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BRINDISI: 13/14 dicembre 1971 il tentato assassinio di DONATO PECCERILLO FASCISTI ALL'ATTACCO DEGLI STUDENTI (segue a fondo pagina) LA NOSTRA CRONACA Il racconto di chi c'era quei giorni) SU QUEL DRAMMATICO EPISODIO RIPORTIAMO INTEGRALMENTE L'INTERROGAZIONE CHE QUATTRO DEPUTATI DI SINISTRA FANNO AL GOVERNO NELLA SEDUTA DI FINE D'ANNO ALLA CAMERA , DEL 29 DICEMBRE 1971 PRESIEDE IL FUTURO PRESIDENTE DELLA REPUBLICA
SANDRO PERTINI MONASTERIO,
REICHLIN, D'IPPOLITO, FOSCARINI E PASCARIELLO. Ai
Ministri dell'Interno e di Grazia e Giustizia . Per
sapere di fronte al succedersi nella provincia di Brindisi,
particolarmente nel capoluogo, di
una
serie di criminali aggressioni, preordinate e organizzate in funzione
dello scoperto di segno provocatorio d' instaurare un clima di
intimidazione e di sopraffazione, di cui si sono resi responsabili ben
noti e individuati teppisti fascisti, aggressioni culminate nel
tentativo di assassinio dello studente Donato
Peccerillo , accoltellato
proditoriamente il 14 dicembre 1971, secondo le risultanze delle autorità inquirenti da
tale Giovanni Frattini, presidente del circolo brindisino del « Fronte
della gioventù», raggruppamento giovanile del MSI quali iniziative
intendono adottare per porre fine alle predette violenze fasciste, che
suscitano comprensibili reazioni dei giovani democratici e la indignata
condanna della pubblica opinione, assicurando alla giustizia i
responsabili e perseguendone anche ispiratori e mandanti. (4-21134 ) MA FU UN CASO ISOLATO?>>>>>>>>>>>>>>>>> IL CONTESTO IN CUI AVVENNE QUELL'EPISODIO lo sciopero studentesco ed il corteo assaltato da fascisti e polizia la mattina e poi la sera l'accoltellamento di Donato La cronaca della Gazzetta di Brindisi che rispecchia quasi del tutto lo svolgimento dei fatti Come nel caso di Benedetto Petrone e di altri casi, il killer assassino e i suoi complici godono immediatamente di protezioni che li mettono al sicuro dall'arresto LA NOSTRA CRONACA Il racconto di chi c'era quei giorni 14 dicembre 1971 Una splendida
giornata di sole era quella
che si andava preannunciando a
Brindisi in quel caldo dicembre di quarant’anni fa.
Caldo lo era veramente, non solo metereologicamente,
contraddistinto da temperature miti, giornate senza pioggia e con
l’assenza della fredda “tramontana”balcanica, caldo ,
anzi rovente, quel dicembre lo
era per la partecipazione entusiasta di migliaia di studenti
brindisini nelle proteste che
si susseguivano quasi giornalmente , nelle scuole, nelle piazze con
cortei, volantinaggi, assemblee, sui temi che riguardavano la loro condizione all’interno di
una provincia , quella brindisina che faticava ad inserirsi
tra quelle che avevano beneficiato della politica dei poli di
sviluppo. “-Biglietti
meno cari per i pendolari, studenti e lavoratori, libri gratis per
coloro che provengono da famiglie a basso reddito!-“ Questo si leggeva
sui volantini che venivano diffusi e letti in quei giorni e questi i temi
si intrecciavano a quelli della richiesta di una maggiore partecipazione
alle scelte economiche di una città e di una provincia che,
da un lato sognavano di moltiplicare i posti di lavoro nel
complesso petrolchimico per sopperire ad una agricoltura che stava andando
in crisi, con lo spopolamento delle campagne e la fuga di giovani braccia
verso le industrie del nord, e una politica agricola che
comunitaria che la stava conducendo al declino. Richieste condivise
