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LE TESI DELL'ARCHIVIO

STORICO BENEDETTO PETRONE

BRINDISI/3

link

MEDICINA DEMOCRATICA
COMITATO CONTRO L'ENERGIA PADRONA
RADIOCASBAH
MOVIMENTO CONTRO LE CENTRALI A CARBONE E Movimenti antinucleari
Comitato antinucleare cittadino di Carovigno (BR)
Comitato per il Referendum sulle centrali ENEL
MOVIMENTO CONTRO IL RIGASSIFICATORE
COMITATO SPAZI SOCIALI
 
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LA CENTRALE DI CERANO -BRINDISI SUD: LA STORIA  ATTRAVERSO UNA TESI UNIVERSITARIA

LA STORIA, LE LOTTE ,I MOVIMENTI  contro le centrali a carbone NELLA PROVINCIA DI BRINDISI attraverso le tesi a cui ha contribuito l'Archivio Storico Benedetto Petrone

Proseguiamo con questa pagina il lavoro di aiuto di ricostruzione della memoria sulle vicende che portarono alla costruzione della Centrale a Carbone di Cerano  a Brindisi ed in genenrale ciò che riguarda l'intera vivicenda legata alle centrali nel nostro territorio, Pubblichiamo una sintesi elaborata come Archivio Storico Benedetto Petrone da Antonio Camuso, della tesi di un giovane studente universitario della Provincia di Lecce, alla quale il nostro Archivio ha collaborato, mettendo a disposizione il materiale proveniente dai suoi fondi , così come abbiamo fatto per la tesi dell'australiana Zobeida sulla Kater I Rades e della brindisina Anna Maria R. sull'ipotesi di riconversione a fini civili della ex Base USAF di San Vito dei Normanni 

la Tesi

CENTRALE TERMOELETTRICA A CARBONE “FEDERICO II” BRINDISI SUD 2640 MW

La genesi, l’Iter realizzativo, le lotte tra il 1981 e il 1997.

 Uno studio cronologico, a cura  di Antonio Camuso (Archivio Storico Benedetto Petrone, Brindisi) tratto dalla Tesi di Laurea in Storia Contemporanea S.S.D. M-STO/04 (Università del Salento ) del dottor Matteo G. , per l’anno accademico 2012-2013, alla quale ha contribuito l’Archivio Storico Benedetto Petrone (Brindisi) con i suoi fondi: Fondo “Dino Frisullo” di Pati Luceri; fondo Giulia Litti, fondo Radio Casbah.Per utilizzo a scopo di ricerca e non  di lucro , obbligo di citare la fonte, in tutti gli altri casi si richiede l’autorizzazione dell’autore.

Gli attori principali: ENEL,incaricato della costruzione dell’impianto e gestore dello stesso, il Governo nazionale, il Parlamento, gli enti Locali e l’opinione pubblica.

Inizio della vicenda è il 1981, anno in cui il Parlamento approvò il IV piano Energetico Nazionale (PEN) che prevedeva la costruzione di una centrale nucleare e una a carbone in Puglia all’interno di un piano di realizzazione di nuovi impianti di produzione energia sul territorio nazionale, affinchè si riducesse il deficit energetico italiano e la dipendenza dai paesi arabi produttori di petrolio (come avvenuto nel 1973-74, quando da questi ultimi fu decretato l'embargo contro i paesi occidentali, colpevoli di essere alleati con Israele).

 La Regione Puglia approva, inizio 1982 (3 feb 1982) di localizzare una centrale a Carbone nel Brindisino. Decisione ratificata dal Consiglio Comunale e dai maggiori partiti politici. Brindisi nello stesso periodo è in allarme "lavoro" a causa crisi del settore della chimica che per l’incidente al petrolchimico del dicembre 1977, con lo scoppio del P2 T e messa in cassaintegrazione e licenziamento di migliaia di operai, nonostante che Governo e Montedison avessero promesso inizialmente la ricostruzione dell’impianto.

La protesta dei Movimenti ambientalisti.

I movimenti ambientalisti e antinucleari si mobilitano sin dall’inizio, contestando la contemporanea presenza della Centrale a olio combustibile a Costa Morena, sita all’imboccatura del Porto di Brindisi e prossima alla riconversione a Carbone, e il conseguente raddoppio con la centrale di Cerano (brindisi-sud) della potenza degli impianti e ralativa ricaduta sul territorio degli effetti inquinanti.

