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LA CENTRALE DI CERANO -BRINDISI SUD: LA STORIA ATTRAVERSO UNA TESI UNIVERSITARIA
Proseguiamo con questa pagina il lavoro di aiuto di ricostruzione della memoria sulle vicende che portarono alla costruzione della Centrale a Carbone di Cerano a Brindisi ed in genenrale ciò che riguarda l'intera vivicenda legata alle centrali nel nostro territorio, Pubblichiamo una sintesi elaborata come Archivio Storico Benedetto Petrone da Antonio Camuso, della tesi di un giovane studente universitario della Provincia di Lecce, alla quale il nostro Archivio ha collaborato, mettendo a disposizione il materiale proveniente dai suoi fondi , così come abbiamo fatto per la tesi dell'australiana Zobeida sulla Kater I Rades e della brindisina Anna Maria R. sull'ipotesi di riconversione a fini civili della ex Base USAF di San Vito dei Normanni la Tesi CENTRALE
TERMOELETTRICA A CARBONE “FEDERICO II” BRINDISI SUD 2640 MW La
genesi, l’Iter realizzativo, le lotte tra il 1981 e il 1997. Uno
studio cronologico, a cura di
Antonio Camuso (Archivio Storico Benedetto Petrone, Brindisi) tratto dalla
Tesi di Laurea in Storia Contemporanea S.S.D. M-STO/04 (Università del
Salento ) del dottor Matteo G.
, per l’anno accademico 2012-2013, alla quale ha contribuito
l’Archivio Storico Benedetto Petrone (Brindisi) con i suoi fondi: Fondo
“Dino Frisullo” di Pati Luceri; fondo Giulia Litti, fondo Radio
Casbah.Per utilizzo a scopo di ricerca e non
di lucro , obbligo di citare la fonte, in tutti gli altri casi si
richiede l’autorizzazione dell’autore. Gli
attori principali: ENEL,incaricato della costruzione dell’impianto e
gestore dello stesso, il Governo nazionale, il Parlamento, gli enti Locali
e l’opinione pubblica. Inizio
della vicenda è il 1981, anno in cui il Parlamento approvò il IV piano
Energetico Nazionale (PEN) che prevedeva la costruzione di una centrale
nucleare e una a carbone in Puglia all’interno di un piano di
realizzazione di nuovi impianti di produzione energia sul territorio
nazionale, affinchè si riducesse il deficit energetico italiano e la
dipendenza dai paesi arabi produttori di petrolio (come avvenuto nel
1973-74, quando da questi ultimi fu decretato l'embargo contro i paesi
occidentali, colpevoli di essere alleati con Israele). La
Regione Puglia approva, inizio 1982 (3 feb 1982) di localizzare una
centrale a Carbone nel Brindisino. Decisione ratificata dal Consiglio
Comunale e dai maggiori partiti politici. Brindisi nello stesso periodo è
in allarme "lavoro" a causa crisi del settore della chimica che
per l’incidente al petrolchimico del dicembre 1977, con lo scoppio del
P2 T e messa in cassaintegrazione e licenziamento di migliaia di operai,
nonostante che Governo e Montedison avessero promesso inizialmente la
ricostruzione dell’impianto. La
protesta dei Movimenti ambientalisti. I
movimenti ambientalisti e antinucleari si mobilitano sin dall’inizio,
contestando la contemporanea presenza della Centrale a olio combustibile a
Costa Morena, sita all’imboccatura del Porto di Brindisi e prossima alla
riconversione a Carbone, e il conseguente raddoppio con la centrale di
Cerano (brindisi-sud) della potenza degli impianti e ralativa ricaduta sul
territorio degli effetti inquinanti. Le
contestazioni riguardavano anche sull’effettiva capacità del nuovo
insediamento energetico di assorbire tutti i cassaintegrati e i
licenziati, le ricadute negative sull’economia agricola e quella del
turismo a causa del degrato ambientale e paesaggistico conseguente. Infine
si contestava il mancato coinvolgimento delle popolazioni nella scelta. Tra
i principali protagonisti della lotta contro Cerano è il Comitato contro
l’Energia Padrona di Brindisi, che porta avanti sino al 1986, incidente
di Chernobyl, e il conseguente referendum del 1987 contro il nucleare, una
lotta su due binari, quello contro la centrale a carbone di Cerano e
quello contro la Centrale nucleare da realizzarsi a Carovigno (Torre
Guaceto) o Avetrana. Dopo la vittoria referendaria aantinucleare il
Comitato prosegue sino agli anni 90 l’opera di contestazione alle
centrali a Carbone. Esso
è attivo ancor prima del 1981
e realizza presso Cerano diversi campeggi antinucleari e NO al carbone.
