sua indole di rivoluzionario nato non viene a patti con nessuno. Egli è il nemico di Stalin e l'avversario irriducibile del capitalismo. Odia i suoi ex compagni che oggi occupano i posti di primo piano nel «carnevale comunista».

Giorni fa uscendo dalla sua palazzina una grossa auto nera stava per investirlo. Sarà un caso ma parecchie volte in questi ultimi anni la vita dell'ingegnere è stata seriamente minacciata. Nei giorni in cui si parlò degli «emissari sovietici» a Napoli Bordiga non cambiò le sue abitudini. Ma che  questi «emissari» circolassero in Italia e poi a Napoli è un fatto assodato che Bordiga non smentisce. Se si decidesse  a rientrare nelle file del Partito comunista Italiano potrebbe essere subito il successore di Togliatti. Sembra che Stalin lo tema e lo ammiri insieme. Ma Bordiga, quasi che lo spirito di Lenin si sia impadronito di lui, è irriducibile alle promesse seducenti ed alle minacce. Sta preparando la «sua rivoluzione» giorno per giorno. Da ieri circolano per Napoli e presto appariranno in tutta Italia e in tutto il mondo dei curiosi volantini che recano dieci domande alle quali bisogna rispondere. Le dieci domande formano il «decalogo scritto da Bordiga». Chi risponde di sì a tutte e dieci è maturo per la «grande rivoluzione».

«Ras, dwa, tri, mui bolscevichi». I tre gatti di Lenin sono morti ed anche Lenin è morto. Forse al mondo è rimasto un solo bolscevico: «il quinto gatto italiano», l'ingegnere Amadeo Bordiga, l'uomo che disse di no a Stalin.

 

Nino Longobardi

 

Il Lavoro Illustrato, n. 22, (giugno) 1952

 

 

1

PAGINA CURATA AUTONOMAMENTE  DAL CIRCOLO PROLETARIO  LANDONIO DI VARESE

Per una soluzione rivoluzionaria della crisi italiana

Amadeo Bordiga (1889-1970)

 

Nasce a Resina (Napoli) da Oreste e Zaira Amadei il 13 giugno 1889. Formatosi in un ambiente familiare ed in un contesto sociale ricchi di fermenti intellettuali, morali e politici, legge il Manifesto di Marx-Engels, su consiglio del suo professore di filosofia, prima ancora di diventare studente d'ingegneria a Napoli. Già nel 1907 inizia a frequentare l'ambiente socialista napoletano. Nel 1910 aderisce alla Federazione Giovanile Socialista, schierandosi immediatamente su posizioni antiriformiste, "antibloccarde" ed antimassoniche.

Inizia ad operare sia sul piano teorico che su quello pratico per l'emancipazione sociale del proletariato e per l'affermazione del socialismo marxista rivoluzionario. Agisce nel napoletano come organizzatore e propagandista del movimento operaio e difende, a livello nazionale, la funzione "anticulturista" della federazione, individuando nella partecipazione dei giovani alle agitazioni di classe del proletariato "il migliore terreno per lo sviluppo della loro coscienza rivoluzionaria" e per la crescita di un autentico "sentimento socialista", lontano dall'"utilitarismo" capitalistico. Nel 1912 a Napoli, insieme con altri militanti che condividono le sue posizioni, tra cui la sua compagna Ortensia De Meo, e in opposizione alla locale sezione socialista, accusata di riformismo, fonda un circolo significativamente chiamato Carlo Marx: si trova così collegato a quella "sinistra" del Partito Socialista Italiano che intende respingere il tentativo giolittiano-riformista di mettere "Marx in soffitta", e ne diviene presto un esponente di rilievo.

