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LA MOSTRA sulla COMUNE DI PARIGI 1871Evento del 22 Aprile 2024 presso l'exConvento di Santa Chiara. Intervento di Antonio Camuso, presidente dell'Archivio Storico Benedetto Petrone-APS
La Comune di Parigi , un secolo e mezzo tra immaginario collettivo e voglia di insurrezione .
La
sanguinosa fine della Comune di Parigi sarebbe dovuta essere il perenne
monito a chi, in futuro, avesse voluto mettere in pericolo il potere delle
classi dominanti, ma al contrario, essa fu acquisita nel comune patrimonio
storico delle associazioni dei lavoratori e delle lavoratrici, dei partiti
e movimenti rivoluzionari e antagonisti al Sistema di potere capitalistico
e coloniale, di ogni parte del mondo.
Negli anni e decenni successivi a quel tragico 1871, tra i partiti della
Seconda Internazionale ci furono aspre discussioni teoriche nel
giudicarla, giungendo sino a mistificare valutazioni e giudizi di Marx ed
Engel espressi su di essa, e in particolare se si potesse ancora
ipotizzare la presa del potere del proletariato, anche con l’uso delle
armi, e se l’unica strada possibile invece fosse la transizione “soft” al
socialismo attraverso la vittoria elettorale.
La
Rivoluzione d’Ottobre del
1917, in Russia, ribaltò questo giudizio confermando la prima opzione, ma
al contempo gli stessi dirigenti del partito bolscevico, con testa Lenin,
nell’analisi delle cause dei precedenti fallimenti dei ripetuti tentativi
insurrezionali succedutisi in Russia dal 1905 sino al luglio del 1917,
misero in guardia dai facili entusiasmi nel riproporre meccanicisticamente
i modi con cui era avvenuta la presa di potere del partito bolscevico.
Purtroppo molti dei dirigenti dei neonati partiti comunisti europei, sorti
dalla scissione dei partiti socialisti, incorsero in facili entusiasmi,
ritenendo che la Rivoluzione Russa avesse trionfato semplicemente perché
alla guida delle masse insorte vi fosse stato un partito d’acciaio, quello
bolscevico di Lenin, aprioristicamente dalle condizioni oggettive in cui
il processo rivoluzionario russo potè accellerare in quell’ottobre del
1917. Un
concetto antimaterialistico, profondamente ideologico e incapace di
valutare con raziocinio la complessità e la peculiarità del contesto di
ogni Paese prima di decidersi di far scattare l’ora X, e dove un Partito
se pur ben organizzato, in stile bolscevico, che non avesse avuto radici
profonde e ben strutturate nei gangli vitali di una società moderna
avrebbe avuto poche chance di vittoria.
Ai tentennamenti e le divisioni
tra i gruppi politici che si posero alla guida della Comune di Parigi
(causa primaria per Marx ed Engel del suo fallimento), mezzo secolo dopo
la miracolosa ricetta era: il
partito boscevico che da piccola minoranza
d’avanguardia, coglie l’attimo
fuggente della situazione insurrezionale, si pone alla testa delle masse e
diviene maggioranza decisionale politico-militare .
Negli anni seguenti alla fine del conflitto mondiale (vedi il Biennio
Rosso in Italia) in Europa, ma
anche fuori di essa, vi fu un fiorire di esperienze insurrezionali in cui
il richiamo della Comune di Parigi e l’esempio vittorioso della
Rivoluzione russa erano fonte di entusiasmo per i rivoluzionari.
Purtroppo tutte esse fallirono sanguinosamente, influendo pesantemente sul
destino dei partiti comunisti e dei gruppi insurrezionali di sinistra che
le avevano proposte. Al contrario la Reazione affinò in maniera variegata
e scientifica metodi e forze di repressione e proponendo/o imponendo il
modello dello Stato Fascista Corporativo quale soluzione al conflitto
capitale-lavoro. A
fine anni 20 i dirigenti dei partiti comunisti europei rifugiatisi a Mosca
dopo esser scampati a massacri, fucilazioni, carceri e confini,
si ritrovarono a chiedersi perché
avessero fallito in Italia, in Germania, in Austria, Ungheria, Polonia, ma
anche a Canton e a Shanghai, ecc. La
domanda che si ponevano: ”-Possibile
che abbiamo commesso gli stessi errori dei Comunardi e delle Comunarde e
non siamo stati capaci di interpretare correttamente gli insegnamenti
della Rivoluzione d’Ottobre?”
