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Per
il pane e la libertà
Tunisia, Algeria, Marocco, Egitto,
Albania. L’altro Mediterraneo, quello
da dove partono le barche degli immigrati, a caccia di fortuna e di un
pizzico di libertà è in rivolta.
In Tunisia la fuga del dittatore è costata centinaia di morti.
Purtroppo
la fine del sistema di potere, che per decenni ha schiacciato sotto un
tallone di ferro il paese, ancora non si vede. La rivolta continua.
Leggi il comunicato di solidarietà con le popolazioni in lotta emesso
dalla Commissione di Relazioni Internazionali della FAI.
A fianco della rivolta Tunisina
Nel 1999, l'ammiraglio Fulvio Martini, già dirigente del Servizio
Segreto
Militare (SISMI) riferì alla Commissione Stragi del Parlamento
italiano:
“Negli anni 1985-1987 organizzammo una specie di colpo di Stato in
Tunisia, mettendo il presidente Ben Ali a capo dello Stato,
sostituendo
Bourguiba (esponente di primissimo piano nella lotta di indipendenza
dal
colonialismo francese, NdR)”. Martini, inoltre, nel suo libro
“Nome in
codice: Ulisse” precisò che le direttive venivano da Craxi e da
Andreotti,
allora rispettivamente presidente del consiglio e ministro degli
esteri.
Successivamente l'oppositore del regime dittatoriale di Ben Ali,
Taoufik
Ben Brik ha denunciato come i governanti italiani abbiano rinforzato
il
regime “rimpinguando i suoi forzieri e armando il suo braccio contro
il
popolo”. Non a caso fu in Tunisia che il latitante Craxi si rifugiò,
riverito, protetto e seppellito, per sfuggire alle condanne
inflittegli.
La rivolta e la lotta in corso in Tunisia ci appartengono, le sentiamo
come nostre, sia perché sono contro un regime dittatoriale, arrogante
e
corrotto sia perchè nate per conquistare, non solo migliori
condizioni di
vita, ma anche libertà di parola e di organizzazione. Le sosteniamo
in
quanto espressione autonoma di esigenze popolari, sganciate da logiche
di
compatibilità geopolitiche.
Mentre a destra e manca si denuncia il rischio dell'anarchia, e le
classi
dirigenti tunisine, con i loro protettori europei, stanno cercando di
piegare ed ingabbiare la protesta popolare dentro un processo
elettorale,
per disarmare la volontà di lotta delle masse; mentre si è
costituito un
governo fantoccio, di fatto controllato dagli amici e colleghi di Ben
Ali
per garantire la continuità del sistema di sfruttamento e di
oppressione;
mentre il ministro Frattini si pronuncia per la “stabilità”
dell'area (ove
“stabilità” sta per “ordine e disciplina”) è importante
pronunciarsi e
manifestare a favore del tentativo di autoemancipazione popolare e
sostenere con forza la protesta e la rivolta in corso, che si sta
misurando con l'esercito e le bande armate fedeli all'ex presidente,
fuggito con più di una tonnellata di lingotti d'oro.
La lotta insurrezionale tunisina sta aprendo la strada ad altre lotte
in
Algeria, Marocco ed Egitto, innescate dagli effetti disastrosi della
crisi
sociale; da questa parte del Mediterraneo dobbiamo mobilitarci affinché
tali lotte e rivolte non vengano stroncate da nuove dittature,
preparate e
sostenute dai governi europei, stroncando ogni possibile forma di
paternalismo e di razzismo tendenti a separare e a contrapporre quelli
che
sono gli interessi comuni di ogni lavoratore e di ogni essere umano:
la
dignità, la libertà, la giustizia sociale.
Commissione Relazioni Internazionali FAI
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