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è consentita la riproduzione a fini non di lucro con l'obbligo di riportarne la fonte POMIGLIANO NON SI TOCCA!!!
52% dei SI tra gli operai!!! Il NO vince nei reparti confino! Rinasce a Pomigliano l'Autonomia della Classe? Un editoriale di Pugliantagonista.it 22
giugno 2010 A
Pomigliano rinasce l’Autonomia della classe operaia ? Una vittoria del sì al ricatto molto risicata che si evince dalle analisi più attente tra gli operai e gli impiegati, ( SOLO IL 52% DEGLI OPERAI HA DETTO Sì) cioè tra coloro che direttamente dovranno subire gli effetti del nuovo ciclo produttivo e chi invece dovrà controllare che esso sia sempre ai livelli previsti dai piani padronali , è il dato che ha gettato nel panico alle prime luci dell’alba di oggi sindacalisti asserviti e consenzienti, giornalisti incapaci di comprendere la inumanità della fabbrica a ciclo continuo e della rabbia che cova in ogni singolo schiavo salariato che olia con il suo sudore e il suo sangue lo sferragliare infinito delle macchine e la voglia di dare una scatto di reni, un segnale che il Sud è sempre pronto a fare la sua parte per la rivoluzione sociale. 50 anni fa a Battipaglia , a un centinaio di chilometri da Pomigliano, le operaie , i braccianti, i disoccupati con la loro rivolta diedero fuoco non solo a centinaia di mezzi della polizia e ai simboli di uno Stato che aveva svenduto l’economia meridionale agli interessi del capitale industriale e finanziario del Nord, ma anche all’illusione che l’Italia del modello consumista e dell’industrializzazione di massa, fosse pace sociale ed eliminazione del conflitto di classe. Battipaglia fu l’inizio di una lunga stagione di lotte e di conquiste e di sconfitte ma rimase nell’immaginario collettivo il legante di una lotta anticapitalista , ma anche riformatrice dell’intero paese. Senza il Sud e senza rispetto del popolo meridionale non si va da nessuna parte! Oggi è ancora una volta, a cinquant’anni, un altro paese campano, a dare un grande segnale di civiltà e di riscossa: altri uomini e donne , lavoratori di questo Sud che hanno utilizzato non la benzina delle molotov , ma semplicemente il loro sangue , sudore, la loro dignità vilipesa ,per scrivere il loro NO su una scheda. Il 22 giugno 2010 quegli uomini e donne che hanno scritto il loro NO lo ricorderanno bene, comunque vadano le cose , un giorno col quale potranno guardare a testa alta i loro figli, col quale potranno argomentare il loro invito a non prostituirsi svilendo la propria dignità umana ,a NON leccare la mano a chi impugna la frusta, a chi impone il pizzo, e di NON voltare lo sguardo da un’altra parte quando passa il boss di turno. Rinasce a Pomigliano l’autonomia di una classe che si dichiarava in via di estinzione ? Quest’ennesimo segno di resistenza saprà legarsi ai mille momenti di lotta per la salute, per il rispetto dell’ambiente, per la rinascita del Meridione, per una nuova economia? Questa è la scommessa a cui tutti dovremo lavorare. EDITORIALE A CURA DELLA REDAZIONE DELLA OPENAREA DI PUGLIANTAGONISTA 23 giugno 2010
COMUNICATI E LINK SULLA VICENDA DI POMIGLIANO Pomigliano,
prove tecniche di terzomondizzazione La drammatica
vertenza che coinvolge i lavoratori dello stabilimento FIAT di
Pomigliano D’Arco rappresenta il caso più clamoroso ed
emblematico di lotta di classe degli ultimi anni in Italia. E’ una
vicenda paradigmatica,
destinata a cambiare le relazioni industriali nel nostro paese. Essa
dimostra che ogni sacrificio da parte dei lavoratori non
serve a conservare il lavoro, ma consente solo al capitale di
estendere i sacrifici ai lavoratori di tutto il mondo e ad imporne
di nuovi con la scusa di dover reggere la concorrenza. Al di là
dell’esito referendario, della vittoria dei “sì” che
non è stata affatto plebiscitaria, sebbene tale risultato si possa
definire come una “vittoria di Pirro”, in realtà hanno
perso gli operai. Nella
“proposta di accordo unilaterale” avanzata da Marchionne e
firmata dai sindacati filo-padronali, affiora un’arroganza da
vecchi industriali ottocenteschi. Per realizzare il massimo
profitto, la Fiat intende “derogare” su ogni regola:
leggi, contratti, Statuto dei Lavoratori, Costituzione. La
vicenda di Pomigliano rischia di imporre l’idea che l’unica
soluzione alla crisi sia accettare la logica del ricatto aziendale:
lavori se rinunci al salario sottraendo occupazione ad altri
lavoratori; sopravvivi se rinunci ai diritti e alla democrazia. In