La stessa Terza Internazionale che
si fondava sulla purezza e l’infallibilità del disegno rivoluzionario
della presa di potere dei comunisti postisi alla testa delle masse
insurrezionali, era messa in discussione e la scelta frontista dovette
attendere quasi un decennio per poter contrastare il dilagare del fascismo
e del nazismo in Europa. In
questo contesto nasceva il manuale
dell’Insurrezione armata,
redatto nel 1928 a cura della sezione agitazione e propaganda del
Komintern (della III internazionale), al cui capo era il compagno Ercoli,
Palmiro Togliatti.
Un
manuale politico militare il cui studio fu imposto alla scuola quadri a
Mosca della Terza Internazionale, per poi essere inviato ai Comitati
Centrali in clandestinità nei divesi paesi e destinato ai militanti
comunisti di tutto il mondo.
L’Insurrezione Armata
di Neuberg ,ristampata
per la Feltrinelli nel 1970, un testo difficile oggi da trovare, è
interessantissimo per i richiami e riferimenti alla Comune di Parigi ,
esplicitamente nella discussione teorica, ed implicitamente nelle pagine
dedicate alle corrette forme organizzative per rendere vittoriosa
l’insurrezione. Rileggerlo per il sottoscritto, è stata una piacevole
sorpresa, avendo ritrovato gli stessi richiami all’esperienza comunarda,
che avevo posto all’attenzione degli studenti dell’ITIS, G Giorgi in un
incontro sulla Comune.
Raffronti concernenti l’importanza data dai comunardi nel mantenere
operanti linee di comunicazione con l’esterno e l’interno della città
assediata, sia per motivi di corrispondenza privata e commerciale, ma
innanzitutto con le altre città ribelli e di diffusione di materiale
propagandistico atto ad attirare la purtroppo mancata, solidarietà del
mondo rurale, motivo ultimo della sconfitta della Comune di Parigi.
Ebbene in quel manuale
del 1928, il capitolo dei mezzi di comunicazione ci appare come uno
studio analitico e
riproposizione in chiave moderna
degli sforzi compiuti dai comunardi in questo importante campo, inserendo
accanto al telegrafo e ai piccioni viaggiatori ed altre collaudate
tecniche dell’epoca, quella della Radio. Il
riconoscimento dell’indispensabile ruolo delle donne nella lotta
insurrezionale, così come l’importanza data nel ripristinare e far
funzionare al meglio i servizi pubblici , quale esibizione dell’efficienza
dello Stato rivoluzionario,
in quel libro ricordano le pratiche messe in atto dalla e nella Comune,
sin dai primi giorni della sua nascita.
Perché soffermarmi
su quest’aspetto?
Siamo a ridosso del 25 aprile e
nell’80esimo di quel lungo 1944 che in Italia fu contrassegnato
dagli scioperi del marzo, dall’ estate che vide
la nascita delle repubbliche partigiane
e la fine di quella esperienza con il messaggio del gen Alexander
del” tutti a casa per l’inverno in
attesa della prossima primavera.” In
quell’anno, ci furono repentini cambiamenti
di linea nel PCI che, nel marzo 1944 organizzava gli scioperi con
prospettive insurrezionali con i
dirigenti del Partito comunista alla testa delle città insorte, seguendo
gli insegnamenti del manuale da me citato.
Con l’arrivo di Palmiro Togliatti in Italia e la svolta di Salerno,
e quel manuale gettato alle ortiche,
fu scelta la linea dei CLN unitari
e abbandonato ogni proposito insurrezionale coniugante l’antifascismo con
la lotta di classe. Da metà del 1944 il PCI accettò conseguentemente di
partecipare ai governi di unità nazionale e la via elettorale, assicurando
gli Alleati che le città liberate dai partigiani non sarebbero
divenute come la Comune di Parigi , o come stava succedendo in Grecia,
focolai insurrezionali “bolscevichi”.
Quanto nel 1944, tra gli antifascisti e i partigiani comunisti,
il mito della Comune di Parigi ,
in piena lotta di Resistenza , fosse ancora vivo lo conferma
la storia della canzone “Non siam più la Comune di Parigi”.
