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Strage di Natale a Berlino 

Moriremo di terrorismo o di complottismo?questo è il dilemma…

L’uccisione del terrorista  tunisino coinvolto nella strage di Berlino, ha dato la stura all’ennesimo fuoco pirotecnico di matrice complottista che quotidianamente produce, , dinanzi a fatti di enorme gravità,  un vero e proprio avvelenamento delle capacità dell’opinione pubblica di comprendere, analizzare in maniera indipendente fenomeni, che  a detta di tutti i maggiori esperti del campo , accompagneranno  gli abitanti della Terra per tutto questo primo secolo del terzo millennio.

Una visione complottista, tradizionalmente di destra  che ormai ha infettato profondamente  una  buona parte della cosiddetta opinione pubblica di sinistra e che, grazie  ad un accurato uso del social media,  costruisce, dietro delle false verità, giorno per giorno, depositantosi substrato su substrato, vere e proprie certezze ideologiche.

L’uccisione del terrorista a Sesto San Giovanni.

 A pochi minuti dalla diffusione della notizia della strage al Mercatino di Berlino, l’opinione complottista diffondeva già dubbi sulla matrice dell’attentato, dubbi che invece di essere dissolti dal ritrovamento dei documenti  e( forse) di un telefonino dello stesso terrorista, erano come  in altri casi identici, amplificati, costruendo il solito castello complottista:  oscuri servizi segreti avevano messo lì  questi indizi per sviare le indagini degli inquirenti e fornire ai media  un mostro proveniente dall’estero a cui dare la caccia.

L’ aver intercettato   a Milano , il tunisino, in un banale controllo di polizia e  il conseguente conflitto a fuoco con gli agenti e la sua uccisone , sono stati accolti dai complottisti, non come una smentita dei loro precedenti  teoremi, ma bensì, in una sorta di rincorsa alla ricerca della Teoria dell’Assurdo:  la conferma che  lo stesso tunisno fosse stato telecomandato nell’incocciare quella pattuglia  e la sua eliminazione fosse parte del Grande Complotto.

Il sottoscritto, rimane ancor oggi esterrefatto sull’ampiezza del fenomeno complottista, nonostante abbia cercato di  ccontrastarlo con l’interpretazione di determinati fatti , a partire dell’attacco alle torri gemelle, con articoli su giornali, conferenze, ecc.

Se nel caso delle Torri Gemelle come scrissi nel 2001 , sul Manifesto,( ) la grande dèbacle americana, fu causata da stupidità,  interessi di lobby e scontri di potere (  oltre dalle conseguenze dell’applicazione delle regole liberiste sul funzionamento del controllo del traffico aereo americano,  da parte delle  presidenze Bush e Regan),  per quanto riguarda il fenomeno attuale dello stragismo” fai da tè “ all’interno di una guerra civile  globale e molecolarizzata, nell’era dell’uso psicotico dei social, non è possibile andare alla ricerca dei colpevoli, aggirandosi tra macerie  e sangue, facendosi luce con la lampada del Complotto.

 Essa distorcendo la visione della realtà ci allontana sempre più dalla  possibilità di trovare una soluzione, o meglio una concatenazione di soluzioni di algoritmi che se non correttamente sequenzializzati, anche se risolti teoricamente e/o praticamente  uno per uno, non cambierebbero la Realtà di un solo passo.

La teoria probabilistica e la natura umana.

Senza addentrarmi  in formule matematiche sintetizzo la risposta che  grandi giocatori, strateghi militari,  ricercatori  dei più svariati campi dello scibile umano  hanno cercato di dare a coincidenze sconcertanti, vere e proprie congiunzioni astrali che hanno accompagnato la Storia dell’Umanità. Ebbene, ancor oggi ,nel mondo dei supercomputer o meglio delle super Reti, l’elemento irrazionalità umana  continua ad essere determinante nella catena decisionale. Detto questo per smantellare le presunte certezze complottiste relative alle circostanze dell’uccisione del terrorista tunisno, voglio ricordare  quanto avvenne  in una situazione analoga tredici anni fa in Italia.

Il giorno del funerale delle Nuove Brigate Rosse.