Coinvolge con iniziative di sensibilizzazione, cortei, conferenze, mostre
ecc le popolazioni dei luoghi interessati. (Vedi volantino campeggio.) Nel
corso degli anni a causa della pressione ambientalista, il cui fronte
riuscì a portare in seguito, una sua rappresentanza nel Consiglio
Comunale, la classe politica brindisina, i sindacati, l’opinione
pubblica vivono momenti contraddittori, indecisioni, scelte contestate, ma
nonostante ciò e due interruzioni dei lavori di costruzione del cantiere,
la centrale di Cerano (Brindisi-sud) è messa a regime nel 1997. La
Cronologia 3
feb 1982, Consiglio regionale approva definitivamente il sito Cerano con
l’indicazione al Comune di Brindisi di redigere una Convenzione che
coinvolga anche i comuni di Cellino San Marco, S. Pietro Vernotico e
Torchiarolo e il presidente del
consiglio Provinciale, in maniera tale da superare gli ostacoli posti
dallo stesso e prevedere forme risarcitorie ai comuni, coinvolgendoli
nelle opere accessorie di realizzazione. Posizioni
politiche: In
regione il PCI è d’accordo, il MSI contrario, PDUP si astiene. Al
comune di Brindisi si assiste ai voltafaccia: il PCI a settembre 1981 è
contrario, poi cambia idea uniformandosi alle posizioni nazionali e
insegue la via della richiesta di maggiori ricadutre economiche e
occupazionali. Le
popolazioni intanto si mobilitano: a settembre 1981 ad Avetrana è già
attivo un comitato antinucleare che si unisce a quello di Carovigno . Ma
alla regione il presidente Quarta e il brindisino Annese (PSI) sono
irremovibili su Cerano e nucleare. 6
gennaio 1982, manifestazione di 7000 persone ad Avetrana. 27
marzo 1982 prima manifestazione a Carovigno organizzata
unitariamente al Comitato contro l’Energia Padrona di Brindisi. Novembre
1981: s’insedia il comitato tecnico che deve redigere la convenzione tra
Comune di Brindisi ed ENEL. Primi contrasti per osteggiamento sui dati
tecnici da parte di ENEL. S’incomincia a parlare di partito del carbone
che accomuna DC e PCI . Il
Comitato contro l’Energia Padrona denuncia il mercato delle promesse di
posti di lavoro da parte della DC e che nel maggio 1982 quando gli
agricoltori eseguono proteste impedendo ingresso dei tecnici ENEL nei
terreni di Cerano, la protesta termina dopo alcuni giorni grazie ad
offerte di anticipi sui risarcimenti da ENEL con l’intermediazione di
Coldiretti . 19
luglio 1982 la Convenzione che coinvolge con i risarcimenti la maggior
parte di comuni della provincia adiacenti a essa, e si compone di quindici
articoli che è approvata con i soli voti contrari del MSI e del
repubblicano dissidente Guadalupi. In
questo contesto si svolge il Campeggio no al carbone e no al nucleare nel
bosco di Cerano, organizzato dal Comitato Contro l’Energia Padrona e dei
maggiori esponenti dei movimenti antinucleari dell’area dell’Autonomia
Operaia. (Vedi manifesto del campeggio, 2-15 agosto 1982.) In
seguito l’ENEL cerca di defilarsi rispetto ad alcuni punti della
Convenzione e iniziano i contrasti all’interno del Consiglio Comunale.
Consiglio 18 dicembre 1982, scontro tra sindaco Carluccio e consigliere
Amoruso (PCI) sulla questione del centro di ricerche finanziato dall'ENEL
a ridosso della Centrale e che doveva esere un punto di rilancio
tecnologico dell’impreditoria locale. L’ENEL
in mancanza di testo definitivo della convenzione continua i lavori. Pressioni
del Governo sulle forze politiche e sindacali brindisine, per far
accettare Cerano, (Spadolini è sostituito da Fanfani) che investe su
Brindisi acquistando come ENI (partecipazioni pubbliche) gli impianti
della Montedison e riassumendo 700 lavoratori, mentre anche Augusta
aumenta il lavoro presso IAM. La
legge n 8 del 10 gennaio 1983 determina i contributi in favore di comuni e
regioni dove sono installati impianti energetici. A questo punto parte la
caccia al contributo da parte delle diverse amministrazioni locali con la
richiesta che l’area geografica si allarghi anche ai comuni prima non
compresi. A questa ipotetica
pioggia di contributi risarcitori si aggiungevano quelli delle opere
accessorie come da legge 393/75. 28
luglio 1983 si delibera in Comune (BR) l’istituzione di una commissione
scientifica paritetica che studi le questioni ambientali e della salute . Ma
vi sono rinvii per questioni di nomine scientifiche e occorrerà ad
arrivare al 18 novembre, perché vi siano le nomine. 2
marzo 1984, operai occupano alla stazione FFSS di Brindisi. 22
marzo 1984, prevista firma della Convenzione, da parte del sindaco
Carluccio ma i presidi di ambientalisti e cassa integrati lo impediscono,
costringendo a firmarla la sera nel cantiere di Cerano. Critici
sull’avvenuto il Comitato contro l’energia padrona, l’ARCI, la
Legambiente e i Cattolici Democratici. Alla firma mancavano quelle dei
sindaci dei paesi che si sentivano poco coinvolti. 10
-12 maggio 1984, a Brindisi convegno internazionale promosso da Lega
Ambiente sulla vertenza energia. Il Comune lo finanziò con 60 milioni di
lire. Nel
convegno il radiologo Di Giulio chiede che siano imposti all’ENEL i
desolforatori. È redatta “la Carta di Brindisi “ che avrebbe dovuto
essere lo strumento per accompagnare la riconversione di Costa Morena e
riequilibrare la quota energetica prodotta dalle due centrali brindisine.
Elemento qualificante di quella Carta era il proporre a tutte le regioni
interessate dall’insediamento energetico la necessità di un VIA
preliminare, cosa che in quei tempi non era prevista. L’associazione
Nazionale Magistrali di Brindisi promuove un altro convegno sui temi della
centrale dal 7 al 10 giugno 1984
nella selva di Fasano. Intervento del dottor Di Giulio con l’allarme
sulle forme neoplastiche a Brindisi e i rischi di aumento di esse con
l’immissione dei fumi e ceneri di Cerano, nell’aria e sul territorio.
