ritorna ad HOME PAGE osservatorio E' consentita la riproduzione , ,senza fini di lucro dei materiali prodotti dall'Osservatorio sui Balcani di Brindisi con l'obbligo di riportarne esplicitamente la fonte.
|
||||||||||||||||||||
Armi armamenti NLW armi non letali Controllo di massa Forze Armate Italia Mondo Guerre Afghanistan Balcani Iraq Kosovo Mondo Movimenti no-global no-war no-nuke no-racisme Servizi segreti Stragi Storia II Guerra mondiale
Guerra fredda
|
Gentiloni :Spezzeremo le reni all’ISIS! Ma gli scafisti, impunemente, assaltano una motovedetta della Finanza Son passati 75 anni da quando l’Italia fascista proclamava di poter rompere le reni alla piccola Grecia , ricevendo in cambio un sonoro ceffone che ci costò migliaia di alpini morti e congelati e l’umiliazione di dover chiedere l’aiuto a Hitler per piegare un popolo di contadini e di pastori. A quanto pare noi Italiani corriamo il rischio di esser sempre bocciati nelle interrogazioni di Storia… Ieri Gentiloni proclamava che l’Italia era pronta a combattere in Libia l’ISIS, anzi a prendere il comando di una coalizione internazionale, scatenando le ire dell’universo pseudopacifista e degli avversari politici del governo Renzi. Oggi è la ministra della Difesa che si è sbilanciata nella cifra che l’Italia sarebbe pronta a spendere in uomini da inviare in teatro di guerra sotto l’egida ONU: “-Pronti ad inviare 5000 uomini!-“. Una frase che sembra un mostrare i muscoli, ma che nella sua insita verità ha aspetti desolanti. Cinquemila uomini sono in effetti oggi il massimo che l’Italia può offrire, in un quadro di una forza operativa di combattimento multinazionale, per operazioni fuori area. Una cifra che può sembrare rilevante ma che invece dimostra l’enorme debolezza del nostro strumento militare , dopo oltre un decennio dall’abolizione della leva ed il passaggio all’esercito professionale su base volontaria. Un esercito che in quindici anni di operazioni di “peace keping “ si è gonfiato di sottufficiali prossimi ai cinquant’anni , ufficiali che hanno dato l’assalto alle scrivanie con il sogno di andare ad aggiungersi alle centinaia di generali e ammiragli in servizio ed altrettanti in ausiliaria. In tutto 20-25.000 volontari tra i 20 e 35 anni (tantissimi sotto ricatto di non essere riconfermati senza neanche una lettera di benemerenza) sono la forza realmente operativa di quell’Esercito che dovrebbe difendere un paese di 60 milioni di abitanti nei confini dello Stato e dove gli interessi di esso siano in pericolo all’estero. Di questi 20-25.000, la metà è attualmente impegnata nelle diverse missioni “di pace”e solo un manipolo di alcune migliaia tra Reggimento San Marco, lagunari, incursori, Alpini paracadutisti, potrebbe essere realmente impiegabile in un teatro di guerra totale come si prospetterebbe se intervenissimo in Libia. Ma i problemi non finiscono qui. L’attuale dotazione dei nostri soldati per operazioni simili è praticamente inadeguata, per non dire inesistente come lo è la preparazione della catena di comando per quanto riguarda lo scenario operativo libico attuale. Si tratta di carenze che datano il tempo che ci separa dalla Seconda Guerra mondiale e dalla nostra campagna d’Africa. Carenze di strateghi seri , causate da una totale mancanza di volontà di accettare in pieno gli errori dell’allora esercito fascista che ci videro costretti anche allora a dover implorare l’aiuto tedesco , nella veste della volpe del deserto , il generale Rommel., salvo poi addossare sui cattivi alleati tedeschi e sui traditori che facevano arrivare acqua al posto della benzina , la colpa della sconfitta. Nel 1940 ci illudevamo che mandare a piedi centinaia di migliaia di uomini a conquistare qualche centinaio di chilometri di deserto ci avrebbe portato alla vittoria , invece a romperci le reni furono un manipolo di inglesi che su veloci autoblindo e camionette riuscirono a ad aggirare e prender prigioniere intere armate italiane. Oggi la situazione non è cambiata e ad aver imparato come si combatte nel deserto, che esso si chiami libico, siriano o iracheno è proprio la bestia nera ISIS , con le sue Toyota dotate di mitragliere pesanti, cannoncini senza rinculo che in piccoli gruppi fanno incursioni nelle città del litorale libico, ritirandosi nelle rotabili interne , incutendo il terrore e seminando il panico tra le milizie dei due governi libici contrapposti, buone solo a far dimostrazioni di forza con qualche vecchio carro armato, ma incapaci di mettere in atto azioni realmente offensive. Lo stesso utilizzo dell’arma aerea da parte di libici regolari e alleati egiziani ed altri , sino ad oggi è stato totalmente vanificato dalla estrema mobilità delle colonne ISIS e dalla estrema determinazione dei loro uomini. Nel caso di intervento aereo di una Coalizione occidentale poco cambierebbe , poiché la guerra alla fine la vincono gli uomini capaci di conquistare una trincea o una città , di resistere ad un bombardamento nascondendosi tra le dune salvo poi a spuntare fuori come topi al momento opportuno. L’esercito Italiano a quel tipo di guerra non è assolutamente preparato, anzi nei manuali operativi non la contempla proprio, poiché lo scenario NATO classico si dipana sulle pianure del centro Europa , in uno scontro tra mezzi pesanti EST contro Ovest(NATO contro Russia) e dove l’arma aerea e la capacità tecnologica sono l’ago della bilancia della vittoria .Il nostro esercito come da direttive NATO si è uniformato a questo contesto nelle dotazioni e nelle successive operazioni di peace keping il nodo è venuto solo parzialmente al pettine, poiché in esse il nemico era estremamente sfuggente, composto di piccoli gruppi di guerriglieri, la cui strategia era far qualche danno mediatico con mine stradali, trappole esplosive ed azioni di cecchinaggio. Nelle situazioni più pericolose si è arrivati all’utlizzo aereo e di droni ma si è preferito aumentare quella che era la difesa passiva dei mezzi blindati ed utlizzare la mediazione e l’appoggio delle popolazioni locali per fare intelligence preventivo. In Libia , i blindati Freccia , i VTM e le camionette AR60 non sarebbero sufficienti ed in ogni caso a far da padrone sarà chi avrà uomini pronti a sacrificarsi stoicamente, ed un Paese capace di reggere allo choc di soldati che tornano avvolti nel tricolore, ma innanzitutto pronto a fare sacrifici per supportare una missione che in ogni caso avrà tempi biblici, vista la strategia del Califfato in stile orientale ed un enorme territorio ed una molteplicità di obbiettivi rilevanti (pozzi petroliferi, ecc) da tenere sotto controllo
Fine parte primaBrindisi 14-2-15 Osservatorio sui Balcani di Brindisi
|
per tutte le pagine più aggiornate clicca qui
|