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11
settembre 1926
L’attentato
a Mussolini e lo sfortunato anarchico Gino Lucetti.
Con
i se non si fa mai la storia, e nessuno può dire con serietà quello che
sarebbe avvenuto ove la storia non avesse camminato come effettivamente ha
camminato. (Alessandro Cutolo)
…C'è chi lo vide
ridere -davanti al Parlamento -aspettando l'esplosione -che provasse il
suo talento,-c'è chi lo vide
piangere -un torrente di vocali -vedendo esplodere -un chiosco di
giornali…(il bombarolo-storia di un impiegato-Fabrizio De Andrè)
Oggi
11 settembre 2016 , l’anniversario dell’attacco alle Torri
Gemelle (e al cuore degli Stati Uniti d’America) da parte di Al Qeda,
è ricordato con contrastanti
sentimenti nel nostro travagliato mondo, dove le illusioni sull’avvento di
un Nuovo Ordine Mondiale sotto la bandiera del capitale globalizzatore,
son miseramente cadute e il regno del Caos e della Guerra civile infinita
e Globale incombe sempre più.
Se
un atto di terrorismo senza precedenti, come quello di 15 anni fa suggellò
l’inizio di una nuova era, un altro
, questa volta fallito, di 90 anni fa , forse se
fosse
riuscito, avrebbe potuto cambiare notevolmente il corso della storia del
Novecento e modificare positivamente
la
nostra attuale realtà. Purtroppo però , come disse Alessandro Cutolo:
”-… con i se non si fa mai la Storia, e nessuno può dire con serietà
quello che sarebbe avvenuto ove la Storia non avesse camminato come
effettivamente ha camminato….”
Stiamo parlando di Gino Lucetti,
il giovane anarchico carrarese che mancò per un soffio il suo obbiettivo,
Sua Eccellenza Benito Mussolini,
Primo
Ministro
e Duce del Fascismo,
nel momento in cui stava per consolidare il regime e cancellare ogni
opposizione politica e sindacale ai suoi progetti e al blocco di potere
capitalistico che lo aveva sostenuto.
L’11 settembre 1926, Gino
Lucetti, anarchico individualista (come si definiva), rientrato
clandestinamente in Italia, dopo esser fuggito in Francia per aver sparato
ad un fascista, si appostò, dietro un chiosco di giornali,
armato
di una bomba a mano e di una rivoltella,
a Porta Pia, a Roma in attesa
del
passaggio dell’auto blu di Mussolini, diretto come ogni giorno da casa a
Palazzo Chigi. All’arrivo del Duce , uscì dal suo nascondiglio,
lanciando contro la vettura, una
nera
Lancia Lambda, una bomba a
mano SIPE che sfortunatamente
mancò il finestrino di pochi centimetri e rimbalzando sulla carrozzeria
esplose per terra ferendo alcuni passanti . L’anarchico Gino Lucetti, fu
ben presto immobilizzato, nonostante fosse armato di una rivoltella.
L'edizione
de IL GIORNO , 12 settembre 1926
Dai
giornali dell’epoca custoditi , nei fondi dell’Archivio Storico
Benedetto Petrone , abbiamo scelto il napoletano Il Giorno ( “Politico,
letterario , illustrato del mattino”), che nell’edizione del 12
settembre a caratteri cubitale dava l’annuncio del mancato attentato al
Duce:
“-l’Attentato al Primo
Ministro. Una bomba lanciata contro l’auto del Presidente. Il Duce
incolume. Otto feriti.L’arresto del criminale. Lo sdegno della
Nazione”
A seguire, in prima pagina,
le
reazioni delle diverse personalità, a partire dal Re, dei maggiori
rappresentanti delle organizzazioni del Partito Fascista, sino ai
rallegramenti del Papa per lo scampato pericolo. Nel comunicato ufficiale
e nella cronaca del fatto , inviati ai giornali, attraverso l’agenzia di
notizie Stefani, l’equivalente italiano dell’HANSA, vengono alla luce
alcuni particolari interessanti.
Il primo è che inizialmente
l’anarchico
fornì delle
generalità false , facendosi chiamare Ermete Giovannini, di professione
scalpellino e nato
a
Castelnuovo, in Garfagnana, nel 1900,
affermando
di essere un reduce, e di esser venuto dalla Francia direttamente per
colpire il Duce. Il secondo particolare è che era armato di un’altra
bomba a mano SIPE abbandonata inesplosa
nella
fuga e di una rivoltella di medio calibro “armata di proiettili Dum
Dum”.Le fasi concitate dell’arresto sono descritte in maniera
romanzesca , sulle quali abbiamo qualche dubbio, visto che altre versioni
vedono l’anarchico bloccato da un passante, mentre si rifugiava in un
portone:
”-…l’auto di Mussolini che
prosegue indenne verso Palazzo Chigi, mentre il conducente dell’auto di
scorta , scorgendo l’anarchico fuggire, la dirige al suo inseguimento
rimanendo però impigliato con le ruote nei fili di ferro di delimitazione
delle aiuole. Da essa scendono di corsa gli agenti della scorta, il
maresciallo capo Dottarelli Achille e il vice brigadiere Motta Orazio, che
a piedi proseguono la caccia all’attentatore , catturandolo…”-.
