Archivio storico"Benedetto Petrone" ritorna a >HOME PAGE<
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
IL 6 OTTOBRE 2010, A TARANTO, MUORE LA COMPAGNA PAOLA RIVERA Una vita vissuta pienamente nella sua città ed ancor oggi, anche se con molte contraddizioni, la presenza di Paola nelle lotte, nei movimenti è ancora sentita, come lo testimonia la seguente lettera a firma della figlia Francesca PAOLA
RIVERA ,mia madre, una donna , che ha vissuto pienamente la sua vita… Contro
un uso strumentale e disonesto della memoria di Paola Rivera, mia madre. (
In risposta ad un post apparso sul blog Tarantocontro e ad un vecchio
necrologio pubblicato all'indomani della sua morte su Pugliantagonista). Nota
della redazione di Pugliantagonista: su
richiesta di Francesca Esposito, figlia di Paola Rivera ,
pubblichiamo questa sua lettera in occasione del secondo
anniversario della morte di Paola. Rinnovando la nostra vicinanza alla
famiglia di Paola, ricordiamo che la sua intensa vita ha attraversato
quella di tanti altri suoi compagni e compagne di lotta
lasciando in ognuno di essi un
personale ricordo che sicuramente non può essere compresso in uno
stereotipo, in una icona , uguale per tutti e di questo noi , vecchi
militanti che facciamo politica in mezzo alals trada, tra la gente ne
siamo consapevoli e ne accettiamo il rischio… Comprendiamo
anche il desiderio da parte di Francesca di preservare da facili
strumentalizzazioni il ricordo e le lotte di Paola e per questo motivo
riportiamo integralmente quanto Francesca ci ha inviato.Dalle sue parole
anche se turbate dall’essere in disaccordo su quanto scritto
relativamente a sua madre, Paola , con il suo forte carattere e
la sua personale storia ci appare più viva che
mai… La redazione Ci
sono cose che si rimandano. Perché non è il momento, perché non si ha
la forza di affrontarle o perché, semplicemente, si deve faticare
enormemente per tenersi insieme affinché nemmeno un briciolo di energia
vada sprecato. Perciò, nonostante il profondo fastidio che mi diede, non
risposi al necrologio per mia madre, Paola Rivera, fatto circolare su
Puglia antagonista da Margherita Calderazzi ed Ernesto Palatrasio, pur
avendone voglia. Oggi,
o meglio ieri, a distanza quindi di due anni esatti, quel fastidio si
rinnova per un altro scritto -questa volta anonimo- in cui, di nuovo, si
parla di mia madre in termini inesatti e sì "strumentali",
attaccando mia zia Annamaria Rivera, "sociologa calamitata" sul
palco di Lerner, nella trasmissione "L'infedele" su Taranto. Cominciamo
però da quel famoso necrologio che, per chi non l'avesse letto, così
recitava:
Con
grande tristezza abbiamo appreso della morte di Paola Rivera. Noi siamo stati
i suoi compagni e compagne nel periodo migliore della sua vita, il '68/'70.
(...)Paola Rivera, dolce e ferma, ironica e severa, trasgressiva e
disciplinata ci
ha aiutato a crescere e insieme abbiamo fatto un percorso entusiasmante e costituito
una pietra miliare, insieme ad altri giovani, in questa città. Le
sue idee non sono cambiate mai, la sua pratica sì, ripiegata in un iniziale
impegno tra le donne e in una continuità di frequentazione nella sinistra
culturale. Oggi nel ricordarla qualcuno cerca di dare di lei solo il volto
degli ultimi anni,
per "adeguarla all'esistente", altri ne fanno una sorta di icona
di un passato
lontano. Non
è così per noi. La Paola che ci appartiene vive nella continuità di quegli
anni nell'impegno di oggi. E' giusto ribellarsi! Le idee di rivolta non
sono mai morte!
