Archivio storico"Benedetto Petrone"
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STALINGRADO
19 novembre 1942, 31 gennaio 1943 l'operazione Urano, l'offensiva sovietica sul Volga , la sconfitta tedesca a Stalingrado e la tragedia dell'ARMIR, con la ritirata dei soldati italiani dal DON
80 anni fa : Stalingrado e la tragedia dell’ARMIR in Russia
19 novembre 1942 In quei giorni di novembre le notizie che arrivavano nei quartier generali nazifascisti erano sconfortanti; da poco c’era stata la sconfitta ad EL Alamein e le forze dell’Asse in Nord africa si stavano ritirando verso la Tunisia,strette tra l’avanzata inglese da est e dallo sbarco degli americani in Marocco ed Algeria, ad ovest. Nonostante ciò Hitler con i suoi folli sogni di conquista, pensava ancora di riuscire a piegare la Russia sovietica e di legittimarsi al mondo come il vincitore sul bolscevismo e raggiungere un accordo con gli angloamericani sulla spartizione del mondo. Mussolini si era accodato al dittatore tedesco in questa folle campagna politico-militare ed aveva inviato sul fronte russo, a più riprese, nonostante le rimostranze dei suoi generali, oltre 200.000 uomini, scarsamente equipaggiati per una guerra moderna, ed inquadrati nell’ARMIR , l’Armata italiana in Russia. Di questi uomini, dopo la disastrosa ritirata dal DON nell’inverno 1942-1943, quasi 100,000 finirono morti, prigionieri , dispersi o feriti e congelati, subendo terribili amputazioni e alla fine della guerra solo 10.000 ritornarono dai campi di prigionia Di questa tragedia , di cui tutte le responsabilità cadono sui due dittatori è bene ricordare che fu strettamente legata alla vicenda-simbolo della sconfitta finale delle armate naziste: Stalingrado Stalingrado agosto 1942-gennaio 1943 La città intitolata a Stalin in quella fine del 1942 divenne un simbolo della Resistenza e della vittoria dei popoli in lotta contro il nazifascismo ( e non solo del popolo russo) e per Hitler invece , la città , i suoi abitanti, i suoi difensori un’unica bestia da cancellare dalla faccia della terra, a cui dopo la resa della 6 armata tedesca , il feldmaresciallo F. Paulus e i suoi superstiti soldati, si aggiunsero nella lista nera di Hitler, rei di non aver resistito sino all’ultimo uomo, obbedendo ai folli ordini del dittatore con i baffetti Ma come si era giunti in quella situazione che portò poi al crollo del fronte Sud tedesco che sino all’estate del 1942 era stato il più dinamico, mietendo vittorie su vittorie ed avanzando per centinaia di chilometri nel territorio sovietico? Tutti gli storici e gli stessi generali tedeschi nei loro memoriali, a partire dal feldmaresciallo Paulus, colui che firmò la resa della 6 armata tedesca a Stalingrado ed in seguito divenne un accusatore del regime nazista, attestano che il principale artefice di quella sconfitta fu proprio Hitler che, dopo la mancata presa di Mosca nell’inverno del 1941, si era assunto il titolo di comandante e stratega supremo della campagna di Russia. Questa situazione, di fatto, portò il Quartier generale della Wermacht a non avere nessuna autonomia decisionale quando si trattava per esempio di decidere se attuare ritirate tattiche, cambiamenti di obbiettivo, ecc. Nel caso di Stalingrado l’errore sul quale concordano tutti, fu la duplice forbice della cosiddetta operazione Azzurra che nella terza e quarta fase portò alla divisione del nucleo delle forze corazzate tedesche nel Sud della Russia , per rincorrere contemporaneamente due obbiettivi: la conquista del Caucaso e i campi petroliferi e la presa di Stalingrado. Un compito letteralmente impossibile per forze , quelle tedesche, ormai stremate da oltre un anno di combattimenti e avanzate per migliaia di chilometri e con una linea logistica allungata terribilmente e quindi incapace di rifornire adeguatamente le truppe di prima linea. Ma per Hitler questo non importava, l’ordine era sempre lo stesso avanzare e distruggere qualunque cosa ricordasse il bolscevismo, e ciò che il governo sovietico ed il popolo russo avevano costruito dalla rivoluzione di Ottobre 17. Stalingrado, le sue fabbriche di trattori che