 Le contestazioni riguardavano anche sull’effettiva capacità del nuovo insediamento energetico di assorbire tutti i cassaintegrati e i licenziati, le ricadute negative sull’economia agricola e quella del turismo a causa del degrato ambientale e paesaggistico conseguente.  Infine si contestava il mancato coinvolgimento delle popolazioni nella scelta.

Tra i principali protagonisti della lotta contro Cerano è il Comitato contro l’Energia Padrona di Brindisi, che porta avanti sino al 1986, incidente di Chernobyl, e il conseguente referendum del 1987 contro il nucleare, una lotta su due binari, quello contro la centrale a carbone di Cerano e quello contro la Centrale nucleare da realizzarsi a Carovigno (Torre Guaceto) o Avetrana. Dopo la vittoria referendaria aantinucleare il Comitato prosegue sino agli anni 90 l’opera di contestazione alle centrali a Carbone. 

Esso  è attivo ancor prima del 1981 e realizza presso Cerano diversi campeggi antinucleari e NO al carbone. Coinvolge con iniziative di sensibilizzazione, cortei, conferenze, mostre ecc le popolazioni dei luoghi interessati. (Vedi volantino campeggio.) Nel corso degli anni a causa della pressione ambientalista, il cui fronte riuscì a portare in seguito, una sua rappresentanza nel Consiglio Comunale, la classe politica brindisina, i sindacati, l’opinione pubblica vivono momenti contraddittori, indecisioni, scelte contestate, ma nonostante ciò e due interruzioni dei lavori di costruzione del cantiere, la centrale di Cerano (Brindisi-sud) è messa a regime nel 1997.

La Cronologia

3 feb 1982, Consiglio regionale approva definitivamente il sito Cerano con l’indicazione al Comune di Brindisi di redigere una Convenzione che coinvolga anche i comuni di Cellino San Marco, S. Pietro Vernotico e Torchiarolo e il presidente  del consiglio Provinciale, in maniera tale da superare gli ostacoli posti dallo stesso e prevedere forme risarcitorie ai comuni, coinvolgendoli nelle opere accessorie di realizzazione.

 Posizioni politiche:

In regione il PCI è d’accordo, il MSI contrario, PDUP si astiene.  

Al comune di Brindisi si assiste ai voltafaccia: il PCI a settembre 1981 è contrario, poi cambia idea uniformandosi alle posizioni nazionali e insegue la via della richiesta di maggiori ricadutre economiche e occupazionali.

Le popolazioni intanto si mobilitano: a settembre 1981 ad Avetrana è già attivo un comitato antinucleare che si unisce a quello di Carovigno .

Ma alla regione il presidente Quarta e il brindisino Annese (PSI) sono irremovibili su Cerano e nucleare.

6 gennaio 1982, manifestazione di 7000 persone ad Avetrana. 27  marzo 1982 prima manifestazione a Carovigno organizzata unitariamente al Comitato contro l’Energia Padrona di Brindisi.

Novembre 1981: s’insedia il comitato tecnico che deve redigere la convenzione tra Comune di Brindisi ed ENEL. Primi contrasti per osteggiamento sui dati tecnici da parte di ENEL. S’incomincia a parlare di partito del carbone che accomuna DC e PCI .

Il Comitato contro l’Energia Padrona denuncia il mercato delle promesse di posti di lavoro da parte della DC e che nel maggio 1982 quando gli agricoltori eseguono proteste impedendo ingresso dei tecnici ENEL nei terreni di Cerano, la protesta termina dopo alcuni giorni grazie ad offerte di anticipi sui risarcimenti da ENEL con l’intermediazione di Coldiretti .

19 luglio 1982 la Convenzione che coinvolge con i risarcimenti la maggior parte di comuni della provincia adiacenti a essa, e si compone di quindici articoli che è approvata con i soli voti contrari del MSI e del repubblicano dissidente Guadalupi.

In questo contesto si svolge il Campeggio no al carbone e no al nucleare nel bosco di Cerano, organizzato dal Comitato Contro l’Energia Padrona e dei maggiori esponenti dei movimenti antinucleari dell’area dell’Autonomia Operaia. (Vedi manifesto del campeggio, 2-15 agosto 1982.)

In seguito l’ENEL cerca di defilarsi rispetto ad alcuni punti della Convenzione e iniziano i contrasti all’interno del Consiglio Comunale. Consiglio 18 dicembre 1982, scontro tra sindaco Carluccio e consigliere Amoruso (PCI) sulla questione del centro di ricerche finanziato dall'ENEL a ridosso della Centrale e che doveva esere un punto di rilancio tecnologico dell’impreditoria locale.

