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Irpinia ribelle: 

le lotte di ieri\2  

Terremoto  parte sesta

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1980

IRPINIA
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TERREMOTO 1980 L'ALTRA FACCIA

Speciale terremoto  Irpinia 80

Terremoto: Molte crepe si sono aperte anche nella Chiesa ufficiale

 di Alfonso Gambardella
Seg. Naz. di Cristiani per il socialismo
(9-1-1981)

Ursi a Napoli predica contro gli atei, Vajro in Lucania dice di fare la Messa ogni giorno: la Chiesa ufficiale predica pietismo e rassegnazione.

 

Il terremoto non poteva non mettere a nudo anche le pecche della Chiesa, e lo ha fatto con una crudezza a volte eccezionale, se si pensa a quanti, parroci in ispecie, non hanno saputo nemmeno reggere all'urto psicologico dei danni e hanno abbanato il loro paese. Oggi questa Chiesa ascolta il messaggio di Ursi a Napoli sulle mancanze delle categorie della fede negli atei, incapaci di capire come «la cultura meridionale sia stata capace di sfidare gli eventi con la forza della fede», e accoglie, speriamo con qualhe perplessità, le preoccupazioni del vescovo lucano Vajro sulla necessità di celebrare la S. Messa ogni giorno e di fare attenzione ai segni sacri delle Chiese cadute.


Ma la «Chiesa», quella che non guarda alle categorie della fede per capire l'uomo e la sua disponibilità, quella che incontra Cristo nel terremotato — come il Samaritano —,questa «Chiesa» ha trovato la forza e la capacità di uscire fuori dalle secche delle burocrazie curiali, invecchiate ed anchilosate, ed ha scoperto mille modi diversi di interpretare i bisogni della gente dopo il terremoto. Certamente questa «Chiesa» non si è fatta troppo scrupolo di valutare criticamente il viaggio di Giovanni Paolo II, impegnato più a testimoniare una presenza, che a portare una testimonianza diretta e palmare (ai tempi delle alluvioni del Polesine e del Salernitano, la voce della Chiesa era arrivata con ben altra forza e consistenza, anche esteriore!) ed ha scelto la confusione con la gente, per una condivisione che fosse sostanziale di gesti, che in queste occasioni assumono veramente la pregnanza della sacralità. Sono in questo modo, per questo slancio, - che è stato immediato e sollecito, certamente più di quello dello Stato italiano - sorte iniziative un po' dappertutto, ad opera di organismi o congregazioni, istituzioni o associazioni, che hanno confermato la vitalità di una certa
«Chiesa». Certamente non quella che dalle nostre parti ha voluto mettersi in azione attraverso i gruppi Charitas, mai presenti e men che mai in questa occasione, privi di qualsiasi capacità operativa che non venisse loro dalla collaborazione esterna. Ma invece quella rappresentata dai preti cosiddetti del dissenso in provincia di Potenza, come Peppino Grieco a Muro Lucano, che si sono «sporcati le mani» fin dalle prime ore, mentre la voce ufficiale del «regime» ha continuato a parlare sempre e solo dì un parroco, quello di Balvano, innalzato anche in questi giorni agli onori delle cronache giudiziarie e televisive (alla pari dei mi-
nistri delle Stato italiano). Anche quella che, legata alla presenza di sacerdoti intelligenti, ha saputo già cogliere occasioni importanti nelle zone terremotate mettendo le premesse per una presenza continua sulle zone (Ì salesiani a Santomenna gestiranno una struttura di servizio, programmata dai gruppi milanesi di Mani Tese), oppure quella rappresentata da sacerdoti e suore che in prima persona hanno gettato la loro «fede» in quelle pietre senza pensare, a ta-
volino, quale struttura dover creare per poter continuare il proprio discorso, la propria presenza nelle zone terremotate, affidandosi magari a «centri di animazione sociale» che nascondono, dietro le sigle e le belle parole, volontà di continuare a imbalsamare questa povera gente con il fatalismo della rassegnazione e con le attese messianiche della liberazione eterna. Oggi invece esistono necessità diverse, che passano innanzitutto per la presa di coscienza della gente, per uno sforzo dell'uomo- cristiano di vedere il proprio fratello liberato innanzitutto dalla ignoranza e dalla rassegnazione, e questo indubbiamente non è la volon-
tà della Chiesa ufficiale, che altrimenti non si sarebbe fatta trovare in flagrante nella situazione di Napoli, e non avrebbe atteso le prese di posizione di cristiani impegnati come le Comunità di base napoletane, Colella e Iervolino de «Il Tetto», per una risposta che dimostra ancora una volta la coincidenza del suo discorso con quello di un partito (la DC, è ovvio!) che nel caso di Napoli tende a creare la confusione pur di dimostrare che i suoi propositi ed i suoi uomini erano in grado di fare meglio.

Anche dalla Chiesa è necessario attendersi una-risposta che non sia quella tradizionale, quella consueta del pietismo: pretendiamo una Chiesa che sappia guardare al di là della sua prudenza tradizionale, che sappia camminare al passo con la storia, che dimostri una vitalità che non può appartenere a quegli uomini che in occasione del terremoto si sono smossi dai loro «troni di avorio» e sono scesi ad interpretare i problemi ed i bisogni della gente, quando fino ra sono stati nelle loro case a perseguire obiettivi che erano raramente comuni a quelli della povera gente.

Questa scommessa con la Chiesa ufficiale è già in atto da parte della «Chiesa» di tutti
i giorni e di tutte le occasioni, quella che identifica la Chiesa con il popolo di Dio, e non sa operare discriminazioni fra fratelli basate sul nulla. È già in atto anche attraverso un modo diverso, come ho tentato di dire, di presenza fra i terremotati, in cui sono fianco a fianco cristiani di tutte le Chiese, cattolici e protestanti in un impegno che è di servizio ad una causa, che non ha alcuno scopo di «lucro».

 Alfonso Gambardella

 

 a cura dell'Archivio Storico Benedetto Petrone

Brindisi 23 novembre 2020

PAGINA A CURA PER L'ARCHIVIO STORICO BENEDETTO PETRONE

DI ANTONIO CAMUSO

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ULTIMA MODIFICA 23 NOVEMBRE 2022