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MICHELE " LA SCOPA" DI PINTO L'anarchico scomodo di Molfetta il 23 marzo 2009 ci ha lasciati lo ricordano la compagna Doriana Goracci e la redazione del sito web Quindici di Molfetta che ringraziamo per averci concesso l'autorizzazione di pubblicare questo articolo il cui link è http://www.quindici-molfetta.it/morto-michele-la-scopa-_16729.aspx nelle prime ore della mattinata del 23 marzo 2009 scrivevo della domenica precedente con CAMBIO del Menù: sterco a Torino che “non è collocabile come una Azione Futurista, solitamente definita sorprendente originale eccitante rocambolesca malgrado la cura con cui queste azioni futuriste sono state organizzate, fotografate e sorridendo descritte magari con l’aiuto di un Oliviero Toscani in connubio con Graziano Cecchini e le sue beffe…L’Azione è stata compiuta da incappucciati anarco insurrezionalisti…roba da brividi…nevvero? Vi lascio alla cronaca torinese che ho tratto dalla Rete e non quella del Cambio di Guardia dei Cpt in Cie, se volete odorarla e sentirne il Menù profumato.”Come riferisce ‘La Stampa‘, un gruppo di anarchici sabato sera ha preso di mira lo storico ristorante ‘Il Cambio’, uno dei più noti della città, rovinando la cena a una cinquantina di clienti.Erano passate da poco le 20.30 quando sei o sette uomini, incappucciati e vestiti di nero, sono entrati nel locale lanciando secchi pieni di sterco contro i tavoli a cui erano seduti i clienti. Quello di sabato sera è solo l’ultima di una serie di azioni firmate dagli anarco-insurrezionalisti a Torino contro il nuovo centro di identificazione ed espulsione di corso Brunelleschi. Nelle ultime settimane infatti, c’era stato un assalto con vernice rossa e farina alla lavanderia della Croce Rossa (che gestisce l’ex Cpt) e l’irruzione nella cooperativa che ha ottenuto l’appalto per i lavori di allargamento del Centro di identificazione”. Un mese fa mi ero annotata Torino. Una città in catene: “associazione a delinquere…hanno arrestato sei persone (tre in carcere e tre agli arresti domiciliari); perquisito ed indagato altre 23 persone; perquisito la sede di Radio Black Out interrompendo le trasmissioni.”Torino la Digos arresta sette anarchici. Erano i Fatti sopra descritti come altri di cui avevo messo da parte i video delle azioni sovversive che l’avevano accompagnati come quello alla Cgil, violentissimo. Compagno caro, e non solo mio, Michele l’anarchico, di Molfetta,ti avevo conosciuto anni prima, su una lista di discussione pugliese era il Grande Nud e mi aveva colpita il tuo andare e descrivere l’azione di protesta a Bari per l’apertura del Cpt, diventata sigletta Cie, ad allungare i tempi della prigionia e i guadagni di chi gestisce quegli ameni posti di repressione. Sei stato tu che all’alba del 23 marzo mi hai scritto che saresti arrivato con il solito treno, biglietto già pagato, e ci saremmo riabbracciati, sei stato tu che mi avevi segnalato lo sterco gettato al Cambio di Torino e di scriverne e poche ore dopo non c’eri più. Sei stato tu che per 26 anni hai spalato la merda nelle camerate dell’ Ospedale Psichiatrico di Bisceglie e lavato le pezze nella Lavanderia della meglio detta Casa della Divina Provvidenza. Se ci sei, non ridere troppo a vederci galleggiare ancora e più di prima in questo Mare di Merda.Mi manda un messaggio la tua amica Ela: “E’ già passato un anno il nostro amico chissà dov’è, da qualche parte è, lo penso tanto”. Scrivono dall’Associazione Linea 5: “Michele la Scopa era un inguaribile anarchico. Ma non gli piacevano le grandi ideologie, quelle che modellano la realtà sulla base delle nostre esigenze (o dei nostri vizi) intellettuali. L’anarchia per Michele non era una definizione, un modo di dirsi in contrasto con la vita vissuta. L’anarchia era un modo di stare al mondo, quello autentico, che alimina il pregiudizio come fondamento delle nostre azioni e porta la vita ad essere lo specchio di noi stessi. Delle nostre passioni, delle nostre paure, delle nostre speranze.Un anno fa, le bandiere rosse e nere lo salutarono, lasciandosi agitare dal vento leggero che culla i nostri pensieri, i nostri ricordi, ancora danzanti.Ciao Michele.I compagni di Linea 5″Sappi che tu sei dentro di me, di noi , che