L’ENEL in mancanza di testo definitivo della convenzione continua i lavori.

Pressioni del Governo sulle forze politiche e sindacali brindisine, per far accettare Cerano, (Spadolini è sostituito da Fanfani) che investe su Brindisi acquistando come ENI (partecipazioni pubbliche) gli impianti della Montedison e riassumendo 700 lavoratori, mentre anche Augusta aumenta il lavoro presso IAM.

La legge n 8 del 10 gennaio 1983 determina i contributi in favore di comuni e regioni dove sono installati impianti energetici. A questo punto parte la caccia al contributo da parte delle diverse amministrazioni locali con la richiesta che l’area geografica si allarghi anche ai comuni prima non compresi.  A questa ipotetica pioggia di contributi risarcitori si aggiungevano quelli delle opere accessorie come da legge 393/75.

28 luglio 1983 si delibera in Comune (BR) l’istituzione di una commissione scientifica paritetica che studi le questioni ambientali e della salute .

Ma vi sono rinvii per questioni di nomine scientifiche e occorrerà ad arrivare al 18 novembre, perché vi siano le nomine.
La posizione di Lecce entra in contrasto con Brindisi la stessa associazione degli industriali leccesi con lettera del marzo 1984 alla nuova giunta regionale. Il pacchetto di reindustralizzazione di De Michelis nel 1984 delude Brindisi e s’incomincia a utilizzare la mancata approvazione della convenzione su Cerano come arma di ricatto sul Governo.

2 marzo 1984, operai occupano alla stazione FFSS di Brindisi.

22 marzo 1984, prevista firma della Convenzione, da parte del sindaco Carluccio ma i presidi di ambientalisti e cassa integrati lo impediscono, costringendo a firmarla la sera nel cantiere di Cerano.

Critici sull’avvenuto il Comitato contro l’energia padrona, l’ARCI, la Legambiente e i Cattolici Democratici. Alla firma mancavano quelle dei sindaci dei paesi che si sentivano poco coinvolti.

10 -12 maggio 1984, a Brindisi convegno internazionale promosso da Lega Ambiente sulla vertenza energia. Il Comune lo finanziò con 60 milioni di lire.

Nel convegno il radiologo Di Giulio chiede che siano imposti all’ENEL i desolforatori. È redatta “la Carta di Brindisi “ che avrebbe dovuto essere lo strumento per accompagnare la riconversione di Costa Morena e riequilibrare la quota energetica prodotta dalle due centrali brindisine. Elemento qualificante di quella Carta era il proporre a tutte le regioni interessate dall’insediamento energetico la necessità di un VIA preliminare, cosa che in quei tempi non era prevista.

L’associazione Nazionale Magistrali di Brindisi promuove un altro convegno sui temi della centrale dal 7 al 10 giugno  1984 nella selva di Fasano. Intervento del dottor Di Giulio con l’allarme sulle forme neoplastiche a Brindisi e i rischi di aumento di esse con l’immissione dei fumi e ceneri di Cerano, nell’aria e sul territorio. Il presidente ENEL Corbellini smentì vigorosamente, anzi, affermò che per la provincia di Brindisi avere una centrale a carbone e una nucleare era un’occasione irripetibile e quindi da accogliere con entusiasmo.

Maggio 1984, nonostante l’interessamento del sottosegretario Leccisi per richiedere l’arrivo di altre industrie a Brindisi, la situazione occupazionale si aggrava e le illusioni su ricadute positive occupazionali del settore energetico sfumano.

Maggio 1984, operai della Centrale Brindisi Nord e delle ditte appattatrici effettuano scioperi per motivazioni ambientali e occupazionali. A giugno operai del consorzio COCES, licenziati, bloccano il cantiere di Cerano.  

L’imbroglio delle ricadute occupazionali locali.

 A far da padrone nelle commesse sono Consorzi di imprese che hanno sede in Settentrione, in violazione dell’art 6 della Convenzione che parlava di favorire le imprese locali. I consorzi COCES, CONCEB (che prende commesse per 42 miliardi di lire) e la TREVISAN di Brescia fanno man bassa. Dai comuni di Torchiarolo, San Pietro e Cellino proviene solo 3,4% dei lavoratori in violazione della Convenzione che prevedeva il minimo di 15% di presenza di lavoratori dei comuni del brindisino.