dalla maggioranza degli studenti , moltissimi dei quali provenienti dai
paesi del circondario e da famiglie prevalentemente di agricoltori che
sognavano per i figli un
futuro migliore ma che vedevano delinearsi all’orizzonte la prima
crisi del modello consumistico nel nostro paese, proprio quando le
conquiste salariali delle lotte dell’autunno caldo avrebbero dovuto
rilanciarlo. A far sì che
questi temi “economici” divenissero anche possibilità di criticare la
società capitalista (ed in particolare quella italiana che mostrava
grandi segni di carenza di democrazia , ricordiamoci che quegli anni sono
contraddistinti dalla strategia della tensione e delle stragi), a Brindisi
si muovevano, in linea con i tempi,
gli attivisti dei
gruppi della “nuova sinistra” ed in particolare quelli che si
richiamavamo al marxismo –leninismo in versione filo-cinese nelle più
diverse sfumature: ‘c’era il Circolo Lenin di Puglia, un gruppo
che aveva sedi e militanti sparse per tutta la regione, gli
attivisti dell’UCI ( m-L) , gruppo conosciuto come “Servire il
popolo” dal nome del giornale che diffondeva e che,
a cavallo tra il 69 e il 70, aveva
conosciuto la stagione migliore ma ormai in fase discendente tra scissioni
interne e difficoltà di coniugare un retorico linguaggio maoista con
l’essere al passo dei mutamenti nei movimenti
di quegli anni, c’erano i cugini del PCd’I ( m-l)
conosciuti nella galassia m-l come “linea nera”
e che a Brindisi stavano confluendo nel gruppo Manifesto- PSIUP con
l’eccezione dei più giovani che avrebbero fatto muovere i primi passi
di Lotta Continua a Brindisi. Una realtà
multiforme , spesso in vivace polemica ideologica ma che si compattava sui
temi della lotta all’autoritarismo, la repressione, l’antifascismo e
la critica al sindacati e partiti di sinistra istituzionali definiti
revisionisti e troppo morbidi con “i padroni” Una realtà di
giovani studenti medi, ben diversa da quella della vicina Lecce sede di
una università “bollente” e dove la lotta politica era anche scontro
fisico con i mazzieri del MSI
di Almirante e Rauti, che si
consideravano gli eredi diretti del più nostalgico fascismo legato agli
interessi di una borghesia conservatrice
e retriva. Al contrario di
Lecce ,Brindisi risentiva dell’influenza della presenza di una classe
operaia che stava man mano prendendo coscienza della sua forza e del suo
ruolo e che rappresentava già
per se stessa, un valido baluardo al dilagare dell’influenza dei
fascisti del MSI che avevano
in Clemente Manco, avvocato e parlamentare, il cavallo di battaglia locale
. Proprio questi
ultimi ed in particolare il
gruppo che faceva capo all’organizzazione giovanile del MSI, il Fronte
della Gioventù, mal
digerivano l’aver perso nel giro di un paio di anni la capacità di
attrarre a sé e mobilitare masse di giovani studenti intorno ai temi più
cari a quel gruppo, quali l’anticomunismo, il nazionalismo in funzione
anti-Yugoslavia di Tito e anti-Russia e la continua apologia del fascismo
come ricetta per i mali del
nostro paese. Sempre più
emarginati, respinti ad ogni loro tentativo di infiltrazione in cortei ,
assemblee e occupazioni di istituto,
i giovani neofascisti con a capo
Frattini quel 14
dicembre 1971, decisero di passare all’azione emulando i loro camerati
leccesi, tarantini e baresi che si erano contraddistinti negli ultimi mesi
in assalti a sedi di sinistra, cortei ed aggressioni a militanti
estraparlamentari o semplici simpatizzanti. Il risultato fu
