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l'8 settembre '43 e la corvetta Fenice
Brindisi, 8 settembre 1943, quell’ultima missione contro gli inglesi Brano tratto da: “I ragazzi della Fenice” di Antonio Camuso (vedi anche L’8 settembre ’43 ,a Brindisi, sulla corvetta Fenice, ricordato da un poeta- marinaio, di origini montellesi.)
8
settembre 43 ,
l’ultima missione della corvetta Fenice, ovvero quando i marinai
slavi fuggirono per combattere con i partigiani di TITO Porto militare di Brindisi, corvetta Fenice C 50 nave della Regia Marina
8
settembre 1943, alba.
In
sala macchine il direttore , capo
Di Rienzo, abruzzese, diede l’ordine di mettere in moto immediatamente.
Il
marinaio scelto Ferluca fuochista meccanico , originario della Venezia Giulia,
con la faccia segnata da un profondo taglio, svegliò gli altri marinai
fuochisti, anch’essi di origine slave. Per loro si annunciava una giornata
che avrebbe riservato molte fatiche ma anche un incredibile destino.
La
vita nel locale macchine della Fenice era incredibilmente dura, il rumore era
assordante e continuo e gli
uomini addetti vivevano praticamente a contatto con esse giorno e notte,
Un
lavoro infernale quello dei fuochisti ma estremamente delicato, poiché senza
di essi quella modernissima nave, gioiello
dei cantieri di Monfalcone non avrebbe potuto muoversi . E cosa curiosa,
a curare il cuore di quella nave in quei giorni importanti per la
nostra storia, erano un gruppo di cittadini “coattamente”italiani, slavi
di madre lingua e comunisti “titini” di fede politica.
Dopo
il 25 luglio e la caduta del regime fascista,
il Ferluca e i suoi compagni non perdevano occasione di ostentare la
loro fede politica. “Zivia Tito!”accompagnato con un saluto a pugno chiuso
spesso era la loro risposta a
qualche ordine, punizione o semplicemente uno sfottò mal digerito da parte
dei loro camerati italiani di origine DOC, specialmente se provenienti dal
“confine istriano, come il marinaio Moser di Trieste.
Forse
anche per questo gli slavi, preferivano rimanere
tutti insieme appartati nei loro locali nelle viscere della nave, pur
cercando, nei momenti di vita comune con il resto di equipaggio, di fare
opera di propaganda politica comunista..
…Premuto
il pulsante di avvio, il primo gruppo di motori si avviò seguito dopo un
analogo comando su un pulsante , anche il secondo.
Si
annunciava una delle delle tante
missioni di cacciasommergibili e scorta convoglio , alle quali la corvetta
Fenice ,da quando qualche mese prima ,nuova di zecca,
era giunta a Brindisi, era stata chiamata a compiere. Quella
mattina un piccolo convoglio composto
da una nave carica di carri
armati,automezzi e cannoni e due piccole motonavi, proveniente dal litorale
barese e navigante sottocosta , attendeva di essere scortato , diretto verso
l’Albania . Il pericolo di attacco da parte di sommergibili inglesi era
confermato dal fatto che proprio poche ore prima un altro piroscafo era stato
colpito nelle acque antistanti alla costa brindisina . In effetti, poco dopo il rendez-vous tra la Fenice ed il convoglio,
la scia di un siluro, fortunatamente andato a vuoto,
gettò lo scompiglio nella formazione,. La corvetta si lanciò
immediatamente all’attacco dell’inglese fantasma ( così era stato
soprannominato dai marinai della Fenice quel sommergibile che riusciva a
colpire le nostre navi e poi scomparire anche agli occhi del Sonar.) mentre il
rsto del convoglio puntava verso i bassi fondali costieri. La Corvetta Fenice era una splendida nave entrata in
servizio da solo qualche mese e rappresentava il meglio di ciò che potesse
avere la Reale Marina Italiana in quel fine estate del 43. Quella mattina la fortuna sembrò volgere dalla parte
degli italiani, il Sonar registrava un segnale anomalo in movimento e senza
dubbio doveva essere il sommergibile inglese che cercava di sfuggire in
immersione ai suoi cacciatori. Il comandante -….sembrava sapere esattamente dove
