Armi
armamenti
NLW armi non letali
Controllo
di massa
Forze
Armate
Italia Mondo
Guerre
Afghanistan
Balcani
Iraq
Kosovo
Mondo
Movimenti
no-global no-war
no-nuke
no-racisme
Servizi segreti
Stragi
Storia
II
Guerra mondiale
Guerra fredda
|
|
Carcere galleggiante USA per i pirati del Corno d´Africa
di Antonio Mazzeo
12 febbraio 2009
Una piccola Guantanamo in navigazione nel Golfo di Aden dove imprigionare
i cittadini somali sospettati di atti di pirateria. È l´aberrazione
giuridica creata dalla Marina militare USA impegnata nella caccia ai
sequestratori di petroliere e mercantili nelle acque del Corno d´Africa.
L´unità navale USNS Lewis and Clark, normalmente utilizzata per il
trasporto di equipaggiamenti e come deposito munizioni, è stata
trasformata in un supercarcere dove detenere "in via temporanea"
coloro che saranno catturati perché sospettati di prendere parte ad atti
di pirateria nelle acque somale.
Per svolgere questa nuova missione che riproduce le famigerate "extraordinary
renditions" della Cia e del Dipartimento della Difesa post 11
settembre, nella nave militare sono state realizzate alcune celle per
"ospitare" sino a 26 presunti pirati. Secondo quanto dichiarato
dal Comando della V Flotta USA di stanza in Bahrein, l´equipaggio della
Lewis and Clark è stato ridotto da 158 a 118 marinai, e "nella parte
della nave trasformata in area di detenzione, sono state deposte stuoie e
coperte e sono state accantonate grandi quantità di cibo come riso e
fagioli".
Le premesse di una carcerazione ben al di là dell´umana sopportazione ci
sono tutte. Ma la Marina USA tranquillizza: i detenuti non permarranno a
lungo nella prigione galleggiante. In base ad un accordo il cui contenuto
è "top secret", sottoscritto a fine gennaio dal Dipartimento di
Stato USA e il governo di Nairobi, i prigionieri verranno trasferiti in
alcuni centri di detenzione del Kenya in attesa di essere giudicati da un
tribunale nazionale.
Analoghi accordi di deportazione di cittadini sospettati di pirateria o
terrorismo internazionale starebbero per essere firmati da Washington con
Tanzania e Gibuti. Anche i Paesi dell´Unione europea starebbero
ricorrendo alla formula delle Guantanamo flottanti e della consegna dei
prigionieri somali a paesi terzi. Secondo quanto rivelato dal portavoce
del Pentagono, Bryan Whitman, la Gran Bretagna avrebbe già sottoscritto
con il Kenya un accordo analogo a quello firmato dagli Stati Uniti. La
ministra della difesa spagnola, Carme Chacòn, nel confermare i contatti
dell´Unione europea con alcuni paesi del continente africano per ottenere
l´autorizzazione a trasferire in loco le persone catturate, ha dichiarato
che il suo ministero sta valutando la possibilità d´imbarcare poliziotti
di paesi africani sulle navi da guerra spagnole che pattugliano le coste
somale. Madrid guiderà dal prossimo mese di maggio la task force navale
Ue anti-pirateria.
La Lewis and Clark è giunta nelle acque mediorientali da quasi un anno e
attualmente fa parte della "Combined Task Force 151" , la forza
multinazionale a guida USA che conduce le operazioni di pattugliamento in
un´area estesissima comprendente il Golfo di Aden, il Mar Rosso, l´Oceano
Indiano e il Mare Arabico. Varata nel 2006, l´unità pesa 41.000
tonnellate ed è lunga 210 metri , ed è stata realizzata nell´ambito del
"T-AKE Program" del Military Sealift Command, un programma dal
costo di 4 miliardi di dollari che ha dotate l´US Navy di navi di
supporto per i pronti interventi in qualsiasi scacchiere di guerra. La
nuova Guantanamo mobile manterrà tuttavia inalterato il suo assetto di
nave da combattimento, grazie ai due elicotteri SH-60 Seahawk ospitati. Il
Seahawk è un velivolo utilizzato nella guerra anti-sottomarini e
anti-nave ed è armato con missili AGM-114 Hellfire e siluri Mk 46, MK 50
ed MK 54.