E’ la mattina del 2 marzo 2003, sul treno interregionale  Roma Firenze  non vi sono molti viaggiatori, essendo  esso utilizzato per lo più dai pendolari nei giorni lavorativi. La domenica chi lo usa lo fa per andare  a trovare i parenti, scendendo ad una delle tante stazioni di provincia o anche per una gita fuoriporta. Tra i viaggiatori vi è una coppia che quella mattina si è alzata presto, obliterando il biglietto alle 06.19 dalla Stazione di Roma Tiburtina con destinazione Arezzo. Sembrano una coppia in gita di piacere, lei in pantaloni neri, capelli rossi,  dal viso un po’ stanco ,  e con qualche  chilo in più  a chi la conosceva qualche anno prima. Lui , piccolo, stempiato, dall’aria dell’impiegato  in vena di relax. Alle 08.24  alla stazione di Terentola al confine con l’ Umbria salgono tre uomini della Polizia ferroviaria, per il solito controllo di routine. Chi li guida , una persona esperta nel suo mestiere , non dovrebbe essere lì, essendo libero dal servizio , ma ha chiesto di cambiare turno per accompagnare un collega  ad una visita medica. Lui è il maresciallo Petri di 48 anni,  gli altri sono  il sovrintendente Bruno Fortunato e l’agente Giovanni Franzo . Mentre passano tra i vagoni, un impulso  spinge Petri a voler chiedere i documenti a quella apparentemente insignificante coppia composta da un impiegato e una casalinga in vacanza. I documenti presentati e le generalità corripondenti, controllate via radio sono a posto ma, irrazionalmente  il presunto impiegato in vacanza, perde la testa, spazientito estrae una pistola, una 7,65 semiaautomatica ,  puntandola contro il Petri. Ne nascerà una sparatoria con fasi drammatiche , anch’esse con aspetti surrerali, : un tira e molla da entrambe le parti,  la terrorista  super ricercata Desdemona Lioce che  si impadronisce della pistola di un poliziotto ma poi non riesce a togliere la sicura, disarmata a sua volta in un corpo a corpo dall’unico poliziotto rimasto illeso nel conflitto a fuoco. Il bilancio finale è pesantissimo: Il maresciallo Petri, quello che doveva essere libero dal servizio è morto, come muore anche il brigatista Galesi e ferito è l’altro poliziotto, il Fortunato che nonostante ciò interviene.

Sembrerebbe la cronaca di un semplice fatto di cronaca nera eppure invece rappresenta la pietra tombale per la stagione  delle Nuove Brigate Rosse , che si erano rese  responsabili dell’omicidio di Massimo D’Antona e di altri ancora e che volevano divenire il punto di riferimento per una stagione di rinascita della lotta armata di sinistra in Italia. I due sono di fatto i capi dell’organizzazione e per dei motivi ancor oggi inspiegabili si portavano appresso materiale documentaristico tale che di fatto servì a smantellare in pochissimo tempo l’organizzazione di lotta armata  aspirante ad essere il testimone delle vecchie Brigate Rosse ,negli anni 90 e che sino a quel momento avevano fatto brancolare nel buio tutta l’Antiterrorismo italiana.

Un’intera  costruzione di certezze, fatte di regole  di vita clandestina rispettate sino all’ossessione,  che nel giro di pochi attimi crollarono per una serie di fatti imponderabili, sui quali naturalmente il fattore uomo aveva giocato la sua parte.

 Perché quella mattina i due non avevano deciso di lasciare a casa l’archivio telematico delle nuove BR? Perché invece di viaggiare in due scompartimenti diversi avevano deciso di  viaggiare insieme?

 Perché Galesi si autoconvinse che quei documenti che aveva con sé, falsificati in maniera perfetta e che avevano già subito altri controlli non erano più sicuri?

Perché non aspettò, prima di reagire, che gli fosse mossa una contestazione? Perché Desdemona Lioce , perse la testa come una principiante e non fu capace  di togliere la sicura ad una Beretta di ordinanza che  teoricamente davrebbe dovuto  essere l’arma  per l’addestramento basico  di un perfetto terrorista?

 Queste domande inserite  in teorie complottiste, oggi, su quella vicenda, si avrebbero ben altre interpretazioni.

Ciò che è avvenuto a Milano l’altra sera va considerato quindi come un semplice incrocio di circostanze, sulle  quali possiamo solo dire che  era alta la possibilità per una pattuglia della Mobile di Sesto a quell’ora della notte, avvistando un tizio che gironzolava solo, in un luogo di transito, di intercettare il solito pusher o qualche ladruncolo di pertiferia  ma non sicuramente il terrorista di Berlino, in fuga per mezza Europa, eppure  ogni calcolo probabilistico ancora una volta è stato infranto dal fattore umano.

Quando l'uomo con il fucile incontra l'uomo con la pistola, l'uomo con la pistola è un uomo morto. (Gian Maria Volontè-per un pugno di dollari-1964)

Ad impedire che il bilancio della sparatoria fosse più drammatico  è stato grazie ad alcuni particolari di non poco conto: il terrorista islamico  era armato di un arma di piccolo calibro e  quando ha reagito non aveva  entrambi i poliziotti sotto tiro.Il resto è stato solo il risultato di una normale sparatoria  in cui una 9 X21 a breve distanza   non  ha dato scampo ad un calibro 22 , o come nel caso dell’episodio da me ricordato, del 2003, non diede scampo ad una 7,65 impugnata dal brigatista Galesi.

 

Antonio Camuso

Osservatorio sui Balcani di Brindisi

osservatoriobrindisi(at)libero.it

Brindisi 24 dicembre 2016

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