Il presidente ENEL Corbellini smentì vigorosamente, anzi, affermò che
per la provincia di Brindisi avere una centrale a carbone e una nucleare
era un’occasione irripetibile e quindi da accogliere con entusiasmo. Maggio
1984, nonostante l’interessamento del sottosegretario Leccisi per
richiedere l’arrivo di altre industrie a Brindisi, la situazione
occupazionale si aggrava e le illusioni su ricadute positive occupazionali
del settore energetico sfumano. Maggio
1984, operai della Centrale Brindisi Nord e delle ditte appattatrici
effettuano scioperi per motivazioni ambientali e occupazionali. A giugno
operai del consorzio COCES, licenziati, bloccano il cantiere di Cerano.
L’imbroglio
delle ricadute occupazionali locali. A
far da padrone nelle commesse sono Consorzi di imprese che hanno sede in
Settentrione, in violazione dell’art 6 della Convenzione che parlava di
favorire le imprese locali. I consorzi COCES, CONCEB (che prende commesse
per 42 miliardi di lire) e la TREVISAN di Brescia fanno man bassa. Dai
comuni di Torchiarolo, San Pietro e Cellino proviene solo 3,4% dei
lavoratori in violazione della Convenzione che prevedeva il minimo di 15%
di presenza di lavoratori dei comuni del brindisino. Intanto
la situazione alla Regione e al Comune di Brindisi si complica con
scandali come quello della P2, l’arresto per peculato del sindaco
Carluccio e denunce contro consiglieri comunali. Alle
nuove elezioni eletto sindaco socialista Ortese e in consiglio due
ambientalisti: Di Giulio e Rubino. La grave situazione dell’occupazione
costringe il Governo (De Michelis e Leccisi) a prolungare le casse
integrazioni di tutto il settore industriale brindisino (energia, chimica,
aeronautica), proporre a ENEL un maggior coinvolgimento
sull’occupazione. Enel dichiara di accellerare sulla riconversione a
carbone di Costa Morena e passare alla fase realizzativa di Cerano, con
forti assunzioni tra excassaintegrati. Primi
problemi ambientali e tutela del territorio Nastro
trasportatore del carbone: Con
la lunghezza di 12 chilometri, largo 60 metri, collegante il molo
carboniero di Brindisi alla centrale di Cerano, presentato a Governo e
Regione nell’agosto 1984, è
approvato con il parere favorevole del PCI in Regione Puglia il 13 marzo
1985. Progetto osteggiato da commissione tecnico scientifica su impatto
ambientale del Comune di Brindisi (sindaco Carluccio e poi commissario
prefettizio Diaz). Diga
di Punta Riso (progettata solo in funzione del terminale carbonifero),
stravolge l’intero porto esterno, il ricambio delle acque imposta dal
governo alla città, con finanziamenti che ricadono sempre sui consorzi di
movimentazione materiali, che in seguiito saranno coinvolti in inchieste
giudiziarie. Contro la sua realizzazione si schierano gli ambientalisti e
il Comitato contro l’Energia Padrona di Brindisi che attraverso la sua
emittente Radio CASBAH conduce un’ampia opera di controinformazione. Aprile
1985, la Commissione scientifica esprime parere sfavorevole anche sui
sistemi di controllo dell’inquinamento e sulle provedure di smaltimento dei
rifiuti da combustione. Segue parere sfavorevole della Commissione
edilizia. Grazie
a questi pareri sfavorevoli il movimento ambientalista ha maggiori
argomentazioni per condurre le campagne di denuncia e sensibilizzazione
delle popolazioni, anche perché il Governo continua sulla linea delle due
centrali, nucleare e a carbone, nella provincia di Brindisi. Febbraio
e marzo 1985, manifestazioni con migliaia di persone a Carovigno, 12 marzo
1985, una folla di 10.000 persone giunte con un centinaio di pulman e
molte rappresentanze di comuni delle province di Brindisi-Lecce e Taranto
manifestano dinanzi alla regione Puglia a Bari. Il
consiglio regionale incomincia a orientarsi sul NO al nucleare ma approva
la costruzione del nastro trasportatore carbone di Cerano. 20
aprile 1985, manifestazione nazionale contro il nucleare a Roma
organizzata da Lega Ambiente, forte partecipazione dalla Puglia e da
Brindisi, grazie al Comitato contro L’Energia Padrona che porta avanti
la parola d’ordine di combattere sia contro le centrali nucleari sia
quelle a carbone. Luglio
1985, campeggio di lotta contro le Centrali, a Lido Specchiolla (Br)
organizzato dal Comitato contro l’Energia padrona di Brindisi e Comitato
Antinucleare di Carovigno, con la presenza di rappresentanti dei movimenti
antinucleari italiani. Scandalo
rifiuti: Grazie
ad un articolo di Orlandini, che scrive sul Quotidiano di Puglia, che
denuncia che le ceneri e i rifiuti di Costa Morena sono scaricati in cave
di aziende costruttrici la diga di Punta Riso, mentre nei campi coltivati
sono riscontrate polveri pesanti da combustione da carbone. Intanto
si è costituito un Comitato Salentino contro le Megacentrali che indice
una grande manifestazione dinanzi ai cancelli della Centrale di Cerano il
30 novembre 1985 com migliaia di persone e amministratori locali e forze
politiche. La
Commissione Scientifica del Comune di Brindisi continua a chiedere
desolforatori e accusa ENEL di non aver fatto censimento delle cave che
accolgono rifiuti e ceneri. Il
Sindaco socialista Ortese chiede rinegoziazione della Convenzione e si
oppone al terminale carbonifero che a suo dire è contro la vocazione a
uso turistico del porto. E’
tutto una questione di denaro? La battaglia sui contributi. A
Brindisi secondo le leggi e gli accordi, spettavano contributi per il 70%,
a San Pietro il 12%, a Torchiarolo il 10% e a Cellino l’8 %. Il
fronte ambientalista nel febbraio 1985 si allarga ai vescovi. Settimo
Todisco per Brindisi e Michele Mincuzzi per Lecce si orientano in questo
periodo per l’appoggio al NO al nucleare, seguendo quello già dato dal
vescovo di Oria, Armando Franco sin dal 1982, periodo delle prime
manifestazioni di Avetrana. L’opposizione
si allarga alla DC brindisina che a dicembre 1985 chiede la revoca e la
ridiscussione della Convenzione, partendo dagli studi delle commissioni.
