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Brindisi ,25 settembre del 1943, la tragedia del piroscafo Dubac.

pubblicato su Quotidiano di Puglia edizione di Brindisi il 25 settembre 2011

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In città sono ormai pochi i testimoni ancora viventi  della tragedia vissuta dai soldati italiani che, nei giorni successivi all’8 settembre 1943 si ritrovarono abbandonati e senza ordini nei presidi di oltre Adriatico dopo la vergognosa fuga del Re dalla capitale. Migliaia di alpini, bersaglieri, genieri, marinai e aviatori, in fuga dai tedeschi  o disarmati dalle bande partigiane, si riversarono in massa verso gli approdi sulle coste greche, albanesi e slave nella speranza che una nave proveniente dalla Puglia li potesse salvare.

Furono le sottili corvette e  torpediniere di stanza a Brindisi ad essere incaricate di questa missione disperata , spesso sotto attacco di Stukas , navi e sommergibili tedeschi. Chi era imbarcato su quelle navi in quei giorni ne ha un ricordo vivo e  choccante.

Emblematica è la vicenda del Dubac, un  vecchio piroscafo d’inizio secolo che,  in convoglio con altre navi partite da Brindisi,  scortato dalla Corvetta Sibilla e dalla torpediniera Sirio  nella notte tra il 24 e il 25 settembre 1943 imbarcò nel porto albanese  di Santi Quaranta, al confine greco, centinaia di nostri soldati, in gran parte appartenenti alla divisione Perugia che, laceri, disarmati, in condizioni pietose attendevano da giorni e sotto l’attacco dei bombardieri tedeschi di essere imbarcati.

Purtroppo, quando la speranza di essere in salvo sembrava divenire realtà, alle 6 del mattino del 25 settembre , mentre era prossima la costa otrantina, una dozzina di bombardieri in picchiata tedeschi Stukas, provenienti da Corfù attaccarono il convoglio.

Ad avere la peggio fu il lento e stracarico piroscafo Dubac  mitragliato e colpito dalle bombe che, con il suo carico di morti e feriti, per non affondare, fu fatto incagliare ad un miglio dal Capo d’Otranto.

Ancora una volta fu lo spirito di solidarietà, connaturato nell’animo del popolo talentino, a permettere che molti di quei poveri ragazzi, che rischiavano di morire affogati o dissanguati , si potessero salvare.  I primi a lanciarsi in soccorso, nonostante il rischio del ritorno in forze degli aerei tedeschi,  furono i pescatori otrantini che, con le loro barche, portarono  a terra molti superstiti,  rifocillati in un istituto di suore di Otranto e poi trasferiti a Lecce. Ma per i feriti più gravi fu disposto il trasporto urgentissimo con la torpediniera Sirio che si diresse a tutto vapore verso Brindisi, come racconta il capo stereotelemetrista Angelo Caria( che oggi vive in Sardegna) imbarcato sull’altra nave di scorta, la  corvetta Sibilla che a sua volta protesse sino a Brindisi l’altro piroscafo, il Salvore.

foto scattata dal capo cannoniere della Sibilla ,  messa a disposizione  da Angelo Caria su Wikipedia- la torpediniera Sirio affianca il piroscafo Dubac incagliato dinanzi alla scogliera di Otranto per imbarcare i feriti

L’arrivo della Sirio a Brindisi,  con i feriti più gravi è ricordato con commozione dal nostro concittadino Luigi Camuso sottufficiale in pensione, allora imbarcato sulla Corvetta Fenice come cannoniere –artificiere scelto.

“ La torpediniera Sirio attracca in tarda mattinata al pontile di legno a poca distanza dalla nostra nave,  a ridosso del castello Svevo e all’altezza della finestra dove spesso si affacciava il Re. C’è un accorrere di infermieri, barelle, tra urla di dolore e di rabbia.

La torpediniera ha la tolda coperta di sangue e  mentre gli infermieri sbarcano i feriti, vi sono marinai che con ramazze e grandi spatole cercano di lavarlo via,…il mare tutto intorno si colora di rosso. ..ad un tratto la tromba suona il silenzio e la bandiera viene abbassata a mezz’asta:  un alpino, con il cappello e la penna  calato in testa , le mani e le gambe mozzate da una bomba degli Stukas, spira mentre sta per scendere dalla nave.

Alziamo tutti gli occhi verso la finestra del Castello: un re turbato, con il viso stravolto, distoglie lo sguardo da quello strazio e rientra all’interno, forse piangendo.

Per noi della Fenice rientrati da poco a Brindisi da un’altra sfortunata operazione,  nel canale di Santa Maura, con ancora negli occhi l’immagine di corpi di italiani galleggianti inerti tra resti di scafi affondati dai tedeschi e  spiagge piene di soldati che ci imploravano di raccoglierli, questa scena ci lasciò attoniti, senza forze, consapevoli di vivere uno strazio che coinvolgeva l’Italia intera e che non avremmo mai voluto che si potesse ripetere.”-

A ricordare il sacrificio di migliaia di nostri connazionali  per la causa della nostra libertà non ci sono solo le croci  dei sacrari di luoghi lontani come Cefalonia, ma anche di quelli vicini come  quello di Otranto, dove riposano i resti delle vittime dell’attacco al Dubac. Sulle loro lapidi leggeremmo che provenivano da tutta Italia,molti giovanissimi e se facessimo attenzione, forse potremmo sentire la loro voce che ci incita  a bandire la guerra e a rinsaldare lo spirito di solidarietà e coesione nazionale per salvare il nostro Paese da un altro 8 settembre.

 

Antonio Camuso

Archivio Storico Benedetto Petrone

Brindisi 25 settembre 2011,  68 anni dopo per non dimenticare

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