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è consentita la riproduzione a fini non di lucro con l'obbligo di riportarne la fonte QUESTA PAGINA E' DEDICATA AD UNA RAPINA COSTANTE CHE IN MANIERA SILENZIOSA E' ATTUATA NEI NOSTRI CONFRONTI E DEI NOSTRI FIGLI E DELLE GENERAZIONI FUTURE: QUELLA DEL PATRIMONIO CULTURALE CHE NELL'OTTICA CAPITALISTA E' RIDOTTO A MERCE E QUINDI VIVE GLI STESSI MECCANISMI DI SFRUTTAMENTO DEL LAVORO SALARIATO MA CHE HA COME CONSEGUENZA LA CANCELLAZIONE DELLE TRACCE DELLA NOSTRA STORIA DELLE NOSTRE ORIGINI PER SOSTITUIRE I NOSTRI VALORI TRADIZIONALI CON QUELLI EFFIMERI DEL MODELLO CONSUMISTA. Parlare di Archeologia in termini politici può significare condurre una battaglia simile a tante altre contro il modello capitalista e noi non ci tiriamo indietro auspicando che altri collaborino con noi anche in questo campo La redazione VIDEO SULLA RISERVA DI tORRE GUACETO
CISTERNINO
22 APRILE 2010
Oggetto: invito per incontro informativo
sull’indagine archeologica eseguita presso il sito di Monte
Gianecchia – 22 Aprile 2010 ore 18.00 (Sala Consiliare, Cisternino -
BR)
La
Società Cooperativa S.A.E.T.T.A. organizza un incontro informativo
sui dati raccolti durante l’indagine archeologica eseguita presso il
sito di Monte Gianecchia (Cisternino –BR), dove da settembre a
Novembre 2009 si è svolta una campagna di scavo con la direzione
scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia. L’indagine
ha messo in luce una serie di strutture di età Romana, riferibili
molto probabilmente, ad un edificio privato. Grazie a questo incontro
sarà possibile conoscere le strutture individuate con l’ausilio dei
soci della cooperativa, che illustreranno i risultati raggiunti
dall’indagine stratigrafica svolta in questi due mesi, le tecniche
di scavo, nonché la
strumentazione utilizzata. Monte
Gianecchia, inoltre, si presenta come una zona del nostro territorio
con suggestive peculiarità ambientali e paesaggistiche: un pianoro,
caratterizzato da una folta macchia mediterranea e diversi querceti
secolari, che si affaccia direttamente sul Mare Adriatico con una
incantevole vista panoramica . L’incontro
rappresenta un momento di discussione sui possibili strumenti di
tutela da utilizzare per conservare e valorizzare le scoperte
effettuate durante il progetto. Durante
il programma dell´evento interverranno
La
Società Cooperativa S.A.E.T.T.A., composta da laureati in Beni
Culturali con indirizzo Archeologico, Architettonico ed Ambientale,
nasce nell’aprile 2009 grazie ai finanziamenti messi a disposizione
dalla Regione Puglia con il bando “Principi Attivi - Giovani Idee
per una Puglia Migliore”. Il progetto “Monte Gianecchia: una nuova
idea di eco-museo” ha come partner la Soprintendenza per i B.A. per
la Puglia, le Università del Salento, di Foggia e di Roma, il Gruppo
Archeologico Valle d’Itria, l’ Associazione Pro-Loco e il Comune
di Cisternino. Cordiali
saluti.
Il Presidente Dott.ssa Patrizia SEMERARO COSA RIMANE DEL SACCO DI BRINDISI CINQUANT'ANNI DOPO? INSULA ROMANA ZONA SAN PIETRO DEGLI SCHIAVONI NELLE FONDAMENTA DEL TEATRO VERDI della vergognosa storia che ha accompagnato la costruzione del teatro verdi ne parleremo in seguito , per adesso vogliamo cogliere il fatto positivo che in una nuova versione, accompagnata con buone didascalie è possibile in un suggestivo itinerario ammirare quanto si è salvato del sacco di Brindisi operato dai palazzinari degli anni 60 Il lato negativo è che questo è cioò che rimane di un'intera città, quella contenuta nelle mura romane_medioevali con una lunga teoria di necropoli all'esterno non rimane nient'altro sotto il rullo compressore delle ruspe e del cemento. VERGOGNA!!!
