|
TERREMOTO
1980 L'ALTRA FACCIA
Speciale
terremoto Irpinia 80
Il volontariato non e' più' estraneo alla cultura della sinistra
di
Vittorio Agnoletto (9-1-80)
La straordinaria mobilitazione dei volontari ha
posto serie di nodi a tutta la sinistra: nodi in gran parte ancora
irrisolti.
Quotidiano
dei lavoratori 9 gennaio 1981 (Archivio Storico Benedetto Petrone: fondo
Cosimo Pecere; bustaCp02-qt; cat CPO23)
Molti oggi parlano di volontariato, dei
giovani che si sono mobilitati in migliaia, individuando nel «terremoto»
qualcosa che li riguardava direttamente, e riscoprendo, tramite questa
vicenda, la volontà comunque di non delegare, di intervenire in prima
persona anche se, senza alcun dubbio, in forme diverse dal passato e
tutt'ora non codificate.
Certo per molti ciò ha significato aver finalmente
«qualcosa di concreto da fare»,qualcosa che oltre a dare una risposta
all'entusiasmo giovanile andasse a riempire un vuoto, uno sbandamento
interiore e una mancanza di punti di riferimento da troppo tempo
esistente.
Credo che ciò sia
innegabile e sarebbe del tutto errato non tenerne conto, ma non ci si può
fermare qui, non è stato e non è tutt'ora un attivismo fine a sé stesso,
né puro assistenzialismo, anche se queste componenti senz'altro erano (in
modo minore) presenti; in migliaia e migliaia di giovani vi era una
domanda di protagonismo accanto però ad un preciso giudizio politico più e
più volte espresso nelle assemblee della città di origine, così come
nelle piazze dei paesi dell'lrpinìa: «Il terremoto è una catastrofe
naturale che ha posto in luce tutta la miseria, la povertà,
l'ingiustizia e la drammaticità di una catastrofe storica con precise
responsabilità politiche: la questione meridionale. Nessuna fiducia in
questo stato, nelle sue strutture, nella sua onestà politi- ca.» Non
quindi qualunquismo e pura ricerca dell'avventura, ma coscienza politica
diffusa che riemerge da sentieri tortuosi spesso personali e
diversificati. Come ha reagito la sinistra di fronte a questo fenomeno?
Quali sono stati i rapporti con gli enti locali di sinistra delle città di
partenza? La parola stessa «volontariato» era fino ad ora una parola
estranea alla cultura della sinistra; da un lato vi era
l'assistenzialismo, l'aiuto pietistico alla vecchietta e senza alcuna
pretesa di trasforma- zione della realtà, dall'altro la militanza, la
costruzione del partito e di una precisa ipotesi polìtica. Tutto il resto
non c'era, o comunque apparteneva ad un altro mondo, ad esempio a quello
cattolico (che da tempo usava tali vocaboli, legato anche ad un'evoluzione
in senso democratico di alcune sue organizzazioni, ma non ancora giun-
te ad incontrarsi con il mondo operaio e la sua cultura). A tale
impreparazione si è poi andata sommando nella sinistra storica la
i rale;
niente di più. Totalmente assente, almeno in un primo momento, la capacità
di raccogliere ed esaltare tutto ciò che autònomamente si muoveva, cosi
come di valorizzare le singole specifiche capacità di precisi settori
sociali: penso agli studenti universitari delle diverse facoltà
o
a quelli degli istituti tecnici e ai gruppi volontari di intervento
sanitario, e a lavoratori di settori specifici, autonomamente
organizzatisi.
Prima:
diffidenza, paura di iniziative «non previste»; poi: tendenza
all'inglobamento nelle proprie strutture e sotto proprie etichette. In
questa seconda fase rientra anche il tentativo dell'Arci di porsi non solo
come punto di riferimento organizzativo, ma' come momento di direzione
politica e di riassumere
¡n
sé le molteplici valenze politiche del volontariato; tentativo questo
secondo non riuscito per la grossolanità dell'analisi e la complessità
invece di questo nuovo fenomeno.
