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Mini Global Hawk italiani per la guerra in Pakistan

di Antonio Mazzeo

in Pakistan si registra l’escalation delle operazioni coperte della CIA, l’agenzia d’intelligence degli Stati Uniti d’America. Nel solo mese di settembre, a Wana nel sud Waziristan, sono stati lanciati più di 20 attacchi contro presunti obiettivi filo-Talibani utilizzando i famigerati velivoli senza pilota UAV del tipo “Predator” o “Reaper”. Un martellamento senza precedenti che, secondo i ricercatori del sito web The Long War Journal, porta a 74 il numero degli attacchi effettuati nel 2010 dalla CIA con UAV che sganciano bombe e missili aria-terra. Il Pentagono, da parte sua, ha varato un piano coperto per lo schieramento in Pakistan di un battaglione del III Gruppo delle Forze Speciali Aviotrasportate (3rd Special Forces Group - Airborne), forza d’elite USA di stanza a Fort Bragg, Nord Carolina. Già ampiamente impegnato nello scacchiere afgano, il III Gruppo delle Special Forces avrà come compiti primari «l’azione diretta, l’intelligence e il riconoscimento, l’assistenza alle forze di sicurezza, le operazioni congiunte civili-militari e la fornitura di servizi alle popolazioni locali».

Tre intensi bombardamenti sono stati realizzati negli ultimi giorni da aerei ed elicotteri USA in aree prossime alla frontiera con l’Afghanistan, causando la morte di 50 presunti membri di un gruppo filo Al Qaeda. La crescita esponenziale dell’intervento militare statunitense in Pakistan è stato confermato dal Pentagono che ha spiegato che «i bombardamenti fanno parte di uno sforzo congiunto militare e d’intelligence per cercare di mutilare i Talibani in una roccaforte utilizzata per pianificare attacchi contro le truppe USA in Afghanistan». A breve, potrebbero essere diretti veri e propri raid terrestri al confine Pakistan-Afghanistan, per cui si attenderebbe solo l’autorizzazione del presidente Obama. Una spirale di guerra in parte temuta dalle autorità politiche e militari pakistane che hanno bloccato una delle rotte vitali per l’approvvigionamento delle truppe NATO in Afghanistan in ritorsione ad un recente attacco aereo alleato nella regione nord-occidentale del paese. Islamabad condivide con Washington le finalità della lotta anti-insorgenti, ma rivendica il pieno esercizio della sovranità sul territorio nazionale e un coinvolgimento più diretto delle proprie forze armate.

Il Pakistan è attualmente impegnato in uno sforzo bellico interno costosissimo in termini di risorse finanziarie e umane. Nelle offensive e nelle operazioni d’intelligence nelle regioni nord-occidentali contro una serie infinita di target (depositi munizioni, bunker e altre infrastrutture utilizzate da presunti Talibani), il regime utilizza dall’estate 2009 un proprio sofisticatissimo aereo senza pilota di dimensioni ridotte rispetto ai più noti Global Hawk dell’US Air Force. Il mini Hawk, il “piccolo Falco”, è un aereo spia tattico in grado di sondare metro per metro il territorio ed inviare le immagini ai centri di comando terrestri per una loro elaborazione. È un gioiello di guerra ad alta tecnologia “made in Italy”, il Falco UAV delle forze armate pakistane. Questo velivolo, infatti, è stato progettato e realizzato da Selex Galileo (già Galileo Avionica), una delle aziende del comparto Finmeccanica. Il “Falco” è in grado di volare a medie altitudini, ha un raggio di azione di <?_xml:namespace prefix = st1 ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:smarttags" /> 230 km  e un’autonomia superiore alle 12 ore di volo, e può trasportare carichi differenti tra cui, in particolare, sensori radar ad alta risoluzione. Prodotto nello stabilimento di Ronchi dei Legionari (Gorizia), è stato sperimentato la prima volta nel 2004 nel poligono sardo di Salto di Quirra. Test dimostrativi sono stati poi effettuati in condizioni ambientali estreme, dai ghiacci del nord Europa a zone desertiche con temperature di oltre 40 gradi centigradi , mentre una serie di lanci sono avvenuti dalla base aerea di Cheshnegirovo (Bulgaria).

A fine 2008 la prima commessa per Selex Galileo, acquirente appunto il Pakistan. Nonostante i manager dell’industria italiana abbiano mantenuto il massimo riserbo sull’affaire (si tratta comunque di un paese in guerra, profondamente autoritario e dove è in vigore la pena capitale anche per lapidazione), fonti giornalistiche USA hanno documentato il trasferimento al Pakistan di «5 sistemi aerei, che includono un totale di 25 Falco UAV con unità di volo di riserva e stazioni di controllo terrestri (GCS)». I primi due sistemi “Falco”, non armati, sarebbero stati consegnati al regime di Islamabad nel marzo 2009; altri due sarebbero in dirittura d’arrivo, mentre l’assemblaggio dell’ultimo sistema dovrebbe avvenire in Pakistan nel complesso industriale statale di Kamra, nei pressi della capitale. La consegna dei mini Global Hawk non è stata però gradita da Washington. In precedenza, il Pentagono aveva posto il veto alla vendita al paese asiatico di un modello UAV USA più avanzato per il timore che i servizi d’intelligence locali potessero trasferire “i dati sensibili” raccolti ai leader delle organizzazioni ribelli. Una preoccupazione evidentemente non avvertita dai vertici di Selex Galileo che anzi puntano ad esportare al mercato mediorientale una versione più avanzata del velivolo (il “Falco Evo”) che consentirà un’autonomia di volo sino a 18 ore, una capacità di trasporto sino a 120 Kg e la possibilità di ospitare a bordo bombe e missili teleguidati.

Altri “Falco” UAV made in Italy potrebbero essere trasferiti a breve alle forze armate degli Emirati Arabi Uniti, secondo quanto annunciato dall’amministratore delegato di Finmeccanica, Pier Francesco Guarguaglini. La fornitura dei velivoli a pilotaggio remoto farebbe parte di un “pacchetto” complessivo comprendente anche il trasferimento agli EAU di tecnologie nel campo dei materiali compositi e la creazione di una joint venture con la holding industriale-finanziaria Mubadala con sede ad Abu Dhabi, per la realizzazione di velivoli UAV della classe Medium Altitude Long-Endurance (MALE). Essi si svilupperebbero dal programma denominato “Molynx” di Alenia Aeronautica: velivoli senza pilota bimotori con una lunghezza di 12 metri e un’apertura alare di 25, in grado di volare a 407 km/h con un’autonomia di 30 ore ed effettuare missioni d’intelligence, ricognizione e sorveglianza del suolo volando a elevatissime quote (sino a 13.700 metri sul livello del mare) e in qualsiasi condizioni atmosferica.

Sulla partenership Finmeccanica-Mubadala per la produzione di UAV di ultima generazione incombe tuttavia l’esplicita opposizione di Stati Uniti d’America ed Israele, i quali non guardano con occhio benevolo al vasto processo di riarmo in atto tra le forze armate degli Emirati Arabi. Finmeccanica avrebbe così allentato la trattativa con Abu Dhabi, scontentando però gli emiri che adesso minacciano di congelare sine die l’acquisto dei 48 caccia bimotori M-346 “Master” già ordinati ad Alenia Aermacchi. Una megacommessa da due miliardi di euro perorata in tutte le sedi istituzionali dalla lobby parlamentare bipartisan dei mercanti d’armi italiani.

 

 

 

 

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