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–27 Ottobre 1969 la “battaglia” di Pisa
In
ricordo di Cesare Pardini, il primo morto della strategia della tensione.
Quell’ottobre di
40 anni fa a renderlo incandescente non
furono solo i temi delle rivendicazioni sindacali, studentesche
ma anche le provocazioni dei gruppi neofascisti, dell’estrema destra e
dei loro alleati e sostenitori dei colonnelli greci e relativi servizi segreti.
Trame che fecero da sfondo alla stagione delle stragi fasciste che da lì a poco
sarebbe cominciata con Piazza Fontana e dove il ruolo di provocatori, fascisti e
agenti segreti infiltrati e cellule neonaziste fu svelato solo grazie alla
controinformazione militante e la battaglia per la libertà di Valpreda.
In quell’ottobre 1969 la strategia della tensione
comincia la sua folle e micidiale corsa. A Reggio Calabria il principe
nero Julio Valerio Borghese tesse i rapporti con la destra calabrese affinché
essa si doti delle capacità politico-militari per essere alla testa di una
prossima rivolta popolare, in una regione del Sud dove il consumismo è
un sogno e l’emigrazione una realtà.
Il 25 ottobre
69 le prime prove : al rifiuto del questore di svolgere un comizio presenziato
dall’excapo della Decima Mas
e dirigente del “Fronte Nazionale”,
i fascisti calabresi si scontrano con la polizia con lanci di pietre
petardi e contrapposti a cariche con lacrimogeni. Quella sera
Piazza del Popolo a Reggio fu
un campo di battaglia. Decine di feriti, molti arrestati e
oltre 80 denunciati tra i fascisti rendono l’idea dell’ampiezza dello
scontro .
Ma in quel
mese si avvia anche la stagione delle bombe sui treni, prove generali per le
stragi fasciste future. Nella notte del 26 ottobre,
due attentati combinati , con le stesse tecniche, con lo stesso esplosivo
(donarite) e con la stessa volontà di cercare la strage, sono compiuti contro
le linee ferroviarie sulla Torino –Milano , in località borgo Regio e la
Torino-Genova -Milano in località Novi Ligure.
Nel primo caso l’esplosione avviene quasi in concomitanza
del passaggio di un treno con mille passeggeri. Si cerca a tutti i costi di
creare il precedente che porti ad una manovra repressiva contro tutto il
movimento operaio e studentesco ed è nella ricerca della provocazione che si
inquadra la terribile vicenda della morte dello studente Cesare Pardini durante
i giorni della “battaglia” di Pisa.
A far scccare al scintilla è la pretestuosa assemblea dei
giovani fascisti universitari del
FUAN presso la facoltà di lingue dell’università di Pisa , per costituire
“La Lega degli Studenti Greci” presso la stessa. Gli studenti di
sinistra ritenendo questa associazione una diretta emanazione dei golpisti e
torturatori colonnelli greci si
scontrano con i giovani di destra.. Dopo alcuni giorni nella notte tra il 25 e
il 26 c’è una battaglia di tre ore tra i giovani di sinistra e la polizia e i
missini che si sono barricati nella loro sede storica di Via San Martino.Decine
sono le molotov lanciate e molti feriti e contusi da manganellate e lacrimogeni
quella sera.
Il giorno dopo la tensione è altissima e il comitato
unitario Antifascista che comprende anche i partiti ufficiali indice una
manifestazione con 8000 presenti. Poi, quelli che vennero definiti filocinesi o
anarchici riprovano di nuovo a chiudere definitivamente la sede del MSI
Lo scontro è terribile
poiché il numero dei “filocinesi” è di alcune centinaia e ben
“attrezzati”, ma dall’altro lato trovano i carabinieri in una specie di
trappola. Sul ponte di Mezzo, Cesare
Pardini cade colpito probabilmente da un lacrimogeno sparato a bruciapelo.Alla
fine si contano centinaia di feriti tra ufficiali e non ufficiali e alcune
decine di arrestati ai quali se ne aggiunsero altri in seguito.
