La pagina del Vintage e delle radioriparazioni e restauro di oggetti d'epoca nelle pagine di Pugliantagonista
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Sistema A e le riviste tecniche degli anni 50-60.Non solo ricordi d’infanzia , ma anche un passato da cui poter trovare la forza di ripartire… "La tecnologia conduce a vere e propie mutazioni antropologiche che coinvolgono non solo la politica o l'economia, ma le nostre percezioni sensoriali. Stefano Boni in HOMO COMFORT indaga la cifra esistenziale ed esperienziale di tale importante distacco tra "benessere" e "tecnologia". La modernità ha fatto della comodità, e del suo desiderio indotto, uno dei tanti "consumi"nonchè dogma assoluto della crescita. Homo comfort, placidamente accomodato nelle sue evasioni passive, ha mutato inesorabilmente vista, udito, olfatto, gusto e tatto. Le esperienze ed i saperi artigianali, manuali, tecnici dell'animale umano sono quasi solo un ricordo da musealizzare, riciclare, simbolizzare per il marketing dei prodotti biologici, "ecofriedly". In realtà la continua schermatura subita dal corpo, costretto a non sentire più il peso delle cose, la fatica degli spostamenti, nonchè i cambiamenti delle stagioni,il sapore degli alimenti, la fattezza dei materiali grezzi, è fonte di ecofobie, schifi, immunità organiche di vario genere, ma soprattutto tecnocidi e ignoranze sempre più deleterie nei confronti dell'autodiagnosi, la manutenzione, la riparazione, la costruzione degli utensili. A collassare dunque non è più una civiltà ma l'intero sistema tecno-economico di cui l'attuale crisi è solo lo sbiadito preludio... (presentazione del libro HOMO CONFORT di Stefano Boni, il 7 novembre 2014 , presso l'atenneo libertario -via Borgo Pinti 50 Firenze) Dopo una giornata di lavoro tra computer, telecomandi a distanza di sistemi di comunicazione aeronautica e noiosi report su guasti telefonici, il caso mi porta a ritrovare nel mio scantinato un impolverato scatolo di cartone contente la mia collezione di riviste tecnico-scientifiche degli anni 50 ed immediatamente un mare di ricordi mi assale … Sistema A, Sistema Pratico, Fare, sono nomi di riviste che mi accompagnano sin da bambino alla scoperta di quel campo editoriale grazie al quale mi avvicinai al mondo della tecnica, dell’elettronica, della radio, ma anche ed ancor più ad un concetto di vita, più che un hobby, il fai da te, ovvero , imparare a conoscere e sviluppare le proprie capacità, affrontare le difficoltà usando il cervello , ma anche sporcandosi le mani usando atterezzi da falegname , meccanico, elettricista. Esperienze più facili da farsi negli anni che precedettero il boom economico e l’avvento del consumismo, piuttosto che oggi dove tutti noi, giovani compresi, siamo letteralmente inondati da prodotti ipertecnologici ma la cui vita commerciale è più breve di quella di una farfalla, e la possibilità di trovare ogni soluzione andando al marcket o addirittura via internet, castra ogni volontà di mettersi in gioco nell’autocostruzione e nella sperimentazione dilettantistica. Esperienze di autocostruzione ed autoapprendimento, proposte in quelle riviste, che produssero in un intera generazione quella spinta a progredire individualmente e collettivamente nel campo delle conoscenze tecnico-scientifiche-professionali. Una generazione che andò a popolare fabbriche, officine, laboratori, scuole, e contribuì a trasformare l’Italia in uno dei paesi più industrializzati e capaci di esportare progettualità , design, stile e tecnologia all’estero. Il mio incontro da bambino con Sistema A fu casuale, grazie ad un mio parente che ne aveva acquistato delle copie all’inizio degli anni 50 e che io, ragazzino delle elementari letteralmente divorai, incuriosito dalle copertine