Al XIII Congresso del Partito Socialista (Reggio Emilia, 7-10 luglio 1912), è alla guida della corrente dei giovani rivoluzionari, che si configura come Frazione Intransigente Rivoluzionaria. 1913. Fonda a Portici il giornale propagandistico Il lavoro, mentre il quindicinale La Voce di Castellammare di Stabia si fa portavoce del Circolo Carlo Marx pubblicandone gli articoli. Al XIV Congresso dello Psi (Ancona, 26-29 aprile 1914), il suo ruolo politico assunse una dimensione nazionale. Il suo impegno militante stimolò riflessioni, che portarono ad un costante approfondimento della teoria marxista, i cui frutti maturarono nel decennio seguente. Nel gennaio del 1914, si sposò con Ortensia De Meo; dalla loro unione nacquero due figli: Alma e Oreste. L´attiva partecipazione alle manifestazioni della "settimana rossa" (giugno 1914), che a Napoli ebbero grande rilievo, provocò il suo licenziamento per rappresaglia dalle ferrovie dello Stato, dove era stato assunto come funzionario, dopo la laurea in ingegneria.

Fin dall´inizio, condusse una dura opposizione alla guerra mondiale e, rifiutando la parola d'ordine "né aderire né sabotare" adottata dal Psi, denunciò la natura imperialistica del conflitto, rivolto alla spartizione dei mercati. Sotto le armi dal marzo 1915 al novembre 1916 (quando fu definitivamente congedato a causa della forte miopia), proseguì la sua attività, soprattutto con combattivi articoli sull'"Avanti!" e sul settimanale della Federazione giovanile, "L'Avanguardia", di cui fu direttore. Nel novembre 1917, dopo la rotta di Caporetto, sostenne la diserzione di massa dei proletari-soldati, ponendo il problema del passaggio all'azione rivoluzionaria. Quasi negli stessi giorni, si schierò, senza esitazioni, a difesa della rivoluzione russa, che sin dall'inizio considerò aurora della rivoluzione proletaria internazionale.

Quasi negli stessi giorni si schiera, senza esitazioni, a difesa della rivoluzione russa, che sin dall'inizio considera quale momento di una rivoluzione proletaria internazionale e che ritiene dimostri definitivamente al mondo la necessità dell'abbattimento violento dello stato borghese e il superamento della sua forma democratico-parlamentare. Anche per tale ragione pensa sia venuto il momento di dar corpo ad una corrente che abbia come compito la formazione di un partito rivoluzionario in Italia: rientra in questo progetto la fondazione a Napoli, nel dicembre del 1918, del settimanale Il Soviet, periodico che diventerà presto il centro vitale della polemica con i riformisti e poi l'organo della battaglia per il nuovo partito, già esistente di fatto, in una corrente che, intorno al giornale, è qualcosa di più di una frazione tra le altre. Nello stesso anno, al XV Congresso del PSI, sostiene la necessità di appoggiare le tesi di Lenin sulla rivoluzione internazionale. Per prendere le distanze dal massimalismo socialista, declamatorio ed inconcludente, sostiene la necessità di astenersi dalle elezioni parlamentari, tesi questa che, insieme all'esigenza di separarsi dai riformisti, egli difende al XVI congresso socialista di Bologna dell'ottobre del 1919, durante il quale la sua posizione risultò minoritaria. L´orientamento astensionista nasceva da due considerazioni, una tattica, in quanto la competizione elettorale avrebbe bruciato preziose energie, da dedicare invece alla preparazione rivoluzionaria. L´altra, strategica, ben più importante, nasceva dalla constatazione che la Rivoluzione russa aveva visto nascere una nuova forma di rappresentanza proletaria, i soviet, che superava quella democratico-parlamentare.  

Nel 1920 a Mosca, Bordiga concorre in modo sostanziale all'organizzazione della Terza internazionale (o Internazionale comunista) e nel corso del Secondo Congresso interviene sulla necessità di non impegnare le forze del partito nelle contese elettorali e parlamentari, ormai non solo inutili ma anche dannose, in Occidente, ai fini rivoluzionari. Criticato da Lenin per la posizione astensionista, ha tuttavia il suo accordo sulla proposta di aggiungere alle condizioni d'ammissione o di permanenza dei partiti comunisti nell'internazionale l'espulsione di quei membri che respingono le condizioni e la tesi da essa formulate (punto 21), il che significa di fatto proporre l'espulsione dei riformisti.