Il PSI chiede dei miglioramenti, mentre il PCI chiede che l’ENEL
rispetti tutti gli impegni assunti in materia ambientale e occupazionale,
seguendo la nuova posizione del PCI nazionale, ora più ambientalista. A
gennaio 1986, nuovo Consiglio Comunale a Brindisi che porta a un ordine
del giorno per rinegoziazione della Convenzione, richiedendo modifiche
agli impianti, carbone meno inquinante e si ipotizza la riconversione di
due gruppi a metano.La DC è in testa alla protesta. Per
una rinegoziazione si esprime anche la provincia , (pres Melpignano) Irrompe
Chernobyl Aprile
1986 incidente di Chernobyl rivoluziona l’intero quadro e allarga
l’area di opinione pubblica sensibile ai temi ambientali. Il
24 maggio 1986 , il Comitato contro L’Energia Padrona di Brindisi,
indice insieme al Comitato Salentino contro le Megacentrali una grande
manifestazione dinanzi a Cerano , con l’appoggio del vescovo di
Brindisi. Inizia
il braccio di ferro tra Consiglio comunale
ed ENEL che accetta solo di aumentare le forme risarcitorie ma non a
riduzione di potenza o aumento dei sistemi di monitoraggio. 19
maggio 1986, diffida legale del Comune a ENEL nel proseguire lavori. 23
luglio 1986 , consiglio comunale rivolto al Governo per chiedere stop
lavori. 18
agosto1986, sindaco Ortese , con appoggio pres prov Melpignano e
Presidente della Regione, Fitto, firma la sospensione di lavori.ENEL
risponde mettendo in libertà 2000 lavoratori. Il
25-26 agosto 1986, operai occupano la città le vie principali e la
stazione. Ortese costetto a ricevere i sindacati dando assicurazioni. A
settembre agitazione prosegue con occupazione dell’aeroporto di
Brindisi. Il
13 settembre1986, sindaco Ortese è costretto a modificare l’ordinanza
di sospensione limitandola solo ad alcune opere e limitata al 31 dicembre. L’ENEL
risponde richiedendo i danni per il blocco dei lavori , per 17 miliardi di
lire a settimana e dichiarando di aver impegnato 2.200 miliardi di lire
per le imprese appaltatrici. I
referendum. Nella
battaglia referendaria , contro il nucleare e contro Cerano è importante
il ruolo delle amministrazioni locali del leccese e del presidente della
Provincia di Lecce , URSO, che collaborano con il Comitato Salentino
contro le Megacentrali, avendo con essi un rapporto dialettico, al
contrario di quanto succedeva a Brindisi.
Frequenti gli incontri di assessori leccesi che incontrano gli
esponenti del Comitato Salentino contro le Megacentrali, mentre la
posizione dell’arcivescovo leccese Mincuzzi mette in seria difficoltà
la DC brindisina e pugliese, notoriamente pro-Carbone. Le pressioni sul
comune di Brindisi da parte delle amministrazioni leccesi sono continue,
come quella del 31 ott 1985, quando il Consiglio provinciale di Lecce
chiede la sospensione dei lavori. E quando a seguito del blocco dei lavori
nell’agosto 1986, l’ENEL fa causa per danni al Comune di Brindisi, il
Consiglio Provinciale di Lecce mette a disposizione i suoi avvocati. Intanto
a seguito dell’incidente di Chernobyl si giunge alla raccolta di firme
per il referendum. Sull’entusiasmo dell’aver raggiunto le 500.000
firme per il referendum, Lega Ambiente e altre associazioni ambientaliste
spingono per fare referendum locali in aree a rischio ambientale. A
Brindisi, Lega Ambiente con Teodoro Marinazzo in testa, il Comitato contro
l’energia Padrona, il Comitato salentino contro le Megacentrali
sensibilizzano opinione pubblica e istituzioni per un referendum
consultivo su Cerano. La provincia di Lecce è entusiasta ma denuncia che
da Brindisi non arrivano risposte concrete e si rischia di fare un
referendum solo nella provincia di Lecce. Paradossale è la posizione del
PCI leccese che è il sostenitore del NO al Carbone tra i più accesi , al
contrario del PCI brindisino. Su
proposta del Consiglio Provinciale si istituisce una commissione di
controllo sulla consultazione referendaria, che si doveva svolgere il 17
maggio 1987 , con pari numero tra consiglieri e rappresentanti del
Comitato salentino contro le megacentrali. L’arcivescovo di lecce
Micuzzi entrò a gamba tesa invitando i parroci ad appoggiare la
consultazione incoraggiando l’affluenza dei parrocchiani. Il
referendum si svolse in 84 su 97 comuni della Provincia di Lecce con un
affluenza del 60 per cento con punte tra i paesi più vicini alal
centrale: trepuzzi, Surbo Squinzano che rasentò il 98 %, un record mai
raggiunto tra le consultazioni referendarie a livello localein Italia. Con
questi risultati si chiede al Comune di Brindisi di ordinare la
sospensione dei lavori. Il
sindaco Ortese, e parte della DC , non sono d’accordo anche perché ad
aprile ha firmato una proroga di sei mesi dei lavori nella Centrale, dopo
identico provvedimento del settembre 1986. Tale decisione provoca una
spaccatura nella DC e le dimissioni del vicesindaco e quattro consiglieri