Cronaca di una strage annunciata di 12.000 anni fa L’alluvione che fece strage di paleolitici a Giancola –Torre Testa, Brindisi. VERSIONE RIDOTTA Inserito nel 2017 speciale n 21 dei 10 anni di Pugliantagonista Cronaca di una strage annunciata di 12.000 anni fa L’alluvione che fece strage di paleolitici a Giancola –Torre Testa, Brindisi. http://www.pugliantagonista.it/openarea/archeo_open.htm Ammur si rigirò sul, rabbrividendo al rumore di un tuono lontano. Sua moglie si era alzata, tenendo attaccato a sé il piccolo Mmir, per attizzare il fuoco all’ingresso della grotta. Fuori sibilava il vento che dal mare risaliva impetuosamente l’alveo del torrente Giancola , mentre nere nubi, solcate da improvvisi lampi presagivano l’arrivo della tanto aspettata pioggia dopo una primavera poco piovosa,un’estate arida e un ottobre insolitamente caldo che avevano messo a dura prova le capacità dei cacciatori e dei raccoglitori di molluschi e bacche commestibili nel fornire cibo alla comunità. Negli ultimi tempi per stanare le prede si era praticato l’incendio di vaste zone dei boschi ai lati del fiume, deturpando quella che era una immensa foresta. Ammur non partecipava alla caccia poiché era un artigiano della pietra, uno dei più rinomati costruttori di utensili di selce della stazione Paleolitica di Giancola ( a poca distanza dell’attuale Torre Testa) e grazie a ciò non aveva bisogno di cacciare per far vivere la sua famiglia poichè i suoi prodotti litici erano scambiati con prede, frutti di mare, pelli e conchiglie.Una comunità che Ammur aveva raggiunto anni prima, giovanissimo, proveniente da una stazione Paleolitica posta sul Gargano dove si producevano raffinati rasoi per le pelli, coltelli e punte di lance affilate, molto richiesti tra gli abitanti delle “stazioni” del brindisino di Giancola, Torre Guaceto, Apani, Punta Penne e Punta delle Terrare. Quello di Giancola era un insediamento realizzato su un costone del canale, a qualche centinaio di metri dell’attuale spiaggia sottostante Torre Testa e che si specchiava su un suggestivo lago creato da un’ansa: Esso sembrava una grande groviera per la presenza di tantissime grotte scavate nella roccia ed abitate da una comunità di raccoglitori di conchiglie in parte riconvertitisi in abili cacciatori che risalivano il fiume a caccia di prede. Prede che negli ultimi tempi erano divenute scarse e spesso fonti di liti con le tribù vicine e di richieste pressanti per Ammur di armi da guerra come quelle decine di pesanti asce di pietra che, in un vano della grotta, attendevano di essere barattate . La pioggia incominciò cadere, prima lentamente , poi sempre più scrosciante e il fiume , dopo mesi di siccità , incominciò a far risentire la sua voce. A causa degli incendi creati dai cacciatori ed alimentati dalla siccità, alberi bruciati ed altro materiale avevano ostruito il percorso del fiume, creando delle dighe artificiali a monte e per la comunità di Giancola, molto più a valle , avere acqua pulita e fresca era divenuto un grave problema, specialmente dopo che, a causa delle maree, e di una mancata manutenzione, la foce,ostruita da sabbia e detriti, era divenuta paludosa e malarica . La grotta di Ammur era posta con l’ingresso volto a Sud, più in alto delle altre, le più antiche, quasi alla sommità del costone onde poter sfruttare tutta la luce del giorno per meglio lavorare la pietra e questo per lui fu una fortuna. Mentre l’intera tribù era rintanata nelle grotte in attesa che scampasse, un mostro di schiuma nera, di fango, detriti, alberi bruciati ed abbattuti giunse, spazzando ed ingoiando ogni cosa. Ammur, fece in tempo ad afferrare il braccio della moglie e risalire insieme a lei quei pochi metri che lo separavano dalla cima del costone. Sotto di loro, decine, centinaia di tonnellate di materiale si schiantarono contro l’ansa del canale come un rullo compressore. Giunta alla sommità la famiglia impaurita continuò a correre allontanandosi da quel luogo maledetto. Dietro di loro la morte nera aveva fatto una strage. Non uno dei compagni di Ammur , né donna , né bambino si salvò. Quel luogo fu la loro tomba e divenne tabù per qualche migliaio di anni. Dopo quel grande smottamento il percorso del torrente Giancola ostruito dall’enorme massa di detriti cambiò corso sfociando sulla destra dell’attuale Torre Testa, dove ancor oggi esso termina il suo