Verso la metà di ottobre presenta il Manifesto della Frazione Comunista, al Convegno di Milano della Frazione, detta in seguito anche dei "comunisti puri". Alla discussione sulla eventuale separazione dal PSI partecipano anche Gramsci e Terracini in rappresentanza dei socialisti torinesi. Inizia la sua collaborazione redazionale a Il Comunista che esce dal novembre. Molti articoli sono chiaramente preparatori di una scissione dal PSI. Il 29 novembre presenta la mozione della Frazione Comunista al Convegno Nazionale di Imola invocando "un taglio netto" con la socialdemocrazia.

Nel gennaio del 1921, al XVII Congresso Nazionale del PSI a Livorno, quando la maggioranza dei socalisti rifiuta di votare la mozione comunista, i delegati comunisti, con Bordiga alla testa, fondano il Partito Comunista d'Italia (sezione italiana dell'Internazionale Comunista). Si trasferisce a Milano nel febbraio come "membro direttivo" del nuovo partito che decide di costituire in quella città la sua direzione. Intensifica la sua attività nei diversi settori di intervento del nuovo partito. In questo periodo compie frequenti viaggi presso le nuove sezioni del partito, scrive regolarmente su quattro periodici: Il Soviet, Il Comunista di cui è diventato direttore, L'Ordine Nuovo che diventa organo del partito e Rassegna Comunista che ne è la rivista teorica. Sotto la sua direzione, il nuovo partito organizza subito sia la rete sindacale che quella illegale militare, mentre per disciplina all'Internazionale deve mettere da parte l'astensionismo e partecipare alle elezioni. Sul piano dei princìpi e della tattica incomincia a scrivere articoli di orientamento teorico e pratico da cui risulta evidente che già all'inizio del 1921 individuava l'esistenza di problemi non indifferenti con l'Internazionale. Negli articoli che scrive nel corso del 1921 si chiariscono tutte le divergenze, non ancora esplicite (cioè non ancora oggetto di polemica diretta), tra la direzione del PCd'I e l'Internazionale: il problema della rivoluzione in Occidente; la tattica dell'azione con le altre forze politiche (Fronte unico); la valutazione sul fascismo; la natura dell'Internazionale (cioè Partito Comunista mondiale o federazione dei partiti comunisti nazionali).

La scissione dai socialisti sancisce il suo ruolo direttivo, che viene confermato nel marzo dell'anno seguente al Congresso di Roma del partito, pur non essendone egli segretario, carica allora inesistente, ma solo primus inter pares di un gruppo dirigente omogeneo. Nel dicembre partecipa come inviato dell'Internazionale al Congresso di Marsiglia del Partito Comunista Francese.

Nel 1922, dopo neppure due settimane dalla fascista Marcia su Roma, si apre il IV Congresso dell'IC (dal 5 novembre al 5 dicembre) in cui Bordiga tiene la relazione sulla situazione italiana. Nella primavera del 1923 viene arrestato dalla polizia e incriminato per "complotto contro lo Stato". Nel giugno i dirigenti arrestati vengono sostituiti alla direzione del partito per ordini di Mosca. La responsabilità organizzativa e politica passa a Togliatti e Terracini. Dopo il processo e la scarcerazione, viene invitato dall'Internazionale a riprendere il suo posto nel Comitato Esecutivo del partito, ma rifiuta (22 dicembre) spiegando che vi è incompatibilità fra le sue posizioni e quelle dell'IC: un impegno direttivo lo costringerebbe per disciplina a sostenere posizioni che non ha e ciò comporterebbe un falso di fronte all'organizzazione.