tal senso Pomigliano rischia di “fare scuola” segnando
lo spartiacque delle “nuove relazioni industriali”. Di fronte alla crisi
internazionale la risposta della FIAT è un preciso disegno
strategico che punta alla terzomondizzazione del lavoro in Italia,
ossia ad una crescente intensificazione dei ritmi e dei tempi di
lavoro, ad una completa precarizzazione dei diritti e delle tutele
sindacali, delle retribuzioni salariali, delle condizioni di
sicurezza e di vita degli operai italiani. Dopo aver dissanguato i
lavoratori polacchi, la FIAT pianifica il rientro in Italia di una
produzione automobilistica che era stata trasferita all’estero
negli anni scorsi, malgrado le generose sovvenzioni elargite alla
FIAT da parte dello Stato italiano, cioè denaro pubblico versato
dai cittadini e contribuenti del nostro paese. In
una lettera inviata ai colleghi di Pomigliano da un gruppo di
lavoratori della FIAT di Tychy, in Polonia, si legge testualmente: “La
FIAT gioca molto sporco coi lavoratori. Quando trasferirono la
produzione qui in Polonia ci dissero che se avessimo lavorato
durissimo e superato tutti i limiti di produzione avremmo mantenuto
il nostro posto di lavoro e ne avrebbero creati degli altri. E a
Tychy lo abbiamo fatto. (…) Adesso stanno chiedendo ai lavoratori
italiani di accettare condizioni peggiori, come fanno ogni volta. A
chi lavora per loro fanno capire che se non accettano di lavorare
come schiavi qualcun altro è disposto a farlo al posto loro. (…)
E' chiaro però che tutto questo non può durare a lungo. Non
possiamo continuare a contenderci tra di noi i posti di lavoro.
Dobbiamo unirci e lottare per i nostri interessi internazionalmente.
(…)” La
vertenza di Pomigliano D’Arco riassume gli effetti della crisi che
attraversa l’economia mondiale. L’attuale
recessione non è un episodio accidentale, ma una crisi strutturale
di portata planetaria, causata dall’eccessivo sviluppo delle forze
produttive, è una crisi di sovrapproduzione accentuata e accelerata
dalla saturazione progressiva dei mercati internazionali: finora si
è prodotto in quantità eccessiva sfruttando troppo i lavoratori,
che si sono impoveriti in modo crescente e sono destinati ad
impoverirsi ulteriormente. E’ una crisi che si spiega in virtù
del divario tra la crescente produttività del lavoro e la
declinante capacità di consumo dei lavoratori. In altri termini gli
operai producono troppo, al punto che non si riesce a vendere quanto
essi producono. E’ la radice delle contraddizioni del capitalismo,
riconducibile alla sua tendenza intrinseca alla sovrapproduzione e
all'incapacità di realizzare il profitto insito nelle merci
prodotte. In questo quadro
l’azione dei governi non fa che assecondare il gioco e gli
interessi delle forze capitalistiche. Infatti, le politiche di
liberalizzazione selvaggia attuate dai governi avvicendatisi negli
ultimi anni, procedono senza sosta, malgrado aumenti la
consapevolezza che esse favoriscono il predominio degli interessi
dei grandi potentati economici, delle banche e delle società
finanziarie, ad esclusivo discapito dei lavoratori. Impresa, mercato, produttività, profitto, non
sono mai stati termini asettici o neutrali, ma hanno sempre definito
affari e poteri concreti, persone in carne ed ossa. Invece, oggi
tali interessi privati vengono esibiti come il bene comune della
società. La contraddizione centrale è ancora quella che
contrappone l'impresa capitalistica al mondo del lavoro. I
lavoratori devono prendere coscienza che il vero problema risiede
nel costo del capitale, nell'inasprimento delle condizioni di
sfruttamento e nell'aumento del lavoro straordinario, nella
crescente precarizzazione delle condizioni di lavoro e di vita dei
lavoratori, insomma nel sistema dell’alienazione capitalistica del
lavoro operaio. Negli
ultimi mesi, gli effetti della recessione hanno spinto molti
lavoratori, esposti alla minaccia dei licenziamenti, ad
intraprendere forme di protesta. C’è l’operaio che tenta il
suicidio perché non riesce ad arrivare alla metà del mese, ma ci
sono anche casi di operai ribelli che scelgono di lottare
strenuamente contro la crisi, che i padroni tentano di far pagare ai
lavoratori. Contro i nuovi attacchi perpetrati dal sistema mafioso
della FIAT, occorre far sentire tutta la solidarietà del
proletariato italiano ed internazionale verso le iniziative di
lotta intraprese dagli operai di Pomigliano, sottoposti all'ennesima
criminalizzazione da parte della Fiat e dello Stato suo complice.
