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 Comunicato stampa 

Sher Khan è morto

IN MEMORIA E RISPETTO DI SHER KHAN

S
her Khan è morto stanotte !
Morto di freddo e di patimenti (fuori dal CIE-Ponte Galeria solo da 3 giorni
, " perché privo di permesso nonostante il soggiorno in Italia da almeno 20
anni") in quella multietnica P.za Vittorio divenuta anche il sacello della
tragica storia del riscatto degli immigrati.
Morire di freddo nella metropoli della storia è un infamia da gridare ai
quattro venti.
Con oltre 600 chiese,centinaia di palazzi monumentali e di luoghi pubblici al
coperto, 20000 appartamenti sfitti, una decina di occupazioni di case, oltre
30 spazi-centri sociali occupati , svariate sedi sindacali confederali e di
base , circoli e sezioni di partito : morire di freddo a Roma è una bestemmia,
un controsenso, l´indice barbaro della modernità che continua ad uccidere per
cattiveria, qualunquismo, indifferenza.
Ne portiamo tutti la responsabilità , quella di non aver fatto abbastanza per
lenire la sofferenza !
Sher Khan era parte di noi. Lo abbiamo conosciuto tra i primi, per la
prestanza irriverente con cui affrontava e tutelava i bisogni-diritti negati ai
suoi simili. Per l´assillo che metteva ovunque ci fosse un sopruso : con quel
fiero volto, simpatico e sorridente; con quelle manone calorose e gesticolanti;
con quel cipiglio da capopopolo , arringante e ritmante fluviali slogan da
megafono.
Lo abbiamo aiutato e sostenuto; cazziato per alcune ingenuità ed errori ,
dovuti per lo più allo stato di esclusione programmata a cui le istituzioni
costringono gli immigrati per far ricadere su di loro le colpe e i misfatti
della politica.
Sher Khan Addio ! Addio al tuo - di tanti - sogno di emancipazione e
liberazione , di cui avvertiamo e sentiamo il peso per non essere riusciti a
soddisfare : prendiamo rinnovato impegno perché il tuo sacrificio non sia stato
inutile, così che altri tuoi-nostri fratelli e sorelle potranno realizzarlo !
Addio Sher Khan , la terra ti sia accogliente .
Un saluto a pugno chiuso.

Vincenzo Miliucci per la Confederazione Cobas

Comunicato stampa 

Sher Khan è morto

Sher Khan è morto. E' stato trovato morto sul marciapiede di piazza Vittorio, dove passava spesso le sue giornate tra gli immigrati, che da anni cercava di aiutare nelle pratiche per il permesso di soggiorno e per l'accoglienza. Gli agenti dicono che il suo cuore si è arrestato, per il freddo, per l'alcool.... era uscito solo tre giorni fa da Ponte Galeria, dopo vent'anni in Italia, e – ironia della sorte – avrebbe avuto tra poco il permesso per motivi umanitari, dopo un lungo calvario burocratico e dopo svariati soggiorni al centro di identificazione ed espulsione, sempre rilasciato. Già, perchè lui in Pakistan, il suo paese, non ci poteva tornare, rischiava la persecuzione.
Aveva guidato ormai quasi vent'anni fa la battaglia della Pantanella insieme a Don Luigi Di Liegro e a Dino Frisullo, che oggi non ci sono più. Aveva continuato caparbiamente a occupare case, a guidare manifestazioni, con la voce sempre più roca ma sempre in prima fila. Un gran rompiscatole, che ti telefonava alle ore più impensate dicendo “corri, c'è tanti ragazzi qui che dormono al freddo, bisogna fare qualcosa”, oppure “bisogna organizzare una manifestazione per i permessi di soggiorno, subito, adesso”, ed era capace di non mollare la presa finchè non ti mettevi in moto, finchè non scrivevi per lui un comunicato alle 2 di notte, o non ti occupavi di un caso particolarmente difficile.
Sher Khan è morto. E' morto di freddo. Dormiva nelle occupazioni, certo non badava molto a se stesso; più volte era stato aggredito da gruppi di fascisti, come lui definiva tutti gli aggressori. Di botte ne ha prese, ma ha continuato a lottare. Fino a stamattina. Tornerà in Pakistan: forse per nostalgia, ma “se muoio portatemi al paese”, aveva detto negli ultimi giorni. E per la prima volta, in tasca avrà il suo permesso di soggiorno ormai inutile. Stasera alle 18 ci sarà una riunione a piazza Vittorio per organizzare un saluto e il suo ultimo viaggio.
Con tristezza, e la sensazione di rabbia per non aver fatto abbastanza,


Alessia Montuori

     

 

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