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Algeria , l’ultima spiaggia: 40 milioni
di algerini
attaccati al tubo del gas, tra rivolte popolari, rinata guerriglia
jihadista, corruzione e il tallone cinese. Ovvero, in Italia cresce il prezzo del gas,
ma è colpa del governo ladro?
(Parte
prima)
di Antonio Camuso
articolo sconsigliato per coloro che mettono un like
ai titoli senza leggere i contenuti…
…Il
nome di questo paese africano, lo avevo ripetuto in più occasioni, con
un’enfasi che nei miei perplessi interlocutori aveva ispirato un
sorrisetto foriero di un: “- Tonì, la vecchiaia e le tue manie da
osservatorio sulle questioni internazionali, ti fanno male. Ma sta’
Algeria a chi importa?- “ Da parte mia incassavo quegli sguardi ma anche
l’invito di Gino Stasi all’organizzazione di un incontro sul tema, magari
a Mesagne se pur ….a tem migliori…
Testardamente all’inizio del 2020, mi ripresentavo a un convegno sulle
migrazioni a Mesagne, tra gli invitati il prof Gennaro Avallone
dell’università di Salerno. In quel convegno ribadivo come le economie di
certi paesi, dipendenti dall’andamento dei prezzi dei prodotti
petroliferi, fossero in grande difficoltà e l’Algeria era uno di questi.
Il rallentamento dell’economia globale a causa del Covid, ma anche i
reiterarti annunci di programmi mondiali per una “ defossilizzazione” di
essa, per combattere i cambiamenti climatici, stavano mettendo in crisi,
un paese come l’Algeria con un’ esponenziale crescita demografica cui
entrate statali sempre più magre, dipendenti dalal vendita del gas, sono
incapaci di dar risposte di sostegno adeguato. I rischi: ritorno ad una
fortissima instabilità, ripresa della guerra civile, aumento di flussi
migratori anche verso l’Italia.
Purtroppo, nonostante che l’Italia dipenda per il 35 % dal gas algerino,
l’attenzione dei media e della stessa opinione pubblica più a sinistra che
notoriamente è sensibile ai temi internazionali, ha ignorato quanto
avveniva in Algeria.
Durante quest’estate si sono svolte manifestazioni con incendi di edifici
pubblici nelle maggiori città dell’interno e tra queste Ghardaia, mentre
sulle montagne dell’Atlante e al confine con la Tunisia è riapparsa la
guerriglia jihadista.
À Ghardaïa, en Algérie, des
chômeurs incendient des bâtiments administratifs «
De nombreux étudiants et jeunes dans la misère participent à ces
manifestations que les forces de l’ordre dispersent à coups de matraques
ou de gaz lacrymogènes dans un pays où le coût de certaines denrées a plus
que doublé ces derniers mois alors que le chômage explose…Ces dernières
années, les habitants des régions dites pétrolières, majoritairement
situées dans le centre et le sud de l’Algérie, ont régulièrement manifesté
pour contester l’absence de développement, le manque cruel d’emplois et la
concurrence de travailleurs venus du nord du pays, voire de l’étranger.
Plus de la moitié de la population algérienne a moins de 30 ans (54 %), et
un quart d’entre eux est au chômage selon les chiffres officiels. »
La lunga mano cinese
Il
2021 è divenuto un anno di grande incertezza anche per chi sta per
divenire i nuovi “padroni” dell’Algeria: i colossi finanziari-industriali
cinesi che già da anni hanno presentato progetti imponenti d’investimento
ma anche di sfruttamento delle risorse minerarie algerine. Parliamo per
esempio del progetto del PPI ovvero lo sfruttamento, e la lavorazione in
loco dei poliphosfati, nel sito principale di Tebessa, con la costruzione
d’industrie di raffinazione per produrre concimi per l’agricoltura, una
ferovia che collegherebbe il sito industriale-minerario con il porto e la
costruzione di moli atti per le navi da carico insistenti in una zona che
avrebbe l’extraterrritorialità cinese. Dall’altro una boccata di ossigeno
all’economia monodipendente
dal prezzo del gas e la possibilità di dare sfogo occupazionale a qualche
decina di migliaia di disoccupati , se pur una goccia nell’oceano dinanzi
ai milioni di senza lavoro…
Vedi
articolo:
https://www.aps.dz/economie/116359-projet-phosphate-integre-a-tebessa-lancement-de-l-appel-a-manifestation-d-interet-en-2021
Un
progetto, dalle dimensioni faraoniche e sul quale si sono lanciate anche
“oscure microsocietà cinesi di comodo” riuscendo, come denuncia il
giornale algerino Algerie-part-plus, a coinvolgere nello scandalo i figli
del Presidente algerino. Un’inchiesta che ha messo in luce come, accanto
ai colossi dei fondi sovrani cinesi, si muove una galassia di avvoltoi di
nuovi ricchi e tecnocrati cinesi rampanti, con finanziamenti imprecisati,
ma capaci di intrecciare relazioni influenti anche col Marocco, l’Egitto,
ed altri paesi africani.
Per l’approfondimento invito alla lettura dell’articolo in
questione che, per chi non è pratico del francese, Google traduce
abbastanza fedelmente.
fine
Parte Prima
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