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17 luglio 2010 : attacchi ad italiani si raddoppiano
(ANSA)
- HERAT, 11 GIU-Quasi un attacco al giorno per i militari italiani in
Afghanistan da quando gli alpini della Taurinense hanno il comando della
Regione Ovest. Dal 20 aprile i 'contatti' a fuoco, spiegano al quartier
generale di Herat, sono stati 40. Episodi piccoli e grandi, dalla
scaramuccia al combattimento vero e proprio, all'attentato, come quello il
17 maggio scorso sono stati uccisi due alpini. La zona piu' pericolosa si
conferma quella di Bala Murghab.n foto
cane antibomba 17
maggio 2010 Ennesimo attacco con morti tra i soldati italiani in Afghanis Due morti sulla strada di… Giarabub: la guerra logistica persa dalla NATO un editoriale di Antonio Camuso Quanto avvenuto oggi in una località come Bala Morghab, oggetto di attacchi negli ultimi anni ( dove a rotazione inutilmente contingenti multinazionali hanno cercato di raggiungere sul campo superiorità militare e consenso tra le popolazioni locali, investendo risorse considerevoli), fa pensare che l’ipotesi di una sconfitta totale entro il 2013 dei talebani, , sia solo una pia illusione. Stiamo assistendo ad un film che i più anziani di noi hanno già visto, con la presentazione ridicola di una exit strategy dove i “locali” prendono le redini del controllo militare del paese e tengono a bada i “cattivi ” sostenuti da un inaffidabile o pericoloso vicino. Lo abbiamo visto in Vietnam, lo abbiamo visto proprio in Afghanistan una ventina di anni fa con i Russi. Partendo proprio dall’esperienza fatta da questi ultimi, i Russi, che possiamo definire quello di ieri un episodio emblematico della guerra logistica persa dalla NATO nel teatro afgano. La necessità di rifornire di qualche decina di uomini (e della smisurata quantità di materiale logistico e di approvvigionamento che necessita quotidianamente ad essi e ai soldati occidentali presenti già a Bala Morghab) ha determinato la scelta da parte del comando ISAF-NATO di mettere su un convoglio corazzato stile “Armata Rossa assediata in Afghanistan” di venti anni fa.
Sì, perché il pattuglione di cento e più mezzi blindati e corazzati fu l’ultima, inutile trovata fatta dai generali superdecorati Russi in quel tragico teatro di guerra contro gli insorti afgani quando essi assediavano avamposti e città fortificate dove sventolava la bandiera rossa accanto a quella della afgana. Grazie a simile trovata si riuscì a prolungare la guerra a costi economici enormi e furono più i carri armati e blindati abbandonati per usura per le mulattiere afgane che quelli effettivamente distrutti dagli insorti. Per i russi a complicare le cose ci si misero gli americani che tramite la CIA fornirono di missili antiaerei Stinger i mullah ribelli determinando la messa a terra del parco elicotteristico russo, mentre per NATO e USA , oggi, invece, è l’inaffidabilità dell’esercito afgano, la ricerca di minor costi in vite umane , il pesante costo logistico per ogni uomo che moltiplica all’infinito ogni difficoltà , oltre che l’inconcepibile idea di voler fare tutto in fretta in un luogo dove il tempo scorre monotamente da millenni Se ieri erano in oltre quattrocento, i Robocop, a scortare poche decine di uomini di rinforzo da inviare in una base sperduta al confine con il Turkmenistan, immaginatevi quanto costano le cosiddette offensive miracolose che da un paio di anni ci propinano in supporto ad una exit strategy che non sia una fuga clamorososa stile Armata Russa! Dietro ad esse si cela una complessa rete di affari e intrecci incredibili come quelli con la Russia di Putin, con l’Ucraina e lo stesso Pachistan che forniscono le basi del rifornimento logistico, l’affitto di supercargo , il permesso di transito aereo con relativa tassa di sorvolo per ogni aereo, uomo o collo trasportato , l’affitto di elicotteri per il rifornimento di basi inglesi e NATO, la fornitura di autisti e scorte dei convogli provenienti dal Pachistan. Insomma un bell’affare che certi soggetti vorrebbero che non finisse mai! C’è un secondo inquietante aspetto invece nell’attacco di ieri ed è quello insito nella tecnica dell’attentato. Non parliamo dell’usanza di mettere una mina autocostruita sotto il ciglio di una strada, tecnica ormai acquistita anche dal più giovane degli scugnizzi afgani ,come lo era un tempo per gli sciuscià napoletani quello di mettere i petardi tra le ruote dei filobus del Rettifilo, bensì nella costruzione del sistema di innesco e detonazione. In effetti sembra quasi inspiegabile come sullo stesso tracciato dove erano transitati già altri 3 o 7 mezzi simili sia potuto esplodere un ordigno in maniera automatica a meno che esso non fosse o telecomandato o avesse un