ti abbiamo amato. Mai servi nè padroni . Come le tue ultime parole e io
che ti credevo vivo, scrivevo come oggi, come un’idiota innamorata della
vita e della libertà.Lo farò ancora, amore, finchè campo e ricordo.Vulesse
addeventare, ricordi? La Libertà in giro,
sempre con noi, dovunque… un pesce spada che porta nel fondo del mare i nostri nemici una colomba che fa volare liberi i divisi una tamorra che scuota chi guarda e sta fermo una bandiera che liberi questa terra… Doriana Goracci 23 marzo 2010 la redazione del sito web Quindici di Molfetta che ringraziamo per averci concesso l'autorizzazione di pubblicare questo articolo il cui link è http://www.quindici-molfetta.it/morto-michele-la-scopa-_16729.aspx
inguaribile
anarchico Michele de Pinto, per tutti Michele la scopa, ha salutato la
sua città, i compagni, la vita, gli ideali che da sempre l’hanno
animata. Michele era sempre lì, alla testa dei cortei, a gridare
l’importanza della libertà, la vitalità dell’uomo. A ricordare ai
molfettesi che vivere significa qualcosa in più che lasciarsi
determinare dalle situazioni, che accontentarsi del possibile. Vivere
significa assecondare i propri ideali, cercare l’impossibile,
appropriarsi della vita, e non farsi appropriare da essa. E Michele era
sempre pronto a inseguirli, quegli ideali, col suo megafono, che
sembrava colorare Molfetta di una sfumatura diversa. Senza esitazioni,
senza mezzi termini, sembrava avesse la rivolta fra le dita, alla testa
di un corteo o da solo. Si corre dietro un senso, si cerca se stessi nei
libri, nelle gioie, nelle situazioni, nelle frasi dietro un megafono, in
un pugno chiuso. Si sogna dietro le poesie, nelle filosofie, nella
giustizia. Ma il tempo si è portato via quell’universo di impulsi, di
creatività, di esuberanza sempre uguale e sempre diversa. Ci lascia
quell’isola di libertà in cui spesso la mente si perde, cercando
l’autenticità di se stessi, del proprio pensiero, delle proprie
utopie. Scomparendo ad ogni tentativo di riesame, di rielaborazione.
Comparendo fra certi sentimenti, certe emozioni, come quando i pugni
chiusi hanno salutato per l’ultima volta Michele. Ha rappresentato per
il movimento anarchico molfettese un punto di riferimento, sempre a
mettersi in gioco, sempre pronto da assumere su di sé il principio di
ogni tensione, lo spunto di ogni movimento. Sapevi di trovarlo, che non
avresti lottato da solo. E l’atmosfera cambiava, quando c’era lui a
gridare, a combattere, tutto era più allegro, gioioso, soggettivo, a
misura di tutti noi. Come quando le bandiere rosse e nere lo hanno
salutato fuori alla camera mortuaria del cimitero, di fronte ai compagni
che hanno ricordato i suoi valori, i suoi sogni. Voleva lasciare tutto
agli anarchici, come ha ricordato Doriana Goracci, la sua compagna.
Michele era imprevedibile, preferiva l’ironia allo spirito di serietà,
che porta a considerare le situazioni come fondamento del reale, da cui
far derivare le proprie azioni. A Michele, invece, piaceva essere
l’origine delle situazioni, il soggetto di ogni cosa. Amava la vita,
“non avrebbe saputo far male ad una mosca, anche perché non
l’avrebbe mai vista”, come ha scritto in una lettera Gino Tedesco,
compagno di una vita, da Milano. Voleva che il mondo fosse più nostro,
che non ci si nascondesse dietro la maschera riformista delle passioni
represse, moderate. Doveva arrivare per primo al richiamo di ogni
stimolo, di ogni ideale, e non arrivarci per contrarietà. Perché tutti
vedessero se stessi nel mondo. E nonostante i tempi bui, di reazione e
revisione dei fondamenti della libertà, continuava a non accettare la
condanna dell’autodeterminazione, lo svilimento della Liberazione. E
come scordare, allora, l’animosità con cui difendeva, il 25 Aprile, i
principi di auto-sviluppo delle proprie facoltà creative, intellettive,
umane. Contro chi difende l’onda cieca che reprime l’individualità
e protegge il desiderio mimetico e l’egoismo esasperato. Aveva grandi
progetti, voleva essere il principio di ogni mutamento, di ogni
rivoluzione. Per una società senza servi né padroni. Giacomo Pisani
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