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VITTIME
URANIO FORUM
COMMISSIONE DI INCHIESTA DEL SENATO SCRIVETE I VS.
COMMENTI SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE COMMENTI DI
FALCO ACCAME 1) Nano
particelle. Audizione della dott.ssa Antonietta M. Gatti del 27 marzo 2007
Se ho inteso bene il resoconto dell’Audizione, la dott.ssa Gatti
nella sua esposizione ha accantonato la possibilità che alcune delle
patologie di cui si discute, possano essere derivate dall’uranio impoverito
e che invece, occorra concentrarsi sugli effetti della nano particelle nelle
quali non si riscontra la presenza di uranio impoverito.
Mi pare che ciò coincida con quanto si legge nell’articolo
pubblicato sul quotidiano ‘
Nella teoria della dott.ssa Gatti, l’uranio viene inteso, per usare
un termine sociologico, come il “mandante”, il quale resta occulto, mentre
devolve l’azione ai “mandati” che sarebbero numerosi metalli, come lo
stronzio ed altri.
Dunque, sempre in relazione a questa metafora sociologica, l’uranio
sarebbe una specie di “Totò Riina” che non compare mai nei delitti di
mafia effettuati dai suoi “mandati”.
Infatti, la dott.ssa Gatti sostiene di non aver trovato traccia
dell’uranio impoverito nei reperti da lei esaminati, ma sempre altri
metalli. Il rapporto tra uranio impoverito e tumori quindi non esisterebbe. E
per quanto riguarda il rapporto tra gli altri metalli e l’insorgere di
tumori, malformazioni alla nascita, patologie neurologiche, ecc. non vi
sarebbero prove ed il legame resterebbe di tipo probabilistico. Ma
il punto che mi preme mettere in evidenza è che la teoria della dott.ssa
Gatti riguarda la pericolosità dell’uranio per così dire “a caldo”,
anzi potremmo dire “a caldissimo”, visto le temperature che si sviluppano.
Ma
quanto sopra non copre affatto la situazione di rischio presentata
dall’uranio e specificamente ribadita in tutte le norme di protezione che
dal 1984 sono state individuate. Infatti, se la teoria della dott.ssa Gatti si
può prestare ad esaminare la pericolosità nella situazione di impatto di un
proiettile contro un ostacolo, non si presta a valutare il pericolo “a
freddo” nel caso di maneggio di proiettili all’uranio impoverito o, ad
esempio, barre di compensazione degli impennaggi degli aerei. Pensiamo,
ad esempio anche al maneggio di proiettili
che si sono conficcati nel terreno da parte di civili (spesso bambini) nelle
località bombardate. Pensiamo al maneggio di proiettili nei depositi di
munizioni, o al maneggio di residuati di proiettili in Italia e all’estero. Mi
preme menzionare il fatto che a proposito del maneggio di munizioni e dei
pericoli relativi, vi è stata in passato una polemica di cui riferiscono gli
allegati, che si è sviluppata nel deposito delle “Casermette” a Bibbona
presso Cecina. Gli artificieri che dovevano ripulire dei proiettili dalla
ossidazione che si era verificata, chiesero un intervento della locale ASL
perchè erano preoccupati per la loro salute. Questa
è, ad esempio, una situazione in cui la teoria della dott.ssa Gatti è
inapplicabile perchè è una situazione di rischio “a freddo” e non “a
caldo” e riguarda lo strato di ossidazione che si sviluppa sulla superficie
del metallo. Qui non sono in gioco nè altri metalli nè “mandanti
occulti”. Ma perchè una teoria possa ritenersi valida, deve poter essere
applicabile in tutte le situazioni. Desidero,
infine, precisare che quelle che, almeno al sottoscritto, risultano essere le
prime norme di protezione inviate all’Italia in ambito NATO, sono quelle del
1984. E’ proprio in queste norme di protezione che si precisano i
provvedimenti da adottare, di fronte ai pericoli dell’uranio impoverito, e
che sono costituiti dall’uso di guanti, tute, maschere, occhiali. Queste
norme furono riprese anche in un articolo del quotidiano ‘Metro’, a firma
della giornalista Stefania Divertito. Le
norme del 1984 si riferiscono specificamente ai pericoli che presenta il
maneggio delle barre di uranio che, come sopra accennato, vengono usate negli
impennaggi degli aerei militari e di quelli civili. Uso che è stato, da
qualche anno, proibito. Può
forse essere non inutile ricordare da che cosa nacque un primo allarme sulla
pericolosità dell’uranio impoverito, dopo quello che era stato dato in
Australia negli anni ’50. In Giappone si verificò che, al decollo, un aereo
si schiantasse al suolo producendo un furioso incendio che risultava
inspiegabile agli esperti. Dopo attenti studi si dedusse che questo incendio
anomalo si era sviluppato per via dell’effetto piroforo delle barre
all’uranio contenute nei timoni di direzione, quando si sviluppò
l’incendio. Quanto avvenuto in Giappone si ripetette anche, su scala minore,
in Italia, presso l’aeroporto della Malpensa. L’esito (all’italiana) fu
il licenziamento del Vigile del Fuoco che aveva denunciato il fatto. In
conclusione, mi sembra che non ci si possa fondare sulla teoria della dott.ssa
Gatti indipendentemente dal fatto che possa o meno dimostrare la pericolosità
dell’uranio impoverito in quanto tiene conto solo della problematica a caldo
e non di quella a freddo. Mi
pare anche che, pur nei limiti che riguardano la situazione a caldo, la teoria
non porti ad affermare nè che l’uranio impoverito possa essere la causa dei
tumori, e neppure il contrario come hanno cercato di sostenere coloro che
attribuiscono ai vaccini e non all’uranio la causa delle patologie,
dimenticandosi che queste patologie si sviluppano non solo all’estero, al
personale a cui sono state fatte particolari vaccinazioni, ma anche sul
territorio nazionale per militari e anche per civili, come è apparso per
esempio, in alcuni poligoni della Sardegna e nelle zone adiacenti. Si
ritiene, perciò necessario, un maggior approfondimento sulla questione anche
nell’ambito della stessa commissione di indagine e negli appropriati organi
competenti nel campo scientifico. 2)
Approfondimenti epidemiologici. Audizione del dott. Valerio Gennaro, pag. 22 e
segg. del 27 marzo 2007
Dati i tempi assai ristretti per l’audizione, mi pare sia rimasto
dello spazio per porre ulteriori domande al dott. Gennaro che, in qualità di
Epidemiologo, ricopre un ruolo sicuramente importante.
Alcune domande che forse potrebbero essergli poste e che possono
condurre a degli approfondimenti, sono le seguenti: Ritiene che le Relazioni Mandelli, possono essere
significative nonostante che, per quanto riguarda le zone di impiego del
personale, considerino solo le aree della Bosnia e del Kossovo e non
considerino invece le aree della Guerra del Golfo e della Somalia e le aree
dei poligoni in Italia, ma anche destinazioni come depositi di materiale in
Italia? Ciò tenuto presente anche che vengono conteggiate presenze in aree
possibilmente contaminate solo nei riguardi di personale in “missione”,
escludendo quindi tutto il personale assegnato a “destinazioni”
in Italia. Le “Relazioni Mandelli” possono essere
considerate uno studio epidemiologico, visto che, tra l’altro, sono state
condotte mentre il fenomeno era in pieno svolgimento? Quali suggerimenti potrebbe fornire per un
rifacimento o completamento degli studi della Commissione Mandelli?