che richiamavano i fumetti americani e sulle quali si invitava a costruirsi da soli giocattoli , radio, aeromodelli, il cui acquisto sarebbe stato impossibile per le modeste condizioni economiche della famiglia media italiana. Ben presto dal passare dalla lettura al mettere in pratica i progetti più semplice di quelle riviste, il passo per me fu breve, spinto dagli incoraggiamenti di quel mio parente e d in seguito da un indimenticabile professore di applicazioni tecniche di scuola media inferiore, Benussi Bruno, uno dei tanti profughi istriani accolti a Brindisi, nel primo dopoguerra. Mi cimentai così nei lavori di seghetto e traforo, con legno e compensato, passando in seguito , grazie agli articoli di Sistema A, alla costruzione in balsa di alianti e veleggiatori. La mia passione per l’aeromodellismo coinvolse i miei compagni di classe , e la mattina prima del campanello d’inizio, improvvisavamo gare di volo , lungo via Asmara ove era ubicata la scuola media Dante Alighieri o nel pomeriggio nei campi che circondavano il rione Cappuccini –Minnuta. Ma quegli anni erano anche quelli del diffondersi dell’elettronica di consumo: radio e televisione divennero indispensabili in ogni casa e persa la funzione di essere soprammobili parlanti si trasformavano, rimpicciolendosi in appendici funzionali dell’”omus consumatori”. Fu così che mi avvicinai ai “misteri dell’elettronica” anche grazie a progettini di radioline, gadget elettrici ed elettronici che man mano proliferavano sempre più su Sistema A ed ancor più sulla rivista concorrente Sistema Pratico. Senza accorgermene, quasi per gioco, in quegli anni gettavo le basi al mio futuro e con un po’ di fortuna e tanto sacrificio iniziai a lavorare poco più di dieci anni dopo nel campo dell’elettronica asservita alle esigenze del mondo aeronautico… Nel frattempo anch’io ero divenuto un acquirente di riviste Tecniche : Tecnica Pratica, Radiopratica, Radioelettronica, CQ-Elettronica, Nuova Elettronica e tante altre ancora, eppure nessuna di esse aveva il fascino e la “pretesa “ di Sistema A, dove A valeva l’italianissima arte dell’Arrangiarsi, quella che aveva permesso l’Italia e gli Italiani di risollevarsi dalle devastazioni economiche e morali della guerra e costruirsi giorno per giorno con le proprie mani un futuro diverso. Consiglierei ancor oggi a giovani e meno giovani di procurarsi nei mercatini dell’antiquariato o su e-bay qualche copia di Sistema A o Sistema Pratico e di provare a cimentarsi in uno di quei progetti ancor oggi attuali e a recuperare l’amore per l’artigianato, inteso come espressione autentica dell’uomo, ovvero capacità di costruirsi con le proprie mani ciò di cui si ha bisogno, non delegando a qualche ignota fabbrica iperrobottizzata tale compito. Alcuni cenni sulle riviste Sistema A e Sistema Pratico attraverso uno sguardo su alcune copertine e pagine interne. In questo articolo riproduco alcune copertine storiche di Sistema A. Si tratta del n°2-3 del 1951, ove l’immagine-progetto di copertina è quella di una “pulce d’acqua” ovvero un canotto-barchetta da realizzarsi con “i mezzi e il materiale a propria disposizione”. Nel numero successivo, il N° 3-4 del 1951, il progetto-copertina è quello della realizzazione di un aquilone con relativa macchina forografica automontata per realizzare foto dall’altro. La copertina del dicembre 1953 è una alle quali ci sono più affezionato, poiché pubblicizza la costruzione di un telescopio, impresa alla quale mi cimentai tredicenne con mia grande soddisfazione, pur avendo a disposizione mezzi limitatissimi. Invece nella precedente copertina del marzo 1953 è il mondo magico e “caldo” delle valvole a far da padrone, con l’invito a costruirsi una chitarra elettronica e relativo amplificatore a valvole.
