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L'ALTRARESISTENZA AL NAZIFASCISMO/9

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L'ALTRA RESISTENZA
1)CARLO BUSCAGLIA
2) Arrigo Boldrini " Bulow"
3)Nicola Bellomo
4)il giudizio sui caduti della RSI e 'aeronautica repubblichina
5)  Brindisi 8 settembre 43: la Fenice e l'ultima missione
6) 8 settembre 43 inizia la guerra di liberazione
7) 12 settembre 43 Barletta con Il colonnello Grasso resiste ai tedeschi
8) la resistenza della div. Acqui a Cefalonia, settembre 1943
                         9) 7 ottobre 1943 la deportazione dei carabinieri romani in Germania
 10) Aprile 45:l'ultimo caduto della Aeronautica Italiana
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RESISTENZA...ma non solo ....L'ALTRA RESISTENZA: I MILITARI ITALIANI CONTRO IL NAZIFASCISMO.PER NON DIMENTICARE CEFALONIA

Onorati dall’assidua frequentazione del nostro sito da parte del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri intendiamo ringraziare tanto interessamento dedicando ad essi una pagina particolare della sezione  l’altraResistenza, restando in linea con la nostra decisione, presa un anno fa, di tentare di rispettare la verità storica ma anche cercare di condurre critica politica.

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7 Ottobre 1943:la deportazione di 2500 carabinieri, di stanza a Roma, in Germania

Un libro appena uscito riapre una pagina dimenticata della nostra storia ma che a nostro avviso  non assolve  ruolo dell'Arma al servizio del potere costituito .             ( vedi anche I carabinieri che divennero partigiani e dissero no!)

Il libro

Il Museo storico della Liberazione, le Edizioni Studium e l’Associazione nazionale ex internati militari, nel sessantacinquesimo anniversario della deportazione nazista da Roma di duemila-duemilacinquecento Carabinieri, presentano:

il volume di Anna Maria Casavola “7 OTTOBRE 1943″.

La deportazione dei Carabinieri romani nei Lager nazisti che si terrà domenica 5 ottobre 2008 , alle ore 10,30, nella sala delle conferenze del Museo (via Tasso 145).

Interverranno con l’autrice la prof.ssa Elvira Sabbatini Paladini, direttrice del Museo, il prof. Antonio Parisella, dell’Università di Parma, Presidente del Museo, e il col. Giancarlo Barbonetti,
capo dell’Ufficio Storico dell’Arma dei Carabinieri.

Verrà anche presentata la nuova edizione dell’opera di Vittorio E. Giuntella.
Il nazismo e i lager.
Edizioni Studium - Roma, tel. 06.6863846 - Museo storico della Liberazione, tel. 06.7003866.
via Tasso è raggiungibile con la metro A (fermata Manzoni-Museo della Liberazione), con il 3, fermata Manzoni,e con tutti i bus che fermano in via Emanuele Filiberto e in Via Merulana)

dal sito

http://www.abitarearoma.net/eventi/2008/10/02/la-deportazione-dei-carabinieri-romani-nei-lager-nazisti/

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L'approfondimento dell'Osservatorio sui Balcani di Brindisi che cura la pagina dell'AltraResistenza per l'archivio S B P

1943-1945  I CARABINIERI ALLA RICERCA DI UN NUOVO RUOLO NELLA TEMPESTA DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE DAL NAZIFASCISMO MA...GIA' PRONTI A RICOMINCIARE IL SERVIZIO AL FIANCO DEL POTERE COSTITUITO.

Alcune brevi considerazioni storiche non dimenticando la difesa di Porta Pia ma anche i fatti del G-8 di Genova

Quanto sia conflittuale il rapporto tra i movimenti che cercano di cambiare lo stato di cose presenti con chi invece ha compito quello di salvaguardare in nome della fedeltà cieca alle leggi e gli ordinamenti di uno Stato è cosa troppo ovvia specialmente quando parliamo dei Carabinieri che si ritengono i servitori dello Stato per eccellenza,

 Dalla loro nascita il loro duplice compito di soldati e poliziotti con le stellette li ha visti in prima linea nelle repressione di qualunque forma di dissenso e rivolta contro lo Stato sia che fosse contro cittadini italiani o uomini di paesi in cui l’Italia si presentava da occupante o colonizzatore.