Di navi galleggianti USA in giro per il mondo destinate alla detenzione
illegale di cittadini stranieri sospettati di terrorismo, se n´era
parlato in passato come variante del sistema creato dall´amministrazione
Bush per la deportazione dei prigionieri delle guerre in Afghanistan ed
Iraq. Lo scorso anno, il quotidiano inglese The Guardian aveva pubblicato
gli stralci di un rapporto dell´organizzazione non governativa "Reprieve",
impegnata nella difesa dei diritti umani. Secondo il rapporto, ben 17 navi
militari - prigione sarebbero state usate dal governo americano a partire
dal 2001 per "detenere, interrogare, con metodi vicini alla tortura,
e trasferire da un paese all´altro i prigionieri catturati".
Reprieve avrebbe pure documentato 200 casi di trasferimenti in prigioni
segrete dislocate in paesi noti per violare sistematicamente i diritti
umani; le "renditions" si sarebbero verificate tutte a partire
dal 2006, anno in cui il
presidente George W. Bush aveva assicurato la fine di operazioni
simili.
"Hanno scelto le navi per tenere le loro malefatte lontano dagli
occhi dei media e degli avvocati delle associazioni umanitarie",
dichiarava a The Guardian l´avvocato Clive Stafford Smith, responsabile
legale di Reprieve. "Nelle navi statunitensi non ci sono
prigionieri", era stata la secca risposta dell´US Navy. Oggi -
presidente il democratico Barck Obama - la stessa marina è orgogliosa di
annunciare l´allestimento del deposito munizioni - carcere flottante,
emblema di nuove e vecchie barbarie.
Predator USA contro i pirati della Somalia
di Antonio Mazzeo
1febbraio 2009
Le forze armate statunitensi hanno schierato nel Golfo di Aden i micidiali
velivoli senza pilota "Predator" per dare la caccia ai pirati
somali. Il comando della nuova flotta navale "Combined Task Force
CTF-151", attivata dal Pentagono nelle acque del Corno d´Africa, ha
reso noto che un aereo UAV (Unmanned Aerial Vehicle) è stato trasferito a
bordo del cacciatorpediniere lanciamissili USS Mahan, "per
contribuire alla sorveglianza marittima e segnalare ogni azione sospetta,
rendendo così sempre più efficaci le missioni anti-pirateria".
"Ciò rappresenta un significativo passo in avanti e riflette la
crescita nell´uso dei velivoli senza pilota in tutto lo spettro delle
operazioni militari", ha spiegato il comandante della USS Mahan,
Steve Murphy. "Il Predator - ha aggiunto - è un aereo versatile e di
pronta risposta, in grado di modificare in volo aree operative e missioni.
Può volare segretamente di giorno o di notte e renderà sempre più
difficile ai pirati di nascondersi. Le immagini e le informazioni che
otterremo ci permetteranno di velocizzare i nostri processi decisionali,
assicurandoci un significativo vantaggio tattico nell´azione contro la
pirateria".
Le caratteristiche tecniche del Predator sono lodate da strateghi e
aziende produttrici: il velivolo gode di un´autonomia di volo di 40 ore e
può volare sino ad un´altezza di 9.000 metri sul livello del mare.
Grazie ai sensori ottici e ai sistemi radar di bordo può individuare e
fotografare qualsiasi target anche in condizioni di intensa nuvolosità.
Ma più che un aereo spia o "d´intelligence", il Predator, è
una vera arma letale da first strike, in grado d´individuare, inseguire
ed eliminare l´obiettivo con estrema precisione.