tragico e solo per un caso non ci scappò il morto tra i giovani di
sinistra , ma a pagarlo politicamente furono invece i fascisti, emarginati
anche da quelle forze politiche come la Democrazia cristiana che in città
spesso li aveva avuti come alleati nella gestione della cosa pubblica. L’aggressione al
corteo studentesco raccontata da un diretto testimone: “- Quella mattina per me fu un vero tour de force: mi avviai prestissimo sulla moto, con un pacco di volantini ciclostilato la sera prima nella sede del Centro servizi Culturali, una struttura finanziata dalla CASMEZ. Il mio compito era di distribuirli dinanzi alla scuola , insieme agli altri compagni del gruppo studentesco che organizzava le lotte nell’ITIS G Giorni e che era formato prevalentemente da iscritti o simpatizzanti all’Unione dei Comunisti italiani ( marxisti-leninisti), “Servire il popolo”, ma che raccoglieva intorno a sé anche qualche anarchico e simpatizzanti di Lotta Continua ed aveva come leader riconosciuto Coco F ( oggi uno stimato avvocato del lavoro della CGIL di Milano) che aveva ricevuto il testimone da Pietro Alò ( tra i fondatori del Circolo Lenin di Puglia e poi senatore della Repubblica) che si era diplomato l’anno prima nel corso di telecomunicazioni. L’assemblea
dinanzi al cancello fu tesa e rabbiosa, con qualche centinaio di giovani
delle classi del triennio a cui si erano uniti molti del vicino Nautico,
che avevano voglia di far sentire la loro voce in piazza senza troppi giri
di parole, visto che nella
serata era preannunciata una riunione del Consiglio Provinciale, convocata
dai rappresentati dei partiti di sinistra sui temi che stavano agitando
gli studenti quei giorni, ovvero sussidi ai pendolari sotto forma di
biglietti scontati e libri gratis. Dopo una breve
arringa, si partì alla volta
del centro di Brindisi, tutti in corteo lungo la provinciale san Vito,
improvvisando un piccolo servizio d’ordine
per evitare troppi intralci al traffico e qualche incidente con
automobilisti insofferenti. Il
percorso del corteo quella mattina rompeva gli schemi classici poiché
l’appuntamento per tutti quel giorno non è la Stazione ma bensì il
piazzale antistante lo
Scientifico, ovvero l’ampia gradinata della chiesa di San Paolo , a
pochi passi a dalla vecchia Questura e dal quartiere delle “Sciabiche”
sul vecchio porto. Quando arrivammo
compatti in corteo ci troviamo dinanzi altre centinaia di studenti delle
diverse scuole, oltre che i nostri “colleghi” più piccoli del biennio
dell’Industriale che ci avevano preceduti provenendo dal quartiere
Cappuccini e che insieme al gruppo dei “ mesagnesi” di Servire il
popolo” avevano
“rastrellato” i pendolari alla Stazione Centrale. E’ proprio da
essi che venimmo a conoscenza di un
fatto allarmante che
anticipava quello, ben più
grave che ci avrebbe visti tutti direttamente coinvolti, ovvero
l’assalto al corteo da parte dei neofascisti missini. Carmelo “Cicora”,
Tullio Caramia e Lucia P. ci spiegarono come sul piazzale della Stazione
fossero stati vittime di un vero e proprio agguato da parte dei fascisti
provenienti dalla vecchia sede sita in corso Umberto.: “-Stavamo
radunando i pendolari che uscivano dai treni, quando abbiamo visto
avvicinarsi un gruppo di
giovani con zainetti militari e un paio di bandiere rosse ed abbiamo
pensato che fossero militanti del Circolo Lenin provenienti da Lecce e
venuti a darci una mano. Ci siamo avvicinati salutandoli amichevolmente ed
invece siamo stati assaliti con le mazze di bandiera ed altri oggetti.