Ma il cambiamento di gusti e di interesse dei lettori di questo particolare settore editoriale impone negli anni del consumismo un cambiamento radicale, a riviste come Sistema A o sistema Pratico, orientandosi sempre più nel campo dell’eletronica marginalizzando progetti e progettini su traforo, compensato o altri lavori in legno e\o di economia domestica. E’ emblematica la copertina di Sistema A del dicembre 1960 dove spicca in alto un amplificatore a valvole su circuito stampato, e in basso un elenco di articoli riguardanti la costruzione di un cerca guasti per radio e tv, un ripetitore a Transistor, un misuratore di fase,un illuminatore multiplo fotografica, un magnetizzatore –smagnetizzatore ed infine esperimenti conn la luce polarizzata. Al centro della copertina l’immagine di alcuni bambini seduti su delle poltroncine ricavate da dei tubolari di alluminio e non c’è immagine migliore per quegli anni, dove il benessere economico da il via ad un baby-boom demografico, con una iniezione di ottimismo e freschezza nell’intera società italiana. Le altre pagine di post-copertina di Sistema A. Proseguendo la nostra mini- indagine su questa rivista, nella facciata interna di copertina scopriamo come Sistema A riuscisse a proporre sempre nuovi ed interessanti articoli: la collaborazione dei propri lettori incentivata da una proposta di gara con premi in denaro che andavano dalle 35.000 lire per il primo premio, ovvero l’articolo che sarebbe stato pubblicato in prima pagina, e le 3000 lire per i classificati dal 5 posto al decimo. Casa editoriale , costi, abbonamenti. Era la casa editrice Capriotti con sede a Roma la proprietaria della rivista, il cui costo per copia negli anni 50 era 100 lire, innalzandosi a cavallo del 1960 a ben 150 lire, l’equivalente di un chilo di pane condito con un etto di mortadella. Ma la casa editrice il cui direttore responsabile fu prima Sisto Favre e poi Rodolfo Capriotti non si contentava del pubblicare questa interessante rivista, ma stampava diverse collane di libri. C’era quella per ragazzi con titoli quali Pinocchio, l’omino turacciolo, ecc, o la collana per la cultura con autori come Kant, Dostoievsky ,ecc od ancora la collana “Documenti “dove scopriamo si pubblicava un “Codice sovietico del lavoro”, o anche la traduzione del processo antitroskista del 1937, ma ancora “Pagine federaliste e repubblicane” di Carlo Cattaneo, o “La regione nella Nazione” di Luigi Sturzo…
La Pubblicità Naturalmente per reggere i costi e la presenza di agguerriti concorrenti, solo un apporto economico consistente dalla pubblicità poteva aiutare la rivista a sopravvivere. Così in ultima di copertina si pubblicizzavano aziende produttrici di attrezzature adatte per permettere al dilettante di concretizzare i progetti proposti nelle pagine. E’ pubblicizzata così l’Aeropiccola , di stanza a Torino produttrice di attrezzatura per aeromodellismo, ma anche la Italmodel di Genova specializzata nel modellismo ferroviario (oggi se facessimo una ricerca di mercato scopriremmo il vuoto industriale anche in questo campo dove cinesi e multinazionali fanno da padroni).Ma accanto a questo tipo di pubblicità , si registrava la crescente proesenza di quellea riguardante il settore delle scuole tecniche private come al scuola Politecnica Italiana di Rpoma autorizzata dal ministero della pubblica istruzione . In questo campo, quello delle scuole tecniche per corrispondenza vogliamo ricordare anche la Scuola Visiola che proponeva l’auto- costruzione per corrispondenza di un televisore in Bianco e nero ,ma infine come non dimenticare la Scuola Radio Elettra?
Antonio Camuso Archivio Storico Benedetto Petrone Brindisi 14 novembre 2014
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