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Tripoli sarà francese?

LIBIA: la strana guerra al tempo di Tremonti

 

 

Coerentemente ai miei precedenti interventi sul tema della guerra civile in corso in Libia e sull’intervento militare  occidentale , cercherò di evitare nello scendere in campo con giudizi puramente ideologici su quella che la “nostra”sinistra dichiara essere una guerra imperialista e/o neocolonialista in todo senza però proporre  altre soluzioni alternative che l’invocare il ritorno alla soluzione politica o al “che i libici si liberino da soli di Gheddafi”.

Non nascondiamoci dinanzi al pacifismo puro e né al credere all’ultimo momento che la diplomazia asservita al potere del capitale globalizzatore  e ai suoi servi, si convertisse,  illuminata da Alex Zanotelli e, armata di ramoscelli di ulivo, potesse fermare ciò che stava per accadere in Libia nell’ultima settimana.

 Diciamocelo chiaramente: la ribellione scoppiata, quasi simultaneamente in tre quarti del paese nella maggiori città e che aveva coinvolto,  anche se marginalmente la capitale, Tripoli, a pochi minuti prima dei bombardamenti francesi sui tank in avanzata, stava per fare una brutta e ingloriosa  fine.

Essa manifestatasi in forme diverse, dalle manifestazioni pacifiche sino all’insurrezione armata , per molti ammaliati  dal fascino “anticolonialista  di Gheddafi” veniva marchiata addirittura come una rivolta di clan  e quindi relegata a rango di “sotto-rivoluzione”, così come per distinguere  un soggetto proletario e uno sottoproletario si sceglie dal fatto che uno ha le mani callose e l’altro una fedina penale sporca…

Era un’insurrezione scoppiata  senza un comando unificato , un soggetto o una coalizione di soggetti politici che  desse una strategia e che fosse un interlocutore affidabile con “la comunità internazionale” ( per favore tralasciamo polemiche sul termine affidabile…), con expolitici e exgenerali filoGheddafi, borghesucci, fans di facebok, islamisti, e tanti giovani sfaccendati amanti  del menar le mani alle prime armi…insomma uno schifo di rivolta che non si trova sui nostri sacri libri di testo  del perfetto rivoluzionario.

In questo contesto,  con relativamente scarsi aiuti dall’estero,  ma comunque senza un vero Stato Maggiore e protetta da  una milizia non addestrata a uno scontro militare convenzionale, con il rischio di avere come teatro di guerra le città , questa insurrezione aveva poche probabilità di vittoria avendo come antagonista le  forze speciali dei figli del RAIS  supportate da  una città –capitale, Tripoli, che vive degli agi e delle ricadute economiche che provengono dai ricavi di una nazione che galleggia sull’oro nero e che la cui manodopera è formata da  proletari di mezzo mondo, a centinaia di migliaia.

Tutti , in questi mesi di Risorgimento arabo, si erano illusi su come la Rivoluzione fosse una cosa contagiosa e democratica tale che si infiltrasse nel cuore e nelle menti anche tra coloro che sino ad ora avevano goduto del panem e circenses dello zar-imperatore Gheddafi…

Non è così e ce ne siamo accorti  ben presto:l’insurrezione è divenuta sanguinosa guerra civile con una sproporzione di forze così lampante che il nostro Berlusconi e il suo staff, ben informati, anche nei momenti peggiori per Gheddafi , continuavano a porre dubbi sulla sua caduta.

Le incapacità politiche e militari degli insorti, ben presto portavano al ribaltamento del fronte e la guerra della Capitale alle sue province ,o meglio alle città satelliti,  diveniva spietata secondo i canoni della guerra nel deserto  sul teatro cirenaico ai tempi dell’Afrika korps e ben presto Gheddafi passava dal ruolo di sciacallo a volpe del deserto, riconquistando una ad una città e porti petroliferi, chiudendo in sacche sempre più asfissianti le città assediate con i loro abitanti, ma puntando, una volta impadronitosi del controllo della litoranea, verso il centro di gravità dell’insurrezione, Bengasi.