NON SIAM PIU’ LA COMUNE DI PARIGI
Non siam più la Comune di Parigi
Una canzone cara a più generazioni
di giovani militanti del PCI del dopoguerra e
ripresa tout court dai gruppi della sinistra rivoluzionaria
del lungo 68, a cui il sottoscritto aderì come più di uno di voi, e
cantata spesso nei cortei in velata polemica con Bella Ciao, ritenuta
una canzone dell’antifascismo borghese e, in questo giustamente ,
un falso storico poiché scritta nel dopoguerra. Al
contrario “Non siam più la Comune di Parigi” è una canzone scritta nel
1944, da Arturo Pedroni,
operaio, comunista e partigiano.Perseguitato
dal fascismo, poi partigiano
come vicecommissario di battaglione e poi ispettore di brigata nella 26ma
e nella 145ma "Garibaldi" col nome di battaglia di "Spartaco", ebbe
ripetuti contatti con i fratelli
Cervi e con don Pasquino
Borghi che, nella sua canonica di Tapignola ospitava molti
patrioti.
Una canzone richiamantesi
alla Comune così identitaria che
nella seconda edizione del best seller comunista
“-
I miei sette figli “di Alcide Cervi, l’autore
Renato
Nicolai, alla pagina 117 dell'edizione Editori Riuniti 1971,
inseriva , variando l’originale del 1955 ,
la circostanza che
Lucia Sarzi insegna ad Aldo Cervi una canzone: Non siam più la comune di
Parigi (ne vengono trascritti i primi quattro versi).
Forse una forzatura imposta dal
PCI ma che esprimeva
l’imnportanza data da quel Partito nel ribadire
le origini che lo legavano, a distanza di un secolo, alla Comune di
Parigi . Il
richiamo alle prassi comunarde lo ritroviamo direttamente
nell’esperienza delle repubbliche partigiane dell’estate del 1944,
quale ad esempio quella della Val d’Ossola, ove si sperimentarono forme di
autogoverno e tecniche comunicative
e di rapporto con l’esterno della zona liberata , quali il
rimettere in funzione le centrali idroelettriche, ed addirittura provare a
costruire una emittente di
radiodiffusione , o stipulare
patti di interscambio con la Svizzera che in seguito accolse i fuggiaschi
dopo la controffensiva nazifascista. ( Anche il quel caso gli Alleati
manifestarono indifferenza, se non proprio ostilità, all’ipotesi della
nascita di zone liberate prima del loro arrivo poichè avrebbero potuto
mettere in discussione gli assetti istituzionali da loro decisi per
l’Italia post-liberazione). Ma
la Comune con il suo messaggio universale , politicamernte complesso e
poliedrico non poteva divenire patrimonio di una sola parte, quella
dell’ortodossia marxista, e il
termine “La Comune” come espressione di
autogoverno, autodeterminazione e
zona liberata, attraverso una
rottura rivoluzionaria
verrà riproposto nella Storia
del Novecento, in molteplici e variegate esperienze.
Una tra esse e definita
semplicisticamente in antitesi
alla Rivoluzione bolscevica è
l’insurrezione “
anarco-comunista” dei marinai e degli abitanti dell’isola di Kronstadt ,
in opposizione al regime di comunismo di guerra, nel 1921,
e poi repressa da Trostky e
che è ricordata come la
Comune di Kronstadt. Non è un
caso che le esperienze
comunitarie e
collettivistiche del filone
anarchico, richiamino il nome
“la Comune “ associando quella di Parigi con quella di Kronstadt. Ed
ad un secolo di distanza nei nostri
anni 60-70, la forza
attrattiva della Comune era
ancora così forte che ad essa, in tanti della generazione della
contestazione giovanile, presero
spunto. Valga tra tutti l’esperienza teatrale
ed editoriale de “La Comune” di Milano di Dario Fo e Franca Rame. Paradossalmente i primi negli anni 60, a richiamarsi ad essa furono i movimenti e gruppi più radicali della sinistra americana, compresi i Wheathermen , così come troviamo traccia nei libri a loro dedicati. (Wheathermen , La prateria in fiamme- Collettivo libri rossi- Weathermen I fuorilegge d’America-Feltrinelli).
Di essi oggi sembra esser stata cancellata la memoria eppure,
proprio nelle stesse università dove mossero i primi passi, in questi
giorni sta dilagando al contestazione studentesca e dei docenti “
filopalestinese” e di opposizione agli aiuti militari concessi da Biden a
Israele e che ci ricorda
i tempi dell’opposizione alla guerra del Vietnam.