Le reazioni
ufficiali
di Mussolini sono
caratterizzate
da una doppia esigenza: quella di apparire un capo di Stato capace di non
perdere la testa e scatenare una rappresaglia tale che ridia fiato alle
opposizioni e a quella parte del Paese
che non dimentica la crisi
politica
conseguente all’assassinio dell’onorevole socialista
Matteotti,
ma dall’altro di promettere un giro di vite contro
gli
antifascisti fuoriusciti all’estero e ai loro difensori interni ed
esterni, compresa la Francia che li ospita. L’introduzione della pena di
morte invocata
a gran voce dal
“popolo fascista” che nel comizio-adumata
tenutosi nella sera a Piazza Colonna , viene ventilata
nel
roboante discorso di Benito,
ma
non per sé, ”-… abituato al pericolo, ma per la Nazione Italian a che
strenuamente lavora
e la cui
tranquillità non può essere turbata da un gruppo di criminali”.
Il
richiamo al compattamento intorno alla sua figura, del blocco
capitalistico che lo ha appoggiato è ben preciso nelle sue parole:
“-…Come abbiamo abolito il sistema degli scioperi rotativi
e permanenti (ilarità della folla)intendiamo frenare la serie di
attentati ricorrendo anche all’applicazione della pena capitale
(acclamazioni entusisastiche) così diventerà sempre meno comodo
mettere in pericolo l’esistenza del regime e la tranquillità del popolo
italiano . Voi sapete che non parlo invano e….preannunzio azioni che
sono nel carattere
e con il
metodo del nuovo fascista italiano…”- ( il comizio termina con “a
noi”, saluti romani e il
canto di Giovinezza da parte della folla)
Intanto come leggiamo in seconda
pagina
a pagare le prime
conseguenze sono i pochi parlamentari dell’opposizione presenti in
Parlamento che vengono minacciati , insultati e costretti ad abbandonarlo:
“-…l’onorevole
fascista Barbiellini insieme ad altri due , gli onorevoli
Rotigliano e Pennavaria, si avventa contro l’onorevole
Gronchi del Partito Popolare ( che in seguito diverrà un discusso
presidente della Repubblica italiana a fine anni 50) che pallido in volto
cerca di negare il coinvolgimento del suo partito, ma costretto a forza ad
abbandonare il Parlamento come succede anche all’onorevole massimalista
Cavina…”-. Ben presto ogni opposizione parlamentare sarà cancellata
con un plebiscito farsa a favore del Duce e la pena di morte introdotta
qualche anno dopo, in occasione di un altro sfortunato attentato alla vita
del Duce.
Ma la resa dei conti
e un segnale
ai
fascisti poco ortodossi e riottosi al presidenzialismo del Duce, sono
avvisati attraverso una velina scritta sul fascistissimo Impero, che si
stampa a Roma e che lancia precise accuse contro
i”rinnegati
fuoriusciti”:
“-… in Francia vi è un’
organizzazione di rinnegati italiani cappeggiati dal terzetto Cesarino
Rossi, Bazzi e De Ambris…che dispongono di denaro… e che sono
certamente i mandanti diretti del Giovannini…”
Sono
nomi che oggi a noi non dicono nulla ma
che
furono protagonisti delle cronache dell’epoca, avendo partecipato
attivamente ad alcuni momenti che accompagnarono l’avvento del Fascismo.
Il primo, Cesare Rossi è la figura più controversa, quadrumviro e vice
segretario del Partito fascista,
a
lui fu affidata la polizia segreta di Mussolini e scaricato da
quest’ultimo in occasione dell’assassinio di Matteotti. In seguito a
questa vicenda fuggì in Francia,
da
dove in seguito, caduto in un tranello rientrò in Italia
nel
1928 per essere arrestato dalla polizia fascista
e condannato a 30 anni , infine esiliato fu sull’isola di Ponza.
Il caso vorrà che sulla stessa isola si ritroverà il Gino Lucetti,
l’attentatore di Mussolini, al momento dell’arrivo degli Alleati che
li libereranno entrambi. In seguito, nel processo bis Matteotti, nel 1947,
il Cesare Rossi sarà prosciolto.