 Dalla Libia all’Etiopia, dall’Albania ai Balcani, dalle retrovie di Caporetto ai monti dove si nascondevano i disertori, essi condussero la loro gelida opera senza fiatare,  incarcerando o fucilando, rastrellando e applicando le leggi di rappresaglia contro briganti meridionali e contro  partigiani slavi o ribelli libici ma… in quel lontano autunno 1943 qualcosa successe che sconquassò l’Italia e la stessa Arma: l’Armistizio e  i diciotto mesi di occupazione nazista dell’Italia.

I Reali Carabinieri ritenuti- giustamente- i fedelissimi del Re divennero bersaglio dei nazisti che non volevano la presenza di un’autorità militare ostile ad essi ma anche dei fascisti che cercarono in parte di inglobarli o mescolarli con la Guardia Nazionale Repubblicana in maniera tale che la loro capacità di conoscenza del territorio, delle popolazioni e dei “sovversivi” contribuisse alla lotta ai partigiani, agli ebrei e alle spie infiltrate dagli angloamericani.

Solo in parte tutto ciò avvenne e anche i Carabinieri, in molti casi, riuscirono a riscattare un passato inglorioso di repressione popolare con atti di eroismo nella lotta di liberazione al Nazifascismo, sia in Italia che nei territori occupati. Ricordiamo il  centinaio di carabinieri della penisola istriana  che passarono armi e bagagli tra i ribelli e che andarono ad aggiungersi a quelli che entrati a far parte delle divisioni Garibaldi in Yugoslavia che  si batterono senza esclusione di colpi contro nazisti e fascisti e ustascia. Ad essi è dedicata una medaglia d’argento con la quale si fregia la bandiera dell’Arma.

http://cronologia.leonardo.it/storia/a1943qq.htm

 http://www.storiain.net/

 

Se il sacrificio, a Palidoro (Roma) del vicebrigadiere Salvo D’Acquisto, un ragazzo di 23 anni, del nostro Sud, di Nola, è una cosa ben nota, poco invece si sa dei molti altri CC che collaborarono alla Resistenza. Tra i tanti ricordiamo le tre medaglie d’oro che onorano i carabinieri uccisi dai tedeschi a Fiesole nel 1944, ma anche le migliaia di internati nei lager tedeschi sin dall’ottobre del 1943 come  descritto dal libro presentato qualche giorno fa a Roma  e che descrive l’accurata opera di deportazione dei carabinieri romani in Germania, dopo che essi avevano partecipato alla difesa della capitale , l’8 settembre del 43, pagando il prezzo di ventuno uomini.

Non dappertutto fu così, come narra lo scritto che accludiamo riguardante l’opera di rastrellamento degli ebrei nell’appennino lucchese e pistoiese e che si tradusse in un campo di prigionia alle porte di Prato con centinaia di italiani di fede israelita , passati prima dalle caserme dell’Arma e poi trasferiti via treno ai forni crematori dei lager tedeschi .

 Intanto al Sud,dove governavano il Re e Badoglio sotto occupazione angloamericana,  l’Arma riprendeva la sua opera, o meglio il “Servizio” secondo le tradizioni: nell’ottobre del 1944 sono loro ad aprire il fuoco sui contadini di Ortucchio in provincia dell’Aquila che chiedono di coltivare le terre incolte del principe Torlonia. Ne riceveranno piombo dai Carabinieri Reali con due morti e tantissimi feriti. Nello stesso mese a Licata gli operai che manifestano davanti all’ufficio di collocamento, invece di ottenere lavoro ricevono piombo dai carabinieri di Agrigento: due lavoratori uccisi, 19 feriti e 80 denunciati. ( Polizia, di Gianni Viola e Mario Pizzola, ed Stampa Alternativa 1976) La nuova Italia repubblicana stava incominciando a costruirsi sul sangue dei lavoratori e degli sfruttati e che non ha smesso mai di scorrere lungo quel percorso che ci porta ai vergognosi giorni di Genova…

la redazione di Altraresistenza

7 ottobre 2008

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Gli ebrei toscani passati dalle mani dei marescialli dei carabinieri ai campi di concentramento: un libro accusatorio...

dal sito http://www.iltirreno.quotidianiespresso.it...glio&id=1487070

In settecento verso l’inferno

(
Ilenia Reali)

                  Partivano dai cinque lager toscani, un libro sulla loro tragedia
                    La chiesa grossetana: quel seminario non fu una prigione