A cavallo tra il 16 e il 17 marzo, mentre si annunciava il prossimo consiglio dell’ONU , le forze corazzate di Gheddafi utilizzando modernissimi  trasporti carri in autocolonne protette alle ali da lanciarazzi multipli e sul davanti da artiglieria pesante smantellavano tutte le difese avversarie e giungevano dinanzi alle prime case di Bengasi.  Un’avanzata fatta al chiarore di una luna sempre più piena,  ( coincideva con il massimo ogni 18 anni) capace di illuminare con il suo biancore il deserto, dare lumen ai visori ad intensificazione di cui erano dotati i capicarri e gli addetti alle armi dei reparti speciali di Gheddafi, e che facevano centro ad ogni colpo contro i posti di blocco e ai punti di resistenza degli insorti.

Una cavalcata in notturna formidabile di quasi cento chilometri,  tale da permettere,  se entrati a Bengasi di potersi dirigere nel giro di altre 24 o 48 ore verso il confine Egiziano chiudendo nell’ultima sacca Tobruk e dichiarando a tutto il mondo che l’insurrezione era finita e con essa forse la speranza di vittoria di tutti coloro che in questi mesi son scesi nelle piazze in tutto il Magreb, in Egitto contro polizia e carri armati, demolendo certezze, infondendo sogni e speranze

Bengasi , la capitale degli insorti si svuotava, abbandonata essa stessa dalla massa di ribelli su Toyota , ridotti al rango di quei reparti di borghesucci, commercianti, vinaioli, studenti e sottoproletari avvinazzati di cui mirabilmente parla Friedrich Engels nel suo “Viandante e soldato al servizio della rivoluzione”che tra il maggio 1948 e il 1949 nella regione Renania e  Palatinato si armano per la Costituzione e si scontrano con i Prussiani.

Allora, dopo i primi esaltanti momenti e l’euforia del ritrovarsi qualche archibugio tra le mani, dovettero subire il tallone prussiano che li rincorse per tutte le regioni in rivolta , mentre sognavano che dalla vicina Francia  anch’essa in fiamme , divenendo repubblicana corresse a loro soccorso…Purtroppo non fu così e come narra Engel chi non morì in battaglia , finì fucilato nelle rappresaglie seguenti o si salvò in esilio.

Una grande lezione di storia politica-militare che consiglierei ad ogni comunista che parla di rivoluzioni romantiche e di assalti al cielo pindarici…

Questa volta al contrario del 1848, a questo nuovo 48 arabo la Francia , paese ex e neo-colonialista ha deciso invece di intervenire, per suoi fini, tanti, trascinando giocoforza paesi come gli USA e l’Inghilterra che hanno tantissimi interessi nel  quadrante del Mediterraneo, dell’Africa del Medioriente e che a dispetto di noi, poveri italiani che arrivammo per ultimi a mimare il colonialismo e d applicammo solo i metodi che fecero i piemontesi con le regioni del Sud, hanno una cognizione strategica dell’evolversi dei processi e che,  forti di un apparato militare,  sul quale hanno investito ingenti risorse,  lo utilizzano alla stregua di  un apparato produttivo.

In questo caso i francesi, che sicuramente insieme ad inglesi, avevano sul posto squadre speciali che illuminavano coi laser i bersagli,  attaccavano all’ultimo momento utile le colonne corazzate di Gheddafi…praticamente senza consultarsi con gli USA  e senza aspettare il tradizionale formarsi di un assett strategico che sta dietro ad operazioni comunque complesse come una operazione di imposizione della forza.

Opportunisti i francesi? Sarkozy in vena di guadagnarsi prestigio dinanzi agli arabi delel sue banlieu che qualche tempo fa bollava come feccia? Volontà di allungare le mani sul petrolio libico e sfotterlo agli italiani ? questo gli abitanti di Bengasi nascosti tra le mura delle case, in attesa di fare la fine di quelli di Misurata in queste ore, non se lo sono chiesti vedendo saltare uno ad uno i tank di Gheddafi sotto le bombe francesi…gente alla buona quella, incapace di leggersi i manuali della difesa nonviolenta e …propongo di organizzare una “flotilla” di dottori in antimperialismo pacifista e andargli a spiegare che da certa gente non ci si fa aiutare, meglio morire  duri e puri.!!!

