Archivio storico"Benedetto Petrone"
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La Puglia di 73 anni fa in attesa della Costituzione. di Antonio Camuso
L’Italia di 73 anni fa, che auspicava una Costituzione che garantisse egualmente a tutti diritti e doveri, all’interno di un processo di rinascita e rinnovamento del nostro Paese, era una nazione scossa da forti tensioni sociali interne e sottoposta da identiche pressioni internazionali, in particolare dagli USA. La nostra Puglia non era assolutamente estranea a tutto ciò ed in particolare il mondo dei diseredati, dei braccianti, dei contadini poveri era quello che attendeva risposte urgenti e si opponeva alla resurrezione di quel blocco politico conservatore che aveva appoggiato sin dagli inizi la nascita del fascismo e che andava ricompattandosi intorno alla Democrazia Cristiana e all’Uomo Qualunque, oltre che nel MSI. E' una Puglia che ha dato molto alla lotta antifascista, pagando un caro prezzo, con il sangue dei suoi figli sia sul suo territorio che nei diversi teatri della Resitenza, compresi i lager. A distanza di pochi giorni dei fatti di cui narriamo, i partigiani pugliesi elessero i loro rappresentanti al primo Congresso dell'ANPI che si svolse a ROMA dal 6 all'9 dicembre 1947 ( vedi articolo la delegazione dell'ANPI di Foggia al 1 congresso ANPI) I partigiani pugliesi portavano con sè l'immagine di una Puglia stremata, affamata e a cui alla richiesta di pane si rispondeva col piombo della polizia di Scelba e gli assalti delle bande degli agrari e dei fascisti -qualunquisti. In questo contesto avvengono i fatti di fine novembre 1947 dove veri e propri moti insurrezionali coinvolgono i paesi più poveri della Puglia. Una traccia di essi li abbiamo ritrovati nella rilettura dei giornali custoditi dall’Archivio Storico Benedetto Petrone (Brindisi) fondo Irpinia , in parte digitalizzati. In questo caso il giornale preso in considerazione “Risorgimento” era schierato sul fronte conservatore e le cui cronache erano deformate per additare sulla sinistra la responsabilità di fatti luttuosi e difendere a spada tratta l’operato poliziesco. Ben diversamente andarono le cose come riportiamo in fondo alla pagina grazie a recenti ricerche , libri e testimonianze, tra le quali quella raccolta dal sottoscritto da un collega di lavoro, il cui padre carabiniere, ferito e coinvolto nei fatti di Campi Salentina, immediatamente dopo diede le dimissioni per non ritrovarsi a sparare su gente esasperata e resa folle dalla fame , dalal miseria e da uno sfruttamtno feudale da parte degli agrari e dei loro caporali. Sanguinosi scontri nelle Puglie; Risorgimento ( Il Mattino) 22 dicembre 1947 Archivio Storico Benedetto Petrone;fondo Irpinia " -ROMA, 21 — 1
lunghi colloqui che ha avuto oggi l'on. De Gasperi col comandante
generale, dei Carabinieri e successivamente con il Prefetto dà Milano
vengono posti in relazione con l’esame delle direttive di carattere
generale che il Governo adotterà per fronteggiare energicamente l'ondata
di agitazioni che de oltre quindici giorni sta gravemente compromettendo
l’ordine e la sicurezza del Paese… La cronaca registra ancora una giornata
di tumulti disordini e sangue in Puglia. Il turno è toccato questa volta a
Bitonto.
- Durante la notte, trascorsa dalla cittadina,
in un'atmosfera di ansia e talvolta anche di panico, tutta la parte
periferica è L'unico fatto di sangue, tuttavia si
verificava soltanto nelle prime ore del mattino, quando il vecchio
sacerdote Pasquale Pileo. uscendo di casa per recarsi alla chiesa, ancora
ignaro degli avvenimenti, veniva aggredito da ignoti estremisti e ferito
con tre colpi di pistola. Ieri sera stessa alle prime segnalazioni, una
colonna motorizzata e corazzata di rinforzo è partita da Bari, ma alle
porte di Bitonto una fìtta sparatoria aveva sconsigliato l'ingresso in
città nelle ore notturne Data questa situazione, maggiori, aliquote di
carabinieri e di polizia sono state avviate oggi attraverso il Tavoliere.
