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1997

Migranti e Forze Armate/6

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28 MARZO 1997

KATER I RADES

LA STRAGE NEL CANALE D'OTRANTO

  RACCONTATA DAI SUPERSTITI

Intervista a Krenar Xhavara e Stefano Palmisano raccolta da Tarantula Rubra* (2002)

Ventotto marzo 1997. Nel Canale d'Otranto, la nave militare italiana Sibilla sperona e affonda la motovedetta albanese Kater I Rades. Muoiono108 persone, anche se le stime ufficiali italiane, basate solo sul numero dei corpi recuperati, dicono 81.

 Racconta Krenar Xhavara, uno dei sopravvisuti: "I naufraghi si rivelavano scomodissimi testimoni, per questo ci hanno invitato ad andar via da Brindisi il prima possibile. Stranamente, ci davano permessi per andare in altre città italiane. Volevano impedirci di testimoniare come parte civile. Abbiamo visto tutto, ciò che ha fatto la Sibilla è stato un vero atto di pirateria".


Nel Canale sono morte persone che fuggivano da una guerra civile. "Avevamo chiesto asilo politico per proteggere donne e bambini - continua Krenar - ed è stato dato l'ordine di esecuzione del blocco navale, un rigido respingimento dei profughi.

 Tutto ciò, in contrasto con l'articolo due della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che invece garantisce il diritto di lasciare qualsiasi paese, compreso il proprio, e vieta l'espulsione collettiva degli stranieri".

Subito dopo aver saputo della tragedia, le famiglie delle vittime hanno chiesto giustizia al governo italiano, imputati però sono i soli comandanti delle imbarcazioni.

Abbiamo chiesto a Stefano Palmisano, avvocato di parte civile, a che punto è il processo.

Cosa è accaduto fin qui nell'iter processuale?

L'ultima udienza risale al 15 marzo. Abbiamo sentito l'ammiraglio Guarnieri come persona indagata in un procedimento connesso, cioè una figura a metà strada fra un imputato e un testimone perché già indagata in questo processo o in uno connesso.

È l'attuale capo di stato maggiore della marina, lo abbiamo ascoltato non tanto su quello è successo in mare [allora era nella squadra navale di Roma], ma per capire qual è stata la catena dei comandi e quindi delle responsabilità. C'è un vizio d'origine nel processo: la marina militare è imputata solo in un suo esponente, il capitano Laudadio, mentre è evidente che la prima cosa da capire è chi ha dato gli ordini e quali erano le disposizioni per fronteggiare quella che veniva chiamata, con molta creatività solidale, "l'invasione degli albanesi". Proviamo a fare verità, se non giustizia.

Ha l'impressione di urtare contro "un muro di gomma" , come nel caso di Ustica?

Le similitudini fra la tragedia della Kater I Raides e la strage di Ustica sono inquietanti, e sono molte più di quanto le persone che non conoscono le carte del processo potrebbero immaginare. Cito un elemento che appare pittoresco, ma è invece emblematico. Nel film di Risi si faceva vedere la scena in cui il portavoce dell'Aeronautica, nei giorni dopo la strage di Ustica, tirava fuori la famigerata locuzione del cedimento strutturale: il Dc 9 dell'Itavia sarebbe caduto perché originariamente trasportava pesce, il pesce contiene il sale, il sale corrode i metalli... Nella vicenda della Kater c'è stata un'inchiesta sommaria, svolta dalla marina militare, in cui l'ufficiale inquirente ha detto che il contatto tra la Sibilla e la Kater non poteva aver causato l'affondamento della nave. Le cause dovevano essere nello "spostamento dei pesi" che erano a bordo della nave, cioè degli albanesi. La conclusione era che la Sibilla avrebbe avuto funzione di concausa ma non di causa esclusiva dell'affondamento. No comment.
Nella prossima udienza, dovremmo ascoltare in aula tre alti ufficiali della marina, fra cui l'ammiraglio Venturoni, che nel '97 era l'ex capo di stato maggiore della Difesa e ora è ai vertici del Comitato di controllo della Nato, credo ne sia il portavoce. Per ora, è rimandato tutto a settembre perché Laudadio ha problemi di salute.

*Anna Nacci conduce la trasmissione radiofonica che ha questo nome

«Sterza, ci vengono addosso!».