Nel gennaio del 1924 fa uscire a Napoli la rivista mensile Prometeo. L'intento è di dare una voce alla Sinistra del partito. Nel mese di maggio si svolge la Conferenza di Como in cui il partito si dichiara a stragrande maggioranza per le tesi della Sinistra. Bordiga rifiuta di presentarsi candidato alle elezioni. Partecipa al V Congresso dell'IC e ripresenta le tesi sulla tattica mettendo in guardia contro il revisionismo di destra che minaccia il partito russo. Le tesi vengono di nuovo respinte. Nel successivo Congresso clandestino di Napoli si scontra con i nuovi dirigenti allineati alle posizioni dell'IC. Nel 1925 il centrismo scatena la lotta aperta contro la Sinistra. Togliatti è per una azione definitiva contro Bordiga, ma Gramsci ha paura delle conseguenze nel partito. Bordiga scrive un articolo in difesa di Trotzky (febbraio), utilizzato in seguito di centristi per dimostrare il suo "trotzkismo". Aderisce al Comitato d'intesa, formato da militanti della Sinistra (tra essi Bruno Fortichiari, Luigi Repossi, Onorato Damen) per rispondere unitariamente agli attacchi del Centro. Scioglie tale comitato dopo qualche mese. Nel successivo Congresso clandestino di Napoli si scontra con i nuovi dirigenti allineati alle posizioni dell'IC.

Nel 1926, dal 21 al 26 gennaio partecipa al III Congresso del PCd'I a Lione (clandestino). Con un espediente tipicamente elettorale, la centrale si assicura i voti degli assenti della Sinistra, impossibilitati a raggiungere il Congresso. Il mese successivo si aprono i lavori del VI Esecutivo allargato dell'Internazionale a Mosca. In entrambe le occasioni Bordiga tenta l'ultima appassionata difesa delle tesi marxiste. In una riunione in margine al VI Esecutivo, chiede a Stalin se le questioni russe non stiano prendendo il sopravvento sulle questioni internazionali. Stalin risponde sdegnato. Bordiga è l´unico delegato non russo che si permette di affrontare, senza remore e in piena autonomia, i problemi russi e internazionali, al di là di quelli propri del partito di provenienza. In questa occasione egli, è proprio il caso di dirlo, senza ombra di retorica: semplicemente, giganteggia.

Il 22 novembre viene condannato senza processo a tre anni di confino e immediatamente arrestato mentre i fascisti gli devastano la casa. Viene condotto prima a Ustica poi a Ponza, isolotti di 7-8 kmq, dove rimarrà fino al 1929. Durante la prigionia organizza una scuola per detenuti e con Gramsci tiene regolarmente lezioni su materie scientifiche. Nel 1930 viene espulso dal partito con l'accusa di attività frazionistica "trotzkista". Al rientro dal confino si dedica alla professione di ingegnere senza più occuparsi pubblicamente di questioni politiche. Del resto ne sarebbe completamente impossibilitato perché la polizia lo controlla 24 ore su 24 con ben sei funzionari che si danno il cambio. Negli archivi di polizia rimane traccia di questo controllo che dura fino al 1943, quando a Napoli la guerra ha fine in seguito agli sbarchi anglo-americani.

Fondatore a Livorno nel 1921 del PCd'I e sua guida sino all'autunno del '23, Bordiga dà un fondamentale contributo alla formazione di un partito caratterizzato sia da un alto grado di unità di intenti politica e di chiarezza programmatica, che da un elevato livello di preparazione teorica e di moralità politica. Schieratosi su posizioni di netta opposizione al movimento e al regime fascista, viene arrestato ed incarcerato nel 1923 e confinato poi dal 1926 al 1929. Contrario a qualsiasi trasformazione del partito in senso socialdemocratico, il che a suo avviso conseguirebbe dall'adozione della tattica del "fronte unico" politico e del "governo operaio" proposte dalla III Internazionale, fortemente critico della "bolscevizzazione" imposta ai partiti comunisti europei dal partito comunista russo, dal 1924 guida l'opposizione della corrente della "sinistra" all'interno del partito. Denunzia anticipatamente, con lucidità teorica e coraggio personale e politico le degenerazioni staliniane nella pratica del partito comunista russo e dell'Internazionale, ed in quella dello stesso partito comunista italiano, in difesa di una concezione della politica aliena da compromessi, da intrighi e carrierismi, ma soprattutto dalla risoluzione con metodi amministrativi dei conflitti politici.