Il velivolo senza pilota è dotato di missili aria-terra AGM-114 Helfire,
i quali hanno già causato centinaia di morti nei più recenti teatri di
guerra. I primi UAV da combattimento sono stati installati nel novembre
2001 in alcune basi USA in Pakistan ed Uzbekistan per eseguire, in
Afghanistan, "omicidi selettivi" di presunti leader di al-Qaeda.
L´anno successivo, i velivoli Predator sono stati utilizzati dall´US Air
Force per assassinare alcuni militanti radicali islamici che si erano
rifugiati in Yemen. L´ultima azione di guerra risale a meno di una decina
di giorni fa e ha causato un vero e proprio massacro. Il 23 gennaio, tre
giorni dopo l´insediamento come presidente degli States di Obama Barack,
due missili lanciati da un Predator hanno ucciso in Pakistan diciassette
civili. Secondo la rete televisiva CNN, solo nel 2008 gli attacchi
missilistici effettuati da questi aerei nel paese islamico, sarebbero
stati una trentina.
Oltre ai Predator, la flotta navale USA anti-pirati ha a disposizione una
lunga serie di sofisticati strumenti di morte. Il cacciatorpediniere USS
Mahan è dotato dei missili da crociera "Tomahawk" (la versione
navale dei Cruise che furono installati a Comiso negli anni ´80) e dei
missili anti-nave MK 41. Ci sono poi cannoni, mitragliatori e siluri Mk
32. L´ammiraglia della CTF 151, la nave anfibia San Antonio (LPD 17),
ospita tre elicotteri HH-60H "Seahawk" per la guerra navale e
antisottomarina, inviati dalla portaerei nucleare USS Theodore Roosvelt,
di stanza nel Golfo Persico. L´equipaggio della San Antonio è costituito
da personale proveniente dai reparti specializzati di US Navy, Coast Guard
e Marine Corps. Tra questi spiccano i cecchini del 26th Marine
Expeditionary Unit (MEU), in possesso di fucili ad altissima precisione
come l´Mk-11, capaci di colpire un bersaglio distante 1,000 yards (circa
915 metri) e quelli calibro 50 che
possono raggiungere le 1,800 yards.
Che il Pentagono stia pianificando in ogni dettaglio un possibile attacco
in Corno d´Africa trova conferma da quanto trapelato a Washington. Il
quartier generale del Comando congiunto delle forze di guerra degli Stati
Uniti di Suffolk-Norfolk (Virginia) è stato sede dal 10 al 15 gennaio
2009 di un´esercitazione militare a cui hanno partecipato alcuni
ufficiali del nuovo Comando per le operazioni USA in Africa, Africom,
attualmente ospitato a Stoccarda (Germania). Nello specifico, sarebbero
stati simulati la mobilitazione e il trasferimento nel continente africano
di truppe militari USA per rispondere a tre eventi simultanei: un ciclone
che devasta la Tanzania; la minaccia di alcuni "estremisti" di
attaccare un gruppo d´ingegneri che lavora alla realizzazione di pozzi d´acqua
in Kenya; l´evacuazione dall´Eritrea di cittadini USA e di un paese
terzo, per il rischio di un conflitto alla frontiera con l´Etiopia.
Elemento chiave della
triplice spedizione di guerra in Africa orientale, il Combined Joint
Task Force Horn of Africa, la forza di rapido intervento di 2.000 uomini
che gli Stati Uniti hanno dislocato nella ex colonia francese di Gibuti.
Si fa intanto ancora più caotico il traffico navale militare nelle acque
somale. Oltre alla Combined Task Force 151 USA con cui collaborano 14
nazioni alleate, ad una flotta dell´Unione europea a comando greco
("Operazione Atalanta") ed alle navi inviate da Cina, Russia ed
Iran, starebbero per giungere alcune unità del Giappone. Per aggirare le
norme costituzionali che sanciscono il carattere meramente difensivo delle
forze armate nazionali, il premier Taro Aso, potrebbe dichiarare lo
"stato d´emergenza" per la lotta alla pirateria navale.