corso. Le scuri invendute di Ammur furono trovate casualmente solo nel ventesimo secolo dopo Cristo ed oggi, custodite in un museo sono mute testimoni di una tragedia, di una strage provocata non solo dalla Natura , ma anche dall’incauto e sconsiderato atteggiamento dell’uomo verso di Essa e che a distanza di migliaia di anni, e nonostante che si dica civilizzato, persevera ad oltraggiare . Antonio Camuso Osservatorio sui Balcani di Brindisi osservatoriobrindisi@libero.it Brindisi 11 ottobre 2009 versione completa pubblicata su quotidiano di puglia edizione di Brindisi dell'12 ottobre 2009 Ammur si rigirò sul giaciglio fatto di foglie secche sul quale aveva steso una pelle di un cervo, rabbrividendo al rumore di un tuono lontano. Sua moglie, non era vicino a lui poiché si era alzata tenendo attaccato a sé il piccolo Mmir e stava attizzando il fuoco posto in un’ansa all’ingresso della grotta. Fuori sibilava il vento che, arrivando dal mare e incuneandosi attraverso l’alveo del torrente Giancola , saliva impetuosamente verso l’interno, dove nere nubi, solcate da improvvisi lampi facevano presagire l’arrivo della tanto aspettata pioggia. Erano i primi giorni di ottobre, ma la temperatura era stata sino a poche ore prima rimasta insolitamente alta. Una primavera scarsa di acqua e un’estate arida avevano reso difficile il lavoro dei cacciatori e dei raccoglitori di frutta e bacche commestibili. Si era dovuti risalire per molti chilometri all’interno, alla ricerca di prede e spesso per cercare di stanarle si era procurati incendi tali da spingere la selvaggina verso il letto del fiume, dove vi era la presenza di polle di acqua, ma anche di cacciatori, armati di tutto punto , pronti ad accerchiare le vittime e finirle. Ammur non partecipava a queste feroci , ma necessarie orge di distruzione ambientale, sangue e violenza. Lui era un artigiano della pietra, uno dei più rinomati costruttori di utensili di selce della stazione Paleolitica di Giancola e non aveva bisogno di cacciare per far vivere la sua famiglia. Il vitto, le pelli di cui era adornata la sua grotta, le più belle conchiglie pescate erano a carico della comunità di cacciatori e raccoglitori di molluschi di quella comunità preistorica che si era insediata da molti anni alle foci del canale Giancola , in prossimità di quel promontorio che oggi prende il nome da una torre di avvistamento spagnola , Torre Testa. I prodotti in selce ed altre pietre lavorate che uscivano dalle mani di Ammur venivano scambiati con prede, frutti di mare, frutta e pezzi pietra non lavorata e questo faceva di Ammur un uomo felice, orgoglioso delle sue capacità e sicuro di poter dare un futuro a sé e alla sua famiglia. Erano passati ormai alcuni anni da quando , insieme ad una decina di altri suoi compagni, provenienti dalla grande stazione presistorica situata sul Gargano e dopo un viaggio durato molti mesi, avevano raggiunto il vecchio nonno Immor, il primo artigiano della selce immigrato a Giancola. Immor attraverso il sistema di collegamento fatto di sentieri, passi tra fiumi e paludi e che faceva giungere selce di ottima qualità e prodotti finiti dal Gargano sino alle stazioni paleolitiche del Salento, aveva fatto sapere al nipote di esser diventato troppo vecchio, quasi cieco per schegge finitegli negli occhi in tanti anni di lavoro e impossibilitato a soddisfare la grande richiesta di attrezzi della stazione di Giancola e dei tanti nuovi nuclei di cacciatori insediati presso quei luoghi che oggi si chiamano Torre Guaceto, Apani, Punta Penne e Punta delle Terrare . Rasoi per le pelli, coltelli e punte di lance affilate, secondo la raffinata tecnica del Gargano erano molto richiesti tra gli abitanti delle “stazioni” del brindisino e non avevano praticamente concorrenza da parte degli artigiani locali, capaci solo di fare attrezzi molto più rozzi. Occorreva quindi che altri giovani raggiungessero il vecchio Immor, per soddisfare le richieste di un mercato reso sempre più esigente a causa del diminuire delle grandi prede e bisognoso di armi ed utensili leggeri, affilati e precisi Ammur era rimasto stupito dalla stazione paleolitica di Giancola costruita su un costone di un’ansa del canale, a qualche centinaio di metri dell’attuale spiaggia sottostante Torre Testa . Il costone che si specchiava su un suggestivo lago creato dall’ansa, sembrava una grande groviera