Nel frattempo gli Stati Uniti eran costretti ad anticipare di 48 ore l’intervento mentre gli aerei e i piloti della coalizione dei volenterosi ancora non erano giunti o,  appena atterrati  nelle basi siciliane  che il nostro paese, in grande difficoltà politica per lo sfilamento della Lega metteva a  disposizione,  senza avere avuto nessuna contropartita in cambio.

La situazione diveniva sempre più paradossale così , con un ingresso dell’Italia, giocoforza, nonostante che nessuno ne avesse fatto  richiesta e che,  per poter far guadagnare qualche punto di credibilità metteva a disposizione delle operazioni sulla Libia un pugno di Tornado in funzione EADS .

La Russa, in innumerevoli interviste,  parlava di non voler dare le nostre basi chiavi in mano a degli amici intenzionati a far festa,  ma voler con loro partecipare al ballo,  controllando che esso fosse moderato, che nelle danze non si alzassero le gonne facendo intravedere dei buchi…nell’applicazione della risoluzione ONU

Tremonti , dalla sua faceva il conto della serva: ogni giorno di operazione, ogni ora di volo, ogni missile sganciato, quanto avrebbe significato in tagli ulteriori da fare da altre parti del Bilancio tenendo conto che l’operazione non era sotto comando NATO.

Ma che ci azzecca questo, del comando? Semplice, se la guerra sarà sotto comando NATO, le spese che l’Italia sosterrà per questa operazione , non solo per il suo contingente ma anche per tutti i costi della logistica che sta mettendo a disposizione , saranno alla resa dei conti ripartiti secondo percentuali definite in sede NATO…se non è così si corre il rischio di aver invitato gli amici a far bisboccia a casa propria,  ma poi dover  rimanere da soli a lavare i piatti, pagare il conto delle pizze e delle birre , salvo in seguito elemosinare una colletta…

Tremonti e gli amici della Lega,  che hanno una fame di soldi per salvare il loro federalismo stanno con gli occhi così…

 ed allora parte  nelle prime ore dell’operazione Odissea all’alba  , un falso clamoroso: si mandano i cronisti al comando della Marina USA a Napoli e si inventa che tutta l’operazione è della NATO,  sotto guida americana e che gli americani,  amici nostri hanno scelto l’Italia per questa guerra santa!- per tre giorni consecutivi si facevano le dirette con Napoli e le inquadrature al chek point favevano vedere burberi marines che osservavano impiegati e soldatesse che tranquillamente si recavano a casa finito il turno di lavoro…insomma una operazione di autoconvincimento simile a quella che qualche tempo fa avevano fatto i ribelli che affermavano di sapere che Gheddafi era fuggito in Bielorussia…

Dato l’ordine che bisognava alzare il livello mediatico sulla nostra partecipazione alle operazioni si facevano partire con grande risalto,  e violando qualunque norma di sicurezza, sotto gli occhi delle telecamere i nostri Tornado dalla Sicilia, con un clamore mediatico che se sfortunatamente ne cadeva giù in quella missione uno, anche per solo guasto tecnico la figura di cacca sarebbe stata micidiale…

In seguito si faceva passare l’operazione svolta da questi aerei nazionali come una riuscita operazione di eliminazione di radar nemici , salvo poi,  poche ore fa,  l’intervista clamorosa con uno dei piloti:- Siamo stati in giro dalle parti di Bengasi, abbiamo reputato che se radar c’erano,  non ne valeva la pena sprecare un missile e così siam tornati sani e salvi a csa!- un putiferio!

 Mentre sui tank sventrati dalle bombe francesi sventola per ringraziamento la bandiera dei nostri paraculi cugini d’oltralpe, noi , eredi di quello Scipione che fece strage di africani e di cui ce ne vantiamo l’origine nel nostro inno nazionale, non potevamo  gloriarci nemmeno di un miserabile radar di tiro di qualche vecchio blindato contraereo degli anni 70,  di produzione exsovietica di Gheddafi?.

