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GERDA TARO
In ricordo della
antifascista Gerda Taro,( l’altra metà di Robert Capa)
la prima reporter donna uccisa
nella guerra di Spagna.
Ma la lotta di resistenza
antifascista non fu appannaggio dei soli uomini come
apprendiamo dalle mille testimonianzeche attestano
i mille sacrifici ed eroismi delle donne
in quel teatro mondiale
di lotta al
nazifascismo ancor prima
che esso si affermasse con i suoi regimi
in mezza Europa. Lo testimonia il sacrificio di Rosa Luxemburg ,
ma anche delle donne della Repubblica spagnola contro il fascista
Franco appoggiato da Mussolini ed Hitler.
A render pubblico il
loro ruolo contribuirono
i reporter internazionali antifascisti che con le loro foto
testimoniarono tuti gli aspetti di quella sanguinosa guerra civile. Tra
essi/e , oggi , in questo luglio 2017,
a 80 anni dalla sua
crudele morte , vogliamo
ricordare, per non dimenticare la bellissima, coraggiosissima
nonostante la sua giovane età (26 anni)
Gerda Taro, l’altra
metà di Robert Capa.
Quanto
il suo esempio di donna tedesca antifascista e ribelle fosse temuto e lo
sia ancor oggi lo testimonia l’accanimento
col quale i nazisti di ieri e di oggi cerchino di distruggere il
suo ricordo. Durante la seconda guerra mondiale
i nazisti profanarono la sua tomba , a Parigi e distrussero
l’epitaffio che nessuno ha voluto ricostruire. L’anno scorso nel 2016 ,
nella sua natìa Germania, fu
esposta una mostra di sua fotografie e al termine di quel festival
fotografico a Leipzig rimase una grande riproduzione della sua opera. Il 4
agosto 2016, esattamente un anno fa, ignoti hanno
distrutto l’opera con della vernice nera. I sospetti sono caduti
sulle organizzazioni neo-naziste antisemite
che protestano contro
la presenza dei migranti. Un accanimento contro la sua memoria che ricorda
quello dei nazisti contro quella della rivoluzionaria comunista
Rosa Luxemburg .
la tomba originale di Gerda
Taro prima della profanazione nazista
Tra le tantissime foto scattate da lei nella guerra
di Spagna ne abbiamo scelte
due , la prima quella di un combattente antifascista che cancella l’Arriba
Spagna e con il pennello sul muro scrive Arriba Russia, disegnado una
falce e martello,
testimonianza di come la
Rivoluzione d’Ottobre fosse un punto di riferimento dei “proiletari di
tutto il mondo”.
L’altra è quella di un miliziano repubblicano
rannicchiato con il suo moschetto che difende più che con il suo corpo che
con il fucile che impugna , la donna che gli sta a fianco, sorridente.
Infine la fotyo scattata dal suo compagno di fede e di amore Firedman
alias la metà maschile di
Robert Capa. Una foto che la vede riposarsi stremata dopo la vittoriosa
battaglia di Brunete, appoggiata ad un cippo miliare di una strada.Una
stanchezza di chi vive intensamente una vita vissurta pericolosamente al
servizio della Rivoluzione. In quel corpo fragile , in quel viso quasi angelico, si nascondeva una grande donna
che noi salutiamo a pugno chiuso!
Il ricordo della sua vita , rintracciabile anche su
wikipedia lo lasciamo all’articolo scritto da un’altra donna, Maria Grazia
Giordano Paperi, sul sito librario l’Undici
alla pagina
http://www.lundici.it/2016/07/gerda-taro-laltra-meta-di-capa/
Di lei vogliamo ricordare un paio di8 libri anche se
diverse sono le pubblkicazioni internazionali che la ricordano:”
L’ombra di una fotografa” di
François Maspero Ed. Archinto. “Gerda Taro. Una fotografa rivoluzionaria
nella Guerra civile spagnola” di Irme Schaber Ed. Derive Approdi
Gerda Taro. L’altra metà di Capa
All’alba del 26 luglio 1937 a Madrid, in un
ospedale allestito all’Escorial, moriva Gerda Taro, il 1° di Agosto
avrebbe compiuto 27 anni.