Ritiene che sia opportuno introdurre un programma di
sperimentazione per poter confermare o meno le deduzioni di tipo statistico? Si ritiene necessario, per stabilire se non si può
escludere la pericolosità dell’uranio, una sperimentazione e quali
dovrebbero essere le caratteristiche di una simile sperimentazione? L’adozione della distribuzione di Gauss al posto di
quella di Poisson che ha portato ad un allargamento degli intervalli di
confidenza del SIR ha fatto perdere di significato alle conclusioni, in
particolare per quanto riguarda Può considerarsi fondata l’affermazione contenuta
nelle Relazioni Mandelli secondo cui le neoplasie maligne (ematologiche e non)
considerate globalmente, secondo cui il numero di casi risultanti è inferiore
a quello atteso? Si può escludere che l’uranio, che tra l’altro
è sicuramente pericoloso dal punto di vista chimico, dato che si tratta di un
metallo pesante, produca tumori o altre patologie? Ritiene accettabile che le Relazioni Mandelli si
siano limitate all’esame di casi di tumori e non abbiano preso in
considerazione anche patologie neurologiche (come il morbo di Gehring) e i
casi di malformazione alla nascita? Ritiene accettabile che non sia stato dato corso, in
pratica, al programma pure previsto di monitoraggio (follow up) in parte
dipendente anche dagli accordi stipulati tra Stato e Regioni e cosa ritiene si
dovrebbe fare per rendere possibile, in realtà, questo ovviamente necessario
follow up per seguire l’evoluzione dei casi? Tutto ciò anche tenendo
presente le rilevanti somme che sono state spese senza esito? Ritiene valido il confronto fatto con i registri
tumori che riguardano la sfera civile, tenuto conto delle particolarità del
personale militare (età di massima compresa tra i 20 e i 45 anni), idoneità
fisica accertata attraverso visite mediche selettive all’inizio della vita
militare e di controllo nei tempi successivi, ma anche in relazione al fatto
che, mentre le Forze Armate sono prevalentemente composte di personale
Meridionale, i registri tumori si trovano prevalentemente nel Nord? Sempre a proposito dei registri tumori, i cui dati più
recenti sembrano siano del 1996, che tali registri possano essere utilizzati
per eventi distanti di vari anni, tenuto conto delle variazioni che i dati
stessi subiscono? Inoltre ritiene accettabile l’aver preso in
considerazione un campione di popolazione legato all’Arma dei Carabinieri
data la non omogeneità dei Carabinieri stessi con il resto del personale
delle Forze Armate? 3) L’uranio
che non si trova nelle analisi. Audizione del Sen. Bodini, pag. 25 e segg.,
del 27 marzo 2007
Il Sen. Bodini mette in rilievo il fatto che “l’uranio non si trova
almeno apparentemente”. A questo proposito il prof. Evandro Lodi Rizzini,
Preside della Facoltà di Chimica e Fisica dell’Università di Brescia, in
un suo intervento di qualche anno fa a Pisa, in un Convegno sulla problematica
dell’uranio impoverito, ha fornito interessanti elementi teorici anche
basandosi sulla sua attività di sperimentazione in campo nucleare presso il
CERN di Ginevra.
Il prof. Rizzini ha infatti espresso alcune valutazioni sul tema della
cosiddetta “sparizione” dell’uranio quando un proiettile impatta un
ostacolo solido.
Se le particelle dell’uranio non si trovano perchè sfuggono alla
capacità di individuazione di una determinata apparecchiatura, ciò potrebbe
significare che sono di dimensioni talmente minuscole da sfuggire alla capacità
di localizzazione dell’apparecchiatura stessa. Ma ciò le porterebbe ad
essere ancora più dotate di capacità di penetrazione nell’organismo umano.
Ma difficilmente sembra si possa parlare di sparizione in senso assoluto.
Oltrechè da insufficienze insite nello strumento, potrebbero essere chiamate
anche in causa modalità di impiego dello strumento.
Comunque, sul tema della non esistenza riscontrata di particelle di
uranio (tema che può venire utilizzato strumentalmente per affermare che
l’uranio è innocuo), potrebbe forse essere ascoltato il parere di esperti
in campo nucleare. 4) Errori
Commissione Mandelli. Audizione del Prof. Grandolfo, pag. 11 della relazione
dell’11 Aprile 2007.
Il Prof. Grandolfo muove due critiche alle Relazioni Mandelli. In
particolare a pag. 11 afferma: “L’altra critica, anche questa sensata,
riguarda il fatto che non avendo i nostri soldati, per un certo periodo di
tempo, ricevuto indicazioni precise circa particolari modalità di protezione
dall’eventuale contaminazione da uranio, il confronto era stato fatto
prendendo a base la popolazione militare nel suo complesso. Allora sono state
individuate due distinte “coorti” di militari: una precedente l’adozione
delle dotazioni di protezione, e una successiva. I numeri sono cambiati
aritmeticamente, ma la sostanza no. In questo senso, neppure con metodiche
diverse, e con tutte le limitazioni che volete, abbiamo sempre
rilevato un eccesso di linfomi di Hodgkin”. In relazione a queste
affermazioni, formulo le seguenti osservazioni: La
critica di cui sopra, ritenuta ora sensata,
fu da me sollevata anche nel corso del Convegno che si tenne presso
l’Istituto Superiore di Sanità. Quando io sostenni questa critica (come
possono testimoniare molti dei presenti), fu affermato dai rappresentanti
dell’Istituto di cui il Prof. Grandolfo fa parte, che questa critica era del
tutto infondata e, anzi, vi fu un tentativo (assai sgradevole) di togliermi
addirittura la parola. Cercherò, allora, di precisare la critica che mossi
nei suoi termini esatti. Nelle tre Relazioni Mandelli, il numero dei
potenziali militari contaminabili in Bosnia e Kossovo, è un numero variabile,
ma sempre oltre i 40.000. Io affermai che da questa cifra andavano tolti i
circa 12.000 militari che avevano operato, dopo il 2000, ed avevano l’ordine
di adottare le norme di precauzione che erano state varate il 22 novembre
1999. Io sostenni quindi, che almeno 12.000 persone dovevano essere tolte dal
conteggio, perchè essendo protette costituivano una categoria protetta
diversa da quella dei militari non protetti. Affermai questo già a partire
dalla Prima Relazione, nella quale già questo errore era contenuto. Occorreva
togliere dal conto quasi un terzo del personale che era stato preso in
considerazione. Credo sia evidente a tutti, per fare un esempio, che non è la
stessa cosa parlare di un morto su 20 casi o su 30 casi. Il
punto è che andavano rifatti i “conti”, perchè cambiano i parametri di
rischiosità del personale. Ciò è ancora, attualmente necessario, per
consentire alla Commissione, recentemente costituitasi, di poter lavorare con
dei dati più realistici. Non
entro qui nel merito del numero dei 40.000 potenziali esposti, un numero
assolutamente aberrante rispetto alla realtà, perchè questo numero è stato
fornito alla Commissione dall’esterno, credo dalla Direzione di Sanità. Mi
è anche stato detto che, a proposito di questi numeri e dei dati forniti, vi
furono delle contestazioni tra chi i dati aveva ricevuto e chi li aveva
forniti. Ma questo è un altro discorso, anche se certamente è finalmente
necessario stabilire, non solo il numero complessivo di potenziali
contaminati, ma anche individuare differenziate zone di rischio alla
esposizione. Non posso, infatti, considerare egualmente esposto un militare
che si trova a pochi metri da un obiettivo colpito e un militare che si trova
ad un chilometro, a dieci o a cento chilometri di distanza. Occorre, cioè,
stabilire, in base alle posizioni in cui si trovavano i nostri militari (che
sono note in base ai rapporti dell’attività quotidiana dei reparti) e la
posizione degli obiettivi colpiti. Credo
che, mentre per il Kossovo Comunque,
indicazioni più precise si possono ricavare dai rapporti di volo degli aerei
che sono stati usati nei bombardamenti in Bosnia e Kossovo attraverso quanto
risulta dai rapporti di volo. Se
si vuole approfondire la materia occorre, finalmente, entrare in possesso sia
dei dati relativi alle posizioni dei bombardamenti, sia dei dati relativi alle
posizioni dei nostri reparti, per avere una cognizione delle distanze tra
obiettivi colpiti e uomini sul campo. Conta, però, anche la “distanza nel
tempo”, perchè non c’è lo stesso rischio nel trovarsi presso un
obiettivo colpito lo stesso giorno del bombardamento, un anno dopo o cinque
anni dopo. Inoltre,