I giovani dell’SDS e dei Wheathermen, nei loro appelli all’unità
nella lotta all’imperialismo americano, e contro la guerra,
in solidarietà ai popoli cubano e
vietnamita, essi si rivolgevano innanzitutto alle
comuni alternative, hippyes e di
tipo esperienzale, nate negli Usa e poi diffusesi per il mondo e
in cui risuonava il richiamo attrattivo delmessaggio dissacrante e
di rottura lanciato dalla Comune di Parigi, anche in scelte
discutibili, quale l’uso libero delle droghe, del libero amore ,
ecc, Tra le azioni più
eclatanti , nellaprile del 1968 il sabotaggio
che mise fuori uso per un anno
l’unico impianto di produzione di plutonio impedendo per molti mesi
la costruzione di ordigni nucleari
per i missili balistici americani .
Quanto traumatica fu ( e continua ad esserlo) per la società americana
scoprire che i figli delle classi più agiate, che frequentavano le
migliori università, potessero rivoltarglisi contro, anche in maniera
violenta, è raccontato nel
film del 2012 di Robert Redford, -
la regola del Silenzio – (The Company you keep). Un trauma che sembra
riproporsi oggi, con le proteste pro-Gaza che dilagano nelle università
americane e dove la risposta sembra essere la stessa: l’intervento di
polizia e Guardia Nazionale e l’arresto
dei manifestanti.
Eppure da quell’esperienze di rottura
e di autocoscienza
trassero forza i successivi movimenti femministi e contro le
discriminazioni di genere.
Una esperienza, quella alternativa e dell’underground, che si diffuse in
Europa negli anni a cavallo del ’68 e qui a Brindisi vide l’iniziale
impegno di Ciccio d’Abramo e di Giulio Sarcinella.
Per quest’ultimo il progetto di costruire una Comune
sul territorio brindisino fu un chiodo fisso
con più di un tentativo malriuscito.,
quale l’esperienza di Martina Franca. In seguito, Giulio, fu tra i
fondatori del Centro Sociale contro l’Emarginazione
Giovanile proprio in nel luogo ove
oggi ci ritroviamo e dove, per
venti anni, si sperimentarono
forme di autogestione, di
rottura ma anche di
proposizione costruttiva di forme e pratiche di relazioni, personali,
sociali politiche diverse dal “format” di allora.
Esperienza
vissuta da decine di attivisti e
centinaia di utenti, del Centro Sociale di Brindisi, fu influenzata dal
vento della Comune che nel lungo 68, a un secolo di distanza dalla sua
sanguinosa fine, aveva ripreso a soffiare
facendo ribollire cuori e coscienze.
Nel libro
più volte sequestrato “Ma l’amor mio non muore”
dell’Arcana editrice , e scritto a più mani
da chi si rifaceva all’Internazionale Situazionista , nel 1971, si
festeggiava, nella pagina introduttiva al capitolo sulle Comuni
alternative e underground, il
centesimo anniversario della Comune :
“Viva
la Comune di Parigi” ed
accanto ad una macabra foto di fucilati, questa
didascalia, emblematica del
linguaggio situazionista, dissacrante e “provos” provocatorio: “-
Questo documento fotografico dei
comunardi fucilati a parigi nel 1871 è falso. Abbiamo appreso da fonti
sicure cher questi uomini sono stati visti
sulle barricate di Kronstadt, nel fuoco della Comune
di Canton
nel 1927. Mentre abbattevano la statua di Stalin a Budapest nel
1956. Ancora a Parigi nel maggio 1968 davanti alle fiamme della Borsa
incendiata, poi tra il proletariato di Danzica, sui tetti delle carceri
“Nuove di Torino in rivolta, a Reggio calabria , nel concentration Camp 1
di Washington e in cento altre battaglie
per la decolonizzazione del pianeta Terra!
E noi oggi, a mezzo secolo da
quell’appello a decolonizzare la Terra, mentre essa ribolle e l’Umanità
sofferente, devastata da mille conflitti,
rinnova l’appello che fu delle
Comunarde e Comunardi di Parigi :”
Basta guerra! dobbiamo essere tutti
affratellatti in unico sforzo
di liberazione contro oppressione , sfruttamento,
razzismo!” , possiamo tirarci indietro a quel messaggio d’amore
e di lotta lasciatoci in consegna dalla Commune
de Paris?
Antonio Camuso
Archivio Storico
Benedetto Petrone-APS
Brindisi 22 aprile 2024 vedi anche 1) 5 aprile 2024 la Mostra "La Comune di Parigi 1871" a Brindisi, presso l'ITIS "G.Giorgi". intervento di Antonio Camuso presidente dell'Archivio Storico Benedetto Petrone-APS
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