Tutto
falso. Per cominciare, il 68/70 non è stato "il periodo migliore
della sua vita". Mia madre ha vissuto pienamente TUTTA la sua vita,
non certo mummificando se stessa in un Eden passato, ma trasformandosi,
crescendo, spostandosi, confrontandosi con l'esistente, alla ricerca di
sempre nuove chiavi di lettura senza mai chiudersi al mondo. Le sue idee
sono cambiate eccome, come è giusto che sia. Ciò che non è cambiata è
la sua attitudine divergente e rivoluzionaria, che ha continuato ad avere
anche di fronte alla malattia e, in ultimo, di fronte alla morte,
affrontata con coraggio, dignità, autodeterminazione. Non si è mai
"ripiegata", mai... tantomeno in un "iniziale impegno tra
donne" o in una "continuità di frequentazione della sinistra
culturale", che francamente, peraltro, non so cosa sia. Mia
madre faceva politica tutti i giorni. Mia
madre era, essenzialmente, un educatrice. E sapeva bene che il campo in
cui doveva mettere il suo impegno di trasformazione dell'esistente era
quello: la scuola, dove ha continuato, con passione, amore e -ultimamente-
rabbia a lavorare fino a quando il suo corpo glielo ha permesso. Odiava le
semplificazioni, odiava le classificazioni facili e i meschini
incasellamenti della realtà e delle persone. E so quanto si sarebbe
irritata ed arrabbiata nel sentirsi messa in queste scatoline riduttive e
asfittiche in cui volete rinchiuderla. I
morti non possono rispondere, per questo lo faccio io per lei. E lo faccio
a maggior ragione ora, perché la sento distintamente rivoltarsi nella
tomba al leggere, nuovamente, delle falsità sul suo conto a distanza di
due anni dalla sua morte.
"
La sociologa Anna Maria Rivera che a Taranto non ci vive da 40 anni, era
calamitata sul palco da chi e perché e in rappresentanza di chi e che
cosa? Quando ci viveva si riteneva comunista e spesso a quelle portinerie
ci veniva, quando scrive di immigrati è spesso lucida e precisa, ma ora
tira fuori in maniera più strumentale che non si può la sorella Paola
Rivera, una compagna sempre sulla trincea della classe operaia che mai
pensiamo in vita sua ha sostenuto che l'Ilva dovesse chiudere, che è
tragicamente scomparsa per tumore, tout court addebitato alla presenza
dell'inquinamento, perché essendo vegetariana non poteva che morire per
tumore dell'Ilva."
Lasciando
ad Annamaria -per la cronaca, antropologa e non
"sociologa" e nient'affatto "calamitata" - il piacere
(se lo riterrà utile o opportuno) di rispondere ad una descrizione di sè
che io ritengo offensiva e riduttiva quanto quella di mia madre, veniamo
al testo.
Per
prima cosa, ci si domanda che senso abbia dubitare strumentalmente che il
tumore di mia madre possa essere stato causato dall'inquinamento a
Taranto. Può essere, può non essere. Non è certo. Ciò che è certo,
invece, è che di tumore a Taranto si muore più che altrove ed è
altrettanto certo che i comportamenti alimentari di mia madre tendevano al
salutismo. Quindi? Che si fa? Cui prodest smentire la possibilità che la
sua morte sia collegata alla presenza dell'ILVA? Chi stiamo difendendo?
Ognuno tiri le sue somme. In fondo, il problema fondamentale non è
questo. Il cancro a Taranto sta diventando un compagno di molti, a cui
forse sempre più dovremo "abituarci". Se l'ILVA non c'entra,
sarà colpa di qualcos'altro. L'ira di dio, il buco nell'ozono, babbo
natale, le cavallette...vedremo.
Ma
veniamo a quello che più mi preme: "Sempre sulla trincea della
classe operaia". Quanto avrebbe riso Paola di una simile frase!
E quanto fa ridere me, per la sua miseria semantica, per la sua
povertà di analisi, per la sua falsità da slogan... E, non da ultimo,
per la sua incongruenza con quanto scritto nel "necrologio" di
cui sopra. Era ripiegata o ritta in piedi sulle barricate? Chissà.