il numero di 40.000 persone presenti sui teatri operativi della Bosnia e del
Kossovo è anche molto superiore al numero complessivo dei militari impiegati
nei Balcani che, secondo l’ultimo libro bianco della Difesa, è di 27.000. Merita
ancora un accenno il fatto che nostri reparti hanno operato in Albania e
Macedonia, al confine con la zona più bombardata del Kossovo, la zona
meridionale, e che
In
un secondo punto dell’Audizione si afferma: “ABBIAMO SEMPRE RILEVATO UN
ECCESSO DEI LINFOMI DI HODGKIN”. Occorre in proposito distinguere tra
eccesso che non influisce sui risultati ed eccesso che influisce sui
risultati. Al termine della Prima Relazione, ed in particolare in sede della
conferenza stampa, conferenza a cui ero personalmente presente, si affermò,
di fronte a tutti i mass media, che nessun parametro critico di rischio era
stato superato, anche se qualcuno avvicinato. Comunque, come noi tutti
ricordiamo, il messaggio che passò attraverso tutti i mass media al termine
della Prima Relazione, fu che in pratica non esistevano pericoli. Si trattò
di un messaggio che credo abbia influenzato le Commissioni mediche nel tendere
a non concedere cause di servizio, e certamente ha affievolito l’attenzione
per una rigorosa applicazione delle norme di protezione ed ha avuto anche
delle conseguenze negative legate al fatto che molti reduci da operazioni cui
avevano avuto la possibilità di incorrere nella contaminazione da uranio
impoverito, non hanno posto sufficiente attenzione sul fatto che la loro
malattia poteva dipendere da questa contaminazione. E quindi non si sono avute
delle segnalazioni tempestive, la cui importanza è ovvia. L’eccesso
dei linfomi di Hodgkin, avente un risultato incidente sulla pericolosità,
avvenne solo dopo che fu corretto, nella Prima Relazione della Commissione
Mandelli, un altro gravissimo errore da cui questa era affetta e cioè il
fatto che si era basata, nelle calcolazioni, sulla “distribuzione di
Gauss” al posto di quella di “Poisson”. Solo nella Seconda Relazione,
essendo stato riconosciuto questo errore e presa quindi in considerazione la
“distribuzione di Poisson”, emerse immediatamente quell’eccesso dei
linfomi di Hodgkin che non era emerso nella Prima Relazione e che si manifestò
ancor più chiaramente nella Terza Relazione. E’ importante che
Desidero
ricordare anche la necessità di precisione circa l’entità dei casi di
decesso e di malattia presi in considerazione. Per quanto riguarda i casi di
decesso, mi pare che il Ministero della Difesa si sia fermato a 28, mentre
credo siano molti di più, e ciò anche in considerazione dei seguenti fatti: 1)
2)
3)
4)
5)
Dal
punto di vista metodologico, pur essendosi parlato, a proposito delle
Relazioni Mandelli, di studi “epidemiologici”, è da precisare che si
tratta invece di studi, che potremmo definire “statistici”, non essendovi
tra l’altro le condizioni a monte perchè si potesse addivenire ad uno
studio “epidemiologico”. E’ mancata una attenta considerazione sul fatto
che la componente più rilevante delle Forze Armate è composta da personale
del Mezzogiorno, mentre i registri tumori, a cui si è fatto riferimento (tra
l’altro pochissimi e non completi), appartengono prevalentemente a zone del
Nord Italia. E inoltre, se non vado errato, i dati più aggiornati sono quelli
del 1996, mentre il lavoro della Commissione Mandelli è del 2000. 6)
E
ancora, sempre in rapporto alla questione dei registri dei tumori, i registri
di cui disponiamo si riferiscono ai civili e riguardano una gamma di età
diciamo tra 0 e 100 anni, mentre i militari impiegati in operazioni, hanno
un’età media compresa, diciamo, tra 20 e 45 anni. Ma non è tutto. I
militari, per esigenze inerenti il servizio, devono essere sottoposti a visite
mediche psicofisiche di idoneità, prima di essere ammessi nel Corpo ed in
seguito, sono sottoposti annualmente a visite di controllo. In sostanza,
quello che potremmo definire il “valor medio della salute” dei militari,
è diverso da quello dei civili, e quindi un confronto diretto non può essere
fatto. Mi
limito a queste poche considerazioni, anche se vi sarebbero altri argomenti da
considerare. Ma a me pare che alla Commissione debba essere fornito riguardo
allo, per così dire, “stato dell’arte” in cui ci troviamo, un quadro più
ampio e più completo di ciò che è stato fatto nel campo degli studi. Anche
perchè, stabilire dei limiti di validità è assolutamente necessario per
definire un punto di partenza per eventuali approfondimenti da compiersi in
futuro. 5) Lo Studio
SIGNUM. Audizione del Dott. Caroli, pag. 16 dell’11 aprile 2007
Viene fatto un accenno allo studio SIGNUM (studio dell’impatto
genotossico nelle unità militari). Quanto scritto desta delle perplessità
perchè i 1000 “militari cavia” vengono dotati di tutte le misure di
protezione, e se le misure di protezione riducono praticamente a 0 il rischio,
c’è da chiedersi quali risultati si potranno ottenere nelle analisi di
queste FINTE CAVIE.
Si tratta, in fondo, dello stesso problema emerso per lo studio del
Prof. Nobile che è stato appunto
eseguito su militari della Folgore
dopo il novembre 1999, che adottavano norme di protezione. Era quindi
prevedibile che non potessero essere colpiti da radiazioni. Ne è stata tratta
la conclusione che l’uranio è innocuo.
Ma se si eseguono delle analisi su personale PROTETTO da adeguate
misure di sicurezza, cioè se si effettuano sperimentazioni su “CAVIE
PROTETTE” (ma cosa significa una “cavia protetta”?) il risultato è
probabilmente scontato perchè, ovviamente, la cavia protetta non corre alcun
rischio.
Tra l’altro le protezioni che verrebbero fornite ai “soldati
cavia” sono improntate addirittura a fornire maggiore tutela di quelle
normalmente fornite e rispondenti alle norme USA del 14 ottobre 1993 (che
prevedono l’uso di guanti, maschere, occhiali e tute), in quanto a questi
“militari cavia” viene fornito anche un “facciale
NBC completo di borsa a doppio filtro con indumento protettivo permeabile da
adottare sulla tuta di combattimento per proteggere la pelle da aggressioni
chimiche e da contatto per almeno 24 ore da particelle radioattive”.
Quando il Capo della Sanità Militare, il Gen. Donvito, annunciò
questo studio SIGNUM nell’Audizione del 29 giugno 2004 presso
A mio avviso il punto centrale della questione resta il seguente: se
non si può dimostrare che il personale non corre alcun rischio, occorre
adottare le misure di protezione.
E non credo che lo studio SIGNUM che impiega “personale protetto”,
possa dimostrare che non c’è rischio per il personale non protetto!
D’altra parte, se l’Italia, sia pure con 6 anni di ritardo, ha
dovuto adottare le misure di sicurezza, vuol dire che si reputa che ci sia un
rischio, altrimenti chi ha imposto le misure di protezione potrebbe
essere accusato di aver diffuso notizie false e tendenziose tendenti ad
allarmare il personale coinvolto e le loro famiglie.
La questione non è priva di interesse, anche dal punto di vista
dell’onere finanziario: nell’art. 13 ter della Legge sul finanziamento
delle missioni all’estero, non sono specificate con chiarezza le modalità
dello studio e resta aperto il problema se i nostri militari, e ovviamente
anche i civili, non corrano alcun rischio. Ma naturalmente il problema
riguarda anche le popolazioni civili
locali che si trovano nelle aree colpite dalle armi all’uranio e così
la fauna e l’ambiente. Nessuna misura di protezione può essere adottata per
le popolazioni locali, la fauna e l’ambiente. 6) Sulla
possibile esclusione di rischi. Intervento del Sen. Divina nell’Audizione
dell’11 aprile 2007
Il Sen. Divina si pone la questione delle soluzioni che
Si tratta, certamente, di una domanda estremamente pertinente se, tra i
compiti della Commissione, è quello di individuare soluzioni circa il
problema di casi di morti e di gravi malattie che hanno colpito il personale
italiano ma anche le popolazioni civili locali, e di individuare le cause che
hanno provocato questi rischi ed infine di individuare accorgimenti adeguati.
Quanto alla popolazione civile nelle zone dove si sono fatti sentire
gli effetti dei bombardamenti con le armi non convenzionali, probabilmente
l’unico provvedimento che si può prendere è
quello di impegnarsi per l’abolizione delle armi all’uranio impoverito,
cioè nella messa al bando di queste armi.