. Si arriva alla crisi che culmina l’11 maggio 1987 con le dimissioni di
Ortese. Alla
fine dell’anno nasce un giunta tricolore con DC, PCI e PRI e sindaco
l’indipendente di sinistra Ennio Masiello , con PSI all’opposizione e
gli ambientalisti di “Cattolici e laici per il cambiamento “ che danno
l’appoggio esterno. Nel frattempo la situazione di tensione sulla
centrale si era aggravata , segno ne è il grave episodio del 24 luglio
1987 con la contrapposizione , sino a rasentare l’aggressione , dei
deputati Massimo Scalia (verdi) , Michele Boato (PD), Enrico Testa e
Bianca Gelli (PCI) , da parte di un gruppo di operai e sindacalisti,
durante una maniferstazione indetta dal Comitato salentino contro le
Megacentrali, dinanzi ai cancelli di Cerano. La scena è ripresa da una
dele televisioni locali e riproposta in Piazza Vittoria a Brindis, agli
occhi della città, in una iniziativa di Controinformazione di Radio
Casbah e Comitato contro L’Energia Padrona. Intanto
già nel giugno 1987 la provincia di Brindisi si orienta per il referendum
che fu fissato per il 31 gennaio 1988 e il 23 dicembre il sindaco Masiello
fece votare una delibera per una consultazione referendaria non solo su
Crano ma sulla coesistenza delle due Megacentrali. L’adesione
dei comuni della provincia di Brindisi, fu limitata, poiché alcuni non
sentivano come loro il problema centrali, mentre sulla popolazione
brindina ihncombeva la spada di Damocle di una fuga industriale da
Brindisi e licenziamenti di massa. La
consultazione si svolse su 12 comuni su 20 . la vittoria dei NO fu
dell’88% ma, con un affluenza del 41% . La città di Brindisi fu il
risultato più deludente con un 38 % di affluenza e una grossa percentuale
di SI. (il SI ebbe il 10% e il NO giunse al 90 %, , mentre in tutti i
comuni il SI sfiorò il 5%) Nel dibattito politico conseguente si
incominciò a parlare della presenza di un partito trasversale del carbone
che era ramificato in tutti i partiti brindisini. Nel
frattempo, l’8-9 novembre 1987 si tiene il referendum che mette il
nucleare fuori dall’Italia, cosa confermata in quello successivo del
2011. L’ENEL a fronte di ciò lancia allarmi sulle forniture energetiche
in Italia. 1988 -1989 L’inchiesta giudiziaria
sulla Giunta comunale e l’avanzata del “partito trasversale del
carbone”. Dopo
il risultato deludente del Referendum a Brindisi e la sentenza del TAR di
Lecce dell’11 febbraio 1988 che prorogava la ripresa dei lavori a Cerano
e rinviava il ricorso presentato dalla provincia di Lecce, il sindaco
Masiello telegrafa lo stesso giorno al nuovo presidente dell’ENEL
Viezzoli , per riaprire un confronto con Provincia e Comune di Brindisi. Il
5 aprile 1988 : a Brindisi c’è una seduta congiunta tra consiglio
Comunale e Provinciale per stabilire cosa chiedere all’ENEL. Si punta
all’opzione diminuzione della potenza e policombustibilità. Intanto
alla regione solo il DP Dino Frisullo si oppone alla riapertura delle
trattative con ENEL. Il
Comune di Brindisi firma una delibera che chiede che la dismissione di
Costa Morena avvenga nello stesso momento dell’entrata in funzione di
due gruppi di Cerano della stessa potenza. Si richiede una diminuzione dei
2640 MW. Il
governo continua a ribadire che a Brindisi non vi deve esseee nessuna
riduzione, ritenedolo un polo strategico della produzione di energia ,
aprendo una fase di scontro con le amministrazioni locali, con la
Provincia che vieta gli scarichi a mare della centrale e Comune pronto a
nuove sospensioni. Masiello
arriva ad affermare che” il Governo ha trattato il Salento come se
apparetenesse a un altro stato o peggio fosse terra di nessuno”. Ma
c’è il colpo di scena con le dimissioni di un consigliere DC e di due
del PRI e la successiva verifica di maggioranza che porta alle dimissioni
di Masiello. Le opposizioni parlano della presenza del partito trasversale
del carbone che ha fatto cadere Masiello. Provincia
di Brindisi. Tra la
fine del 1988 e l’inizio del 1989, durante il periodo di crisi
dell’Amministrazione cittadina, fu il presidente della Provincia De
Michele a coordinare le trattative con il Governo e l’ENEL, coadiuvato
dal consigliere anziano di Brindisi, Teodoro Saponaro del PCI, e dal nuovo
presidente della Regione Giuseppe
Colasanto, eletto dopo la morte di Salvatore Fitto. Invece
il TAR di Lecce dà il via libera sulla prosecuzione dei lavori nel
cantiere di Cerano: sebbene una perizia
tecnica avesse rilevato notevoli difformità tra il progetto
dell’impianto presentato dall’ENEL al Ministero dell’Industria e al
Comune nel 1982 e quanto effettivamente era stato realizzato, il tribunale
concesse un’ulteriore proroga senza termine all’ente elettrico. Il
“Comitato salentino contro le megacentrali” protestò contro la
sentenza, ritenendola illegittima, soprattutto a causa della mancanza
della concessione edilizia non ancora approvata dal Comune di Brindisi, Il 12