Oggi pomeriggio nell’aeroporto di Trapani si scatenava l’inferno, il povero pilota  che aveva rilasciato l’intervista veniva ingloriosamente rinviato al suo reparto di appartenenza e la sua carriera salvo un harakiri liberatorio è ormai finita,  mentre la squadra di giornalisti veniva messa definitivamente alla porta: d’ora in poi tutto top secret e dirette solo audio!

Siamo al primo giorno di guerra e senza colpo ferire abbiamo il nostro Cocciolone…Dio che sfiga!- mo’lo sanno tutti che stiamo risparmiando pure sui missili umanitari!!!….

 

Antonio Camuso

Osservatorio sui Balcani di Brindisi

21 marzo2011

 

 

GHEDDAFI VOLPE O SCIACALLO DEL DESERTO?

Breve analisi  tecnica della guerra in corso in Libia.

Premessa: parte prima

Da quando la primavera araba ha coinvolto anche la Libia  e messo seriamente in discussione gheddafi, il suo regime e la sua credibilità politico-militare nel mondo arabo e non solo , fiumi di parole scorrono nei media globali coinvolgendo i blog della sinistra anche più estrema.

Schierarsi per i ribelli che potrebbero essere influenzati, eterodiretti dagli imperialisti occidentali, le monarchie arabe, al qeda, fratelli musulmani e chi più ne ha più ne metta o essere da parte dal dittatore  che continua a chiamare alla lotta per il suo modello di “socialismo arabo” riconvertito alla lotta al terrorismo e ai flussi migratori?

Preferisco non entrare in questo dilemma amletico che sta sconvolgendo i sonni di molti ed infuocando  più le pagine di internet che le cannonate dei T62 di Gheddafi  le città ribelli… preferisco entrare nell’analisi tecnica  di quanto sta avvenendo sul campo,   in quella che sembrava una travolgente avanzata dei rivoltosi su Tripoli  ma che ora sta divenendo un frammentarsi di scontri, incursioni sulle città ribelli, conquiste e riconquiste che gettano nel panico i contendenti mediatici del mondo intero  peggio di quelli reali tra le sabbie libiche.

 

Diciamo pure che nella comprensione di tutto ciò , attualmente nessuno ci sta azzeccando, o meglio,  chi effettivamente sta prendendo sul serio la questione sono proprio gli “odiati” americani che, teoricamente potrebbero godersi lo sfacelo generale,  per poi fare i salvatori della patria

 

Eppure essi da giorni stanno muovendo forze aeree navali e terrestri  considerevoli per quella che sanno una missione impossibile : creare i presupposti per un  futuro del mercato petrolifero stabile affidato ad un governo che non sia  né quello delle barricate  e né quello di Gheddafi, ma contemporaneamente evitare che la Libia, il suo enorme arsenale a cielo aperto sia invece il Bengodi per tutti i gruppi “terroristici” antioccidentali e fondamentalisti.

 

Il vaso di Pandora è aperto.

Il vaso di Pandora purtroppo è aperto e le immagini che arrivano dalle città insorte sono per gli analisti militari agghiaccianti e di fatto hanno come risultato quello di dichiarare perse molte delle motivazioni militari  che spinsero gli interventi in Afghanistan e in Iraq: evitare che gli arsenali militari presenti in quei paesi fossero alla mercè di gruppi terroristici capaci di portare con essi attacchi agli interessi occidentali se non proprio sul territorio metropolitano come l’11 settembre.

 

Ebbene ,  oggi questo pericolo,  a detta di tutti gli analisti  non è probabile, è praticamente certo e come esso stia influenzando nelle ultime ore le mosse degli Stati Uniti e della NATO si comprende bene da alcuni fatti che sarebbero altrimenti  incomprensibiliquale  ad esempio quello del rinvio di imporre una no-fly zone per gli aerei di Gheddafi ed impedire l’arrivo via aerea o navale a tripoli di mercenari e tagliagole da tutte le parti del mondo.