Nei riguardi del personale italiano, militare e civile,
che si trova esposto, la soluzione dovrebbe essere quella di adottare,
là dove si sospetta possano essere state utilizzate armi all’uranio
impoverito, quelle misure di protezione che, del resto, ci sono state
comunicate dalla NATO già dal 1984, consistenti nell’usare guanti,
maschere, occhiali e tute. Gli USA che hanno adottato queste norme con estrema
rigorosità fin dall’ottobre
Occorre, inoltre, prevedere l’attuazione di tutti i noti test
precauzionali come VES, Emocromo, Elioforesi delle proteine, test sugli ormoni
della tiroide, ecc. Nonchè assicurare, negli anni successivi,
un adeguato controllo (follow up). Per inciso, si può osservare che
finora un tale controllo è praticamente fallito
Altri provvedimenti auspicabili sono i seguenti: 1)
Prestare maggior attenzione di quanto non è stato fatto in passato
sulle capacità di rilevazione degli strumenti di misura.
Non dobbiamo dimenticare la grave responsabilità che c’è stata nel non
esserci accorti, in Bosnia, degli oltre 10.000 proiettili all’uranio
impoverito lanciati dagli aerei partiti dalla base di Aviano e ciò per via
della inidoneità dello strumento di misura, l’intensimetro RA141B. Della
inidoneità dell’intensimetro, le unità NBC si sono purtroppo accorte, solo
dopo che erano stati sparai i
10.000 colpi, ma occorreva invece testare gli strumenti prima
dell’impiego nel territorio. Si tratta ovviamente di capire come tutto
questo sia stato possibile. 2)
Pretendere un migliore funzionamento dell’Intelligence.
In Somalia l’Intelligence non ha fornito indicazioni sui rischi che
correvano i nostri soldati, pur essendo questi rischi più che evidenti anche
in quanto i reparti USA indossavano tute pesantissime e altre misure come
maschere e guanti. Le misure di protezione impartite ai nostri soldati
riguardavano i pericoli, come quelli derivanti da punture di insetti, colpi di
sole e diarree. Nessuna menzione per quanto riguardava l’uranio impoverito. 3)
Controllare la sicurezza nei poligoni di tiro.
Per quanto riguarda la sicurezza nei poligoni di tiro, occorre finalmente
emanare dei bandi internazionali che facciano di divieto a chicchessia, ad
esempio Forze Armate o ditte straniere che utilizzano i poligoni, di impiegare
armi all’uranio impoverito. In proposito si potrebbe citare quanto accaduto
nel poligono di Vieques presso Portorico, dove in relazione all’impiego di
armi all’uranio impoverito da parte della Marina degli Stati Uniti, vi è
stata una vera e propria sollevazione della popolazione locale, che ha
costretto, di fatto, gli Stati Uniti a non utilizzare più quel poligono.
Occorre poi predisporre nei contratti con le ditte civili che richiedono
l’utilizzo del poligono, delle clausole che tassativamente escludono
l’impiego di armi all’uranio impoverito, cosa che, ad oggi, non è mai
stata fatta. Inoltre è necessario che nei contratti figuri l’impegno delle
ditte a rilasciare alle Autorità Italiane, tutte le indicazioni relative alle
armi impiegate. E’ risultato fino ad oggi che nulla sappiamo circa le
sperimentazioni fatte dalle ditte straniere ai nostri poligoni.
Ad oggi, nonostante le affermazioni di Autorità italiane che
dichiarano che non è stato usato uranio nei poligoni,
nulla possiamo dire in merito,
perchè nulla sappiamo circa le sperimentazioni eseguite dalle ditte. E
quindi in nessun modo possiamo escludere ad esempio l’impiego all’uranio
impoverito. E’ inoltre importantissimo stabilire con chiarezza che l’opera
di sgombero (pulizia, spazzatura, liquidazione) del poligono debba essere
fatta da personale specializzato. Certamente non deve essere fatta, come
purtroppo finora accaduto, da militari
italiani che per di più avevano operato a mani nude, senza alcuna misura
di protezione. Un vero e proprio scempio e antiesempio, una grave carenza
professionale, ancor prima che etica, di cui dovrebbero occuparsi i Tribunali
Militari e Civili. 7) La
situazione nella Ex Jugoslavia. Audizione del dott. Comba, pag. 20, dell’11
aprile
Il dott. Pietro Comba, dirigente di ricerca dell’ambiente, illustra
alcuni aspetti della situazione nei territori della ex Jugoslavia, con
particolare riferimento alla città di Kraguievac e alla fabbrica Zastava.
I dati che si sono finora ricevuti dai paesi della ex Jugoslavia,
andrebbero analizzati con cura. Non ci si può solo soffermare sul caso della
Zastava. Ad esempio, dai controlli effettuati dai Serbi (13 gennaio 2001)
nella valle di Presevo, vicino al confine con il Kossovo, sarebbero stati
riscontrati valori di radioattività 1300 volte superiori a quello normale. Ma
credo che le rappresentanze diplomatiche in Italia dei paesi della ex
Jugoslavia potranno certamente, se interpellati, fornire dati più completi e
attendibili.
Potrebbero essere importanti anche testimonianze di organizzazioni
italiane che si occupano dei problemi della ex Jugoslavia, come ad esempio a
Torino il gruppo di Enrico Vigna e a Roma quello di Marilina Veca. 8) Il confronto
dei dati con gruppi di controllo. Audizione del dott. Chinelli, pag. 27
dell’11 aprile 2007
Il dott. Chinelli, ma non solo lui, ha menzionato il problema dei
gruppi di controllo. Occorre comparare, in sostanza, un soggetto affetto da
tumore per possibile contaminazione da uranio impoverito con un soggetto (di
caratteristiche analoghe) non esposto alla contaminazione.
Naturalmente, occorre stabilire che cosa si intenda per soggetto a
rischio. Il problema è stato affrontato anche successivamente e se ne parla
qui di seguito, in relazione all’Audizione della dott.ssa Lagorio del 17
aprile
Intanto, è ovvio che per soggetto a rischio non si può intendere il
soggetto che adotta misure di protezione e ciò porta, ad esempio, ad
escludere come soggetti a rischio, la grandissima maggioranza dei 65.000
militari che sono stati considerati, invece, a rischio in Kossovo in quanto
dopo il 22 novembre 1999 avrebbero dovuto, secondo le norme, adottare le
misure di protezione.
Inoltre, non è ovviamente da considerarsi nella stessa misura soggetto
a rischio chi opera in immediata prossimità di un obiettivo colpito e chi si
trova, magari, a
Comunque, il Col. Fernando Guarnieri nelle norme di sicurezza per
Il dott. Chinelli accenna alla questione della popolazione di controllo
dei militari a rischio, una
popolazione di altri militari che, ovviamente, non era esposta a rischio.
In una situazione come quella dei poligoni, potremmo pensare di
confrontare i militari che operano nel poligono, ad esempio nella raccolta a
mani nude di proiettili e residuati bellici, con la popolazione che non è
esposta a questo rischio. E potremmo tentare anche di fare un confronto con la
popolazione civile nella stessa area.
Certo, esiste un problema per i militari che si ammalano dopo che hanno
lasciato il servizio e dei quali, quindi, si hanno minori conoscenze dai
Distretti militari e dai Dipartimenti marittimi. Tuttavia indicazioni possono
ricavarsi, ad esempio, in un certo numero di casi, dalle “associazioni
d’arma” a cui molti militari si iscrivono dopo aver lasciato il servizio. 9) La database non può iniziare dal 1 agosto 1994 ma
deve iniziare prima. Audizione della dott.ssa Lagorio del 12 aprile, pag. 12
La dott.ssa Lagorio afferma che “nel database che abbiamo a
disposizione, perlomeno per quello che prevede il sistema di sorveglianza
italiano dello stato di salute, il nostro limite superiore remoto nel tempo è
quello del 1° agosto 1999 “che
ho sempre interpretato come la data della prima missione italiana da noi
ritenuta di interesse per il programma di sorveglianza”. Su questa
affermazione vorrei fare delle osservazioni: Prima osservazione: la base dei dati deve riguardare non solo le “missioni” svolte
all’estero, ma anche le “destinazioni” attuate in Italia, ad esempio nei
poligoni, dove da decenni ditte straniere (oltre alle Forze Armate straniere)
impiegano armi che non possiamo escludere siano all’uranio impoverito o
comunque di tipi sconosciuti. Ciò è comprovato dal fatto che quando
Seconda osservazione: le
missioni all’estero, nelle quali può esserci stata esposizione all’uranio
impoverito, cui hanno partecipato contingenti italiani, non iniziano dalla
Bosnia (1994), ma dalla Guerra del Golfo del 1991, e dalla Somalia nel 1993.