Anche grazie a questo episodio, nei
giorni a venire, da parte dei
partiti della sinistra ufficiale prese avvio la campagna della richiesta di
isolamento degli opposti estremisti con tutte le conseguenze future. Una replica
che vedremo a Bologna nel marzo del
1977.
Cesare Pardini , un giovane universitario praticante di
lotta libera presso il CUS di Pisa, ritenuto non militante nei gruppi di
sinistra di Pisa, fu accompagnato a spalla dai suoi amici atleti tra migliaia di
persone. La stagione di sangue andava a cominciare.
Nella pagina
troverete alcune foto e ritagli dei giornali dell’epoca e link utili
La redazione dell’Archivio Storico Benedetto Petrone
28 ottobre2009
pubblicato su
http://www.sinistracomunista.it/
Un ricordo di Paolo Pardo Fornaciari reperito nella
rete
http://www.lestintorecheamleto.net/pardini.htm
http://www.reti-invisibili.net/cesarepardini/
Dunque, le cose cominciarono tre giorni prima (il 24), con
una scaramuccia tra noi e loro, che si rifugiarono nella sede MSI di Via
San Martino. Tra loro c'erano Giuseppe Niccolai ex combatt. repubblichino,
deputato MSI, e Lamberto L..., picchiatore.
Proseguirono il 25, con assedio alla sede MSI e tentativo
di disinfestazione a mezzo molotov.
Quest'ultima sera vide la presenza di un certo numero di
giovani livornesi, ed il ferimento di alcuni poliziotti schierati a difesa
del locale infestato.
Il pomeriggio-sera del 27 ci fu la grande manif. indetta da
sindacati e Comune che non poterono tirarsi indietro.
Alla fine del comizio tornammo verso Via S.Martino, per
completare la disinfestazione, ma fummo ricacciati indietro verso i
Lungarni, che erano stati praticamente chiusi da sbarramenti di
carabinieri (non di poliziotti, chissà perché). Praticamente una
trappola. Cesare fu abbattuto sul Ponte di Mezzo.
Alla fine ci furon 8 arrestati dei nostri; tre lavoratori
(un materassaio, un pasticcere, un marmista disoccupato, di Carrara) ed il
resto studenti (non ne fo i nomi, in mancanza della loro autorizzazione,
ma li ricordo tutti con affetto sincero); fummo tradotti al carcere San
Giorgio di Lucca. 4 di noi in infermeria, grazie al trattamento fattoci
sia piazza che in questura, dove operava almeno un ex paracadutista della
Folgore, che chiamavano di nome Mario, particolarmente affezionato ai miei
capelli lunghi, forse perché era calvo.
Ci furono anche 4 o 5 arrestati dei loro (non ricordo
perfettamente), tra cui il L...i di cui sopra; degli altri, ricordo solo
due fratelli di Barcellona Pozzo di Gotto (qualificati come studenti) che
per sbaglio vennero lasciati a passeggiare nel nostro stesso cortiletto
nel carcere di Lucca. Furono subito dopo trasferiti, non so ancora
spiegarmi il perché.
I quattro accusati di detenzione ed uso di armi ed
esplosivi erano i miei amici improvvidamente saliti in macchina con me; ci
beccarono mentre si tornava a casa, verso Livorno. Gli esplosivi e le armi
erano talmente detonanti, che dopo un paio di settimane ci scarcerarono per
assoluta mancanza di qualsiasi indizio o prova, prosciogliendoci in
istruttoria da qualsiasi accusa; probabilmente il nostro proscioglimento
servì per giustificare quello, speculare, nei confronti dei fascisti.
Ah, qualche giorno dopo esser rientrato a casa, andai a
salutare il direttore del Tirreno di Livorno Carlo Lulli, che aveva
titolato "Un mitra nella Daf rossa" (era la macchina che
guidavo). Poverino, quando mi vide nel suo ufficio, non sapeva più dove
guardare..."