 

Il rinvio di operazioni di interdizione aerea  è coinciso n particolare da quando gli attacchi aerei libici , lasciate le incursioni sui civili si sono concentrati sui depositi di armi in mano ai ribelli o ritenuti in procinto di cadere nelle  mani di essi o comunque segnalati dai servizi segreti di Sheddafi ai servizi occidentali  come non più controllati dalle forze fedeli del regime.

La situazione è maledettamente complicata,  essendo la Libia un enorme deposito di armamenti di ogni genere , obsoleti per gli standard occidentali ma sicuramente validi per “operazioni non convenzionali” come le guerriglie.

Il guaio è proprio questo e lo vediamo nelle immagini che provengono dai fronti di guerra. Quelli stanno sparando sono ferrivecchi di produzione del vecchio patto di Varsavia che, al contrario dei delicati congegni impertecnologici occidentali,  stanno facendo degnamente il loro lavoro nel macello libico, grazie alla loro semplicità e scarsa necessità di manutenzione.

Per comprendere l’immensità dell’arsenale libico pensate all’arsenale afgano dopo la fine dell’intervento russo e l’avvento dei talebani, moltiplicatelo per cento e spargetelo in mille luoghi oggi terra di nessuno e capirete come questa cosa  stia facendo rabbrividire tutti i servizi segreti del mondo .

Questi ultimi come conferma la notizia  di una cattura di SAS britannici per mano dei ribelli , stanno incominciando a muoversi per riparare i danni più grossi e in questa chiave va interpretata la distruzione dell’enorme multideposito di Bengasi.

Guarda caso quando il fatto è avvenuto  a tirare un sospiro di sollievo son stati proprio i nostri amici a stelle e a striscie  e le immagini dei corpi delle vittime che avrebbero potuto servire per un’ulteriore campagna mediatica antigheddagfi non sno state per niente utilizzate dai media di casa nostra, lasciando trasparire l’idea di un semplice incidente.

Lo stesso Gheddafi non se ne è attribuito il merito e state sicuri che nella sua battaglie dei bollettini di guerra non ci sarebbe stato male un successone come quello.

Le stesse missione aeree di quella che è la superstite forza aerea libica stanno assumendo il connotato di missioni di ricognizione non solo di supporto alle operazioni di riconquista terrestri , ma anche di  conoscenza delle disponibilità logistiche sul terreno,dello  stato dei depositi e successiva identificazione degli obbiettivi da eliminare tramite bombardamenti o attacchi di commandos.

Questa mappatura di fatto sta per divenire una opzione di scambio per il colonnello e il suo Stato Maggiore e nel caso di una sua sconfitta e deferimento ad un tribunale internazionale sarebbe buttata sul pieno della bilancia.

 Una cosa è sicura: lui non vuol fare la fine di Milosevich e già da adesso si sta preparando una difesa che sia ineccepibile come   unico paladino del diffondersi del terrorismo fondamentalista  se le cose si mettessero male fra poco tempo per tutti.

 

Sì perché i segnali che provengono ormai dalle piazze della primavera araba non sono confortanti,  e la radicalizzazione dello scontro sociale è dietro l’angolo e ondate di profughi a parte,  il rischio che  di  una guerriglia diffusa con obbiettivo i pozzi petroliferi e di gas dell’intero NordAfrica, armata dall’exarsenale di Gheddafi è reale! Lo choc petrolifero e gli interventi per debellarla sarebbero giganteschi capaci di gettare nel panico chiunque E’ di queste ore la notizia dell’annuncio di un piano di emergenza petrolifera in preparazione dagli USA.

Gheddafi come Rommel, volpe del deserto?