Abbiamo registrato casi di malattia e di morte sia nella Guerra del Golfo che
in Somalia. Ovviamente, anche questi dati dovrebbero essere inclusi nella
“database”.
Terza osservazione: la base
dei dati deve riguardare, non solo le operazioni rivolte all’estero e che
concernono delle “missioni”, ma
anche le “destinazioni” in
Italia. Ad esempio nei poligoni, dove da decenni ditte straniere, oltrechè
italiane, effettuano sperimentazioni di armi che non possiamo escludere
abbiamo compreso armi all’uranio impoverito. Queste sperimentazioni, per
quanto se ne sa, datano dalla metà degli anni ’70 (dopo le operazioni USA
in Vietnam). Su ciò che è accaduto nei nostri poligoni, nelle
sperimentazioni effettuate da ditte, purtroppo non si sa praticamente nulla.
Infatti,
Per quanto riguarda i poligoni situati in altri paesi all’estero,
sappiamo che sono state impiegate armi all’uranio impoverito, ad esempio da
parte della Marina USA, nel poligono di Vieques a Portorico e in alcuni
poligoni della Gran Bretagna.
Nell’Audizione della dott.ssa Lagorio, come pure della dott.ssa
Salmaso, è emersa una questione generale che comunque è di rilevante
interesse e riguarda il problema della relazione tra “ricerca libera” e
“ricerca commissionata”, cioè stimolata da input esterni. Si tratta di un
problema generalissimo e ovviamente anche molto complesso che certo non può
essere oggetto complessivo di analisi, anche se tocca la questione di una
“ricerca commissionata” che ha per oggetto la eventuale pericolosità
dell’uranio impoverito.
Ciò che comunque sembra importante ricordare è che, se la ricerca è
un problema di scelta, non c’è ricerca del tutto neutrale, perchè la
scelta è sempre un problema a monte (spesso, potremmo dire, politico). Si
tratta, allora, di stabilire in cosa il processo di decisione scientifica si
distacca dagli altri processi di decisione: la neutralità avrebbe introdotto
in questi ultimi un processo aperto a tutte le scelte: ma decidere, credo non
dobbiamo dimenticarlo, significa inevitabilmente “tagliare” e forse
“uccidere”. Dico uccidere non a caso, ma non vorrei che questa mia
espressione fosse considerata come “biased”
per un’associazione che, purtroppo, si occupa di tanti casi di uccisione.
Per quanto riguarda il metodo, in particolare il metodo scientifico,
credo ci si debba sempre preoccupare, in relazione alla discussione sulla sua
presunta neutralità, che non diventi surrettiziamente una “via di dominio” per far passare sotto un finto usbergo di
scientificità opinioni non neutrali ma di parte. 10) Protezione
del personale. Audizione della dott.ssa. Lagorio, pag. 13 del
17 aprile 2007
La dott.ssa Lagorio, in relazione alla protezione del personale, cita
il caso dei militari addetti in sminamenti e bonifiche di siti in cui si
trovano proiettili inesplosi.
L’esempio non è significativo, perchè i militari specificamente
impiegati in questi compiti adottano adeguate misure di protezione. Ciò che
interessa, invece, specificamente è il fatto che militari “generici”, cioè
non specificamente addetti a misure di bonifica, hanno raccolto a mani nude,
cioè senza alcuna protezione, grandi quantitativi di residuati bellici. La
miglior prova di tutto ciò è il documentario di Rai News sulla Bosnia che
evidenzia, ictu oculi, cosa è accaduto in fatto di raccoglimento e successiva
distruzione di proiettili e residuati bellici.
Dunque, ancora una volta si confonde, così come è accaduto nelle
relazioni Mandelli, il personale che ha operato adottando misure di protezione
(e quindi, almeno teoricamente, non a rischio) con il personale che ha operato
senza misure di protezione (e quindi a rischio). E se si assume che l’uranio
è innocuo perchè il personale che adotta le misure di protezione non si è
ammalato, si commette ovviamente un grossolano errore.
Del resto, il prof. Grandolfo, nella recente sua audizione presso
In Kossovo dal 22 novembre 1999, erano in vigore le norme di protezione
della Kfor. Nel caso i comandanti abbiano rispettato quanto queste norme
stabiliscono in materia di protezione, la gran maggioranza dei 65.000
“missionari” che si afferma siano stati inviati in Kossovo, ERANO PROTETTI
E QUINDI NON A RISCHIO, e quindi non debbono essere conteggiati tra il
personale esposto.
Per quanto poi riguarda la dizione di “personale esposto”, va
tenuto presente che occorre stabilire delle aree di diverso livello di
esposizione perchè, dato che è stato dimostrato in un recente studio inglese
che le particelle di uranio portate dal vento possono essere trasportate anche
a
Occorre, dunque, fornire una definizione “accettata” di soggetto a rischio o soggetto
esposto con delle ovvie gradazioni di rischio: elevatissimo, elevato,
medio, basso. Ad esempio, è certamente ad elevatissimo rischio chi, senza
protezione, maneggia materiale residuato bellico o chi opera all’interno di
un bunker o di un casamento colpito da armi all’uranio od opera nelle
immediate vicinanze degli obiettivi colpiti e soprattutto a breve lasso di
tempo dalle esplosioni.
Rischi minori sono per chi opera più lontano da obiettivi colpiti ed
anche a maggior distanza di tempo dalle esplosioni. Non è la stessa cosa
trovarsi ad
Naturalmente, per stabilire chi è soggetto a rischio, occorre
conoscere le posizioni relative tra obiettivi colpiti e personale impiegato.
Tali dati sono peraltro, ovviamente, a conoscenza dei reparti che hanno
impiegato gli uomini secondo specifici ordini di operazioni.
Va naturalmente anche tenuto presente che non è la stessa cosa
trovarsi in presenza di un obiettivo colpito da proiettili con 11) I 65.000
militari nei Balcani. Audizione della Prof.ssa Stefania Salmaso, pag. 13 del
17 aprile 2007
Ci si chiede se
Tra l’altro, non va dimenticato che in Kossovo si è operato
soprattutto dopo il novembre 1999, e che da quella data i militari dovevano
adottare misure di protezione. Quindi, in pratica, quasi tutti i 65.000
“missionari” dovrebbero essere esclusi dal conteggio in quanto, dato che
dovevano adottare misure di protezione, non potevano essere considerati come
esposti al rischio.
Non va dimenticato che prima di iniziare una ricerca statistica (se non
epidemiologica - in quanto, a nessun titolo, nemmeno
Anche la cifra dei 159 e 189 casi dovrebbe essere verificata. Tra
l’altro, la relazione Mandelli non prende in considerazione i casi di
malformazione alla nascita e patologie neurologiche come il morbo di Ghering.
Alcune osservazioni: 1^
Osservazione: il dato è sicuramente eccessivo, come quello già sopra
accennato delle 40-45.000 missioni prese in considerazione dalle relazioni
Mandelli, anche tenendo conto di quanto affermato nel libro bianco della
Difesa, a firma del Ministro Martino, dove si parla di circa 27.000 militari
impiegati in tutto il territorio balcanico (comprendente anche Bosnia,
Albania, Macedonia). Già in passato l’ANAVAFAF ha chiesto inutilmente
spiegazioni in merito. E’ risultato, tra l’altro, che una stessa persona
che aveva eseguito più missioni, veniva conteggiata non in quanto sè stessa,
ma in quanto soggetto plurimo di varie missioni. 2^
Osservazione: il fenomeno che stiamo indagando non riguarda solo il personale
IN MISSIONE ALL’ESTERO, ma riguarda anche il personale che svolge servizio
in normali DESTINAZIONI IN ITALIA. Ad esempio quello che presta servizio nei
poligoni di tiro e che non è, quindi, in missione. E così pure il personale
che viene a contatto con l’uranio impoverito in depositi di automezzi, di
vestiario, di armamenti. Tutte questioni completamente dimenticate anche nelle
relazioni Mandelli. 3^
Osservazione: si parla del Kossovo (e a parte gli altri paesi dell’area
balcanica, si dimentica che la problematica riguarda anche i casi che si sono
verificati in Kuwaitt durante
4^
Osservazione: ammesso e non concesso che l’analisi dovesse limitarsi al
Kossovo, omettendo tutto il resto, elementari principi metodologici avrebbero
dovuto richiedere che l’area venisse divisa in zone di diverso grado di
pericolosità in relazione, da una parte alla collocazione del personale, e
dall’altra in relazione alla densità dei bombardamenti nelle varie zone.