E’ urgente schierarsi a fianco degli operai che lottano contro la
crisi e lo sfruttamento in fabbrica, per non essere più vittime
dell'ennesimo inganno perpetrato da governo, padroni e sindacati. Lucio Garofalo REFERENDUM FIAT-POMIGLIANO, ALTRO CHE PLEBISCITO ! E’ UN SONORO SCHIAFFO ALLE PRETESE DI MARCHIONNE ! Le nude cifre dicono che tra astenuti , NO, schede nulle e bianche ,il rifiuto va oltre il 40% ! “ aventi diritto al voto 4881 , votanti 46542 , di cui SI 2888 – NO 1673 ; nulle 59 , bianche 22 “ Se poi andiamo a cogliere il voto espressamente operaio – quello che più interessava il diktat - il divario tra Si e No diventa quasi alla pari al 50% ! Circa 900 sono gli impiegati,capisquadra e quadri che hanno votato SI , quelli che alla vigilia del voto hanno dato vita alla “ marcetta per il SI” , sollecitata da casa Agnelli. Addirittura tra i 316 deportati di Nola prevale il NO : su 273 votanti, per il NO 192, per il SI 77 ! Dunque , nonostante il fucile puntato , con l’imperativo di “ vivere o morire” , gli operai hanno avuto la capacità di disinnescare il grilletto di Marchionne, tanto da imporre il fallimento “dell’operazione referendum” così da rimettere in mano Fiat la soluzione per Pomigliano. Tanta è la delusione in capo alla Fiat , che si sono imposti il silenzio stampa ! Quando Marchionne tornerà dagli Usa ( dove è scappato subito dopo aver saputo gli inaspettati risultati del referendum) – sicuramente dopo lo sciopero del 25/6 indetto dai Cobas e Fiom in tutto il Gruppo – dovrà innanzi tutto sciogliere la riserva sulla Panda , o indicare quale altra via per lo stabilimento di Pomigliano. Ove mai Marchionne darà dar seguito alle promesse , il risultato del 22/6 lo obbliga a ri/trattare, mollando le mirate lesioni al diritto costituzionale di sciopero, alle leggi ,alla malattia ( Sacconi e soci dovranno pazientare ancora per annunciare le bramate “ nuove relazioni industriali “ da introdurre in tutti i contratti con la complicità dei sindacati filogovernativi) per coinvolgere appieno la Fiom sulla “ produttività aziendale” , alla quale da tempo ha espresso disponibilità ! Questo è quanto oggi sollecitano gli editoriali dei quotidiani di riferimento della Confindustria, della borghesia e dell’opposizione parlamentare ; la Cgil ,per bocca della prossima segretaria generale Comisso , dice che il voto “…nell’articolazione tra SI e NO , indica che ci vuole una soluzione condivisa da tutti, che la Cgil sostiene e per la quale chiede alla Fiat di riaprire le trattative”. Se la palla è tornata in mano Fiat, dopo il referendum è tornata in campo anche la Fiom, che viene ricondotta al “ gioco delle parti” , con le nefaste conseguenze di un ennesimo accordo firmato ai danni dei lavoratori. Che presto si accorgeranno a loro spese a quale infimo prezzo hanno svenduto la propria prestazione lavorativa ! Invece di prendersi la responsabilità di fare blocco comune contro le pesanti pretese padronali, così da imporre il rispetto della dignità umana ,dell’occupazione , dei diritti basilari e contrattuali. Non prendiamo in considerazione altri “ piani B,C,D,….Z “ , in quanto la cessione di Pomigliano ad altra azienda sussidiaria – con licenziamento di tutti dalla Fiat Group e relativa selezione in perdita nella riassunzione presso terzi ( vedi Alitalia) – verrebbe presa da tutti i lavoratori , quelli del SI e del NO , come un provocazione, tale da innescare subito un conflitto generalizzato che il Gruppo Fiat non è in grado di sopportare ; vista anche la sequela di scioperi in corso contro le subdole manovre Fiat -da Mirafiori a Termini I. alla Piaggio - e quello prossimo in tutto il Gruppo del 25 / 6 , con manifestazione centrale a Napoli , ore 9 p.za Mancini . NO PASARAN
! Roma
23/6/2010
Cobas
Lavoro Privato
operai
Pomigliano il No e opposizione all'accordo arriva al 48,1per cento http://proletaricomunisti.blogspot.com/