Richiede che le questioni russe vengano discusse apertamente e collettivamente da tutti i partiti comunisti in sede d'Internazionale ed individua nella prospettiva staliniana del "socialismo in un solo paese" una deviazione netta dalla teoria e dalla pratica del comunismo rivoluzionario, comportante la subordinazione della politica dell'Internazionale Comunista, quale organizzazione della classe proletaria internazionale, alle esigenze dello stato russo. L'esplusione dal Partito comunista italiano nel 1930, seguita alla sconfitta della sinistra al III Congresso a Lione nel gennaio del 1926 da parte del centro gramsciano e allo scontro con la dirigenza staliniana al VI esecutivo allargato dell'Internazionale Comunista a Mosca nel febbraio successivo, segna nella vita di Bordiga l'inizio di una diversa fase, caratterizzata da un'intensa attività di studio e di riflessione e, dal 1945, d'attività pubblicistica di eccezionale rilevanza teorica e politica.

Tornato in libertà nel 1929, non ritenendo possibile, data la situazione di riflusso rivoluzionario, costituire una nuova organizzazione politica comunista, al di fuori della III Internazionale e non intendendo neppure dare vita al suo interno ad una frazione di sinistra organizzata, si dedica all'attività professionale d'ingegnere: lungi dall'essere una fonte cospicua di guadagno, come a lungo si è detto da parte di voci denigratorie dello stesso PCI, tale attività gli permette appena di far fronte alle necessità economiche della vita quotidiana, resa più difficoltosa dal continuo peggioramento delle condizioni di salute della moglie Ortensia De Meo, figura di primo piano nell'organizzazione socialista femminile, anch'essa finora travolta in sede politica e storica dall'oblio della memoria, che per lungo tempo ha colpito Bordiga. La posizione di Bordiga di fronte al secondo conflitto bellico, per quanto fin'ora c'è dato sapere, non è mutata: la natura della guerra resta imperialistica e richiede il sabotaggio proletario delle due coalizioni belligeranti, la sconfitta dei paesi capitalisticamente più avanzati, offre migliori condizioni per un potenziale sviluppo rivoluzionario del proletariato.

Dopo un quindicennio di silenzio, durante il quale non sembra abbia contatto con i suoi seguaci fuoriusciti che hanno dato vita nel 1928 in Francia alla Frazione di Sinistra del Partito Comunista d'Italia, dal 1945 al 1952 contribuisce con numerosi scritti (tra cui la Piattaforma politica del P.C.Int., primavera 1945) all'orientamento della rivista mensile "Prometeo" (sotto gli pseudonimi di Alfa e A. Orso.) e del quindicinale "Battaglia Comunista" del Partito comunista Internazionalista, fondato nel 1942 dai seguaci di Bordiga raggruppati intorno a Bruno Maffi ed Onorato Damen.

Nel 1952, dopo la separazione da Damen, aderisce a questo raggruppamento (dal 1965 Partito comunista Internazionale), alla cui attività darà un contributo fondamentale sino alla sua morte con le relazioni da lui tenute alla riunioni di partito, pubblicate poi insieme con altri numerosi suoi scritti, tutti in forma anonima, sul quindicinale "il programma comunista" diretto da Bruno Maffi.

Negli anni del cosiddetto "minoritarismo" (1945-70) Amadeo Bordiga si rivela un profondo conoscitore ed interprete controcorrente delle teoria marxiana, da lui riproposta come valido strumento di comprensione scientifica della realtà storico-sociale contemporanea e quale fondamento per la ridelineazione del programma del comunismo rivoluzionario: emblematica a tale riguardo è l'analisi da lui condotta delle ragioni del fallimento della rivoluzione in Russia e della struttura economica e sociale dell'ex Unione Sovietica, definita come sistema di capitalismo di Stato, del tutto estraneo alla prospettiva marxiana del socialismo.

Tale analisi assume la portata di una riconsiderazione globale della tradizionale concezione del capitalismo ed intende essere insieme riproposizione al proletariato internazionale degli obiettivi storici del comunismo marxiano antimercantile, antisalariale ed antiaziendale. L'eccezionale apporto da lui dato all'elaborazione del marxismo quale teoria scientifica e alla causa del comunismo rivoluzionario viene meno alle soglie degli anni settanta.

Bordiga muore a Formia (Latina) il 23 luglio 1970.