Aprile 1989 il Consiglio regionale della Puglia approvò all’unanimità
un ordine del giorno in cui si chiedeva al Governo nazionale di esprimere
un parere sul blocco immediato dei lavori della megacentrale di Brindisi
Sud. La sospensione era ritenuta fondamentale per la conclusione di una
trattativa finalizzata al drastico ridimensionamento e riconversione di
ciascuna delle centrali termoelettriche La crisi
amministrativa al Comune di Brindisi, nel frattempo, si era finalmente
conclusa all’inizio di marzo con l’elezione a sindaco del
democristiano Cosimo Quaranta, a seguito di un accordo con PSI, PRI, PLI e
PSDI, maggio 1989, Durante la seduta furono presentati un ordine del
giorno, sottoscritto dai consiglieri del MSI-DN e dei “Cattolici e laici
per il cambiamento”, per la sospensione immediata dei lavori nel
cantiere di Ceranodella produzione nell’impianto di Costa Morena. Vi era
particolare preoccupazione anche in virtù di due avvisi di garanzia che
il sostituto procuratore di Brindisi, Leonardo Leone De Castris, aveva
inviato al presidente dell’ENEL Franco Viezzoli e al direttore della
centrale di Brindisi Nord. Il 5
luglio1989, tuttavia, il TAR di Lecce revocò la proroga concessa
all’ENEL per i lavori alla centrale di Cerano, che da quel momento erano
da considerarsi non autorizzati. In questo modo, era stata ristabilita la
validità dell’ordinanza di sospensione emanata nel 1986 dal sindaco
Ortese. La Lega
per l’Ambiente, in conseguenza di ciò, si rivolse alla Corte
d’Appello di Lecce perché la revoca dell’ordinanza
cautelare emessa dal tribunale amministrativo fosse notificata all’ente
elettrico, allo scopo di accelerare i tempi del blocco. Solo a
questo punto, il sindaco Quaranta decise di firmare una nuova ordinanza di
sospensione dei lavori nel cantiere di Brindisi Sud e il Consiglio
comunale, nei giorni successivi, appoggiò a maggioranza il provvedimento. La
reazione da parte dell’ENEL fu immediata, con lo scioglimento dei
rapporti con le imprese appaltatrici che coinvolse circa 3.000 dipendenti,
per cui furono avviate le procedure di licenziamento. Una parte di questi
operai si recò al palazzo municipale per parlare con Quaranta, mentre
altri organizzarono un presidio all’interno
della centrale nord di Costa Morena, permettendo l’accesso solo a una
squadra di manutenzione di quindici persone. L’arma dei black-out Per
motivi di sicurezza, dunque, l’ente elettrico decise di fermare la
produzione energetica dell’impianto, provocando una serie di black-out
«a scacchiera» che si protrassero per diversi giorni nel Mezzogiorno
d’Italia. Le diverse parti trovarono un accordo che fu firmato il 4
agosto presso il Ministero dell’Industria, alla presenza del presidente
dell’ENEL Franco Viezzoli. L’ente elettrico, in questo modo, si
impegnava a smantellare gradualmente l’impianto di Costa Morena dal
1990, mentre, per quanto riguardava la centrale di Cerano, erano garantiti
impegni sulla policombustibilità, sulla riduzione da quattro a tre dei
gruppi elettrici in funzione contemporanea (si trattava di una finta
vittoria ambientalista, poiché per procedure di sicurezza
dell’impianto, non era possibile che tutti i gruppi potessero entrare in
funzione, nNdR) con l’utilizzo del metano oltre al carbone,
sull’applicazione di tecnologie per la diminuzione delle emissioni
inquinanti e sul potenziamento della rete di monitoraggio per la qualità
dell’aria, del suolo e dell’acqua marina. Entra in campo la Magistratura. Prima
della definitiva ratifica degli accordi di Roma da parte del Consiglio
comunale di Brindisi, il procuratore Leone De Castris inviò un avviso di
garanzia al sindaco Quaranta e ad alcuni tecnici dell’ufficio
ripartizione urbanistica del Comune, con l’accusa di interesse privato.
Il Sindaco, infatti, aveva raggiunto un accordo con l’ENEL per
rilasciare la concessione edilizia in sanatoria, necessaria per la ripresa dei
lavori a Cerano, «senza però ancora sapere quali sarebbero stati i
contenuti tecnici del nuovo progetto presentato dall’ente»
L’inchiesta si allargò ulteriormente in ottobre, coinvolgendo anche il vicesindaco
socialista Guglielmo Albano e tre assessori, uno del PSI, Teodoro Aprile,
e due della DC, Antonio Fischetto e Paolo Chiantera. Il sindaco Quaranta,
inoltre, fu inquisito anche per falso ideologico, peculato e abusivismo
Due mesi dopo, la “tempesta giudiziaria” si estese con due avvisi di
garanzia nei confronti dei consiglieri Vincenzo Amoruso del PCI e Corrado
De Rinaldis Saponaro del PRI accusati di interesse privato in atti
d’ufficio. Secondo l’accusa, infatti, essi erano legati ad alcune
imprese appaltatrici del cantiere di Cerano: Amoruso era risultato uno dei
titolari della ditta Sicma, mentre De Rinaldis Saponaro, all’epoca anche
presidente della Camera di Commercio, risultò legato economicamente alla
ditta Leucci.