Al suo funerale, celebrato a Parigi proprio quel 1°di Agosto,
parteciparono personalità di spicco della politica e della cultura, mentre
una banda suonava la Marcia Funebre di Chopin, una folla di oltre 100.000
persone seguiva il feretro.
Pablo Neruda, fra gli altri, lesse un elogio funebre in memoria di Gerda e
Alberto Giacometti realizzò il monumento sepolcrale per la tomba che fu
collocata al Père Lachaise, nella zona dedicata ai rivoluzionari.
Negli anni dell’occupazione tedesca e del regime collaborazionista
francese il sepolcro di Gerda fu violato e l’epitaffio danneggiato, non fu
mai restaurato. La memoria stessa di Gerda per decenni fu smarrita
nell’oblio del tempo.
Anni fa ho passato un’intera mattinata alla ricerca di quella tomba, senza
successo.
Chi era Gerda Taro? Nacque a Stoccarda nel 1910 con il nome di Gerta
Pohorylle in una famiglia della buona borghesia ebraica di origini
galiziane. Crebbe a Lipsia, adolescente spensierata, studentessa
eccellente. Bella, estroversa, ribelle, il 19 marzo 1933 venne arrestata e
imprigionata perchè sospettata di aver partecipato alla distribuzione di
volantini antinazisti. Il 30 gennaio di quello stesso anno tale Adolf
Hitler era diventato cancelliere, eletto dalla maggioranza del popolo
tedesco. Gerta non era, e probabilmente non fu mai, iscritta ufficialmente
ad alcuna organizzazione o partito comunista, ma la sua educazione e la
sua cultura erano squisitamente laici e di sinistra e la sua natura
profondamente rivoluzionaria.
Di quella esperienza di detenzione ci è arrivata la testimonianza di una
compagna che racconta come Gerta al suo ingresso in cella si fosse scusata
con le altre detenute per il proprio abbigliamento “(…) le SA mi hanno
arrestata proprio mentre stavo uscendo per andare a ballare”. Divenne
presto la Liebling, l’idolo, delle prigioniere: distribuiva le sigarette
che il padre riusciva a farle arrivare, cantava arie americane, insegnava
alle compagne parole di inglese e francese, lingue che lei padroneggiava
con disinvoltura. Gerta escogitò ed insegnò anche a comunicare con le
celle vicine con l’alfabeto dei colpi.
Restò in prigione 17 giorni, salvata anche dal proprio passaporto polacco,
dopo il suo rilascio decise, o i suoi genitori per lei, di lasciare la
Germania. Alla fine dell’estate del 1933, raggiunse Parigi
, come tanti esuli
antifascisti italiani o tedeschi.
A Parigi i primi tempi furono duri, sistemazioni di
fortuna presso amici o conoscenti, piccoli lavori: ragazza alla pari,
segretaria, modella. Parigi era il centro di un’intensa attività
artistica, letteraria e politica e molti dei protagonisti erano emigrati
come Gerta. Nei caffè che anche lei frequentava si potevano incontrare
grandi nomi, Walter Benjamin, Joseph Roth, Ernest Hemingway e personaggi
meno conosciuti. Era il settembre del 1934 quando Gerta incontrò un
giovane fotografo ungherese, Endre Friedmann, francesizzato in Andrè
Friedmann. Fu l’incontro del destino.
Nelle parole di chi conobbe Gerta e Andrè sono descritti belli,
affascinanti, traboccanti di vita e intensamente liberi. Dopo il loro
incontro si innamorarono, vissero insieme, si separarono, si ritrovarono,
non si persero mai di vista.
Gerta si avvicinò alla fotografia e grazie ad Andrè ottenne un impiego
fisso all’ agenzia anglocontinentale Alliance di cui, per un anno, fu la
factotum, dove perfezionò la tecnica della fotografia e della stampa e
imparò a conoscere e trattare il mercato del fotogiornalismo in crescita.