L'opera di Amadeo Bordiga, per lungo tempo volutamente ignorata, riveste una fondamentale importanza per la storia del movimento proletario italiano ed internazionale; essa si spinge ben oltre gli anni venti, quando egli, all'interno del PC d'Italia e dell'Internazionale Comunista con lucidità, cercò anticipatamente di opporsi come sinistra comunista alle degenerazioni staliniste. Espulso dal partito, Bordiga infatti ha continuato ad operare teoricamente e dal 1945 anche praticamente per la restaurazione del comunismo marxista rivoluzionario, fino alla soglia degli anni settanta.

Bordiga è stato a lungo ignorato da una storiografia ufficiale, che si definiva comunista, che risaliva a Stalin ed è durata sino agli anni ottanta. E' significativo che si torni a parlare di Bordiga, mentre quello che si autodefiniva comunismo sembra scomparso dalla scena e la sua storia viene presentata come una storia criminale o tutt'al più come un'illusione. E' significativo perchè Bordiga è la dimostrazione che la storia del comunismo è anche la storia di un pensiero scientifico, che come tale non finirà nel 2000.

Sono momenti significativi del suo percorso politico:
· la militanza antiriformista ed antimilitarista nel PSI (1910 - 1921);
· la direzione rivoluzionaria del Partito Comunista d'Italia (1921 - 1923);
· l'opposizione alla linea centrista del partito e dell'internazionale comunista (1923 - 1926);
· il periodo del confino ad Ustica e Ponza (1926 - 1929) trascorso in gran parte con Gramsci al quale Bordiga era legato, nonostante le nette divergenze politiche, da salda e reciproca stima;
· l'espulsione dal PC d'Italia (1930);
· l'ultimo periodo della sua vita, di minoritarismo politico ma d'elaborazione d'eccezionale rilevanza teorica (1945 - 1970).

Fonti:
- http://www.fondazionebordiga.org/index.htm;
- http://digilander.libero.it/diesel43/index.html (Amadeo Bordiga)

Per approfondire
- Intervista ad Amadeo Bordiga (giugno 1970)
- Archivio storico su Bordiga e il primo Pcd'It.
- Tutti gli articoli di Bordiga 1921-22

Bibliografia su Bordiga
- Quaderni Internazionalisti, La passione e l'algebra - Amadeo Bordiga e la scienza della rivoluzione, 1994 (in queste edizioni sono stati pubblicati quasi tutti gli scritti di Bordiga dal 1944 in poi).
- Peregalli Arturo e Saggioro Sandro: Amadeo Bordiga 1889-1970, Colibrì 1995 (bibliografia completa).
- Luigi Gerosa (a cura di): Amadeo Bordiga - Scritti 1911-1926. L´opera è composta da nove volumi. I primi due sono stati pubblicati dalla Casa Editrice Graphos di Genova, rispettivamente nel 1996 e nel 1998. Il terzo volume è stato pubblicato nel 2006 dalla Casa Editrice Giovane Talpa di Cernusco sul Naviglio (Milano), che ha in programma la pubblicazione dei successivi volumi entro il 2009.
- Livorsi Franco (a cura di) A.Bordiga. Scritti scelti, Feltrinelli, Milano 1975.
- Grilli Liliana, Amadeo Bordiga: capitalismo sovietico e comunismo, La Pietra, 1982.
- Bongiovanni Bruno (a cura di), L'antistalinismo di sinistra e la natura sociale dell'URSS, Feltrinelli, 1975.
- Cortesi Luigi, Bordiga nella storia del comunismo, Edizioni Scientifiche Italiane, 1997
- De Clementi Andreina, Amadeo Bordiga, Einaudi, 1971
- Livorsi Franco, Amadeo Bordiga. Il pensiero e l'azione politica 1912-1970, Editori Riuniti, 1976.
- Spriano Paolo, Storia del Partito comunista italiano. vol. I, Da Bordiga a Gramsci, Einaudi, 1967.
- Edek Osser: Una intervista ad Amadeo Bordiga, Rivista di storia contemporanea, 1973.
- Peregalli Arturo e Saggioro Sandro: Amadeo Bordiga - La sconfitta e gli anni oscuri (1926-1945), Colibrì, 1998.

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