Le due imprese avevano ricevuto diverse commesse per i lavori
dell’impianto. Altre due comunicazioni giudiziarie per abusivismo,
infine, riguardarono il presidente dell’ENEL Franco Viezzoli e il
direttore della centrale di Cerano Vito Atzori .Di conseguenza, si giunse
a un nuovo blocco, che portò, come nei mesi precedenti, alla “messa in
libertà” degli operai, ai loro picchetti davanti
all’impianto di Costa Morena e a nuovi black-out decisi
dall’ente elettrico. Il 5
dicembre, però, il Consiglio di Stato accettò il ricorso presentato
dall’ENEL e i lavori al cantiere di Brindisi Sud poterono riprendere
nelle settimane successive con Viezzoli che garantiva al ministro del
Lavoro Donat Cattin il pagamento della cassa integrazione ai dipendenti
delle imprese appaltatrici. Nella
seduta del Consiglio comunale del 22 dicembre 1989, con un colpo di scena
il PCI è determinante per approvare la delibera che permette la
continuazione dei lavori a Cerano, con le proteste degli ambientalisti. Il 1990
fu un anno particolarmente complesso a livello politico-amministrativo nel
Brindisino a causa della concomitanza delle elezioni per il rinnovo del
Consiglio provinciale e comunale, dove alla provincia si formò una giunta
di sinistra comprensiva dei Verdi, mentre al comune con la vittoria della
DC e la sconfitta del PCI-PDS, fu eletto sindaco Marchionna. Il primo
compito della giunta era cercare di far rispettare dall’ENEL l’accordo
del 1989, gli impegni sulla policombustibilità e l’abbassamento degli
inquinanti, in riferimento anche al decreto del 18 maggio 1990 del
Ministro dell’Industria che approvava lavori per la desolforazione e la
denitrificazione. Intanto
il consiglio provinciale (BR) prima di cambiare assetto da sinistra a
centrosinistra includendo la DC approvava lo scarico delle acque della
Centrale come atto dovuto, scatenando le ire delle amministrazioni
leccesi. La lega Ambiente di Lecce presentava così ricorso al TAR che il
23 aprile 1991 bloccava il decreto provinciale brindisino e in seguito
anche il Consiglio di Stato decretava lo stop. Si intensificano gli incontri e si arriva al 25 luglio
1991 a un accordo che in cambio di maggiore occupazione con la costruzione
di una bretella metanifera e altri lavori edili e la promessa di non far
mai andare a pieno regime a carbone le due centrali e un migliore
monitoraggio, si sarebbe sbloccato l’intero contenzioso. Poi il Consiglio di Stato a fine 1991 autorizzò
definitivamente l’ENEL agli scarichi e contestualmente L’ENEL
prevedeva di poter far partire due gruppi entro il 1992. Inizia la caccia ai contributi ENEL. Questi contributi n (legge 8 del 10 gennaio 1983) a
seguito del referendum sul nucleare, di fatto erano stati aboliti, ma una
commissione formata dal sindaco Marchionna in testa cercò di coinvolgere
i quattro comuni più interessati all trattativa. I contributi ammontavano
a 44 miliardi di cui 31 a Brindisi, san Pietro V, 5, Torchiarolo 4,4 e a
Cellino 3, 5. Alla regione spettavano 7,7. A questi contributi si aggiungevano quelli previsti
dall’art 15 della legge 393 del 1975 che riguardava le opere secondarie
di urbanizzzzione. Si trattava di 43 miliardi di cui oltre l’84%
spettava al comune di Brindisi. Questi contributi dovevano servire per creare sistemi
di monitaoraggio e protezione e riequilibrio ambientale invece furono
utilizzati per opere di manutenzione stradale, ristrutturazione palazzi
storici, edilizia scolastica e creazione di parcheggi. Solo per il verde pubblico fu utilizzato l’11 % di
questi fondi. Nel frattempo man mano che la costruzione della
Centrale andava avanti iniziava il cammino della disoccupazione di ritorno
delle aziende che ultimavano i lavori e iniziarono una serie di agitazioni
sindacali che si inserivano nel quadro di crisi nazionale del 1992-1993
(governo Amato). Inizia
l’era delle privatizzazioni, compresa l’ENEL. A Brindisi, l’ENEL propagandava che la Centrale Sud
avrebbe dato 350 posti di lavoro interni e 1.500 posti di ricaduta sul
territorio. Intanto la difficile situazione
economica della città e contrasti nella vita politica portano al
cambiamento di sindaco che diventa il DC Arina. Il 12 gennaio 1994, ENEL annuncia il prossimo collaudo
del 1° gruppo. Il 18 gennaio il sindaco Arina decreta il blocco, non dei
lavori, (in maniera tale che l’ENERL non potese usare il ricatto della
mesa in libertà delle aziende appaltanti) bensì solo della produzione di
energia, richiedendo all’ENEL il rispetto degli accordi, ma di fatto
altri contributi. Nel frattempo l’ENEL nel 1993 si ritrovava in una
tempesta giudiziaria a livello nazionale che a Brindisi coinvolgeva i due
ex direttori dei lavori di Cerano, mentre si arrivava agli arresti
domiciliari dello stesso presidente dell’ENEL Viezzoli. E’ l’era di
Mani Pulite e l’intero sistema affaristico dei partiti entra in crisi.Ma
poco dopo , Viezzoli è ripristinato al suo posto dal Governo Ciampi e
l’ENEL prosegue il suo cammino anche a Brindisi. Nelle prime elezioni della Seconda Repubblica al comune
di Brindisi è eletto il sindaco Errico appoggiato dal PPI e dal PDS,
mentre alla Provincia vince il centrodestra con Frugis. Entrambi si
muovono per risolvere il contenzioso con l’ENEL e viene nominata una
commissione speciale per i rapporti con il Ministero dell’Industria e
con l’Ente elettrico. Lo scopo era di avere maggior vantaggio in termini
occupazionali e ridurre l’impatto ambientale, chiedendo la
metanizzazione, L’ENEL rifiutò dicendo che il gas algerino costava
troppo e ipotizzò la chiusura della centrale. Nel frattempo l’ENEL chiedeva la proroga
dell’esercizio della Centrale di Costa Morena fino al 31 dicembre 1997,.