Dal porto di Rota-Cadice (Spagna) è invece salpata per la Somalia la
fregata Victoria, che dal prossimo mese di aprile assumerà il comando
dell'operazione "Atalanta" dell´Unione Europea. Il governo
Zapatero sta valutando con attenzione la possibilità d´imbarcare
poliziotti di paesi africani sulle navi da guerra spagnole che
pattuglieranno le coste somale. Ad essi verrebbe delegato il
"trattamento" diretto delle persone catturate durante gli
interventi anti-pirateria. Secondo quanto indicato dalla ministra della
difesa Carme Chacon, Spagna e altri paesi europei avrebbero avviato
contatti con Kenia, Gibuti e Tanzania per ottenere l´autorizzazione a
trasferire le persone catturate in alcune prigioni locali. È in fondo
quello che gli Stati Uniti hanno fatto con i prigionieri di guerra di
Afghanistan e Iraq, deportandoli in massa nel lager di Guantanamo (Cuba).
Il problema di cosa fare con i "pirati" somali è stringente: lo
scorso 27 gennaio un elicottero della marina francese ha aperto il fuoco
contro i presunti assalitori di una nave battente bandiera maltese in
transito nel Golfo di Aden. Il blitz si è concluso con la cattura di 9
persone. Secondo quanto dichiarato dal comando navale francese, negli
ultimi mesi le proprie unità avrebbero arrestato 57 pirati. Si sconosce,
ad oggi, dove essi siano stati condotti.
AFRICOM BRACCIO MILITARE DEL NEOCOLONIALISMO AMERICANO
Militari e mercenari in partnership contro i pirati
somali
di Antonio Mazzeo
A conclusione di un meeting a porte chiuse nella sede delle Nazioni Unite,
New York, 24 nazioni e 5 organizzazioni internazionali hanno dato vita al
"Gruppo di Contatto sulla Pirateria" (CGP) per "coordinare e rafforzare
l´impegno comune" contro i "pirati" nelle acque, nei cieli e
all´interno
del territorio della Somalia. A presiedere il nuovo organismo sono stati
chiamati gli Stati Uniti d´America; ne fanno parte il Segretariato dell´ONU,
l´International Maritime Organization, la NATO, l´Unione Africana,
l´Unione Europea, l´esautorato Governo di Transizione Nazionale della
Somalia, Arabia Saudita, Australia, Cina, Corea del Sud, Danimarca,
Egitto, Emirati Arabi Uniti, Francia, Germania, Giappone, Gibuti, Gran
Bretagna, Grecia, India, Kenya, Olanda, Oman, Russia, Spagna, Turchia,
Yemen e.... l´Italia, paese che per la missione antipirateria ha destinato
8,7 milioni di euro.
In una breve nota a firma del vicesegretario di Stato USA per gli Affari
Politico-Militari, Mark T. Kimmitt, vengono anticipate alcune delle
finalità del composito Gruppo di Contatto per la Somalia: "miglioramento
del supporto operativo e d´intelligence per le azioni anti-pirateria;
rafforzamento delle strutture giuridiche per l´arresto, l´incriminazione e
la detenzione dei pirati; potenziamento delle capacita di auto-difesa
della navi commerciali; contrasto delle operazioni finanziarie illegali".
Obiettivi che lasciano intendere che sia pronto per il Corno d´Africa un
intervento in larga scala in cui le azioni armate si alterneranno alle "extraordinay
renditions", le deportazioni illegali di prigionieri realizzate nei
conflitti di Afghanistan ed Iraq.