Le voci del naufragio

Qemal continuava a guardare verso il buio. Fu lui il primo a gridare di aver visto delle luci. Presto seguito da altri, che si accalcarono verso poppa. In effetti si vedevano delle luci avvicinarsi velocemente. Agim aveva ragione, ci stavano mandando il rimorchiatore. Qualcuno cominciò a gridare e saltare di gioia e, malgrado la barca ondeggiasse paurosamente, improvvisarono passi di un balletto. Agim urlò con tutta la voce che aveva in corpo: "Restate dove siete! Non andate a poppa! E non saltate, razza di stupidi!".

Ma l'illusione durò poco, ci pensarono le voci del megafono a cancellarla. Dicevano le stesse cose già sentite dalla nave militare. Non ci fu bisogno di traduzione. Usavano lo stesso tono, le stesse parole. La lingua italiana è una lingua monotona, pensai.
Tornare indietro, dicevano. Avevamo quasi finito la traversata e ci imponevano di tornare indietro. Con questo mare e con la stanchezza che avevamo addosso, anziani, bambini e donne ammalate come Anna e Sofia, dovevamo girare la prua di centottanta gradi e rifare il viaggio al contrario.
Dovete tornare indietro, ripetevano.
Ammutolimmo.
Il megafono continuava a gracchiare ordini. In una lingua che non capivo arrivavano mozziconi di parole strappate al vento, coperte dai colpi di tosse della nostra imbarcazione, dal tuono della nave militare, dagli schiaffi delle onde che arrivavano alle orecchie. Avevo la faccia che sapeva di sale, mi mordevo labbra salate.
Rimanemmo paralizzati senza sapere cosa fare, finché il ponte improvvisamente fu illuminato a giorno sotto un frastuono che coprì tutti gli altri. Un elicottero aveva puntato un faro su di noi. Ci seguì per qualche minuto, poi si accesero le luci della nave. Lì mi resi conto che la nave italiana era altissima, le sue luci sembravano piombarci addosso. Eravamo accecati. Non ebbi il tempo di rendermi conto di nulla, come un gatto per strada ipnotizzato e investito dagli abbaglianti di un'automobile in corsa.
Sentii Agim gridare:
"Sterza a sinistra, a sinistra! Ci vengono addosso, allarga a sinistra!"
La luce ci inghiottì. Udii un urto e poi uno scossone che fece inclinare la nostra nave a sinistra. Molti scivolarono in acqua, altri furono sbalzati fuori, li vidi volare via come bambole di pezza. Prima dell'urto mi aggrappai d'istinto alla ringhiera, mentre tutto veniva sollevato. Arrivammo molto in alto, poi precipitammo mentre la poppa riprendeva il suo assetto normale di galleggiamento.

E infine quel rumore. Una specie di esplosione.
L'ultima cosa che ricordo fu la sensazione di un boato tremendo, come una bomba. Ricordo di aver mollato la ringhiera, mentre pioveva di tutto, sbarre di ferro, vetri, lamiere, pezzi di legno, e quella sensazione di volare nel buio per un tempo interminabile fino all'impatto con l'acqua gelida.
Andai giù. Tornai su a respirare, oggetti che mi cadevano intorno, forse persone o pezzi di persone. Tornai giù, bevvi. Allargai gli occhi il più possibile, ma non vedevo niente, non riuscivo a sentire niente, muovevo le gambe ma non riuscivo a risalire, come se qualcosa mi tirasse verso il fondo. Non so quanto tempo rimasi sotto e a quale profondità, avrò bevuto libri di un'acqua dal sapore acido, o forse era nafta, mi sforzai di non pensare alla fine, era troppo stupido, tutti quei preparativi, tutto quel viaggio, arrivare fino a lì e morire.

Poi più nulla, se non gli oggetti che continuavano a cadere e un qualcosa che non saprei dire cosa fosse, che mi passò accanto risalendo velocemente. Allungai le braccia, mi aggrappai d'istinto, risalimmo insieme a respirare.

1)Brindisi 12 anni di lotte al fianco dei migranti

2)Brindisi,           8 marzo 1991, ventimila albanesi

3)Il Comitato di solidarietà italo-albanese di Brindisi

4) 28/3/97 la strage del canale d'Otranto

5)le iniziative per ricordare i morti della Kater

6)Kater: i fatti raccontati dai superstiti

7) Il processo ai responsabili della strage della Kater

8) la Pivetti disse ributtateli a mare!

9) The case of the Kater I Rades

10) La mostra sull'affondamento della Kater

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