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Intervista a Nando X: Quando i piloti militari italiani morirono per Gheddafi Mentre Gheddafi saluta a Tripoli il quarantennale della Rivoluzione, con il passaggio delle Frecce Tricolori , tra polemiche del mondo politico italiano e l’assenza dei rappresentanti di importanti paesi come Francia e Russia, molti sembrano volutamente dimenticare quanto e come l’Italia abbia sostenuto economicamente e militarmente il regime libico proprio negli anni in cui esso era inserito tra i paesi del Regno del Male dall’America e dalla Nato. Berlusconi come Aldo Moro? Alberto Custodero in un suo articolo pubblicato su Repubblica dell’ 8 agosto 2008 ci racconta come il 5 maggio del 1971 (come si scopre dalle carte segrete di Aldo Moro da poco tempo venute alla luce ) Aldo Moro , in qualità di ministro degli esteri italiano , incontrò lo stesso Gheddafi che poco meno di un anno prima aveva espulso 12.000 italiani dalla Libia espropriandone i beni . In un telegramma segreto, firmato dal segr.generale Roberto Gaja si esponeva come alla domanda libica di acquisto di armi, il nostro Aldo Moro, con una giravolta di cui solo lui era capace, avesse per principio rifiutato una simile opzione, salvo poi proporre alla Libia mezzi di trasporto, terrestre, navale ed aereo, compresi elicotteri e aerei da guerra a “scopo di addestramento”. http://memento.nireblog.com/post/2008/08/09/aldo-moro-e-gheddafi
Con questa dizione negli anni successivi carri Leopard, blindati, aerei, navi, pistole e mitra furono venduti a prezzi di eccezione al colonnello libico (a titolo di aiuti per lo sviluppo e potenziamento dell’agricoltura), facendo aumentare il suo prestigio tra i paesi del Terzo Mondo e tra i movimenti di guerriglia che spesso ebbero da lui appoggi, protezioni, finanziamenti ma innanzitutto armamenti. In seguito lo stesso Colonnello volle provare l’efficienza delle sue forze armate in più di un teatro di guerra locale, ma ne uscì sempre con le ossa rotte. Il Ciad fu il suo Vietnam e mentre i nostri vicini d’oltralpe, i francesi, appoggiati dagli americani , conducevano direttamente operazioni militari contro l’esercito libico in quella regione, noi a qualche centinaio di chilometri di distanza mantenevamo tecnici ed piloti militari italiani messi in "aspettativa" nelle basi del retroterra logistico della guerra libico-chadiana. Si dovette attendere il bombardamento americano di Tripoli e i missili contro Lampedusa perché per un certo tempo la stagione di affari militari con la Libia si potesse interrompere. Poi, qualche anno fa la svolta del colonnello che, con un cambio di fronte, preoccupato per la sua vita e per i suoi fedelissimi da un’espansione islamica nel suo paese, ergendosi strenuo nemico del terrorismo islamico-integralista e forte di un impero finanziario cresciuto sui proventi petroliferi, ha ricominciato ad essere il punto di riferimento dei “trafficanti di armi istituzionali a partire da quelli del nostro Paese”. Oggi grazie a Berlusconi ( ma con l’assenso di sindacati e partiti della sinistra a cui importa più la difesa del nostro esport che la conoscenza dell’uso di esso, specialmente se è di natura bellica), si riapre anche per noi il grande affare delle armi sulla sponda Sud del Mediterraneo, in concorrenza con i cugini francesi e i nostri padri –padroni americani. vedi inchiesta apparsa su Popoli Lasciamo a tutti di informarsi quanti e quali siano le prossime commesse che ingrasseranno produttori, intermediatori e mercenari di mezzo mondo, noi possiamo anticipare che presto ritroveremo una nuova generazione di mezzi tecnologicamente avanzati circolanti tra quei gruppi terroristici che in questo momento sono carenti di esse. Se questa sia una buona notizia o cattiva ne lasciamo il giudizio ad ognuno di voi, la cosa che vi possiamo assicurare che già una nuova altra generazione di armi attende invece presso gli enti di ricerca del complesso militar-industriale mondiale, di avere il pretesto di apparire sul mercato delle armi, innescando altri perversi meccanismi di riarmo e d’incremento di spese militari, ma questa è un’altra storia... Oggi invece vi vogliamo proporre un intervista esclusiva di Antonio Camuso, per l’Osservatorio sui Balcani di Brindisi ad un tecnico pugliese che per molti anni lavorò al servizio delle forze armate libiche come istruttore di avionica militare. A questa intervista ne seguiranno sul sito dell’Osservatorio sui Balcani di Brindisi ( http://www.pugliantagonista.it/osservatorio.htm ) delle altre, comprese ad alcuni exmilitari dell’Aeronautica che lavorarono per Gheddafi. QUANDO I PILOTI MILITARI ITALIANI ANDARONO A MORIRE PER GHEDDAFI. Rportiamo stralci dell'intervista, essendo in attesa , quella integrale di essere pubblicata sui giornali. Nando (lo chiameremo così per rispetto della privacy) lo conosco da circa vent’anni: è un tecnico brindisino, sposato, con figli ormai divenuti adulti e col quale spesso abbiamo parlato della sua esperienza libica. In occasione della visita di Berlusconi in Libia per il 40ennale e delle polemiche relative alla opportunità di inviare in quell’occasione le Frecce Tricolori , Nando ha accettato che gli facessi una piccola intervista su quella che fu per lui un ‘esperienza particolare ed indimenticabile....