condurre la nave (in effetti il comando Marina gli aveva passato
l’informazione che questo sommergibile usasse nascondersi tra i relitti
delle navi che lui stesso aveva affondato in un determinato punto) e ordinò
che quella particolare zona fosse battuta palmo a palmo. Dalla tramoggia a
poppa della nave scivolavano silenziose le bombe di profondità seguite da una
snervante attesa, da parte dei due equipaggi con sentimenti opposti:… cupe
esplosioni culminate con un mare di schiuma in veloce emersione. La corvetta andò avanti per ore alternando i lanci di
bombe di profondità a silenziosi giri concentrici con il Sonar a scandagliare
il fondo. Ad un certo punto, dopo una poderosa serie di bombe, vennero a galla
tracce di carburante misto ad olio tra l’esultanza dei marinai italiani. Finalmente quel maledetto inglese che era il responsabile
della morte di tanti marinai e la fine anticipata di meravigliose navi , aveva
avuto il fatto suo! Ma il comandante convinto che fosse un trucco degli
inglesi , ordinò che la caccia continuasse fino alla fine di tutte le bombe
di profondità presenti a bordo. Era quasi sera quando la Corvetta Fenice rientrò alla
base.Del resto del convoglio non vi era nessuna traccia, il silenzio radio
obbligatorio impediva di chiedere che fine avesse fatto e la mancanza di SOS
faceva pensare che fosse riuscito a mettersi in salvo o proseguire
autonomamente la rotta. Imboccatura del porto di Brindisi :Sera dell’8
settembre 1943 Con il sole ormai tramontato e l’oscuramento imposto
per evitare i bombardamenti notturni, solo
i segnali luminosi provenienti dal faro
situato dinanzi alle isole Pedagne indicavano
la strada per il ritorno a casa. La stanchezza e ,la tensione per la missione
condotta si accompagnavano alla
gioia di poter annunciare al Comando che questa volta la Fenice aveva dato una
bella lezione agli inglesi. L’equipaggio schierato sulla plancia ricevette la
benvenuta dalla base navale ma… insieme agli equipaggi delle altre navi
italiane vi era un equipaggio molto particolare , anche lui contento di esser
lì a ricevere con tutti gli onori la nostra più bella caccia sommergibili
presente a Brindisi: era quello del
sommergibile inglese, danneggiato che avendo saputo per radio della resa degli
italiani si era rifugiato proprio nel porto
da dove poche ore prima era salpata quella nave che voleva la sua
morte. Sbigottiti i marinai della Fenice e tra questi vi era mio
padre, osservavano il sommergibile inglese placidamente attraccato con
l’Union Jack sventolante sul torrino, salutarli con gli hurrà. Dal Comando Marina poco
dopo giungeva l’invito per il comandante italiano di recarsi sul
sommergibile inglese a ricevere le congratulazioni per la bella e sfortunata,
ultima azione contro
gli Alleati. La guerra nella sua follia è pronta a cambiare di ruolo
alle sue vittime esigendo comunque un tributo di sangue. In quelle stesse ore
la Casa Savoia fuggiva vergognosamente da Roma, lasciata difesa solo da
coraggiosi ufficiali e semplici cittadini che resistendo ai tedeschi lavavano
con il loro sangue il tradimento della monarchia. Ma, di tutto ciò i marinai schierati sulla nave Fenice
erano totalmente all’oscuro, avendo osservato rigorosamente, durante
quell’ 8 settembre del 43, il silenzio radio. Solo giunti al porto seppero
che avevano combattuto per ore contro un nemico che formalmente non lo era più… Quella sera i marinai di origine slava , che avevano
fondato sulla nave una cellula clandestina del Partito Comunista, furono visti
dall’equipaggio rimanere appartati, confabulando nella loro lingua , scuri
in volto. Il giorno dopo all’appello quattro di loro e i loro moschetti di
ordinanza mancavano all’appello .Si seppe in seguito che si erano calati
nottetempo in acqua, eludendo le sentinelle e caricati a bordo di un
peschereccio di loro connazionali, erano fuggiti nel loro paese a combattere
nelle file dell’Armata di Liberazione di TITO e che uno di essi , raggiunti