L’altro accusato della prima
ora dalla stampa fascista è l’Alceste De Ambris, un sindacalista
rivoluzionario, interventista, redattore del “Manifesto dei fasci di
Combattimento, nel 1919,
mazziniano,
compagno di D’Annunzio nell’impresa di Fiume, ma in rotta con
il fascismo che marciava su Roma e favorevole alla pacificazione
nazionale. Insultato e minacciato dai fascisti , nel 1922 fuggito in
Francia , proprio pochi giorni prima dell’attentato di Mussolini, il 3
settembre 1926
era stato
colpito, come tanti altri
antifascisti,
dalle misure
punitive del
regime che privavano
della
cittadinanza dei beni posseduti in Patria coloro che all’estero
facessero propaganda
e attività
contro il Regime. In seguito
De
Ambris diverrà presidente della Lega Italiana dei diritti dell’Uomo, e
morirà in esilio, nonostante che Mussolini avesse dato segnali di
benevolenza su un suo possibile rientro
in
Italia
Gino
Lucetti, anarchico perseguitato dal Fato.
Che Gino Lucetti fosse un tipo
perseguitato dalla sfortuna lo conferma , non solo
la mancata eliminazione del Duce, ma anche la sua tragica fine.
Confinato sull’isola di Ponza,
nel 1943 è liberato dagli Alleati, sbarcati a Salerno, rifugiatosi ad
Ischia, il 17 settembre 1943
(
questo mese sembra che lo perseguiti implacabilmente)
durante un
bombardamento effettuato da bombardieri tedeschi, cercò rifugio su di un
motoveliero. Il natante fu però colpito
da
una bomba tedesca, affondando e trascinando con sé il povero anarchico.
In sua memoria , fu dato il nome ad una brigata partigiana anrchica
che combattè nel Ferrarese :…-“
Dai
monti di Sarzana- un
dì discenderemo,
allerta
partigiani del Battaglion Lucetti-.Il Battaglion Lucetti,-son
libertari e nulla più...-fedeli a Pietro Gori noi
scenderemo giù
La
storia non si fa coi se, … ma… se…
Se
quell’atto che qualcuno definirebbe terroristico, altri di
giustizia proletaria e di antifascsimo militante, fosse riuscito, la
Storia avrebbe cambiato il suo corso e quanto?
Lasciateci
immaginare la notizia della morte di Mussolini cosa avrebbe scatenato tra
l’opinione pubblica , tra gli oppositori del regime
e
nelle file dello
stesso partito fascista e dei suoi sostenitori, compresa la Monarchia.
Avrebbe indotto gli antifascisti
a
seguire l’esempio di Lucetti ed ad organizzarsi clandestinamente in
azioni armate con gruppi
precursori
dei SAP e delle brigate partigiane, o la crisi interna tra le diverse
fazioni del partito fascista avrebbe portato ad un nuovo quadro politico,
con un asse Ciano- Balbo?
A
chi avrebbe dato il nuovo incarico di Presidente del Consiglio , il re
Vittorio Emanuele III?
Adolf
Hitler ,
negli stessi giorni
dell’attentato,
muovendo i primi passi per un
consolidamento della
sua
influenza nel partito Nazista, a distanza di appena un anno dall’esser
stato scarcerato dopo un fallito Golpe.
Il dittatore nazista , sarebbe divenuto tale
e avrebbe compiuto la sua ascesa travolgente senza il richiamo alla
vittoria
del regime fascista
in Italia?
Le
forze di opposizione tedesche, socialisti e comunisti,
con
un Italia
non Mussoliniana,
avrebbeo avuto più determinazione ad opporsi al nazismo ed ad Hitler?
Se
questo fosse accaduto, forse, la tragedia della seconda guerra mondiale,
la grande madre dei massacri
globali
che dal Novecento continuano
sino ai giorni d’oggi, si sarebbe potuta evitare?
La
stessa costruzione della
bomba
atomica
e del suo uso per fini
bellici si sarebbe potuto impedire?
Lo
strapotere dei diversi complessi militar-industriali mondiali che oggi
influenzano peaantemente
il
destino del mondo sarebbe stato ridimensionato in un mondo in cui
fascismo e nazismo fossero stati
in breve tempo ridotti a fenomeni
politici
irrazionali
e
transitori ?
Purtroppo
la Storia non si fa coi se, ma apprendere le sue lezioni e prevenire è
cosa buona e giusta….
Antonio
Camuso
Archivio
Storico Benedetto Petrone
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settembre 2016
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