Intanto la situazione alla Regione e al Comune di Brindisi si complica con scandali come quello della P2, l’arresto per peculato del sindaco Carluccio e denunce contro consiglieri comunali.

Alle nuove elezioni eletto sindaco socialista Ortese e in consiglio due ambientalisti: Di Giulio e Rubino. La grave situazione dell’occupazione costringe il Governo (De Michelis e Leccisi) a prolungare le casse integrazioni di tutto il settore industriale brindisino (energia, chimica, aeronautica), proporre a ENEL un maggior coinvolgimento sull’occupazione. Enel dichiara di accellerare sulla riconversione a carbone di Costa Morena e passare alla fase realizzativa di Cerano, con forti assunzioni tra excassaintegrati.

Primi problemi ambientali e tutela del territorio

Nastro trasportatore del carbone:

Con la lunghezza di 12 chilometri, largo 60 metri, collegante il molo carboniero di Brindisi alla centrale di Cerano, presentato a Governo e Regione nell’agosto  1984, è approvato con il parere favorevole del PCI in Regione Puglia il 13 marzo 1985. Progetto osteggiato da commissione tecnico scientifica su impatto ambientale del Comune di Brindisi (sindaco Carluccio e poi commissario prefettizio Diaz).

Diga di Punta Riso (progettata solo in funzione del terminale carbonifero), stravolge l’intero porto esterno, il ricambio delle acque imposta dal governo alla città, con finanziamenti che ricadono sempre sui consorzi di movimentazione materiali, che in seguiito saranno coinvolti in inchieste giudiziarie. Contro la sua realizzazione si schierano gli ambientalisti e il Comitato contro l’Energia Padrona di Brindisi che attraverso la sua emittente Radio CASBAH conduce un’ampia opera di controinformazione.

Aprile 1985, la Commissione scientifica esprime parere sfavorevole anche sui sistemi di controllo dell’inquinamento e sulle provedure di smaltimento  dei rifiuti da combustione. Segue parere sfavorevole della Commissione edilizia.

Grazie a questi pareri sfavorevoli il movimento ambientalista ha maggiori argomentazioni per condurre le campagne di denuncia e sensibilizzazione delle popolazioni, anche perché il Governo continua sulla linea delle due centrali, nucleare e a carbone, nella provincia di Brindisi.

Febbraio e marzo 1985, manifestazioni con migliaia di persone a Carovigno, 12 marzo 1985, una folla di 10.000 persone giunte con un centinaio di pulman e molte rappresentanze di comuni delle province di Brindisi-Lecce e Taranto manifestano dinanzi alla regione Puglia a Bari.

Il consiglio regionale incomincia a orientarsi sul NO al nucleare ma approva la costruzione del nastro trasportatore carbone di Cerano.

20 aprile 1985, manifestazione nazionale contro il nucleare a Roma organizzata da Lega Ambiente, forte partecipazione dalla Puglia e da Brindisi, grazie al Comitato contro L’Energia Padrona che porta avanti la parola d’ordine di combattere sia contro le centrali nucleari sia quelle a carbone.

Luglio 1985, campeggio di lotta contro le Centrali, a Lido Specchiolla (Br) organizzato dal Comitato contro l’Energia padrona di Brindisi e Comitato Antinucleare di Carovigno, con la presenza di rappresentanti dei movimenti antinucleari italiani.

Scandalo rifiuti:

Grazie ad un articolo di Orlandini, che scrive sul Quotidiano di Puglia, che denuncia che le ceneri e i rifiuti di Costa Morena sono scaricati in cave di aziende costruttrici la diga di Punta Riso, mentre nei campi coltivati sono riscontrate polveri pesanti da combustione da carbone.

Intanto si è costituito un Comitato Salentino contro le Megacentrali che indice una grande manifestazione dinanzi ai cancelli della Centrale di Cerano il 30 novembre 1985 com migliaia di persone e amministratori locali e forze politiche.

La Commissione Scientifica del Comune di Brindisi continua a chiedere desolforatori e accusa ENEL di non aver fatto censimento delle cave che accolgono rifiuti e ceneri.

Il Sindaco socialista Ortese chiede rinegoziazione della Convenzione e si oppone al terminale carbonifero che a suo dire è contro la vocazione a uso turistico del porto.

E’ tutto una questione di denaro? La battaglia sui contributi.

 A Brindisi secondo le leggi e gli accordi, spettavano contributi per il 70%, a San Pietro il 12%, a Torchiarolo il 10% e a Cellino l’8 %.

