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La poesia che fermò i carri armati, ma... non l'inquinamento in Puglia Lungomare di Bari, maggio 2012 Il colonnello Serghei Starasky , ( un noto compagno leccese che aveva sovietizzato il suo nome nel 2010 contestando le celebrazioni dell’Unità d’Italia) conosciuto anche come Chitarra Stalin, per il suo amore per lo strumento musicale che portava sempre con se nel suo Tank T-10 Stalin , assaporava la vittoria imminente incitando gli uomini all’assalto finale. T-10 ( ex IS3 Stalin) Dal mare, lievemente
increspato da una fresca tramontana, giungeva l’odore dello iodio
misto a quello di petrolio di cui era intrisa la spiaggia
sottostante e proveniente
da una falla da una
piattaforma petrolifera posta a poca distanza dal porto. Serghej, dopo anni di inutili tentativi nel cercare di consegnare alla giunta Vendola, la richiesta firmata da centinaia di associazioni e decine di migliaia di cittadini pugliesi, di moratoria senza condizioni sulle quantità di energia prodotta nella regione Puglia, bloccando altre installazioni di impianti energetici biomasse, nucleari, megaparchifotovoltaici ed eolici e megacentrali a carbone, questa volta faceva sul serio. Caparbiamente era riuscito a mettere in piedi una vera armata di ambientalisti DOC “puri e duri”, provenienti dalle pianure leccesi e quelle Ucraine, (Questi ultimi con relativo armamentario lasciato abbandonato dall’exArmata Rossa dalle parti di Chernobyl, fatto sbarcare clandestinamente alla Fiera del Levante come materiale agricolo),ed ora si approntava a fare irruzione alla Regione. Il cappello o meglio il colbacco con la Stella Rossa che indossava in quel momento lo aveva trovato in quel meraviglioso Stalin che ora, sferragliando e lasciandosi una puzzolentissima scia di fumo si stava facendo strada sul lungomare di Bari seguito da altri residuati bellici sovietici. Su molti di essi era innalzata la bandiera del sole che ride, mentre su altri ,con vernice bianca, gli insorti ambientalisti pugliesi , che si erano accodati ai tovarich ucraini, avevano dipinto scritte tipo “-Energia nucleare, no grazie!”- , o anche –“ Trivellatevi Vendola!” - scritte che solo in parte coprivano altre sbiadite in cirillico -CCCP o morte- o - Viva il compagno Stalin!- Intorno al Reichstag regionale erano state erette le ultime difese: rastrellati in città i giovanissimi della Vendolajungen ( una derivazione della fabbrica di Nichi) dopo una sommaria istruzione erano stati forniti di panzerfaust e sparpagliati nelle trincee intorno al palazzo della regione Nel bunker blindato , dove i colpi di cannone e dei lanciagranate arrivavano attutiti, Nichi convolava a nozze avendo deciso di terminare la sua esistenza coerentemente secondo il suo credo, ovvero facendo benedire la sua unione dal povero don Angelo, il prete no-global prelevato nottetempo dalla sua parrocchia. Nel cortile del palazzo si sprigionava un puzzo nauseabondo. Era la carogna di Pino Losappio, giustiziato per alto tradimento, che aveva pagato caro il precedente incarico all’Ambiente e i cattivi consigli al Presidente in merito alle politiche energetiche ed ambientali , che avevano messo nei guai il povero Presidente Nicola Frantoianni , nominato capo della Guardia presidenziale, con due bombe a mano infilate nella cintola ed indosso una maglietta col comandante Marcos impresso,ricordo di un lontano viaggio in Chiapas, sputò a terra disgustato: “-Tutta colpa sua se ora mi tocca comandare questa banda di disperati!- Poco dopo lo Stalin di Serghej sfondava l’ingresso del Palazzo mentre un paio di cosacchi pugliesi si inerpicavano sul terrazzo e sostituivano la bandiera regionale con quella rossa e verde degli antinucleari Serghej con le lacrime agli occhi, impugnando la richiesta di moratoria e facendosi accompagnare dal capo-carro Jhoan Seclei si lanciò nell’aula di Consiglio dove, atterriti, i consiglieri si chiudevano con le mani gli occhi, il naso, la bocca in un vano tentativo di respingere la moratoria. Il vicepresidente giungeva alla estrema decisione di amputarsi le dita della mano destra pur di non firmare. “-Nichi! Dov’è Nichi?”- Gli uomini col colbacco piazzarono due cariche di gelatina dinanzi alla porta blindata e dopo l’esplosione penetrarono nel Bunker certi ormai di trovarsi di fronte ad uno spettacolo desolante ma la realtà superò ogni immaginazione… Nichi , in un bellissimo completo da nozze e un garofano bianco all’occhiello con gli occhi fuori dalle orbite, circondato da un gruppo di giovanissimi fans parlava loro o meglio recitava all’infinito una poesia che raccontava di una regione piena di fiori, col cielo terso e senza nuvole , dove nelle bocche delle ciminiere erano stati infilati mazzi di garofani rossi, dove l’unico carbone esistente era quello allo zucchero che si regalava ai bambini il giorno della Befana, dove i bambini del rione Tamburi potevano giocare nei campi a pallone senza che respirassero benzene e polveri micidiali, dove gli agricoltori non avevano svenduto i loro terreni agli speculatori del fotovoltaico ed eolico selvaggio … Serghei con un gesto di stizza gettò a terra il colbacco , calpestandolo: la forza eretica e sanguigna della rivoluzione armata era stata sconfitta dalla ipnosi poetica. Da “Incubi ambientali nella Puglia che vogliamo” I racconti di Pugliantagonista 6 maggio 2010