Certo è che appena una settimana fa nessuno avrebbe pensato che Gheddafi oggi sarebbe riuscito a far scendere in piazza migliaia di sostenitori festeggianti strepitose vittorie con la TV che fa vedere file di carri armati puntare sulle città ribelli contro le quali “l’accozzaglia” di ribelli a bordo di un pugno di tecniche e di macchine civili che carosellano di qua o di là a seconda da dove arrivino gli attacchi sembra impossibile a reggere ad una controffensiva programmata secondo i canoni ufficiali della guerra motorizzata, eppure…

Apprendere dalle sconfitte del passato.

In Africa a romperci le ossa per primi siamo stati noi: ricordiamoci di come andò la conquista della Libia e come dopo la dolce Tripoli, la Pirenaica e  le sue oasi fu conquistata a colpi di masacri e deportazioni di massa dopo qualche decennio di guerriglia araba.

Poi venne  la seconda guerra mondiale e la guerra motorizzata e ci accorgemmo che la conquista del territorio  non si misura in chilometri conquistati bensì nella capacità dia vere linee di rifornimento logistiche adeguate, capacità di ricognizione , con acquisizione dei dati sull’avversario, le condizioni meteo, il controllo dei cieli,  la possibilità di rifornire tramite mare le città sulla costa se la rotabile di Graziani che da Tripoli giunge sino al confine egiziano fosse in parte bloccata….

Fine prima parte

6 febbraio 2011

Gheddafi, al contrattacco.

Fu volpe  o sciacallo del deserto?

 Parte seconda

Considerazioni tecniche sullo svolgimento delle operazioni militari incorso in Libia.

 

La battaglia di logoramento va combattuta sfruttando al massimo la mobilità conseguendo il massimo concentramento delle forze nello spazio e nel tempo…cercando di scindere le forze avversarie e distruggerle in fasi separate…

Le forze corazzate rappresentano la spina dorsale e quindi vanno usate dopo aver sfiancato le forze nemiche con l’artiglieria pesante…i rapporti di ricognizione aerea  devono pervenire in questa fase il più celermente ai comandi a terra per tradurli in ordini di combattimento immediati.

 

Sull’aggiramento, creazione delle sacche

Un nemico motorizzato accerchiato anche da solo tre parti è in una situazione insostenibile… quando l’aggiramento è ultimato , il nemico è costretto ad evacuare la zona ricercando spasmodicamente un anello debole del cerchio e fuggendo abbandona tutto ciò che è d’intralcio:

…da Le regole della guerra nel deserto libico, generale  Rommel , 1943

 

Tradurre queste righe scritte da colui che fu definito la volpe del deserto, nell’attuale  situazione  bellica in Libia  potrebbe sembrare un gioco da ragazzi, ma non è così poiché come lo stesso Rommel insegnava: "-...la guerra nel deserto è variabile come le dune sotto il ghibli...-"

e provare a contrapporre “ideologicamente “ ad esso il manuale “l’insurrezione armata” di A. Neuberg di Terza Internazionale memoria sarebbe  da stolti; Bengasi, Misurata , e le altre città, non sono le città industriali con i  centri storici medioevali, dai vicoli stretti e gli affollati quartieri operai di Mezza Europa del biennio rosso, con le barricate nelle strade capaci di fermare i gendarmi della controrivoluzione. Bengasi e le altre , correrebbero il rischio di far la fine di Grozny.

Dividiamo lo svolgimento delle operazioni belliche attuali  in  fasi:

Prima fase)  ha visto lo scoppio a macchia d’olio della  rivolta in gran parte della Cirenaica ,dove la disintegrazione dell’apparato militar-poliziesco  con le defezioni, ha assunto il volto di un grande 8 settembre , mentre la Tripolitania che rimaneva fedele al Rais  assisteva lungo le sue strade costiere alla ritirata  sempre più spasmodica dei fedeli a Gheddafi verso la capitale.

 L’intero apparato di comando e controllo ha corso il rischio di collassare, ad eccezione dei reparti dell’Aeronautica rimasti per lo più in alcune basi nel deserto che hanno permesso di mantenere  costante sui rivoltosi una pressione più psicologica che realmente  decisiva nello svolgimento dei combattimenti a terra, ma che con le loro ricognizioni han permesso di sapere che non vi erano movimenti di ribelli armati in inseguimento.

