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Strage di migranti, la NATO e la lezione di umanità del cane ferroviere

 

Parte prima : il sacrificio del cane ferroviere di Rocchetta Sant’Antonio

L’ennesima strage di migranti nel Mediterraneo si è svolta sotto lo sventolio del gran pavese della NATO issato sui pennoni delle navi della  missione Unified Protector, troppo impegnate nel dar la caccia ad una marina fantasma di Gheddafi per poter prestare soccorso a qualche centinaio di straccioni di africani in gita di piacere su un barcone alla deriva.

 In queste ore ipocriti scarica-barile vanno in scena,  come da copione già visto in altre occasioni simili: quello dello scandalo dell’uranio impoverito in Bosnia e nel Kosovo,  l’incidente dell’aereo PAM a Pristina, o le stragi di civili da “effetti collaterali” che hanno accompagnato gli ultimi 15 anni le attività dell’Alleanza nel suo nuovo ruolo di gendarme del mondo o come accadde quando una nave della Marina militare Italiana, la Sibilla nel marzo 1997 speronò la barchetta albanese Kater I Rades

Come da copione,  quando lo scandalo esplode,  nomi e responsabili scompaiono ed appare un soggetto che con il suo acronimo NATO garantisce anonimità e impunità ai livelli più alti del comando politico militare di questa organizzazione.

Il frettoloso richiedere chiarimenti da parte Italiana a questa “misteriosa” NATO su come si sia svolto questo ipotetico mancato soccorso e chi potrebbe esserne responsabile , ebbene sa troppo di  campanello di allarme suonato  a tutti  i soggetti coinvolti  e non vorremmo che esso sia il segnale  a sbrigarsi a far sparire prove , addomesticare testimoni,  e preparare versioni accettabili da fornire a qualche maledettissimo magistrato che volesse aprire un’inchiesta per mancato soccorso in mare  e procurata strage di migranti.

 Da parte nostra come già fatto in altre occasioni cercheremo di rompere il muro di gomma controinformando, fornendo dati   e ponendo le domande chiavi che potrebbero servire per condurre un’inchiesta seria sull’accaduto.

Ma in questa prima parte del nostro articolo  non parleremo di generali, navi e cannoni, ma bensì della perdita di quel senso di umanità, di spirito di fratellanza umana  che dovrebbe contraddistinguere noi esseri pensanti in posizione eretta, dal resto del regno animale ,  da qualche milione di anni e che invece abbiamo perduto come dimostrano avvenimenti come quello accaduto nel Mediterraneo

Ebbene,  a ricordarci dello spirito solidale , di quell’essere tutti fratelli e sorelle che fu centrale nel messaggio del Santo di Assisi,  spesso non sono gli uomini,  bensì i nostri fratelli a quattro zampe ad insegnarcelo e con esempi di immenso e profondo valore.

Così è stato pochi giorni fa in una sperduta , ma pur pittoresca  stazioncina del nostro Sud, Rocchetta Sant’Antonio , punto di snodo del traffico ferroviario interno tra la Puglia, la Basilicata e l’Irpinia , come riportano le cronache di un sito web che cura la promozione dei piccoli borghi e paesi  di quelle zone http://piccolipaesi.wordpress.com/2011/07/28/il-cane-ferroviere-e-lultimo-sacrifico-in-nome-dellamicizia/

E’ la storia di un cane pastore tedesco che avendo trovato ospitalità presso il personale di quella stazioncina ne era divenuto parte integrante divenendo un tutt’uno con il capostazione, gli addetti e i loro ritmi di vita e di lavoro. Un cane che ormai conosceva a memoria gli orari degli arrivi e  delle partenze,   pronto a salutare festoso  i passeggeri e i macchinisti  e come tale era divenuto per tutti il cane ferroviere di Rocchetta., Un cane che da poco aveva trovato un nuovo amico, un altro cane , un dalmata,  col quale si accompagnava indissolubilmente facendo così raddoppiare il numero dei cani ferrovieri della stazione di Rocchetta.

Poi come nelle pagine più commoventi del libro Cuore è giunta la tragedia: qualche giorno fa il dalmata è rimasto con la zampa incastrata in uno scambio mentre sopraggiungeva il treno da Potenza e il cane ferroviere è rimasto fermo accanto a lui abbaiando nel tentativo di aiutarlo a liberarsi senza temere la morte che purtroppo li ha falciati, inesorabilmente sotto gli occhi impotenti del macchinista del treno.

Forse , se a comandare la flotta NATO nelle acque libiche ci fosse stato quel cane , oggi  sarebbero in vita un centinaio di donne e bambini, ma, purtroppo ai cani è impedita l’accademia Navale e né possono fare gli stage presso le scuole di specializzazione della NATO…

Antonio Camuso

Osservatorio sui Balcani di Brindisi

  Brindisi 6 agosto 2011

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