In questo contesto di contrapposizione si giunge alle dimissioni polemiche
del sindaco Errico che denunciò l’esistenza di un” partito
trasversale del carbone” che coinvolgeva tutti i partiti e di pressioni
del ministro dell’Industria che aveva promesso che in cambio della
permanenza di 4000 mw a Brindisi , ci sarebbero stati 40 miliardi di lire
per le opere di risanamento della zona industriale definita “ad alto
rischio ambientale” Nel frattempo il dottor Antonio Di Giulio pubblicava
uno studio sui tumori a Brindisi denunciando come cause le industrie della
chimica e dell’energia. Provincia e Comune cercano tra il marzo e il maggio del
1996 di elaborare una bozza di Convenzione che salvi la faccia a tutti e
permetta all’ENEL di uscire da questa situazione di conflittualità
istituzionale(bozza del 2 maggio 1996) In cambio di funzionamento di due
gruppi a carbone di Brindisi Nord sino al 1998 e dei due restanti a metano
sino al 2007, data di chiusura della Centerale , l’ENEL doveva versare
43 miliardi per interventi di pubblica utilità. Gli ambientalisti, contrari, costituirono il Comitato
promotore del referendum consultivo sulle due centrali di Brindisi che
proponeva la chiusura di Brindisi Nord entro il 2000 e la riduzione a 660
MW , con funzionamento a metano di Cerano. L’elezione del 1996 porta il centro destra con
Lorenzo Maggi a vincere al Comune di Brindisi e una linea condivisa con
Frugis per la pacificazione con L’ENEL. Prodi approva questa linea, in contrapposizione al
ministro dell’ambiente EDO Ronchi, e i presidenti dell’ENEL , Testa e
poi TATO’ dichiarano irreale la metanizzazione dell’impianto. Con l’intermediazione del sottosegretario Carpi si
arriva all’accordo tra ENEL, Frugis e Maggi del 12 novembre 1996, in cui
due gruppi di Costa Morena avrebbero funzionato a metano sino al 2007,
(data prevista per lo smantellamento) mentre per gli altri due e per i due
di Cerano si sarebbe andato a carbone sino al 1998 , con un consumo di 2,
5 milioni di tonnellate di carbone , e poi o a metano o olio combustibile
a basso tenore dio zolfo. L’ENEL si
sarebbe impegnato per terminare il nastro traportatore entro il 1997 e di
pagare tutti i danni che ci sarebbero stati a colture e a cose. Inoltre si
accollava le spese di centraline di mopnitoraggio nei comuni soto al
supervisione della Provincia. Dal punto di vista occupazionale , l’ENEL
si impegnava ad assumere con bandi pubblici , 45% dal comune di Brindisi e
Tuturano e il 15% dai comuni Cellino e San Pietro V. Infine l’ENEL
doveva finanziare per 47 miliardi opere compensativo di utilità
pubblica
e per 500 milioni attività universitarie a Brindisi. Contestualmente all’accordo venivano meno tutte le
cause di tipo legale e i blocchi decretati dalle diverse amministrazioni
in passato. Nel 1997 la Centrale di Cerano entrava pienamente in
funzione ,mentre con la privatizzazione ulteriore dell’ENEL e delle sue
centrali molti accordi sono rimasti ancora non rispettati. Nel frattempo
inchieste della magistratura e indagini di carattere ambientale ed
epidemiologico, continuano a perseguitare la vita del polo energetico
brindisino. La centrale di Cerano costata 7.000 miliardi di lire dello
Stato, oggi è oggetto di altre contestazioni e di nuovi movimenti di
protesta . Per quanto riguarda la centrale di Costa
Morena,Brindisi Nord , pur con continui miglioramenti, è ancora
parzialmente in funzione , grazie a decreti di governo in violazione
dell’accordo del 1996. Passata privata, continua a lavorare a carbone, a
due passi dalla città e con i camini che incrociano il sentiero di
discesa degli aerei, in arrivo su Brindisi. Quanto il Comitato contro l’Energia Padrona affermava
che , nei confronti di Brindisi , la classe politica nazionale e le lobby
dell’energia praticassero una linea di totale asservimento ai propri
disegni , trattandola , come affermava l’exsindaco Masiello “come una
colonia , più che un territorio nazionale” è stato confermato sin dal
1985, quando a fronte della presa d’atto che i piani di programmazione
energetica fatti antecedementemente fossero smoderatamente superiori alla
realtà e si procedette alla riduzione di essi, escludendo
sistematicamente Brindisi, considerandola un polo energetico strategico
per il Mezzogiorno d’Italia. La
classe politica brindisina, ma anche sindacale, in questo contesto,
schieratasi per l’installazione della Centrale , motivandola per motivi
occupazionali, non seppe mai riuscire a essere un’interlocutrice
credibile nei confronti dell’ENEL e dei Governi, confermando, ancor oggi
che nel suo interno il “partito trasversale del Carbone” aveva ed ha
solide fondamenta. AUTORE : Antonio Camuso (Archivio Storico Benedetto
Petrone) archiviobpetrone@libero.it http://www.pugliantagonista.it/arch2.htm Brindisi,
18 gennaio 2015
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