PRATO. Wanda Abenaim, nata a Pisa il 6 maggio del 1907, arrestata a Firenze il 26 novembre del 1943 da italiani e tedeschi, deportata ad Auschwitz il 6 dicembre del 1943. Deceduta. Benito Attalm, nato a Livorno il 15 settembre del 1934, arrestato a Livorno il 4 aprile del 1944 da italiani, partito per Auschwitz il 16 maggio del 1944. Deceduto.
Appena due dei nomi e delle schede contenuti nell’elenco di 675 raccolti nel libro “Ebrei in Toscana tra occupazione tedesca e Rsi” presentato ieri al Museo della deportazione di Prato dagli autori, Enzo Collotti, Marta Baiardi, Francesca Cavarocchi, Valeria Galimi e Luciana Rocchi.
Due dei quasi settecento che dalla Toscana partirono per i campi di sterminio tedeschi e polacchi.
Uomini e donne che spesso vennero reclusi anche con la complicità di italiani. Due storie che, insieme alle altre, raccontano - con tanto di documentazione - come la persecuzione, la depredazione e la deportazione avvennero anche in Toscana dove dopo il 1943 (ma in alcuni casi fin dal 1940) funzionarono cinque campi di concentramento: a Bagni di Lucca, a Colle di Compito (Lucca), a Bagno a Ripoli, a Villa Oliveto a Civitella Val di Chiana e a Roccatederighi, in un edificio dato in affitto dal vescovo di Grosseto dell’epoca Paolo Galeazzi.
Una decisione, quella della chiesa grossetana, che l’attuale vescovo, Franco Agostinelli, sminuisce sottolineando come il suo predecessore «fu obbligato» e come, comunque, «non si trattò di un campo di concentramento vero e proprio perché gli ebrei erano liberi di uscire. Tanto che esistono testimonianze che riferiscono di come abitualmente frequentassero i locali del paese».
«Luoghi - sottolinea invece lo studioso e autore del libro, realizzato in collaborazione con la Regione Toscana e la comunità ebraica, Enzo Collotti - dove venivano raccolti gli ebrei per poi smistarli nei lager. Luoghi di privazione della libertà personale di tipo collettivo. Una realtà rimossa ma che dimostra come, anche prima dell’occupazione tedesca, fossero messe in pratica le leggi razziali».
Ma soprattutto “Ebrei in Toscana” mette in evidenza, con prove documentali, come «la filiera della deportazione è rappresentata anche in Toscana dalla Repubblica sociale, da tutti quegli organi politici e tecnici che furono i veri esecutori delle misure che poi portarono all’arresto e quindi alla deportazione».
Con il libro per la prima volta in Italia si è tentato un censimento a tappeto a livello regionale «ma - è sempre Collotti a parlare - al di là di mettere in luce i nomi delle persone si è lavorato per approfondire un meccanismo di persecuzione e che dimostra come oltre alla responsabilità nazista ce ne sia stata un’altra, forte, della Repubblica sociale. Una tra tutte la storia del commissario prefettizio pratese che, a onor del vero unico in Toscana di cui ci siano delle lettere a testimoniarlo, offrì uno spazio alle porte di Prato per aprire un nuovo campo di concentramento per ebrei».
Solo tra Pistoia e Lucca, in
particolare sull’Appennino lucchese e pistoiese, furono arrestate e deportate quasi 200 persone. Praticamente tutte catturate dai marescialli dei carabinieri delle stazioni, spesso su segnalazione di cittadini.
E se Firenze fu il centro degli arresti e degli smistamenti, perché qui vi transitarono migliaia di ebrei tra residenti e tra coloro che vi cercarono rifugio da altri paesi europei, è proprio nel Nord della Toscana che si vide come la rete tra tedeschi, Repubblica di Salò e delazioni fu drammaticamente efficiente. Rete che fu meno attiva nelle città costiere dove la numerosa comunità ebraica si era ridotta avendo cercato scampo ai bombardamenti nelle zone più isolate dell’Appennino.
Eppure non tutti collaborarono alla “caccia all’ebreo”.
In tanti, e un lungo elenco, sta lì a dimostrarlo organizzarono una rete parallela. A salvarne tantissimi dalla deportazione furono parroci e religiosi, semplici cittadini, associazioni cattoliche che si attivarono per coprire e nascondere (utilizzando rapporti parentali, passaparola, amicizia) gli ebrei rimasti senza soldi, senza averi. Senza più speranze.

(25 gennaio 2007)

 

 

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