http://www.laprovinciadicomo.it/stories/apcom/140018_fiat_a _pomigliano_vince_il_s_con_63_voti_ma_non__plebiscito/ Pomigliano d'Arco, 23 giu. (Apcom) - A Pomigliano d'Arco vince, ma non stravince il fronte del `sì' al referendum. Sono stati 2.888 voti i voti favorevoli, 1.673 quelli per il `no', 59 le schede nulle e 22 quelle bianche. Lo spoglio delle schede si è protratto per la notte intera e soltanto poco dopo le 4 si sono conosciuti i risultati definitivi. Il 63% dei lavoratori dello stabilimento Gianbattista Vico e del polo della logistica di Nola si è espresso favorevolmente all'accordo siglato lo scorso 15 giugno da azienda e sindacati, tranne la Fiom, per lo spostamento della produzione della nuova Panda dallo Polonia allo stabilimento napoletano. Nessun plebiscito, dunque, così come si aspettavano tutte le organizzazioni sindacali. Il 36% delle tute blu, infatti, ha scelto di dire `no'. Una votazione, quella che si è protratta per l'intera giornata di ieri, che ha portato alle urne 4.642 dipendenti su 4.881 aventi diritto, segnando una percentuale di affluenza pari al 95% con un assenteismo al 2,5%. Dato rilevante che segna una massiccia partecipazione, forse la più alta in una consultazione sindacale. Dieci le urne aperte dalle 8 alle 21, di cui nove nello stabilimento di Pomigliano e una in quello di Nola dove su 273 voti, solo 77 sono stati i sì e 192 i no. Un risultato ampiamente preventivato dal momento che i 316 dipendenti del polo della logistica si sono, da sempre, definiti dei `deportati'perché distaccati dalla sede centrale di Pomigliano. Le operazioni di voto si sono svolte in un clima sereno anche se alcuni delegati della Fiom e lo stesso segretario generale, Maurizio Landini, hanno parlato di "clima di intimidazione" nel quale "la libera volontà dei lavoratori viene coartata e distorta". Diversi esponenti dei Cobas, inoltre, hanno denunciato di essere venuti a conoscenza di schede elettorali votate e poi fotografate....... da taranto lo slai cobas per il sindacato di classe ha messo sul suo blog un documento corposo e interessante proletari
comunisti taranto fa uscire oggi sul blog lo speciale 2 - sulla
Dalla Polonia, una
lettera ai lavoratori FIAT La FIAT gioca molto sporco coi lavoratori. Quando trasferirono la produzione qui in Polonia ci dissero che se avessimo lavorato durissimo e superato tutti i limiti di produzione avremmo mantenuto il nostro posto di lavoro e ne avrebbero creati degli altri. E a Tychy lo abbiamo fatto. La fabbrica oggi è la più grande e produttiva d’Europa e non sono ammesse rimostranze all’amministrazione (fatta eccezione per quando i sindacati chiedono qualche bonus per i lavoratori più produttivi, o contrattano i turni del weekend). A un certo punto verso la fine dell’anno scorso è iniziata a girare la voce che la FIAT aveva intenzione di spostare la produzione di nuovo in Italia. Da quel momento su Tychy è calato il terrore. Fiat Polonia pensa di poter fare di noi quello che vuole. L’anno scorso per esempio ha pagato solo il 40% dei bonus, benché noi avessimo superato ogni record di produzione. Loro pensano che la gente non lotterà per la paura di perdere il lavoro. Ma noi siamo davvero arrabbiati. Il terzo “Giorno di Protesta” dei lavoratori di Tychy in programma per il 17 giugno non sarà educato come l’anno scorso. Che cosa abbiamo ormai da perdere? Adesso stanno chiedendo ai lavoratori italiani di accettare condizioni peggiori, come fanno ogni volta. A chi lavora per loro fanno capire che se non accettano di lavorare come schiavi qualcun altro è disposto a farlo al posto loro. Danno per scontate le schiene spezzate dei nostri colleghi italiani, proprio come facevano con le nostre. In qusesti giorni noi abbiamo sperato che i sindacati in Italia lottassero. Non per mantenere noi il nostro lavoro a Tychy, ma per mostrare alla FIAT che ci sono lavoratori disposti a resistere alle loro condizioni. I nostri sindacati, i nostri lavoratori, sono stati deboli. Avevamo la sensazione di non essere in condizione di lottare, di essere troppo poveri. Abbiamo implorato per ogni posto di lavoro. Abbiamo lasciato soli i lavoratori italiani prendendoci i loro posti di lavoro, e adesso ci troviamo nella loro stessa situazione. E’ chiaro però che tutto questo non può durare a lungo. Non possiamo continuare a contenderci tra di noi i posti di lavoro. Dobbiamo unirci e lottare per i nostri interessi internazionalmente. Per noi non c’è altro da fare a Tychy che smettere di inginocchiarci e iniziare a combattere. Noi chiediamo ai nostri colleghi di resistere e sabotare l’azienda che ci ha dissanguati per anni e ora ci sputa addosso. Lavoratori, è ora di cambiare. Tychy, June 13, 2010Cari Compagni
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