avevano rivoluzionato l’economia agricola russa, le grandi officine meccaniche e le installazioni portuali sul Volga, il suo snodo ferroviario, ma innanzitutto la più grande città industriale che si frapponeva alla meta stabilita nel piano Barbarossa . gli Urali, il confine geografico dell’Europa da assoggettare sotto il tallone nazista, dalla Manica agli Urali, dalla Sicilia , alla Norvegia Ma dinanzi a Stalingrado la guerra lampo si trasformò in guerra di posizione e ogni casa, ogni muro , ogni cantina divennero per i soldati russi , provenienti da tutte le regioni dell’Unione sovietica , il simbolo della terra e della casa natìe, da difendere con la vita, luogo dove attestarsi per resistere e il Volga , la principale arteira fluviale della russia divenne il limite invalicabile per le forze corazzate tedesche . A Stalingrado la guerra tecnologica ritornò ad essere quella di uomo contro uomo , tra colui che affermava il diritto di essere di una razza superiore e di chi invece difendeva la propria terra e i propri cari. 19 novembre 1942: i rapporti della ricognizione aerea tedesca da giorni parlavano di forti contingenti russi con centinaia di carri armati T34 che si muovevano velocemente dietro le prime linee russe, segno evidente di una prossima offensiva invernale, ma nonostante ciò e nonostante che i generali tedeschi chiedessero di arretrare la linea di difesa dal Volga al Don ed abbandonare gli attacchi su Stalingrado, Hitler rimase irremovibile ed intimò a Paulus di non muoversi da Stalingrado, garantendogli nuovi rinforzi Invece i Russi che ben sapevano dov’era il punto debole del fronte tedesco lanciarono l’offensiva guadando su passerelle di legno e zattere il Volga gelato, aprendo un varco tra la terza armata romena e i tedeschi asserragliati su un ansa del Volga, ben presto i russi dilagarono alle spalle di Paulus e lo accerchiarono. Hitler negando a Paulus e ai suoi uomini la possibilità di sganciarsi, ritirandosi, li condannò alla morte certa o ad una prigionia più dura della morte: dei 90.000 tedeschi prigionieri a Stalingrado ne tornarono in patria solo 5.000 La rotta dell’ARMIR Delle truppe promesse a Paulus , il dittatore tedesco fece spostare tre divisioni tedesche che erano sul fronte del Don di supporto a quelle italiane, ciò determinò l’indebolimento anche di questa parte di fronte che fu causa causa poi della disastrosa battaglia sul Don e la successiva ritirata dei soldati e degli alpini italiani Per centinaia di chilometri, a piedi , nel gelo a, 40 gradi sotto zero, con i russi alle calcagna, i feriti portati a spalla e poi abbandonati man mano al loro destino mentre i tedeschi in fuga sui camion che respingevano a colpo di baionetta gli italiani che cercavano di far salire sugli autocarri i feriti più gravi. Quella tragedia colpì nel cuore tutti gli italiani e fu determinante per il “divorzio” tra gli italiani e Mussolini, così come Stalingrado fu determinante per creare all’interno di alcuni alti ufficiali tedeschi la coscienza che la Germania si doveva liberare di Hitler. Purtroppo il tentativo di assassinarlo, l’anno successivo, nel 1944, fallì e a pagare con la vita furono i generali congiurati e le loro famiglie che furono sterminate. Nella pagina che come Archivio storico Benedetto Petrone abbiamo dedicato a quella vicenda abbiamo inserito diversi allegati , come ad esempio le cartine che troverete nel volume Stalingrado , tratto dalle memorie di Friederich Paulus, edito per Garzanti, in diverse edizioni.
La prima è quella relativa alla ambiziosa, e folle , operazione Azzurra che determinò l’allungamento del fronte Sud e l’indebolimento della stessa avanzata tedesca e che diede la possibilità per i Russi di trincerarsi sul Volga, a Stalingrado, far affluire nella fase autunnale rinforzi e poi, arrivato il freddo ed il cattivo tempo che misero a terra l’aviazione tedesca, poter lanciare l’attacco con le divisioni siberiane.
La seconda cartina mostra l’offensiva russa del 19-24 novembre 1942 che portò al crollo del fronte rumeno, al mancato ripiegamento di Paulus e l’accerchiamento dei tedeschi nella sacca di Stalingrado.