i partigiani in Yugoslavia , fu colpito da una granata tedesca che gli tranciò
una gamba. L’unico slavo del gruppo, originario di Fiume, rimasto a bordo , non motorista e ordinanza del comandante in seconda , la notte seguente, quella tra il 9 e il 10 settembre, dopo essersi impossessato della pistola del comandante e di circa diecimila lire si lanciò in acqua ed anche lui raggiunse la Resistenza titina aldilà dell’Adriatico. Storie di uomini che in quei giorni terribili
fecero delle scelte che segnarono le loro vite e i destini dei loro paesi. A qualche centinaio di chilometri da Brindisi, altri
valorosi soldati stavano prendendo una decisione importante : erano gli uomini
liberi della divisione Acqui che votavano di resistere ai tedeschi , per
salvare l’onore di una patria infangata dal fascismo e da una monarchia
vigliacca e complice. Mille chilometri più a nord a POLA , i giovani aspiranti
ufficiali della scuola della Marina Militare Italiana salivano a bordo su un
veliero e al calare della notte riuscivano a forzare il blocco tedesco e fare
rotta verso Brindisi. Più sfortunati furono i sottufficiali della scuola CEMM
di Pola, il loro veliero, partito in ritardo fu bloccato dalle motocannoniere
tedesche ed una volta sbarcati iniziarono un terribile viaggio verso i campi
di concentramento in Germania dai quali in
molti non fecero più ritorno.Tra gli ufficiali che fortunosamente giunsero a
Brindisi e che furono alloggiati presso il Collegio Navale, vi era
l’onorevole comandante Falco Accame e questa esperienza segnò la sua vita.
Il 10 settembre
alla Corvetta Fenice giunse un nuovo ordine:"prepararsi ad andare
incontro ad un illustre ospite"-: Si disse che forse era il re che ,sulla Baionetta, si rifugiava nella nostra
città…ma questa è un’altra storia... Antonio Camuso Archivio Storico Benedetto Petrone- Brindisi mail : archiviobpetrone at libero.it
Brindisi 8
settembre 2010 versione riveduta
e corretta con l’ausilio di nuove tstimonianze Versione
precedente
Brindisi 8 settembre 43, alba. A bordo della Corvetta Fenice giunse l’ordine di salpare immediatamente dal porto per cercare di intercettare un sommergibile inglese che pochi minuti prima aveva colpito un nostro piroscafo diretto in Albania nelle acque antistanti alla costa brindisina.
L’equipaggio era fiducioso che la caccia potesse essere più fruttuosa delle altre condotte contro l’inglese fantasma ( così era stato soprannominato dai marinai della Fenice quel sommergibile che riusciva a colpire le nostre navi e poi scomparire anche agli occhi del Sonar.). Si diceva che il comandante ….avesse in tasca la mossa vincente e la serbasse per un occasione come questa. L’ SOS della nave era stato raccolto in tempo reale e la Fenice che aveva le caldaie in moto non tardò molto a raggiungere il luogo dell’affondamento per iniziare la caccia col Sonar a colpi di bombe di profondità. La Corvetta Fenice era una splendida nave entrata in servizio da solo qualche mese e rappresentava il meglio di ciò che potesse avere la Reale Marina Italiana in quel fine estate del 43. Quella mattina la fortuna sembrò volgere dalla parte degli italiani, il Sonar registrava un segnale anomalo in movimento e senza dubbio doveva essere il sommergibile inglese che cercava di sfuggire in immersione ai suoi cacciatori. Il comandante -….sembrava sapere esattamente dove condurre la nave in effetti il comando Marina gli aveva passato l’informazione che questo sommergibile si nascondesse tra i relitti delle navi che lui stesso aveva affondato in un determinato punto) e ordinava che quella particolare zona fosse battuta palmo a palmo. Dalla tramoggia a poppa della nave scivolavano silenziose le bombe di profondità seguite dopo una snervante attesa, da parte dei due equipaggi con sentimenti opposti, da cupe esplosioni culminate con un mare di schiuma in veloce emersione. La corvetta andò così avanti per ore alternando i lanci di bombe di profondità a