Fascisti
scatenati a Lecce? No!, solo topi in difficoltà in una città dalla faccia pulita ad ogni costo! 26 ottobre 2009 In altri tempi avremmo titolato notizie simili con appelli all’unità e alla lotta antifascista , oggi dobbiamo solo fare dell’ironia. Questa sera, mentre eravamo impegnati , presso la sede del collettivo Iqbal Masiq, in una accesa discussione su come ricordare ed attualizzare la stagione di lotte del 69 e quella conseguente delle stragi fasciste e di Stato, eravamo richiamati all’esterno dalle urla di un giovane compagno: “- Di chi è questa bicicletta? Te l’hanno forata!”-Il proprietario , il nostro ciclista ognitempo Giovanni Seclì, si precipitava allarmato fuori. “_Chi è stato?-“ Guardandosi intorno. “-E’ stato lui! “-Rispondeva il giovane compagno! Un topo di media stazza, autore del misfatto, addossato all’angolo del marciapiede, alzandosi sulle zampe le agitava in un improbabile saluto romano, quasi a farsi beffa del povero Seclì. Iniziava così una contesa che vedeva, per alcuni minuti, impegnati tutti i presenti della riunione per isolare il topo che a sua volta cercava , dribblandoli, di fare irruzione nella stessa sede, costringendo un paio di compagni a barricarsi dentro! Il Seclì, forse ancor preso dai discorsi fatti precedentemente capeggiava il gruppo esterno con slogan perfettamente in linea con gli anni 70, del tipo : “-Fascisti, carogne , tornate nelle fogne!”- A cui gli altri compagni, sia quelli presenti all’esterno, che quelli barricati all’interno, rispondevano: -“Ora e sempre resistenza!”- Qualche solerte vicino di casa nascosto dietro le tapparelle,telefonava in Questura avvisando che opposti estremisti si stavano dando battaglia a pochi passi dalla borghese e cattolicissima Sant’Oronzo… Funzionari ed agenti in assetto antisommossa venivano richiesti in aiuto dalle province vicine per intervenire in forze… Intanto il topo, di fronte a tanto can can, veniva a miti consigli e spiegando che quella manina alzata non era uno sfottò dopo l’attentato alla bicicletta del Seclì, bensì la richiesta di parlamentare per spiegare il suo animalesco gesto: - “Ma quale topo fascista!!!… io sono un povero topo proletario e immigrato, non ve ne accorgete dal colore della mia pelle? Per questo mi trovo qui fuori dalle fogne di Lecce! Dovreste sapere che sta succedendo lì sotto! Alcuni del consiglio comunale dei topi leccesi si sono ritrovati inguaiati per una serie di bustarelle e altri illeciti su appalti nelle fogne di importanti edifici pubblici e per sviare l’attenzione hanno istituito le Ronde. Lo sapete contro chi? Contro noi topi immigrati , provenienti dagli exgiardini pubblici ed altre aree verdi che ultimamente hanno visto una ristrutturazione e cementificazione di esse. Insomma , in una Lecce dove la Pulizia , il cemento e il restringimento del verde e il taglio degli alberi non lasciano né una briciola di pane, né una foglia o un frutto da sgranocchiare , noi topi dalla pelle chiara , abituati a vivere alla luce del sole, siamo stati costretti ad andare a chiedere da mangiare dai nostri cugini abitanti nelle fogne. Non lo avessimo mai fatto! Derisi per il nostro biancore e per la nostra pulizia siamo stati accusati di pervertire i giovani zoccoloni e così la notte ci sguinzagliano contro le ronde! Io sono uscito a quest’ora per sfuggire ad una di queste (e ai morsi della fame) e quando ho annusato il pneumatico nuovo di zecca della bicicletta, ho perso la testa, un’addentata e via! Quello che mi ha impressionato è stato il sibilo conseguente perché pensavo che fosse il richiamo del fischietto di una ronda di Zoccole”- A fronte di queste topesche spiegazioni il gruppo di compagni votava all’unanimità un comunicato di solidarietà ai topi migranti e salutato a pugno chiuso il topo dalle pelle chiara accompagnava l’appiedato Seclì, consigliandoli di rimontarsi i vecchi pneumatici, un po’ logori ma sicuramente a prova di fame topesca Lecce 26 ottobre 2009 Antonio Camuso OSSERVATORIO SUI BALCANI DI BRINDISI osservatoriobrindisi@libero.it
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