Osservatorio:”-Mi parlavi di grandi tragedie , a cosa ti riferivi?”- Nando:-“La nostra comunità di Sebha fu colpita da alcuni lutti conseguenti al nostro lavoro. In particolare perdemmo 4 piloti in alcuni incidenti durante attività addestrative. Si trattava di piloti militari italiani, che facevano parte di quello stock aeronautico al quale il ministero della difesa, immagino in accordo con la Siai Marchetti fornitrice degli aeroplani, furono messi in aspettativa e fecero per molti anni da istruttori per i libici. http://it.wikipedia.org/wiki/SIAI-Marchetti_SF-260 Ricordo in particolare due incidenti, uno fu appena pochi giorni dopo che io ero arrivato a Sebha. Con il loro Siai mentre stavano facendo un circuito di volo a bassa quota intorno all’aeroporto, in una virata si abbassarono troppo e si infilarono in una duna. Sebha era situata in una depressione e un incidente simile era facile ad accadere tenendo conto della difficoltà di avere punti di riferimento certi nel deserto, Ricordo che i due piloti avevano uno oltre 40 anni , era un pilota esperto dell’Aeronautica, un ufficiale, penso comandante di squadriglia, l’altro invece era 25enne praticamente uscito da poco dall’Accademia. Un altro incidente avvenne qualche anno più tardi: il Siai ebbe una panne ai motori , ma questa volta a morire fu solo il pilota, anche lui un 40enne pilota ufficiale, mentre il suo secondo, un ingegnere aeronautico, pugliese, riuscì a saltare col paracadute e si salvò. Alcuni anni dopo l’ho incontrato a Brindisi e mi disse che lavorava in una importante azienda aeronautica della città. Quell’incidente ci colpì molto poiché avvenne sotto gli occhi di tutti, compreso il figlio del pilota deceduto. Ricordo che rimase talmente sconvolto che dovette venire dall’Italia la madre per poterlo sostenere psicologicamente. Anche in questo caso il ragazzo era un giovane pilota dell’Aeronautica Militare che era stato convinto dal padre a viver con lui l’esperienza di “pilota in affitto per Gheddafi”, purtroppo finita così tragicamente.”-... Osservatorio: “-Qundo nell'87 rientraste tutti in Italia, i piloti militari italiani che fine fecero?”- Nando:-“ La maggior parte di quelli che stavano a Sebha,con gli anni , man mano che i piloti libici divenivano esperti ed a loro volta istruttori, erano ritornati nei reparti di appartenenza, pienamente soddisfatti di quello che avevano guadagnato e senza neanche correre il rischio, come successe a noi tecnici, di ritrovarsi alla ricerca di un posto di lavoro. Altri non rientrarono in Aeronautica , i più anziani, e continuarono a lavorare per le aziende aeronautiche, sia come piloti collaudatori che come ingegneri avionici.”-.... Antonio
Camuso Brindisi 1 settembre 2009 nota: tra i tanti documenti ufficiali http://www.stragi80.it/documenti/comstragi/proposte/parte7.pdf http://www.senato.it/documenti/repository/leggi_e_documenti/raccoltenormative/ 30%20-%20stragi/Leg.%20XII/Resoconti/n.%2036%2016%2011%2095.pdf |
vedi anche:
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