Dal volume ”-1942-1943 La tragedia ddell’ARMIR nella campagna di Russia” redatto da Remigio Zizzo, per l’ Italia Editrice, riportiamo le cartine relative agli schieramenti e le battaglie difensive sul Don e il computo delle perdite dell’ARMIR
Infine parlando di propaganda di guerra , pubblichiamo la copertina della rivista dell’Alfa Romeo del trimestre ott-novembre-dicembre 1942. E’ una copertina disegnata dal grande Walter Molino, che prepara psicologicamente gli italiani alle brutte notizie che filtreranno ben presto dal fronte russo. Nella copertina c’è un gruppo di soldati italiani che cercano di scaldarsi al fuoco di un tronco d’albero e con una canzone accompagnata da una fisarmonica. Lontano alle loro spalle c’è un camion Alfa Romeo, tanto simile a quelli che per mancanza di carburante furono abbandonati nella ritirata di Russia dai nostri soldati… Invece dalle pagine interne della stessa rivista dell’ALFA Romeo in un fumetto con stile da retorica fascista ,c’è un bambino che scrive al suo babbo lontano, reduce di tre fronti, quelli in cui Mussolini ha inviato a morire centinaia di migliaia di nostri padri e nonni…nel fumetto campeggia ancora quel motto “-Vincere”- che ben presto divenne solo un’amara barzelletta… Infine il messaggio che Mussolini inviò superstiti di quella terribile sconfitta sul Don, pieno di retorica e di cinismo, affermando che il loro era stato un sacrifico offerto sull’altare della lotta al bolscevismo e non invece ai folli sogni di due dittatori , in delirio di onnipotenza e della complicità dei mercanti di cannoni e dei padroni delle industrie belliche nazionali. Archivio storico Benedetto Petrone 19 novembre 1942- 19 novembre 2012, per non dimenticare. ...................................................................................................................... Alcune pagine significative tratte dal libro-memoriale del feldmaresciallo Paulus: pag 76 …, a metà maggio del 1942, il generale russo Timoscenko per ritardare i piani dell’offensiva estiva tedesca verso il Caucaso e Stalingrado lanciò tutto quello che aveva a disposizione intorno a Charcov. La sua operazione riuscì a costo di gravissime perdite solo a ritardare i preparativi tedeschi ma non annullarli ( ma a posteriori possiamo dire che così facendo, rinviò l’avanzata tedesca che giunse ormai stremata a Stalingrado alle soglie della stagione autunnale , con l’incubo dell’arrivo del grande freddo) …Paulus che aveva un figlio carrista rimasto leggermente ferito gli fece capire che era stato impressionato dal gran numero di carri armati russi che erano stati messi fuori combattimento ma si chiedeva, quanti altri , l’industria sovietica sarebbe riuscita a sfornarne e gettare in altre battaglie?… pag 79.. . il 3 luglio 1942 la 6 armata tedesca e la 2 armata ungherese annientarono altre divisioni russe a Stary Oskol , facendo 40.000 prigionieri…sembrava che il nemico avesse riserve inesauribili…. Pag 80…. Il 23 luglio Hitler emanò la disposizione n 45: il nemico è a terra! Ora si va a conquistare il Caucaso e Stalingrado e poi si arriva agli Urali!…ed ordinò lo sdoppiamento dell’Armata tedesca del Sud All’inizio le cose andarono bene : a Kalac vi fu una battaglia in cui furono annientate altre divisioni corazzate russe…ora non c’era più nulla verso Stalingrado A metà agosto prima dell’assalto a Stalingrado , Paulus fece rapporto al generale Blumentritt sulla situazione degli italiani dell’8 a Armata inquadrata nell’ARMIR e posti sul fianco al Nord del Don: …non equipaggiati adeguatamente per sostenere battaglie sulle grandi distese russe… Il 19 e il 20 agosto 1942 il nemico attaccò gli italiani presso Serafimovic attraversando il Don e puntando verso sud. La divisione Sforzesca cedette e solo il gruppo di cavalleria Barbò, formato dai gloriosi reggimenti di cavalleria Savoia e Novara si sacrificarono con una carica di altri tempi per richiudere la breccia e solo così la divisone Sforzesca riuscì a richiudere la breccia . Tre mesi dopo a novembre non si potè ripetere lo stesso miracolo, nella neve e nel gelo… Pag 84…. giunti a Stalingrado la lotta fu casa per casa e nelle logoranti battaglie ne uscirono vittoriosi non i tedeschi ma i reparti russi della 62 e 64 armata….i combattimenti nella periferia sembravano fatti ad arte per tenere ancorate le migliori forze tedesche proprio lì in attesa della stagione invernale e che le industrie oltre gli Urali e gli aiuti angloamericani riuscissero a colmare le imponenti perdite di uomini e mezzi avute sino a quel momento dai russi… Pag 91 …poi vennero il 19 e il 20 novembre 1942 con lo sfondamento della fronte della 3 e 4 armata romena , la 4 armata corazzata spezzata in due e la minaccia di accerchiamento c’era il rischio di trovarsi chiusi in una sacca 260.000 uomini Poi l’ordine di Hitler di non retrocedere e la folle idea che la Luftwaffe avrebbe potuto rifornire per mesi questa enorme quantità di uomini. Alla fine furono mangiati migliaia di cavalli ( il cavallo immortalato nella foto di copertina del libro è il simbolo della tragedia di Stalingrado) e con essi scomparve l’idea di poterli utilizzare nel caso che aduna controffensiva tedesca dall’esterno per rompere il cerchio sarebbe seguita ad una evacuazione degli uomini chiusi in Stalingrado… Poi venne gennaio del ‘43 e la resa Colloquio di Hitler nel suo quartier generale furente per la notizia della resa di Paulus: …”-Si tratta di una resa vera e propria , invece avrebbero dovuto richiudersi a riccio ed utilizzare l’ultima cartuccia contro se stessi…”- il dittatore preconizzava quale sarebbe stata la sua fine … pagina rivista e corretta il 27 dicembre 2022 a cura diAntonio Camuso Archivio Storico Benedetto Petrone archiviobpetrone at libero.it
alcuni link particolari sulla figura di Paulus http://it.wikipedia.org/wiki/Friedrich_Paulus
http://www.youtube.com/watch?v=VJphoR5WH9U http://www.youtube.com/watch?v=l-poDCJ8bJM http://www.youtube.com/watch?v=odNT5dBkS0E stalin tank
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