per la presenza di tantissime grotte scavate a nella roccia ed abitate da una comunità di raccoglitori di conchiglie che poi si erano trasformati in abili cacciatori che risalendo il fiume riuscivano a spingersi a decine di chilometri all’interno. Ammir e i suoi amici si divisero tra i diversi siti, prendendo moglie tra le giovani dei villaggi , ma mantenendo sempre uno stretto legame tra loro e la tribù di provenienza. In notti come questa, quando il tuono si avvicinava la mente di Ammur tornava alla madre che aveva lasciato, anni prima . Lei stessa lo aveva spinto a partire dicendogli che a Sud avrebbe avuto possibilità di mangiare e stare al caldo meglio che nella fredda stazione della Foresta Umbra , dove l’inverno sembrava non finire mai e gli animali da cacciare non essere più sufficienti per tutta la comunità. Ammur la ringraziava ogni giorno per questo suo consiglio, ma nonostante tutto, quando tuonava nelle notti d’inverno, ritornava piccino, come quando si rannicchiava sul petto della madre per sentirsi rincuorare da quel rumore , quei lampi che lo terrorizzavano. La pioggia incominciò cadere, prima lentamente , poi sempre più scrosciante e fastidiosa a causa di improvvise folate di vento marino. Ammur si alzò per rinforzare i legacci che tenevano a mo’ di tenda una pelle dinanzi all’ingresso della grotta e controllò che i canali di scolo, scavati dinanzi all’uscio, fossero sgombri da terreno o materiale di risulta delle sue lavorazioni. I prodotti migliori, lui li teneva custoditi in una nicchia posta nella parte più interna della grotta: lame e punte di fecce , ma anche ultimante molte scuri che gli appartenenti di una tribù dell’interno gli avevano ordinato. Una richiesta insolita per il numero e l’urgenza ma Ammur aveva provveduto, senza far domande ed ora decine di pesanti asce di pietra attendevano di essere barattate . Se esse servissero, insieme a coltelli e frecce, per cacciare una insolita mandria di orsi o regolare i conti tra tribù rivali a lui questo non contava: lui era un professionista serio e discreto con i clienti!. …Il fiume , dopo mesi di siccità , incominciò a far risentire la sua voce insieme a quella della pioggia. A causa degli incendi creati dai cacciatori ed alimentati dalla siccità, lungo tutto il percorso del fiume alberi bruciati ed altro materiale avevano ostruito il percorso del fiume, creando delle dighe artificiali che erano divenute luoghi per pescare agli insediamenti umani posti a monte della foce dello stesso e questo aveva fatto sì che, avere acqua pulita e fresca per la comunità di Giancola era divenuto negli ultimi mesi un grave problema, insieme al fatto che le maree sterpaglie ostruito la foce con sabbia e detriti rendendo l’acqua stagnate, malarica e paludosa. Ci sarebbe voluto un lavoro di moltissimi uomini , coordinato, di manutenzione a quel particolare luogo, ma purtroppo molti cacciatori erano stati troppo a lungo lontano e bambini e donne erano impossibilitati a sostituirli in tale compito…Pioveva a dirotto ormai da alcune ore e Ammur sbirciò dietro la pelle-tenda, il livello del fiume era salito ed il rumore che si mescolava con quello della pioggia aveva qualcosa di angosciante. Non era quella l’acqua che ci si aspettava … Il piccolo Mmir iniziò a piangere e la madre andava nervosamente avanti e indietro nella grotta. La sua sorellina anche lei sveglia , fissava muta il padre come cercasse da lui aiuto e sicurezza. La grotta di Ammur era posta con l’ingresso volto a Sud, più in alto delle altre, le più antiche , che erano più in basso per poter agevolmente raggiungere l’acqua e il sentiero che, costeggiando il fiume giungeva al mare. Ammur aveva voluto costruirsela più in alto sfruttando una particolarità della roccia del luogo, a più strati calcarei che gli aveva permesso di costruirsi un preingresso riparato da un cornicione naturale, dove lui, poteva lavorare la pietra alla luce del giorno Ma aveva anche scolpito un sistema di gradini che, non solo scendevano verso il fiume, ma anche salivano verso l’alto, sino alla sommità del costone. Ammur aveva fatto ciò affinché lui, nei momenti in cui era libero dall’impegno dello scheggiare la selce, potesse salire facilmente su in vetta, per rimirare il mare e assaporarne la fresca brezza , ma anche volgere lo sguardo al Nord, dalla direzione da dove molti anni prima era giunto.