silenziosi giri concentrici con il Sonar a scandagliare il fondo. Ad un certo punto, dopo una poderosa serie di bombe, vennero a galla tracce di carburante misto ad olio tra l’esultanza dei marinai italiani. Finalmente quel maledetto inglese che era il responsabile della morte di tanti marinai e la fine anticipata di meravigliose navi aveva avuto il fatto suo! Ma il comandante… era scettico, poteva essere un trucco degli inglesi ed ordinò che la caccia continuasse fino alla fine di tutte le bombe di profondità presenti a bordo. Era quasi sera quando la Corvetta Fenice rientrò alla base. Brevi segnali luminosi avvisarono il faro situato alle isole Pedagne e l’equipaggio schierato sulla plancia ricevette la benvenuta dalla base navale ma… insieme agli equipaggi delle altre navi italiane vi era un equipaggio molto particolare , anche lui contento di esser lì a ricevere con tutti gli onori la nostra più bella caccia sommergibili presente a Brindisi: era l’equipaggio del sommergibile inglese, danneggiato che avendo saputo per radio della resa degli italiani si era rifugiato nel porto dove poche ore prima era salpata quella nave che voleva la sua morte. Sbigottiti i marinai della Fenice e tra questi vi era mio padre, osservavano il sommergibile inglese placidamente attraccato con l’Union Jack sventolante sul torrione, salutarli con gli hurrà. La guerra nella sua follia è pronta a cambiare di ruolo alle sue vittime esigendo comunque un tributo di sangue. In quelle stesse ore la Casa Savoia fuggiva vergognosamente da Roma lasciata difesa solo da coraggiosi ufficiali e semplici cittadini che resistendo ai tedeschi lavavano con il loro sangue il tradimento della monarchia. Ma, di tutto ciò i marinai schierati sulla nave Fenice erano totalmente all’oscuro, avendo osservato rigorosamente, durante quell’ 8 settembre del 43, il silenzio radio. Solo giunti al porto seppero che avevano combattuto per ore contro un nemico che formalmente non lo era più… Quella sera i tre marinai di origine slava , che avevano fondato sulla nave una cellula clandestina del Partito Comunista, furono visti dall’equipaggio rimanere appartati, confabulando nella loro lingua , scuri in volto. Il giorno dopo all’appello i tre slavi e i loro moschetti di ordinanza mancavano all’appello .Si seppe in seguito che si erano calati nottetempo in acqua, eludendo le sentinelle e caricati a bordo di un peschereccio di loro connazionali, erano fuggiti nel loro paese a combattere nelle file dell’Armata di Liberazione di TITO. A qualche centinaio di chilometri da Brindisi, altri valorosi soldati stavano prendendo una decisione importante : erano gli uomini liberi della divisione Acqui che votavano di resistere ai tedeschi , per salvare l’onore di una patria infangata dal fascismo e da una monarchia vigliacca e complice. Mille chilometri più a nord a POLA , i giovani aspiranti ufficiali della scuola della Marina Militare Italiana salivano a bordo su un veliero e al calare della notte riuscivano a forzare il blocco tedesco e fare rotta verso Brindisi. Più sfortunati furono i sottufficiali della scuola CEMM di Pola, il loro veliero, partito in ritardo fu bloccato dalle motocannoniere tedesche ed una volta sbarcati iniziarono un terribile viaggio verso i campi di concentramento in Germania dai quali non fecero più ritorno.Tra gli ufficiali che fortunosamente giunsero a Brindisi e che furono alloggiati presso il Collegio Navale, vi era l’onorevole comandante Falco Accame e questa esperienza segnò la sua vita. Il 10 settembre alla Corvetta Fenice giunse un nuovo ordine:"prepararsi ad andare incontro ad un illustre ospite"-: Era il re che ,sulla Baionetta, si rifugiava nella nostra città…ma questa è un’altra storia. Antonio Camuso Osservatorio sui Balcani di Brindisi osservatoriobrindisi@libero.it
pubblicato nel 2005 su http://www.ildialogo.org/storia/ultimamissione08092005.htm
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