 

 Seconda fase)

 Nella fase di ritirata sono rimaste alcune sacche di resistenza identificabili in punti nodali dove vi erano forti insediamenti militari, o di caserme di polizia  o particolari impianti civili strategici. In queste zone lo scontro si è frammentato in sacche dove gli accerchiati e gli accerchianti spesso hanno cambiato di ruolo

Il grosso delle forze in fase di ritirata ha perpetrato qualche massacro ma comunque,   attestandosi a ridosso della capitale  ha incominciato a sentirsi le spalle al sicuro, perdendo la sensazione del rischio di accerchiamento e di rimanere imbottigliato in centri abitati insicuri.

In questa fase  l’abbandono di mezzi pesanti quando non è stato possibile montarli su autotrasporti è stato fatto senza problemi visto l’arsenale  notevole presente ancora nelle disponibilità di Gheddafi.

I mercenari africani nel frattempo son serviti a sopprimere gli scoppi di rivolta alle spalle della prima linea tripolina mentre le truppe speciali hanno incominciato a formare   una barriera invalicabile fatta di carri armati artiglieria pesante appoggiata da pochi ma  indispensabili mezzi aerei. In questa fase alcune sacche di resistenza e piazzeforti come Tobruch sono cadute.

I ribelli nel frattempo entravano in crisi logistica-organizzativa  dovendo ricostruire dal nulla una entità militare qualsivoglia capace di respingere le controffensive di Gheddafi preannunciate  anche nei momenti più difficili per lui e dai media occidentali definite fanfaronate.

I ribelli saccheggiavano alla rinfusa i depositi di armi rifornendosi di un assortimento variegato di armamento a titolo personale, quindi senza dare la possibilità di creare un censimento di uomini armati, le loro dotazioni, e il possibile impiego bellico in maniera organizzata.

Questa fase di gran confusione permetteva alle forze fedeli a Gheddafi di prendere respiro , valutare le proprie forze ,riorganizzare i reparti e chiedere rinforzi in uomini, mezzi, logistica di manutenzione  degli armamenti e rifornimento degli stessi. Piloti e tecnici “ mercenari” , contractor o addestratori come li volete definire, presenti nel paese praticamente da sempre, avendo Gheddafi acquistato armamenti col tutto incluso in tutti questi anni,  permettono di mantenere accettabile gli standard di funzionamento dei reparti e delle basi aeree  di Gheddafi ed incominciano a preparare una rimodulazione dell’uso dell’arma aerea non più in funzione antirepressiva  dei tumulti e di pressione psicologica, bensì di appoggio,e preparazione a una manovra controffensiva con funzioni momentaneamente tattiche ma con respiro strategico.

 

Terza fase. È quella che stiamo vivendo in questi giorni, con un invio in prima linea di  reparti corazzati che si muovono alla riconquista di alcune località cruciali come quelle di Zawia, fasi di preparazione di ammorbidimento dell’avversario con l’utilizzo di parchi di artiglieria come nel caso anche di Misurata, mentre si intensificano i raid  di ricognizione aerea e il lancio di bombette e missili che hanno solo lo scopo di gettare nel panico l’avversario, saggiarne la sua capacità contraerea e nel frattempo distruggere i depositi lasciati incustoditi o in saccheggiamento da parte dei ribelli.

Da parte loro i rivoltosi cirenaici, fallito il sogno di una rapida caduta del rais e di una marcia trionfale su Tripoli incominciano a dotarsi di materiale  atto a contrastare le prime puntate controffensive di Gheddafi sopperendo con i numeri e utilizzando per gli spostamenti mezzi di fortuna come leauto civili ad eccezione di un certo numero di “tecniche”, per lo più Toyota.

 I carri armati caduti nelle mani dei ribelli sono al momento insufficienti e non utilizzati contro i tank di Gheddafi in maniera coerente all’uso che di essi se ne deve fare per difendere centri abitati sotto attacco di forze corazzate appoggiate da un velo di truppe  di fanteria motorizzata.