Bomm! La pioggia si fece più intensa, l’intera tribù era rintanata nelle grotte in attesa che scampasse. Un rumore sordo e continuo sembrava arrivare dalle lontane sorgenti del fiume.Un lampo improvviso illuminò la scena che paralizzò per alcuni secondi Ammur. Un mostro di schiuma nera, di fango, detriti, alberi bruciati ed abbattuti stava giungendo , grande come una montagna , spazzando ed ingoiando ogni cosa. Ammur comprese che doveva agire, l’adrenalina del ragazzo di un tempo ritornò a scorrere nelle vene: -“ Via! Fuori tutti!”- Afferrata la piccola Mmer con una mano e con l’altra il braccio della moglie le fece risalire, lungo quei provvidenziali gradini che aveva un tempo scavato mentre il mostro di fango sembrava giunto a ghermirli ed i piedi incerti dalla pioggia e dal terrore sembravano non far presa su quelle rocce.. --“Via!”- Mentre sotto di loro , decine, centinaia di tonnellate di materiale come un macigno si schiantavano contro l’ansa del canale che un tempo aveva accolto come un paradiso l’originaria tribù di raccoglitori di conchiglie. Giunti alla sommità del costone, Ammur e la sua famiglia non volsero la testa a vedere il disastro, e continuarono a correre a perdifiato per allontanarsi da quel luogo maledetto e raggiungere la parte più alta del promontorio di Torre Testa. Dietro di loro la morte nera aveva fatto una strage. Non uno dei compagni di Ammur , né donna , né bambino si salvò. Quel luogo fu la loro tomba e divenne tabù per qualche migliaio di anni. Dopo quel grande smottamento il percorso del torrente Giancola ostruito dall’enorme massa di detriti cambiò corso sfociando sulla destra dell’attuale Torre Testa, dove ancor oggi esso termina il suo corso. Le scuri invendute di Ammur furono trovate casualmente solo nel ventesimo secolo dopo Cristo ed oggi, custodite in un museo sono mute testimoni di una tragedia, di una strage provocata purtroppo non solo dalla Natura , ma anche dall’incauto e sconsiderato atteggiamento dell’uomo verso di Essa e che a distanza di migliaia di anni, e nonostante che si dica civilizzato, persevera ad ignorare e oltraggiare le sue regole. Antonio Camuso Osservatorio sui Balcani di Brindisi Brindisi 5 ottobre 2009
3 Agosto 2009 Incendio contrada Montenegro-Pittachi tra discariche abusive , speculazione edilizia e una strada consolare romana da tutti volutamente dimenticata. http://www.pugliantagonista.it/openarea/brindisi_incendio_contradamontenegro.htm Circa una decina di anni fa grazie ad uno studioso del luogo fu divulgata dal Quotidiano di Brindisi, nella pagina cultura, la splendida notizia che quel tratto di strada, che si inerpicava dal canale Cillarese verso contrada Montenegro e i cui resti erano sotto gli occhi inconsapevoli di tutti , era nientedimeno che il primo miglio della strada imperiale Appia-Traiana . Una notizia che avrebbe dovuto essere accolta con impegni da parte delle amministrazioni di bonificare la zona dalle discariche abusiva di materiale edile, provenienti dai cantieri dei quartieri circostanti e relativa valorizzazione di un luogo e di una storia di cui noi brindisi dovremmo esser fieri,fu invece accolta in un silenzio tombale. Nessuno si mosse, nessuno volle finanziare un solo metro di scavo, nessuno pensò di ripulire quella zona. Troppi erano gli interessi in campo e così il Grande Cemento e il Grande Pattume che imperano su Brindisi