E’ ovviamente privo di senso considerare tutto il territorio come ugualmente
sottoposto al rischio. Un italiano che si trovava a Pristina non era esposto
come quello che si trovava, ad esempio, a Prizram, nella zona più esposta.
Perciò andavano fatte preliminarmente delle divisioni per area geografica in
relazione al prevedibile caso di rischio, ma poi andavano ulteriormente
determinate delle zone da definire ad altissima, alta, media, bassa,
bassissima probabilità di contaminazione, tenendo anche conto delle durate di
esposizione a cui era stato sottoposto il personale. Non è evidentemente la
stessa cosa trovarsi a 5^
Osservazione: sono stati messi in un unico calderone militari che prima del
novembre 1999 nemmeno conoscevano l’esigenza di misure di sicurezza e quelli
che, dopo il 2000 invece, avevano dovuto adottare le misure di sicurezza. E’
stata fatta così una specie di media tra ciliegie e cipolle. Il
gravissimo errore a cui sopra si è del resto già fatto cenno, di aver
incluso tra i 40.000-45.000 uomini considerati a rischio in quanto operarono
senza misure di protezione, anche almeno 12.000 persone non a rischio, errore
finora non ammesso, è stato recentemente riconosciuto dal Prof. Grandolfo
nella sua Audizione presso
In
sostanza la cifra dei 65.000 è da mettersi massimamente in dubbio. Forse è
più prossima alla realtà, per quanto concerne i militari esposti a rischio,
una cifra dell’ordine di 6.500 uomini, almeno se si considera un consistente
tasso di rischio. Da
rilevare, anche, che qui si parla solo di militari, ma il rischio doveva
essere considerato anche per tutti i civili che hanno operato in zone di
possibile contaminazione, molti dei quali neppure dopo il novembre 1999 erano
a conoscenza di misure di protezione. Le
osservazioni precedenti riguardano solo la base dei dati assunti in partenza e
non entrano in merito alle metodologie di trattamento di questi dati. Tema su
cui 12) Nascita di
bambini malformati. Audizione della dott.ssa Salmaso, pag. 19 del 17 aprile
2007 Sempre
nella audizione della dott.ssa Salmaso a pag. 19, la dott.ssa ha affermato, a
proposito della nascita di figli nati malformati: “Non sappiamo chi sono,
come facciamo a sapere chi sono i figli? Questo è il problema”. Purtroppo
il problema è stato completamente dimenticato dalla Commissione Mandelli e
non era neppure indicato nel mandato che alla Commissione stessa è stato
impartito. Ma ovviamente, i militari (due casi sono presi in considerazione
nel dossier denominato “Libro nero” dell’ANAVAFAF) che sono incorsi in
questa grave disgrazia, sono noti al Ministero della Difesa e quindi sarà
sufficiente chiedere al Ministero della Difesa l’elenco di tali militari.
Peraltro sono coinvolti non solo i militari ma anche i civili. Naturalmente è
in gioco, anche a questo riguardo, una questione di privacy, problema che è
stato discusso dalla Commissione e rispetto al quale occorre trovare una
soluzione. In
merito, possono fornire anche informazioni le Autorità civili locali. Ad
esempio, nel paese di Escalaplano, nella zona del poligono di Salto di Quirra,
si sono verificati vari casi di bambini nati malformi (la questione fu oggetto
anche di un reportage televisivo di Biagi nella rubrica ‘Cinque minuti’).
Ad Escalaplano esiste anche un Comitato di genitori, a cui sono nati bambini
malformi, che si è preso a cuore la situazione. 13) La mancata emanazione e adozione di misure di
protezione. Intervento del Sen. Casson, pag. 18 dell’Audizione del 17 aprile
2007
Il Sen. Casson ricorda che tra i compiti della Commissione vi è quello
di individuare le cause di morte e di malattia che hanno colpito il personale
italiano impiegato nelle missioni militari all’estero e di indagare su
alcuni aspetti connessi all’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito.
Una delle questioni da appurare è il perchè, pur vigendo: a) la legge
626/94 che deve essere applicata anche in campo militare ed implica che tra
gli incarichi dei comandanti vi è quello di assicurare la massima protezione
possibile al personale dipendente (vedi appunto l’art. 117 del Codice Penale
Militare di Pace); b) la legge
230/95 sulla radioprotezione; c) le
disposizioni di SACEUR del 2 agosto 1966 sulle misure di protezione in
rapporto a “base radiazioni”; d) le
disposizioni della NATO del 1° luglio 1999 non siano state emanate tempestivamente (nè
adottate) misure di protezione almeno da parte di Comandi italiani fino al
maggio 2000 (norme di protezione della Folgore) e per quanto riguarda
l’ambito multilaterale il 22 novembre 1999 (data di emanazione delle norme
di protezione della Kfor).
Com’è noto gli Stati Uniti hanno adottato, subito dopo i gravi danni
subiti dal personale che aveva partecipato alla Guerra del Golfo del 1991
(tumori, malattie neurologiche, nascita di bambini malformati), rigorosissime
misure di sicurezza concernenti l’uso dui occhiali, maschere, guanti, tute
idonee, fin dal 14 ottobre 1993. Tali norme hanno fatto sì che da allora non
si siano più registrati danni di rilievo al personale USA.
I nostri militari in Somalia, che in varie operazioni hanno operato
fianco a fianco agli USA, non hanno adottato alcuna misura di protezione nei
riguardi dell’uranio impoverito. Vari reduci hanno riferito che, mentre
anche a
Peraltro, è risultato che in vari casi, anche dopo che sono state
emanate le norme di protezione per i nostri reparti, non sempre sono state
fatte applicare.
Dunque, certamente, tra le cause
delle morti e delle malattie che si sono verificate relativamente al
nostro personale (sia appartenenti alle Forze Armate che ai Corpi Armati che
ai civili), vi è quella concernente la
mancata adozione, per lunghi anni, delle norme di protezione.
Credo che E’
comunque bene precisare che le misure di protezione sopraccitate vennero rese
note in Italia dall’ambito NATO sicuramente fin dal 1984. Tra l’altro,
queste norme si riferiscono, in modo specifico, ai pericoli del maneggio a freddo del materiale. Infatti, non è vero (come qualcuno
afferma) che il pericolo esiste solo all’atto dell’impatto di un
proiettile con un ostacolo solido, impatto in cui si sviluppano temperature
elevatissime (3.000 gradi). Sperimentazioni in vari Paesi del mondo, sulla
pericolosità delle armi all’uranio sono iniziate negli anni ’70. Alcune
armi, infatti, erano già state impiegate nella guerra del Vietnam.
In particolare, sperimentazioni sono state da lunghi anni eseguite non
solo da parte di militari, ma anche da parte di ditte civili produttrici di
armamenti e purtroppo non si può escludere che sperimentazioni sono state
anche eseguite in poligoni italiani dato che si è appreso che nessun rapporto
circa le sperimentazioni eseguite viene richiesto alle ditte che chiedono di
utilizzare il poligono. Quindi non
sappiamo, nell’arco di tempo di decine di anni, quali armi siano state
sperimentate nei poligoni. Questo fatto è stato anche appurato dalla
Commissione di Inchiesta presieduta dal Sen. Franco nel corso della visita
fatta a poligoni della Sardegna e risulta anche dalla Relazione finale della
Commissione stessa.
Per quanto riguarda i pericoli esistenti nei poligoni si può leggere,
ad esempio, in un periodico del Lazio del 2 marzo 2004 che problemi con
l’uranio ci sono stati, ad esempio, nel poligono di Nettuno. Si tratta di un
poligono di rilevanza anche internazionale. Si legge in particolare, che a
Nettuno: “ i dati dello sportello oncologico della ASL locale dal 2000 al
2002 registravano un tasso di tumori più che doppio rispetto alla media
nazionale (senza contare quelli denunciati altrove): per lo più ai linfonodi,
alla tiroide e leucemie. Tante le ipotesi per spiegare tale anomalia, ad
esempio la vicinanza alla centrale nucleare di Borgo Sabotino, ma data la
natura delle patologie il sospetto cadde subito sull’uranio. Ecco perchè
nel gennaio 2001 furono presentate interpellanze sia presso il Comune che alla
Regione Lazio, nelle quali si chiedeva peraltro un’indagine imparziale circa
la presenza di munizioni all’uranio impoverito presso il Poligono di tiro.