Il summit semiclandestino al palazzo di Vetro segue l´attivazione di una
flotta aeronavale che centralizzerà gli interventi anti-pirateria nel
Golfo di Aden, Mar Rosso e Oceano Indiano (la "Combined Task Force 151 -
CTF-151"). Si tratta di una forza multinazionale sotto il comando USA, a
cui hanno dato la propria adesione le marine militari di venti paesi, in
buona parte gli stessi che compongono il contact group anti-pirati. L´area
geografica è la stessa in cui Washington ha promesso al governo israeliano
di estendere i pattugliamenti e le operazioni d´intelligence "per impedire
i rifornimenti di armi ad Hamas, nella striscia di Gaza e Libano".
Le acque della Somalia sono attualmente presidiate da una cinquantina di
navi da guerra dotate di sofisticati sistemi missilistici ed elicotteri,
battenti bandiera dell´Unione Europea, degli Stati Uniti d´America e di
altre potenze nucleari come Cina, Iran e Russia. L´egemonia militare di
Washington non è pero assolutamente in discussione. Secondo quanto
annunciato a Nairobi dal generale William Kip Ward, a capo del Comando
americano per le operazioni in Africa (Africom), "gli Stati Uniti sono
pronti a fornire assistenza ed addestramento agli eserciti africani nella
lotta contro un crimine internazionale come la pirateria". Contro gli
attacchi alle navi mercantili e alle petroliere, il Pentagono ha pure
assegnato diverse unità della US Coast Guard per il pattugliamento dei
mari e l´addestramento delle marine di 20 paesi della regione.
Nonostante l´incomparabile potenza di fuoco schierata in Somalia, gli
strateghi di guerra USA hanno richiesto alle compagnie di navigazione
commerciale e crocieristiche di collaborare direttamente, adottando
"misure minime d´intelligence e prevenzione", quali l´uso di "tecnologie
non letali come sistemi di sorveglianza ed allarme, sistemi
anti-abbordaggio come cannoni ad acqua e fili elettrici, e apparecchiature
acustiche che generano rumori dolorosi a lungo raggio a lungo raggio". Il
Pentagono ritiene che le compagnie potrebbero risolvere molti dei loro
problemi con i pirati, se assumessero guardie "leggermente" armate a
difesa di merci e petrolio, esattamente come già fa da diverso tempo la "East
India Company".
I suggerimenti sono stati apprezzati dalle maggiori compagnie statunitensi
di sicurezza privata. Appena qualche giorno dopo l´insediamento a
Stoccarda (Germania) del quartier generale di Africom (1 ottobre 2008), la
famigerata "Blackwater Worldwide", protagonista del massacro di 17 civili
a Baghdad nel settembre del 2007, ha offerto i uomini e mezzi per
assistere le società di navigazione in transito nel Golfo di Aden. In
particolare, la Blackwater ha acquistato una vecchia nave dalla "National
Oceanographic and Atmospheric Administration", la McArthur, che ha poi
ristrutturato ed armato con cannoni navali ed elicotteri lanciamissili.
"Abbiamo contattato diversi proprietari di navi che sappiamo aver bisogno
del nostro aiuto per proteggere i loro carichi e far sì che giungano
felicemente a destinazione", ha spiegato Bill Matthews, vice presidente
esecutivo di Blackwater Worldwide (il vicepresidente generale è tale Cofer
Black, direttore
del Centro Anti-Terrorismo della CIA nel settembre 2001). "La McArthur è
un´unità navale multi-scopo progettata per sostenere in qualsiasi parte
del mondo le operazioni militari, di rafforzamento della legalità e
peacekeeping", ha aggiunto Matthews. "Con un equipaggio di 55 uomini, bene
addestrati ed armati, la McArthur può essere perfettamente utilizzata per
scortare le navi cargo private nel Golfo di Aden". Per la lotta ai pirati,
la Blackwater ha pure offerto piloti, sofisticate attrezzature
tecnologiche, servizi di manutenzione, aerei da guerra e velivoli-spia
senza pilota. Secondo la pagina web della corporation, è stata pure
programmato l´acquisto di alcuni caccia "Super Tucano", prodotti
dall´impresa
brasiliana "Embraer".