Compaiono nel frattempo le Toyota, munite di mitragliatrici antiaere binate o quadrinate, mentre verso il fronte arrivano alcuni cannoni controcarro automontati di origine sovietica e del parco militare libico. Le operazioni a ridosso e ai fianchi della linea costiera incominciano ad assumere i connotati della guerra del deserto scritta da Rommel,

 

Quarta fase, quella futura)  le città ben presto dovranno aspettarsi di divenire i punti di forza dello scontro nel quale si giocherà la partita. Se esse resisteranno assorbendo  e distogliendo grosse forze  di Gheddafi costringendole a vincere il ruolo di assedianti che a loro volta si ritrovano con le linee di rifornimento pronte ad essere tagliate dalle incursioni delle toyota in stile “ guerra del Ciad” , allora potremo dire che  Gheddafi non potrà sperare in una facile vittoria.Purtroppo trasformare le città in centri di resistenza e così anche gli impianti energetici comporterà un grosso sacrificio di vite umani, in gran parte civili  da parte libica mentre a soffrirne economicamente sarà il nostro, (europeo) futuro.

Il ruolo dell’aviazione in questo caso sarà fondamentale e la decisione di una no fly zone  sarà l’ago della bilancia.

Ma allora non c’è alternativa ad un intervento della NATO contro gli aerei di Gheddafi e dei suoi piloti e mercenari ucraini, bielorussi, ma anche di tanti paesi innominabili?

Una soluzione c’è  ma verrebbe dall’uso di  forze speciali o guerriglieri con esperienza del Ciad , capaci di lanciare schiere di Toyota ad attaccare le basi aeree poste nel deserto, rendendole inutilizzabili in maniera permanente, ovvero con sabotaggio e distruzione delle infrastrutture e minamento intensivo di piste e zone di rullaggio.Una situazione simile costò una cocente sconfitta a Gheddafi negli anni 80 quando aveva un esercito invidiabile ed oggi non sarebbe una missione impossibile per coloro che vogliono cambiare la Libia.

 

La mina … la soluzione  finale. Lo fu per l’Afghanistan al tempo dei russi e poi della guerra civile tra i signori della guerra e i talebani, ma che fu anche usata in milioni di esemplari ancora giacenti nelle sabbie intorno ad El Alamein, a El Qattara e tanti altri posti a noi italiani tragicamente noti durante la seconda guerra mondiale…

 Piste e campi minati intorno a città e risaldi, minamenti delle strade che fra proco si popoleranno di autocarri trasportanti i tank di Gheddafi , onde dare velocità alla manovra offensiva  potrebbe far prender tempo ai ribelli per ottenere  il riconoscimento diplomatico necessario per eventuali richieste di aiuto a paesi arabi filoccidentali e USA per intervenire in tempi brevi  “per motivi umanitari “… o si attenderà che i ribelli perduti i sogni di una vittoria senza ingerenze straniere debbano incominciare a trattare con tutti, compresi i colossi multinazionali sulle royalties , in un futuro senza Gheddafi, ma in cui il sangue versato dai rivoltosi si tramuterà in puzzolente oro nero capace di  corrompere anche l’incorruttibile?

Per adesso la mano è ritornata al colonnello e all’esercito mercenario al servizio di un sistema che si compenetra nella Tripoli che vuol vivere di agi, con camerieri, cuochi, falegnami, idraulici, panettieri filippini, del Bangladesh, egiziani e cinesi, una Tripoli che assomiglia tanto alla Roma al tempo di Spartaco, con i giovani rampolli patrizi che rastrellarono nei suburbi cittadini la plebe  che viveva di panem e circenses, formando le legioni che inseguirono per l’Italia gli schiavi ribelli, crocifiggendoli   poi per la Via Appia.

La strada che va da Tripoli a Bengasi è molto lunga e di posto ce n’è per lastricarla di straccioni, drogati e figli di al Qeda impalati…

Fine seconda parte

8 marzo 2011

Antonio Camuso

Osservatorio sui Balcani di Brindisi

 


 

 

 

                      

                          

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