L’allora direttore colonnello Ambrosino affidò invece i rilevamenti ad un
centro dell’Esercito, con sede a Pisa, in base ai quali negò che tale tipo
di munizioni fosse transitato dal Poligono. Un successivo monitoraggio, curato
da una commissione guidata dal responsabile per la sicurezza dei lavoratori
dello stesso poligono, documentò tuttavia che vi era transitato un lotto di
proiettili all’uranio di produzione israeliana di calibro 105/51 e che
alcuni di essi erano stati esplosi”.
Ma i pericoli non si limitano alle zone dei poligoni, ma anche nei
luoghi utilizzati per deposito di materiale in Italia proveniente da zone di
operazioni.
Nei poligoni, purtroppo, si è appreso che veniva utilizzato per lo
sgombero e la pulizia del terreno, personale non specializzato e il personale
ha operato prevalentemente a mani nude. Nel libro nero sono registrati
numerosi casi di personale deceduto che ha prestato servizio nei poligoni.
Altro personale si è ammalato.
Quanto al pericolo di maneggiare direttamente armi e residuati bellici,
le norme finalmente emanate dal Ministero dell’Ambiente il 26.05.2000
prevedono tra l’altro che i proiettili “devono essere raccolti facendo uso
di pinze, oppure proteggendo le mani con guanti o altro materiale in tessuto o
preferibilmente in plastica, al fine di evitare rischi di introduzione
percutanea specie in caso di ferite nonchè di contaminazione della pelle o
degli indumenti soprattutto in caso di eventuale stato di ossidazione o
corrosione. 14)
L’accertamento dei fatti e i risarcimenti. Audizione del Sen. De Angelis,
pag. 20 del 17 aprile 2007
Il Sen. De Angelis afferma che: “Se non si accerta ciò che
effettivamente è accaduto non sappiamo come cercare le cause e le eventuali
responsabilità nè possiamo ipotizzare risarcimenti affinchè questi fatti
non si ripetano più”.
Questa del Sen. De Angelis è una preoccupazione del tutto
condivisibile che peraltro ci stimola ad entrare più dettagliatamente in
merito. Occorre, evidentemente, accertare ciò che è accaduto e ciò che di
più grave è accaduto è che per anni, nonostante tutto il mondo sapesse
quanto meno della cosiddetta “sindrome del Golfo” del 1992, i nostri
reparti militari fino al novembre 2000 non hanno nemmeno saputo della esigenza
di adottare norme di protezione. E’ vero che in Somalia era stato emanato un
vademecum individuale per la protezione dei militari, ma non era volto alla
protezione dei pericoli dall’uranio anche se, giustamente, vi si affermava
nella prefazione che “è necessario conoscere i pericoli per prevenire i
rischi ed adottare di conseguenza le necessarie misure di precauzione”. Le
misure di precauzione, nonostante che i nostri reparti operassero, in molte
circostanze, fianco a fianco ai reparti USA che si preoccupavano soprattutto
dei pericoli dell’uranio indossando tute protettive apposite, occhiali,
maschere, guanti, etc., si riferivano a rischi della salute come i rischi
climatici (colpi di calore, colpi di sole, ustioni solari, diarrea del
viaggiatore), ai rischi infettivi (igiene, acqua, cibi, bevande, animali), ai
rischi da punture di insetti (rischi da morsi di scorpioni e serpenti, da
ragni), rischi sessuali (da AIDS, sifilide e herpes genitali (blenorragia e
linfoglanuloma venereo).
Giuste preoccupazioni, che però finivano con l’oscurare le
preoccupazioni più gravi di cui principalmente si preoccupavano gli Stati
Uniti. Peraltro, esistevano anche altre preoccupazioni riguardanti le
radiazioni degli apparati radar installati su mezzi ed insufficientemente
schermati, i vaccini e in particolare la questione degli emoderivati ed altro.
Ma non credo possano sussistere dubbi sul fatto che la mancanza di
misure di protezione relative all’impiego di armi all’uranio impoverito,
dovesse essere la preoccupazione prevalente. Credo
poi che il Sen. De Angelis giustamente si preoccupi della questione dei
risarcimenti finora non toccata nelle audizioni. Anche le errate conclusioni
della Prima Relazione Mandelli, che hanno avuto enorme pubblicità, ed hanno
affermato che nessun parametro a rischio era stato superato, abbiano purtroppo
avuto influenza nel non considerare con la dovuta preoccupazione la questione
delle armi all’uranio e quindi la connessa questione delle cause di servizio
e dunque dei risarcimenti.
La precedente Commissione di Inchiesta Senatoriale si è occupata della
questione dei risarcimenti suggerendo l’emanazione di un’apposita
normativa che si è poi tradotta nel DPR 243 del luglio 2006. Questa normativa
però ha prodotto risultati sostanzialmente negativi. Ad esempio, applicata ai
casi di morte dei Caporal Maggiori Melis e Porru, ha prodotto come risultato
che il totale dei risarcimenti stanziati per i genitori di detti militari
ammonti ad una pensione di 258 euro al
mese (tra l’altro un trattamento enormemente diverso a quello che è
stato deciso per i morti di Nassirija, per i quali i risarcimenti stanziati
hanno raggiunto il miliardo di vecchie lire).
La questione dei risarcimenti è troppo vasta per poterne trattare in
questa sede. Tuttavia è da ritenersi che il DPR 243/2006 promosso dalla
Commissione debba essere rivisto, anche perchè è in disaccordo e non prende
in considerazione le leggi 308/81 e 280/91 e quindi si creano delle confusioni
e incongruenze notevoli anche circa le modalità per concedere i risarcimenti.
Ad esempio, mentre il DPR 243 sopracitato prevede che comunque esista la
condizione per cui sia concessa la “causa di servizio”, le leggi 308/81 e
280/91 non prevedono la condizione della concessione della causa di servizio,
ma prevedono la condizione dell’essere “in continuità di servizio”.
Cosa dunque assai diversa, e non possono sussistere contemporaneamente due
criteri in contrasto l’uno con l’altro.
Anche sul piano non monetario, ma morale ed etico, credo sarebbe
opportuno pensare ad un riconoscimento simbolico come ad esempio ad una
medaglia che tenga conto del fatto che questo personale è stato tra
l’altro, ingiustamente, soggetto a enormi sofferenze ed enormi sofferenze ha
anche causato ai parenti che li hanno assistiti.
Una osservazione, infine, relativa al termine inglese BIAS ripreso
anche dal Sen. De Angelis in relazione alle affermazioni di chi ha sostenuto
che le associazioni sono, nei loro giudizi, affette appunto da un BIAS che in
italiano si può tradurre con Giudizio obliquo, prevenuto, tendenzioso o
distorto. Non ritengo assolutamente accettabile, almeno per quanto concerne
l’associazione che presiedo, un simile giudizio. Vorrei replicare semmai che
mi sembrano enormemente BIASED giudizi come quelli che sono stati espressi
circa la presenza di 65.000 militari esposti al rischio di contaminazione
dall’uranio, dimenticandosi che erano protetti da norme di protezione e
quindi non esposti e che tra i 65.000 che hanno operato nei teatri solo una
assai piccola parte è stata impiegata in compiti effettivamente operativi sul
campo. 15) POLIGONI.
Audizione ten. Minervini pag. 20 e 21 della relazione del 2 maggio 2007.
Si fa un cenno alla problematica relativa ai poligoni di tiro. Nei
nostri poligoni (o quanto meno non in tutti i poligoni)
non operano solo militari italiani, operano anche militari stranieri di
Paesi della NATO e anche non della NATO che hanno in dotazione armi
all’uranio impoverito. Ad esempio nel poligono di Teulada in Sardegna
eseguono tiri contro costa Marine che hanno in dotazione armi all’uranio.
Questo problema si è presentato relativamente alla Marina USA anche
all’estero, ad esempio nel poligono di Vieques presso Portorico.