La Hollowpoint Protective Services, Mississippi, società emergente nel
firmamento dei contractor USA, punta ad un ampio ventaglio di servizi, a
partire dalle "analisi sui rischi e le potenzialità dei pirati",
l´"implementazione di piani per prevenire gli attacchi", l´"addestramento
del personale dalle compagnie di navigazione", la "protezione delle unità
sin dalla loro partenza" e finanche la "conduzione di negoziati con i
pirati per assicurare il rilascio delle navi e degli ostaggi sequestrati".
Alla crociata internazionale contro la pirateria chiedono di partecipare,
ovviamente, altri due colossi della sicurezza privata made in USA, la
Halliburton Co., (di cui è azionista l´ex vice-presidente Richard Bruce "Dick"
Cheney) e la DynCorp International. Le due corporation sono attive da
alcuni anni nel caldissimo scenario geo-strategico del Corno d´Africa. La
KBR Inc., società interamente controllata dalla Halliburton, è stata
utilizzata dal Pentagono per la fornitura dei servizi di protezione delle
basi utilizzate a Gibuti, Kenya ed Etiopia dalla U.S. Combined Joint Task
Force-Horn of Africa (la forza di "pronto intervento USA di 2.000 uomini
nel Corno d´Africa).
Mercenari della DynCorp, hanno invece addestrato, equipaggiato e sostenuto
logisticamente la fallimentare "missione di pace" dell´Unione Africana in
Somalia, realizzata con militari etiopi ed ugandesi. L´amministrazione
Bush ha versato alla società della Virginia, più di 10 milioni di dollari
per l´acquisto di tende, generatori e veicoli militari da destinare alla "peacekeeping
force", e la movimentazione dei mezzi e del personale africano. Il
Pentagono ha sottoscritto con DynCorp un altro contratto per oltre 20
milioni di dollari per il supporto alle "operazioni di sorveglianza,
addestramento e peacekeeping" di alcuni importanti partner regionali
(principalmente Etiopia e Liberia).
"Siamo una compagnia in grado di fornire rapidamente i nostri servizi in
qualsiasi parte del continente, dalla logistica alle missioni di
peacekeeping, all´addestramento specifico delle forze armate locali per
migliorare le loro capacità d´intervento aereo e terrestre, al lavoro
congiunto con l´organizzazione regionale per prevenire e risolvere i
conflitti", ha dichiarato il vicepresidente esecutivo di DynCorp, Anthony
Zinni, già generale del Corpo dei Marines ed ex Comandante dell´US Central
Command (Centcom), con sede a Tampa, Florida.
Grande conoscitore della Somalia (l´ex militare è stato il direttore
operativo per della disastrosa "Restor Hope" del biennio 1992-93), Zinni è
uno dei più convinti sostenitori di Africom, nonché grande amico del
comandante per le operazioni militari nel continente, generale William Kip
Ward. "Abbiamo la necessità d´ingaggiare le nazioni africane in un
paritario campo di gioco", ha esordito Anthony Zinni, intervenendo alla
Conferenza sulle Infrastrutture USA-Africa, che si è tenuta a Washington
l´8 ottobre 2007. "L´Africa sta progressivamente crescendo in importanza a
livello mondiale, sia in termini di sicurezza che in termini economici. La
decisione di unificare in un unico comando gli interventi nel continente,
risponde concretamente a questo trend. La decisione del Congresso di
destinare ad Africom appena 250 milioni di dollari è però mero alimento
per polli. È un grave elemento di frustrazione e danneggia pesantemente
l´immagine del comando". E disattende certamente le attese di guadagno
dei mercanti di morte...
|
Guerre nel mondo:
Articoli di Antonio Camuso,
Antonio Mazzeo, Alex Zanotelli
Vedi anche:
LE INCHIESTE
I DOCUMENTI
GLI ARTICOLI
GLI INTERVENTI
|