A tutto ciò si è accompagnato, non a caso. il
grosso imbarazzo, quando non è stato il netto rifiuto, di organizzare come
enti locali i gruppi di volontari, mettendo a disposizione i pullman e le
strutture tecniche riconoscendone l'autonomia politica. Da Milano
all'Umbria, alla Toscana, non pochi sono stati gli scontri tra
coordinamenti giovanili, di scuole, di facoltà (e non solo) e comuni di
sinistra totalmente insensibili; in alcune situazioni si è dovuto giungere
perfino a conferenze stampa di denuncia e ad occupazioni di assessorati.
Detto questo nulla o quasi si può obiettare sulla qualità e quantità
dell'intervento tecnico delle giunte di sinistra. Diverse sono le
caratteristiche che qualificano l'intervento di un ente pubblico
(possibilità decisionale, ad es. nella programmazione e rappresentativa
politica; disponibilità di mezzi, di strutture e finanziaria e capacità di
dare continuità nel tempo al proprio intervento, da quelle del
volontariato mosso da motivazioni politiche, sociali o umanitarie; (-
maggior facilità nel rapporto con la gente, - «l'aiuto esterno» poco
sensibile alle pressioni dei gruppi di potere locale, poco ricattabile e
indipendente dalle strutture sociali del luogo, che può svolgere un ruolo
di denuncia e di controllo
Fondamentale diventa
l'integrazione di questi due livelli e quindi la discussione sulle forme
di organizzazione dei volontariato; la ripresa della vita sociale non può
essere gestita unicamente da una struttura tecnica, magari costituita da
un insieme di gruppi con competenze molto specifiche: il coinvolgimento
della popolazione locale, il continuo supporto per superare
i semplici, ma fondamentali problemi
della quotidianità sono indispensabili per avviare una vera opera di
ricostruzione e sono questi alcuni degli spazi dell'intervento dei
volontari. Proprio perche «volontario» e quindi limitato nel tempo,
tale intervento non si pone come sostitutivo, ma tende ad
auto-organizzare, coscientizzare e ad attivizzare la gente stessa. Ed è
questo che concretamente ho verificato ad esempio a Calabritto, dove
all'intervento di emergenza si intrecciava la costituzione di comitati di
campo-roulotte, del coordinamento di paese, le assemblee pubbliche e la
raccolta delle firme contro il foglio di via ai volontari. Due ora
i livelli principali di intervento:
1) Aprire ovunque delle vertenze con gli enti locali perché anche in tutta
la fase del gemellaggio e quindi della ricostruzione sia dato ampio spazio
all'intervento dei volontari in modo continuativo e organizzato, giungendo
ad una integrazione tra l'intervento tecnico dei comuni e l'autonomia
politica del volontariato. Si_ dato ampio spazio all'intervento dei
volontari in modo continuativo e organizzato, giungendo ad una
integrazione tra l'intervento tecnico dei comuni e l'autonomia politica
del volontariato. Si può inoltre pensare al coinvolgimento in squadre
miste con lavoratori di intere classi scolastiche e corsi di specifici
settori a cui tale esperienza sia riconosciuta come tirocinio pratico a
tutti gli effetti (medici, infermieri, geometri ecc..) 2) Iniziare,
innanzi tutto da noi, dalla Nuova Sinistra, più permeabile a tali
sollecitazioni, una riflessione più ampia e profonda sul ruolo del
volontariato, le sue caratteristiche, la sua valenza politica e
conflittuale e le sue forme. Evitando di affrontare il problema in
un'ottica puramente istituzionale, ma senza per questo rinunciare a
elaborare proposte di uso sostitutivo del servizio militare, per la
protezione civile ecc.. Se realmente ci porremo questi interrogativi di
certo la nostra stessa militanza ne risulterà trasformata, rinnovata e
meno lontana dalla vita quotidiana della maggioranza della gente.
Vittorio
Agnoletto
a
cura dell'Archivio
Storico Benedetto Petrone
Brindisi 23
novembre 2020
PAGINA A CURA PER L'ARCHIVIO STORICO BENEDETTO
PETRONE
DI ANTONIO CAMUSO
archiviobetrone at
libero.it
ULTIMA MODIFICA 23
NOVEMBRE 2022
|
|