fecero in modo che quella strada romana ricadesse nell’oblio. Quei meravigliosi e fertilissimi campi coltivati, di quella contrada, che rifornivano di verdure, meloni e pomodori per ”pendole” e contraddistinti da alcuni pini centenari (che per tradizione erano stati piantati e rimpiantati per secoli inconsapevolmente da contadini ignari che quegli alberi erano lì a causa l’usanza dei milites romani di cingere le consolari ed in particolare l’Appia dell’albero simbolo del mediterraneo divenuto mare Nostrum) , sono stati sostituiti da un proliferare di costruzioni similvillette e tante discariche che un bell’incendio, ieri , ha mandato a fuoco con dispersione di inquinanti. Gli unici ad essersi salvati sono quei pini che attendono silenziosi di sapere quale sarà la loro fine, testimoni ingombranti di un passato di una città che vuol essere senza memoria. Da parte nostra con le foto e i video da noi prodotti ed inseriti nella pagina http://www.pugliantagonista.it/openarea/brindisi_incendio_contradamontenegro.htm abbiamo voluto testimoniare l’ennesimo scempio cittadino.
La redazione brindisina di Pugliantagonista.it Brindisi 4 agosto 2009 alcune notizie sull'appia traiana tratte dal web: I lavori per la
costruzione della via Appia iniziarono nel 312 a.C. per volere del
Console Appio Claudio Lucio. Il percorso originale dell'Appia
Antica collegava l'Urbe (partendo vicino alle Terme di Caracalla) con
Ariccia, il Foro Appio, Terracina, Fondi, Itri, Formia, Minturno,
Mondragone ed infine Capua. Successivamente
la strada venne ancora ampliata (190 a.C.) fino a Benevento (Beneventum)
e Venosa, che venne fondata a quell'epoca e popolata da 20.000
contadini romani. In epoca successiva, la strada venne prolungata fino
a Taranto e Brindisi. La via Appia
Traiana, avrebbe unito Roma "caput mundi" con le provincie
meridionali della penisola, e attraverso il porto di Brindisi, dove la
"Regina Viarum" termina, con
l'Oriente. Difatti, sono numerosi i ritovamenti di anfore olearie e
contenitori per il trasporto delle merci. Nei primi anni
del II secolo d.C. l'imperatore Traiano le aggiunse il suo nome.
Grazie alla via Appia Traiana era possibile andare da Roma a Brindisi
in 13/14 giorni lungo un percorso totale di 540 chilometri. *** *** *** Nell'epoca delle
crociate la via Traiana fu conosciuta anche con l'appellativo di "via
Francigena del Sud". [Lettura
consigliata: La via francigena del sud. L'Appia Traiana nel Medioevo;
di Stopani Renato] http://www.ostuniolio.it/pagina.asp?pg=189 Si trattava di una variante della via Appia e collegava
Benevento (Beneventum) a Brindisi ( Brundisium ),
attraverso Aecae (Troia), Herdonia (Ordona), Canusium
(Canosa di Puglia), Rubi (Ruvo di Puglia), Butontum
(Bitonto); da qui proseguiva lungo la costa toccando Barium (Bari)
ed Egnatia (presso Fasano). http://www.viaggioadriatico.it/ViaggiADR/rete_interadriatica/beni/via-appia-traiana
Carabinieri ed Archeologia 13 gennaio 2009- Archeologia: l'Italia devastata dal saccheggio di opere...ma è solo opera di maniaci collezionisti o l'effetto della cementificazione e della rapina del territorio coordinata dai padroni di case d'asta e grandi capitalisti che diversificano i loro investimenti in tempi di crisi del valore dei mercati finanziari?
Il Rapporto del Comando carabinieri Tutela Patrimonio Culturale
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