Inoltre, in alcuni poligoni, come a Salto di Quirra in Sardegna,
eseguono sperimentazioni anche ditte civili straniere. E non si sa quali armi
usano, nè si conoscono i rapporti che vengono stilati per le singole
sperimentazioni. Quanto a questa questione, ne trattò la precedente
Commissione di Inchiesta del Senato alla quale non vennero resi noti i
rapporti sulle sperimentazioni e
Inoltre, per impedire che vengano usate armi eventualmente
all’uranio, avrebbero dovuto essere stati emanati dei bandi
internazionali di divieto, ma non risulta che tali bandi siano stati
emanati.
Dunque non possiamo avere alcuna certezza circa il non uso dell’uranio impoverito nei poligoni. E vi è quindi un
particolare rischio per coloro che sono addetti alle “pulizie delle zone
colpite” (gli “zappatori” o “liquidatori”) e comunque dovrebbero
operare con le misure di protezione.
Da notare anche che per le operazioni che si svolgono all’estero, in
determinati teatri vengono approntati dei poligoni per poter esercitare il
personale ed in questi poligoni vengono usate, dai paesi che operano nel
teatro, le armi che hanno a disposizione, che potrebbero essere all’uranio.
Quanto ai poligoni del Nord Italia, il ten. Minervini, con riferimento
al Nord Italia parla solo del poligono di Aviano. Ma c’è, ad esempio,
presso Maniago il poligono del Dandolo (e tra l’altro in questo poligono
abbiamo registrato il caso di morte di un militare, A. Garofolo). Il ten.
Minervini ci può far sapere la sua opinione in merito?
Il ten. Minervini, a pag. 21 della relazione, cita il caso di personale
con incarichi di cuciniere, che è stato impiegato, invece, in compiti di
pulizia nel poligono. Non viene presa in considerazione la gravissima
questione dell’uso improprio di personale in compiti che non gli spettano e
quindi delle responsabilità di chi ha assegnato questi compiti ed in
particolare chi ha disposto che il personale operasse a mani nude senza alcuna
misura di protezione.
Nei poligoni abbiamo avuto anche dei casi di personale che è deceduto,
come il caso dei VAM Serra e Faedda in Sardegna ed il personale ammalato come
il militare Cappellano, sempre in Sardegna. 16) Impiego di
armi all’uranio in Italia. Audizione del ten. Minervini nella relazione del
2 maggio 2007
Il ten. Minervini afferma che per quanto riguarda l’Italia: “Non
sappiamo se abbiamo munizioni all’uranio impoverito. Qualche anno fa questa
questione emerse anche su articoli di giornale, come il tempo del 10 febbraio
2001, e del 25 marzo
Il Ministro Mattarella, si legge su ‘Il Tempo’, aveva confermato
che: “i 5.000 colpi sospetti provenivano da Tel Aviv e potevano essere stati
usati in Somalia”. Ma, il ministro aveva precisato che non erano
all’uranio. Forse il ten. Minervini potrebbe farci sapere se è al corrente
di questa vicenda.
17) Fogli
matricolari. Audizione del ten. Minervini pag. 20 e 31 della relazione del 2
maggio 2007
In questa relazione si fa un cenno alla problematica dei fogli
matricolari. Non ci si può illudere che i fogli matricolari indichino
fedelmente l’attività compiuta dagli interessati. E’ risultato, ad
esempio, per esperienze passate, che in alcuni fogli matricolari non venissero
segnalate missioni compiute nei poligoni. Quindi, per il caso di personale
vivente è necessario che la rispondenza dei fogli matricolari venga
sottoposta al loro controllo. Ciò ovviamente non è possibile per il
personale deceduto. Inoltre nei fogli matricolari non viene registrata
l’esecuzione di quei compiti che non sono svolti “ufficialmente”,
compiti “di istituto” (ad esempio le attività di sgombero e pulizia dei
poligoni non affidate al personale specializzato come il Genio Guastatori). Nei
poligoni in Sardegna sono stati affidati compiti di sgombra bossoli a
personale che risulta addetto alle
cucine. A nulla, quindi, serve lo screening di cui si è parlato di un
foglio matricolare, che non attesti la reale attività del personale. Circa
le imprecisioni, anche gravi, che l’Associazione che presiedo ha avuto modo,
in passato, di rilevare, vorrei citare il caso del Sergente di Marina Cervia,
un Sergente con competenze in elettronica, che è scomparso anni fa e di cui
non si è saputo più nulla. Aveva frequentato vari corsi di specializzazione,
una questione che ovviamente poteva avere interesse nei riguardi dei motivi
della scomparsa. Purtroppo, ci venimmo a trovare di fronte a tre fogli
matricolari che contenevano indicazioni diverse tra loro circa i corsi
frequentati. Circa
la raccolta dei fogli matricolari osservo che per entrare in possesso dei
fogli matricolari (tenute presenti tutte le riserve sopra espresse in merito
alla loro utilizzabilità), è da ritenersi sufficiente che il Ministero della
Difesa impartisca un ordine a tutti i Distretti Militari dipendenti e a tutti
i Dipartimenti Marittimi di inviare copia autenticata, oppure l’originale,
alla Direzione del Personale della Difesa che potrà renderli disponibili alla
Commissione di Inchiesta. Il suggerimento del Sen. Casson si inviare
18) Casi di tumori al polmone e al rene. Audizione
del Prof. Giorgio Trenta, pag. 27 della relazione del 2 maggio 2007
Il Prof. Trenta afferma che: “Avrebbero dovuto manifestarsi segni di
insofferenza renale, effetti che nessuno ha riscontrato dal punto di vista
clinico”. Desidero
precisare che tra i casi di morte verificatisi in Italia, per possibile
contaminazione da uranio impoverito, c’è quello del Capitano di Corvetta
D’Alicandro, deceduto. Quanto ai casi di tumori al polmone, cito, ad
esempio, i casi dei Marescialli Pizzamiglio e Fotia, deceduti. Quanto
ai dati dell’UNSCEAR, Comitato Scientifico delle Nazioni Unite sugli effetti
delle radiazioni atomiche, da cui, nella pubblicazione del 2000, non
risulterebbe la presenza dei linfomi di Hodgkin, è improbabile che l’UNSCEAR
abbia potuto tenere conto dei dati italiani forniti dalla Commissione Mandelli.
Forse il Prof. Trenta potrebbe precisare su quali dati l’UNSCEAR si è
potuta basare. 19) Zone
bombardate nei Balcani. Audizione del ten. Minervini, pag. 19 della relazione
del 2 maggio 2007
Il ten. Minervini fa cenno al caso della fabbrica di Zastava in Serbia.
Ma non cita altri casi di grande interesse. Tanto per fare un esempio di
particolare rilievo, potremmo citare il caso dei malati di Bratunac e della
fabbrica militare serba di Aadzici. Forse il ten. Minervini è in grado di
fornire qualche ulteriore informazione. 20) Continuità di lavoro (il non superamento di sei
mesi). Audizione del ten. Minervini, pag. 31 della relazione del 2 maggio 2007
Il ten. Minervini segnala la non opportunità di trattenere il
personale per sei mesi in una stessa destinazione. C’è
da osservare in merito che le missioni all’estero si svolgono normalmente
con una durata di circa quattro mesi e si ripetono ciclicamente, in alcuni
casi. Ma il personale militare, è bene chiarirlo una volta per tutte, NON
E’ SOLO QUELLO IMPIEGATO IN
MISSIONI, E’ ANCHE IMPIEGATO IN NORMALI DESTINAZIONI. Ad esempio, in un
poligono il personale può essere quello impiegato continuativamente per un
anno o anche più. E quindi, quanto è stato detto circa un massimo di durata
di sei mesi, va riesaminato. 21) Studio del
Prof. Nobile. Precisazioni del Sen. Amato, pag. 32 della relazione del 2
maggio 2007
Il Sen. Amato cita uno studio del Prof. Nobile. Se si tratta dello
studio del Prof. Nobile, oggetto anche di una pubblicazione in merito, occorre
tener conto che questo studio è stato effettuato su personale che applicava
le norme di protezione. Ma se si vuole avere un’idea dei rischi
dell’uranio non bisogna fare indagini su personale
protetto. Ad esempio se si fa un’indagine sulla possibilità di restare
bagnati dalla pioggia, è bene evitare che questa indagine venga svolta su chi
usa l’ombrello e l’impermeabile.
Se lo studio del Prof. Nobile è quello sopracitato non ha interesse
per quanto riguarda una valutazione della pericolosità delle armi
all’uranio impoverito.
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Uranio 238 La strage in Puglia
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