innesco intelligente capace di attivarsi solo dopo un certo numero di “contatti”. Escludendo a priori il fatto che le ruote del nostro Lince abbiano scartato dal percorso in fila indiana seguito a velocità da tartaruga del convoglio e tenendo conto che a saltare in aria è stato proprio il Lince degli sminatori italiani, ovvero quello non avrebbe mancato di un millimetro il percorso delle ruote del blindato che lo precedeva, dovremmo affermare che se l’ordigno non era telecomandato, allora gli afgani hanno fatto un salto di qualità nella costruzione di IED dove la I non significa più improvvisati , bensì intelligenti! Se invece l’ordigno era telecomandato allora siamo dinanzi ad una debacle tecnologica!!! Possibile che i numerosi apparati disturbatori, produttori di Jamming che dilagano tra i contingenti NATO in Afghanistan hanno fallito? Possibile che non siano riusciti a mettere KO la ricezione degli impulsi del telecomando “assassino”? A meno che… in quel momento per esigenze superiori, i sistemi di Jamming non fossero stato ammutoliti… Spesso gli americani richiedono ai contingenti minori compreso quello italiano di spegnere i loro disturbatori quando in zona hanno in volo dei droni da ricognizione ed attacco, poichè si rischia di perderne il telecontrollo a causa delle interferenze elettromagnetiche. Ieri, quest’ordine di spegnere gli apparati “salvabombe” era stato per caso dato?E da chi? Una domanda che forse anche la Procura di Roma, presso la quale è stata aperta l’inchiesta per strage dovrebbe fare, onde poter dare una risposta di chiarezza e giustizia per i familiari dei soldati morti o feriti, ma anche per color che hanno un figlio o un marito su quel lontano fronte di guerra. Antonio Camuso Osservatorio sui Balcani di Brindisi Brindisi 18 maggio 2010 aggiornamento dal http://www.corriere.it/esteri/10_maggio_21/alpini-bomba-disinnesco_ 69467466-64fd-11df-ab62-00144f02aabe.shtml
A CINQUE GIORNI DALLA MORTE DEI DUE ITALIANIA cinque giorni dalla morte di Massimiliano Ramadù e Luigi Pascazio, i due alpini uccisi da una bomba che ha fatto saltare in aria il Lince su cui viaggiavano, a Bala Murghab si è sfiorata un'altra strage: due ordigni improvvisati caricati con 50 kg di esplosivo sono stati scoperti e disinnescati poco prima del passaggio di un convoglio dell'Isaf diretto alla «Fob Columbus», l'avamposto a pochi chilometri dal confine con il Turkmenistan dove militari italiani, spagnoli e americani quasi ogni giorno si scontrano con talebani e trafficanti di droga. «La minaccia Ied (Improvised explosive devices) è costante» minimizzano dal contingente italiano ad Herat, ma che si sia corso un nuovo, serio, pericolo, ne sono tutti ben consapevoli. Stavolta però è andata bene visto che gli esploratori dell'esercito afghano hanno fatto in tempo a fermare la colonna di mezzi dell'Isaf dopo aver intravisto dei fili elettrici spuntare da sotto il terriccio della strada - in realtà niente di più di una mulattiera - tra Herat e Bala Murghab, a 10 km dalla base avanzata. Lunedì scorso non c'erano riusciti e così a 25 km dal villaggio di Murghab il Lince con a bordo Ramadu, Pascazio, il caporalmaggiore Gianfranco Scirè e il caporale Cristina Buonacucina (entrambi rimasti feriti), è saltato in aria. L'AIUTO DEI CANI - Oggi, una volta arrivata la segnalazione dell'esercito afghano, sono immediatamente intervenuti gli specialisti del 32esimo reggimento genio della brigata Taurinense, gli artificieri sempre presenti in ogni spostamento del contingente. Gli alpini hanno prima verificato con i cani l'effettiva presenza dell'esplosivo, capendo subito che si trattava di bombe ad «elevata potenza», e poi hanno disinnescato gli ordigni, distruggendoli sul posto solo dopo aver accertato che non vi fossero civili nella zona. Anche in questo caso, la lettura che viene data sia dagli uomini del contingente che da quelli dell'intelligence, è che non si tratti di un attacco diretto contro gli italiani ma di un tentativo per bloccare la strategia della coalizione internazionale, che punta ad un sempre maggiore controllo del territorio. Nei warning quotidiani degli 007, tra l'altro, la presenza di ordigni improvvisati lungo le vie di comunicazione viene segnalata come il primo rischio con il quale i militari devono confrontarsi. Lo testimoniano anche i continui ritrovamenti da parte degli uomini dell'Isaf: meno di dieci giorni fa, nella provincia di Shindad - altra zona calda della regione di Herat dove la presenza di talebani è molto forte - i militari italiani hanno recuperato 20 granate da 122 millimetri di fabbricazione sovietica, alcune delle quali già modificate per essere utilizzate come Ied. (Fonte Ansa)
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