E’ a questo punto che la storia di Gerta e Andrè si
confonde alla leggenda.
I due giovani innamorati, ambiziosi, talentuosi e
decisi a conquistare il mondo, si inventarono un personaggio, un fotografo
americano, ricco, famoso e molto costoso, temporaneamente in Europa. Il
personaggio doveva avere un nome, la scelta cadde su Robert Capa, che
ricordava il cognome del famoso regista Frank Capra. Pare che l’idea venne
a Gerta, magari dopo essersi amati, nell’esaltazione della passione
reciproca, o forse dopo una sera al cinema, quando ci si lascia
trasportare dai sogni, o dopo qualche bicchiere di vino buono non
accompagnato da regolare cena, la vita da giovani bohemien non sempre
contemplava pasti regolari.
Anche Gerta cambiò il proprio nome in Gerda, Taro. Entrambi gli pseudonimi
avevano il vantaggio di suonare esotici e dall’origine poco riconoscibile.
Lo stratagemma funzionò. Robert Capa nel giro di qualche mese diventò un
fotografo richiestissimo e molto apprezzato.
Nel luglio del 1936 scoppiò l’insurrezione franchista, Gerda e Bob si
recarono in Spagna. Avevano due macchine fotografiche una Rolleiflex e una
Leica, entrambi usavano entrambe, fotografavano la folla, il fermento, le
barricate, le milizie, il fronte. Entrambi firmavano indifferentemente le
proprie fotografie “CAPA”.
Ritornarono a Parigi e poi diverse volte in Spagna. Il sodalizio
professionale e sentimentale era intenso e proficuo. Erano una coppia, ma
Gerda rifiutò ripetutamente di sposare Andrè. Voleva “rimanere un essere
libero. La sua compagna, pari in ogni campo, compreso l’amore: non sua
moglie”.
Nel Luglio del 1937 i Capa erano ancora in Spagna a documentare la guerra.
Andrè doveva rientrare a Parigi per trattare con alcune agenzie e cercare
finanziatori per un viaggio in Cina. Gerda rimase a Madrid. Si lasciarono
con l’intesa di ritrovarsi a Parigi dopo una decina di giorni. Non si
videro più.
Se una foto non è buona non eri abbastanza vicino”.
(Robert Capa)
In quei giorni di assenza di Robert Gerda realizzò il suo più importante
reportage sulla battaglia di Brunete e fu proprio di ritorno da quel
fronte che la giovane fotoreporter perse la vita, era stata troppo vicina.
Aveva lavorato intensamente, incurante del pericolo, dopo ore passate in
un buco a fotografare aveva terminato i rullini, così aveva trovato un
passaggio per rientrare a Madrid viaggiando aggrappata al predellino di
un’auto colma di feriti.
Inaspettatamente aerei tedeschi attaccarono il convoglio. Un carro armato
“amico” perse il controllo e investì l’auto a cui era attaccata Gerda che
cadde rimanendo schiacciata sotto i cingoli.
“Avete messo al sicuro le mie macchine? Sono nuove” Chiedeva. Raccontarono
che “Durante tutto il trasporto, con le mani sulla pancia, tenne premute
le sue stesse viscere”. Si mostrò incredibilmente forte e coraggiosa,
mrono che “Durante tutto il trasporto, con le mani sulla pancia, tenne
premute le sue stesse viscere”. Si mostrò incredibilmente forte e
coraggiosa, ma era ferita molto gravemente. Fu sottoposta a
trasfusione e operata. Il medico che l’aveva in cura raccomandò di
non farle mancare la morfina per renderle più sopportabili quelle ore. Le
ultime. All’alba del 26 Luglio chiuse gli occhi. Per sempre. Ecco dunque
chi era Gerda Taro, una giovane donna bella, affascinante, talentuosa e
libera che è stata, sia pur brevemente, l’altra metà del grande artista e
fotografo celato dallo pseudonimo Robert Capa e poi troppo a lungo fu
dimenticata. Più volte Robert Capa raccontò che all’alba di quel 26 luglio
1937 era morto anche lui.
Maria Grazia Giordano Paperi
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