Nel odierno pomeriggio finalmente le forze motorizzate sono riuscite a
spezzare il blocco che gli scioperanti avevano imposto al paese ed hanno
raggiunto il centro di Bitonto ripristinando immediatamente con azione
decisa, la normalità….” Di segno contrario era quanto avveniva a Terlizzi: “…L'atmosfera di fermento rimane, tuttavia, in
tutta la Puglia. A Terlizzi ha avuto luogo una controdimostrazione dei
partiti contrari allo sciopero: la tendenza avversa alle violenze ed ai
disordini come speculazione politica si afferma lentamente quasi ovunque,
per quanto tutta la Puglia sia sempre abbandonata nella immobilità dello
sciopero, non completamente generale, ma tuttavia assai perturbante..”- “…A San Giorgio Jonico la polizia ha proceduto
all'arresto dei dirigenti delle sezioni comunista e socialista,
riconosciuti responsabili dei torbidi dei giorni scorsi-. In seguito alla riunione del consiglio
generale delle leghe terminata dopo la mezzanotte, lo sciopero generale
nella provincia di Bari é stato sospeso. Restano in atto. però gli
scioperi parziali dei lavoratori agricoli, e dei lavoratori dell'edilizia. Domani un decreto determinerà l'imponibile
di mano d'opera in agricoltura per fronteggiare sia pure
parzialmente la di-
Le cose realmente andarono in ben altro
modo come si evince per i fatti di Campi Salentina dalla lettura
dell’ottimo libro Quelle innocente vittime del riscatto sociale”,
scritto da Salvatore Coppola che narra dell’uccisione di due lavoratori,
Nino Maci e Antonio Tramacere uccisi nel corso di una manifestazione
sindacale a Campi Salentina. Libro presentato a Campi il 20 novembre 2017
e i cui riferimenti potete trovarli al link
http://www.squinzanosette.it/dettaglio.asp?id_dett=48393&id_rub=178 Per
i fatti di Bitonto riportiamo quanto scritto sul sito bitontino
https://www.dabitonto.com/cronaca/i-tumulti-del-47-a-bitonto-il-ricordo-di-emanuele-coviello.htm
In
cui si legge la testimonianza di
Emanuele Coviello ritornato da icampi di prigionia
tedeschi. nella sua Bitonto il 15 ottobre del ’45. … in una terra in cui
«si moriva di fame», come del resto già prima della guerra, «Ricordo che
una mattina, poco dopo il mio ritorno, mi alzai presto e uscii di casa per
chiedere di lavorare in campagna per raccogliere le olive. Portai anche
mio fratello. Chiesi 80 lire, ma dopo altri lavoratori mi riferirono di
prendere 350 lire. E così chiesi anche io la stessa quota, per poter
portare il pane a casa. E mi fu concessa. Ecco come stavamo a quei tempi.
Stavamo male» ricorda Coviello: «Ci davano quattro soldi. Ci mettevano in
condizioni di miseria. Era necessario ribellarsi. Eravamo anche andati in
guerra per difendere la patria dei ricchi, non quella dei poveri». Le rivendicazioni dei braccianti erano
raccolte da comunisti, socialisti e dai sindacati che chiedevano migliori
condizioni di vita per loro, il rispetto dei contratti e il riconoscimento
del limite di otto ore al giorno. In quei giorni, in tutto il barese, era
stato indetto sciopero ad oltranza. «Io e mio padre eravamo iscritti al Partito
Comunista, come tutti i lavoratori dell’epoca. Il 90 percento di loro era
iscritto. Sono stato iscritto per tre o quattro anni» aggiunge, ricordando
la visita di Togliatti, ’48: «Non volevano neanche farmi lavorare, proprio
perché ero comunista. Però quando ci hanno mandati a morire in guerra a
nessuno interessavano le nostre idee politiche». «Il 19 novembre ’47 alcuni iniziarono a
sparare, per protesta contro gli accordi tra le parti che si stavano
prendendo al Comune. Fu l’inizio di tutto. Fu assaltata la sede della
Democrazia cristiana e furono accesi fuochi» aggiunge ancora. E, infatti, come del resto abbiamo già
ricordato, nonostante gli appelli alla calma del segretario socialista
Angelo Custode Masciale, i manifestanti si divisero in più gruppi,
iniziando a lanciare invettive contro i padroni, i latifondisti, e contro
le forze politiche a loro vicine, le “sedi della reazione agraria” come la
DC, la cui sede in piazza Cavour è assaltata. Gli arredi interni della
sezione bitontina della Democrazia Cristiana vennero ammucchiati sulla
piazza e incendiati. Vennero assaltati anche il Circolo Unione in piazza
Margherita di Savoia (l’odierna piazza Aldo Moro) e la sede del Movimento
Dell’Uomo Qualunque, ubicata in via de Ilderis, che fu colpita da bombe.
Un gruppo di manifestanti occupò anche la società telefonica, allo scopo
di ostacolare le comunicazioni tra il commissariato di Polizia cittadino e
quello di Bari. Altri arrivarono a Porta La Maya, sparando colpi di fucile
contro la Polizia giunta da Bari dopo che le comunicazioni furono
interrotte. «Ricordo che dalla Porta del Carmine si
sparava su via Modugno. Le forze dell’ordine arrivarono dunque dalla via
per Giovinazzo, visto che da Bari non potevano entrare a causa dei
manifestanti che sparavano». E infatti, la situazione va avanti dal 19 al
20 novembre, quando a sedare la rivolta intervennero le camionette dei
Carabinieri, posizionando mitragliatrici lungo corso Vittorio Emanuele II. «Io rimasi in corso Vittorio Emanuele II, solo
di guardia alla sezione del partito, e mio padre era a casa, nel suo
letto. Non partecipò per niente alla sommossa. Ciò nonostante fu arrestato
con l’accusa di avervi preso parte» spiega oggi il reduce, affermando che
a fare il nome del genitore fu invece un esponente del Movimento dell’Uomo
Qualunque, ex membro del Partito Fascista bitontino, con cui
precedentemente c’erano stati dei dissidi legati alla retribuzione del
lavoro in campagna durante il periodo della raccolta delle olive: «Furono
loro, gli ex fascisti, poistati dei dissidi legati alla retribuzione del
lavoro in campagna durante il periodo della raccolta delle olive: «Furono
loro, gli ex fascisti, poi andati nell’Uomo Qualunque, a fare i nomi di
quelli da arrestare come responsabili delle sommosse. Ben pochi, invece,
tra i veri responsabili, furono presi». Due giorni durarono le sommosse, conferma
Coviello: «Non ci furono feriti, a parte il sacerdote don Pasquale Dileo,
che andava a celebrare messa al Carmine. Fu sparato da un delinquente, un
tale Michele Rizzi, che fece sette anni di carcere per tentato omicidio».
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