Solo allora abbiamo capito che quelle bandiere erano dei tricolori che i
fascisti avevano arrotolato facendo sventolare solo il rosso, in maniera
tale da potersi avvicinare indisturbati e mescolarsi al corteo che doveva
partire da lì. Pur doloranti
per le percosse subite abbiamo cercato di reagire e alla fine i fascisti
vistisi in inferiorità numerica si sono ritirati.”- Il racconto fatto
dai nostri compagni ci mise
addosso la preoccupazione che la provocazione si ripetesse e quindi
decidemmo di formare un minimo di cordone da servizio d’ordine
da mettere in testa al corteo. L’assemblea dopo alcuni interventi
si concludeva con la decisione di fare un corteo che, passando per il
lungomare, il Corso raggiungesse prima il Comune, poi il Provveditorato ed
infine Piazza Santa Teresa dove ha sede ancor oggi la Provincia. Davanti a noi
c’era la bianchina di Giacomo M ., un operaio della Montedison e
segretario politico della sezione di Brindisi dell’Unione dei Comunisti
(m-l) Dall’ altoparlante a tromba connesso ad un amplificatore ,
montato sul tetto della macchina venivano lanciati gli slogan ripresi dal
corteo. Eravamo diverse centinaia di studenti che sfilavano per il
lungomare, facendo
all’inverso il percorso
classico dei cortei a Brindisi. C’è un aria solo
in parte festosa, dietro di noi ci sono gli studenti degli istituti
classici e scientifici,dove forte era la presenza del Circolo Lenin,
che normalmente erano sempre in testa , mentre quel giorno , in
prima fila, eravamo noi
dell’Industriale, del Nautico e i professionali, insomma,
quegli studenti sempre ritenuti difficili a politicizzare ma che
sentivano sulle proprie spalle quanto fosse difficile per i loro genitori garantir loro
il diritto allo studio e quanto l’università fosse per essi solo
un sogno. Da sogno era invece il sole che
lanciava su tutti noi una luce vivida intensa …quando si giunse
nei pressi del Desirèe, il locale ristorante che sovrastava la Stazione
Marittima e i giardinetti del porto, , gli slogan si fecero più duri: _” Fascisti
carogne uscite dalle fogne- Valpreda è innocente la strage è di Stato!
No alla repressione!-“ … Sapevamo che da
lì a poco saremmo passati sotto la nuova sede del Movimento Sociale, da
poco inaugurata, a metà del Corso,sita al terzo o quarto piano del
palazzo che ospita anche ala Gazzetta del Mezzogiorno oltre che uffici di
agenzie di viaggio ed altro , ma
non ci rendevamo ancora conto
come questo fatto influirà negli avvenimenti successivi di quel 14
dicembre 1971. Superati i tavolini
del Cafè de Paris e giunti all’altezza dell’Ausonia Bar , il corteo
si trovò la strada sbarrata
: di traverso, al
centro del Corso, c’era
l’Ape del Barese, (una nota figura
di fascista brindisino, piccolo
commerciante ambulante che tra gli anni 80 e 90
terrà in piedi la sezione del MSI alla Commenda) , schierati in
mezzo alla strada una ventina di fascisti del Fronte della Gioventù,
insieme all’intera dirigenza del MSI locale e alcuni loschi figuri,
malavitosi da quattro soldi chiamati a ricambiare “in natura” il
favore di essere stati difesi gratuitamente tante volte dal noto studio
legale fascista ….Alle loro
spalle poco più di una decina tra poliziotti e carabinieri ad assicurare
che se non fosse bastata l’azione squadrista ci sarebbero stati
loro a terminare il lavoro. La prima fila del corteo si fermò, serrando le fila mentre
dalle spalle accorsero alcuni ragazzi del Classico, ricordo tra essi Roberto C. , che urlava,
agitando il pugno contro i fascisti mentre con l’altra mano
impugnava un casco da motociclista, senza però indossarlo,
segno di una indecisione nel comprendere quanto stava per avvenire,
da parte del resto deli studenti
che erano alle nostre spalle. …Pazienza ce la
dovremo vedere da soli!… La macchina di Giacomo si infilò in una
stretta stradina a destra , …tirammo fuori la sedia e il tavolino usato
per vendere Servire il Popolo e raccogliere i fondi del
“banchetto di solidarietà a Valpreda e
a tutti i colpiti dalla repressione” che sistematicamente ,nei