Probabilmente non lo sapremo mai... Vado ancora un po' avanti, però, e
leggo l'illeggibile: "una compagna che mai in vita sua ha sostenuto
che l'ILVA dovesse chiudere". E qui non si ride più. Perché, qui,
con questa frase, si gioca col fuoco. E si mettono in bocca frasi
serissime, soprattuto in un momento come questo, ad una persona che non può
smentire in alcun modo. Mia
madre ha vissuto per tutta la vita a Taranto, tranne i suoi ultimi due
anni. E mai, dico mai in vita sua, ha nemmeno lontanamente
"difeso" l'ILVA. Ha vissuto in città vecchia tra i fumi e le
polveri maledicendo la fabbrica tutti i giorni. Maledicendola per gli
odori acri che le arrivavano addosso nelle giornate di tramontana; per i
panni stesi puliti e ritirati sporchi; per le morti sul lavoro; per il
cancro degli altri e poi per il suo; per la devastazione sociale che l'ILVA
ha portato in città; per i suoi anni di insegnamento a Paolo VI; per la
palazzina LAF; per lo scenario apocalittico che dalla terrazza di via
Duomo offendeva lo sguardo tutti i giorni e tutte le notti, come un
insulto continuo al mare e alla bellezza. Se in questi giorni fosse stata
viva, sarebbe scesa in piazza. Sarebbe, come me, orgogliosa del primo
sussulto di ribellione della sua città. Non starebbe sulla "trincea
della classe operaia". Certamente non di una classe operaia che
appare terrorizzata -anche giustamente, certo...- all'idea di perdere il
posto e che per questo sembra disposta a qualunque (qualunque...)
patteggiamento col padrone. Di una classe operaia che si fa dare da chi la
ammazza, la sfrutta, la manipola, la rinchiude in reparti confino, panini,
bibite e crostatine al cioccolato. Che si fa trasportare agli scioperi in
pullman aziendali con la divisa in ordine e il kit protesta distribuito
dalla direzione. Di una classe operaia che sta dimenticando la sua
migliore qualità: la dignità. Sarebbe
stata invece sicuramente al fianco di quegli operai che, al contrario, non
si prestano a questi giochi, che si oppongono e pensano con le loro teste,
che chiedono ciò che è dovuto a questa città, dopo cinquant'anni di
sfruttamento e violenza legalizzati: salute, sicurezza, reddito. Senza più
ricatti. Senza più mercanteggiamenti. E che accettano le conseguenze di
ciò, pagandole sulla propria pelle. Sarebbe stata al fianco, infine, di
una città -donne, uomini, bambini, anziani, sani e malati- che si scopre
esasperata. E che non accetta più di morire come agnello sacrificale
sull'altare del profitto e di una disumana, presunta "politica
industriale". Insomma, di certo non si sarebbe foderata gli occhi di
operaismo acritico e muffito, impedendosi di vedere quanto complessa sia
la situazione attuale o leggendo ciò che accade con lenti totalmente
inadatte che, alla fine, senza accorgersene - o almeno, questo spero-
fanno si che ci si metta pericolosamente dalla parte dei Riva. Mia madre
era sì, rivoluzionaria. Ma in un senso così arioso, libero,
totalizzante, antiautoritario, irriverente, mutevole e vivo che nulla ha a
che vedere con il vostro. Non
tiratela dalla vostra parte. Non
ci stava comoda da viva, non ci sta comoda da morta. Un
saluto, Francesca Esposito 6
ottobre 2012 Taranto
6 ottobre 2010 Ci associamo al saluto dei compagni che l'hanno conosciuta ed esprimiamo la nostra vicinanza alla famiglia il ricordo pubblicato sul Manifesto
IN MORTE DI PAOLA RIVERA, MILITANTE FEMMINISTA
Vincenza Perilli11.10.2010
Si è spenta all'alba del 5 ottobre a Bologna, dopo una lunga malattia,
Paola Rivera, militante femminista della prima ora a Taranto, nei primi
anni 70. Difficile riassumere una vita di fronte allo sgomento di una
morte. Qualche frammento per ricordarla
Si è spenta all'alba del 5 ottobre a Bologna, dopo una lunga malattia,
Paola Rivera, militante femminista della prima ora a Taranto, nei primi
anni 70. Difficile riassumere una vita di fronte allo sgomento di una
morte. Qualche frammento per ricordarla: una bella intervista dove Paola
Rivera racconta il suo percorso di donna e femminista sul sito di Radio
popolare Salento, un articolo su Il femminismo e le radio libere nel '77
in Italia e a Taranto e infine, di seguito, la poesia che le ha dedicato
in occasione della morte sua sorella Annamaria.http://marginaliavincenzaperilli.blogspot.com/2010/10/in-morte-di-paola-rivera-militante.html
Vincenza Perilli
la poesia dedicatale dalla sorella Annamaria Per Paola un ricordo da Marcello Galati su radiopopolare salento
un ricordo dei compagni dello Slai Cobas (X sindacato di classe)di Taranto PER
PAOLA RIVERA |
|