giorni a cavallo del 12 dicembre, da due anni, piazzavamo dinanzi
all’ingresso delle fabbriche …sedia e tavolino ,preda di decine di
mani rabbiose che li fecero a pezzi , per farne fragili strumenti di
difesa di quel corteo, che sino a quel momento non aveva neanche uno straccio di
asta di bandiera con cui difendersi. Dall’altra parte
arrivarono urla rabbiose poi
il silenzio calò per pochi secondi… F. il segretario del Fronte della
Gioventù partendosi dal centro dello schieramento fascisti-polizia , da
solo, si lanciò correndo verso di me o per lo meno questa fu la mia
impressione… strinsi i denti , aspettando
l’impatto che invece
non venne…F con una slancio da Karateka , dopo un salto in aria, ricadde
colpendo col taglio del piede sul ragazzo
alla mia sinistra che crollo a terra sotto il peso del fascista .. in un
attimo gli altri miei
compagni che avevano tra le mani le gambe della sedia e del tavolino
incominciarono a colpire F. ma
non ci fu tempo per dargli una buona lezione poiché l’intero
schieramento dei fascisti si lanciò all’assalto…la scena si spezzettò
in una serie di scontri individuali e qualcuno di noi…quella
mattina…si tolse qualche soddisfazione…
più di un fascista si ritrovò col naso e la testa , sanguinante a
terra, e il corteo sembrò reggere l’impatto arretrando solo
pochi passi… a questo punto furono
le forze dell’ordine a caricare e ancora una volta fummo noi
studenti degli istituti tecnici a ricevere l’impatto… un anarchico del
gruppo dei “trepuzzini” lanciò su due carabinieri una bicicletta,
lasciata sul marciapiede da un ciclista che passava lì per caso… mi
ritrovai, ad un certo punto, solo,
al centro della strada, da
dove praticamente non mi ero mai mosso colpendo al volo i fascisti che mi
passavano a tiro, mentre
ormai, dei miei compagni ,
intorno a me non c’era nessuno… la confusione comunque era così tanta
che in baleno riuscii a squagliarmela senza danno, raggiungendo gli altri
studenti ai Giardinetti…si urlavano slogan contro fascisti e polizia
ma eravamo ridotti a poco più di un centinaio e alla
fine giunse la decisione di sciogliere la manifestazione
studentesca e raggiungere alla spicciolata la sede del Circolo Lenin nel
vecchio quartiere di San Pietro degli Schiavoni. Lì fu uno scambiarsi
le impressioni su quanto era avvenuto…eravamo tutti choccati, poiché un
aggressione siffata, contro
gli studenti, non si era mai
verificata a Brindisi, segno dei tempi cambiati, segno della volontà
disperata dei fascisti brindisini di non perdere quel carisma di duri che
avevano tra quelli pugliesi… Si fece una prima
sommaria conta dei danni , se tra noi vi fossero feriti gravi, sembrava
proprio di no e che gli unici
ad essere veramente doloranti fossero i poveri mesagnesi bastonati alla
Stazione in mattinata, con Angelo C (
oggi medico dell’ASL) zoppicante e Lucia
P che si lamentava per delle bastonate sulla schiena…quei
bastardi non avevano avuto remore di colpire anche una ragazzina di 15
anni. Solo molto tempo più tardi venimmo a sapere che F aveva colpito
duro con quel salto ed aveva fratturato la gamba ad un ragazzo della 5° o
IV B dell’Elettronica dell’ ITIS Giorgi
che si fece un paio di mesi, a casa, con il gesso. “- Dobbiamo fare un’assemblea questa sera , qui, al circolo Lenin, per fare un volantino e chiedere domani a tutti gli studenti di scioperare contro questo vigliacco attacco al nostro diritto di manifestare!”- dopo aver acconsentito ci incamminammo alle nostre case… fine Parte Seconda L’accoltellamento
di Donato Peccerillo Così come il sole
aveva illuminato il corteo, quella sera fu la luna ad osservare quanto
avvenne nelle strette stradine del vecchio centro storico di Brindisi.
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ANTIFASCISMO
INCHIESTE E CRONACHE IN PUGLIA E NEL SUD NEGLI ANNI 70
nuova open area Pugliantagonista speciale 14 anni ( luglio 2017 in poi)
Vecchia versione Openarea informazione Osservatorio sui Balcani di Brindisi
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