Il fronte ambientalista nel febbraio 1985 si allarga ai vescovi.

 Settimo Todisco per Brindisi e Michele Mincuzzi per Lecce si orientano in questo periodo per l’appoggio al NO al nucleare, seguendo quello già dato dal vescovo di Oria, Armando Franco sin dal 1982, periodo delle prime manifestazioni di Avetrana.

L’opposizione si allarga alla DC brindisina che a dicembre 1985 chiede la revoca e la ridiscussione della Convenzione, partendo dagli studi delle commissioni. Il PSI chiede dei miglioramenti, mentre il PCI chiede che l’ENEL rispetti tutti gli impegni assunti in materia ambientale e occupazionale, seguendo la nuova posizione del PCI nazionale, ora più ambientalista.

A gennaio 1986, nuovo Consiglio Comunale a Brindisi che porta a un ordine del giorno per rinegoziazione della Convenzione, richiedendo modifiche agli impianti, carbone meno inquinante e si ipotizza la riconversione di due gruppi a metano.La DC è in testa alla protesta.  Per una rinegoziazione si esprime anche la provincia , (pres Melpignano)

Irrompe Chernobyl

Aprile 1986 incidente di Chernobyl rivoluziona l’intero quadro e allarga l’area di opinione pubblica sensibile ai temi ambientali.

 Il 24 maggio 1986 , il Comitato contro L’Energia Padrona di Brindisi, indice insieme al Comitato Salentino contro le Megacentrali una grande manifestazione dinanzi a Cerano , con l’appoggio del vescovo di Brindisi.

Inizia il braccio di ferro tra Consiglio  comunale ed ENEL che accetta solo di aumentare le forme risarcitorie ma non a riduzione di potenza o aumento dei sistemi di monitoraggio.

 19 maggio 1986, diffida legale del Comune a ENEL nel proseguire lavori.

 23 luglio 1986 , consiglio comunale rivolto al Governo per chiedere stop lavori.

18 agosto1986, sindaco Ortese , con appoggio pres prov Melpignano e Presidente della Regione, Fitto, firma la sospensione di lavori.ENEL risponde mettendo in libertà 2000 lavoratori.

Il 25-26 agosto 1986, operai occupano la città le vie principali e la stazione. Ortese costetto a ricevere i sindacati dando assicurazioni. A settembre agitazione prosegue con occupazione dell’aeroporto di Brindisi.

Il 13 settembre1986, sindaco Ortese è costretto a modificare l’ordinanza di sospensione limitandola solo ad alcune opere e limitata al 31 dicembre.

L’ENEL risponde richiedendo i danni per il blocco dei lavori , per 17 miliardi di lire a settimana e dichiarando di aver impegnato 2.200 miliardi di lire per le imprese appaltatrici.

I referendum.

Nella battaglia referendaria , contro il nucleare e contro Cerano è importante il ruolo delle amministrazioni locali del leccese e del presidente della Provincia di Lecce , URSO, che collaborano con il Comitato Salentino contro le Megacentrali, avendo con essi un rapporto dialettico, al contrario di quanto succedeva a Brindisi.  Frequenti gli incontri di assessori leccesi che incontrano gli esponenti del Comitato Salentino contro le Megacentrali, mentre la posizione dell’arcivescovo leccese Mincuzzi mette in seria difficoltà la DC brindisina e pugliese, notoriamente pro-Carbone. Le pressioni sul comune di Brindisi da parte delle amministrazioni leccesi sono continue, come quella del 31 ott 1985, quando il Consiglio provinciale di Lecce chiede la sospensione dei lavori. E quando a seguito del blocco dei lavori nell’agosto 1986, l’ENEL fa causa per danni al Comune di Brindisi, il Consiglio Provinciale di Lecce mette a disposizione i suoi avvocati.

Intanto a seguito dell’incidente di Chernobyl si giunge alla raccolta di firme per il referendum. Sull’entusiasmo dell’aver raggiunto le 500.000 firme per il referendum, Lega Ambiente e altre associazioni ambientaliste spingono per fare referendum locali in aree a rischio ambientale.

 A Brindisi, Lega Ambiente con Teodoro Marinazzo in testa, il Comitato contro l’energia Padrona, il Comitato salentino contro le Megacentrali sensibilizzano opinione pubblica e istituzioni per un referendum consultivo su Cerano. La provincia di Lecce è entusiasta ma denuncia che da Brindisi non arrivano risposte concrete e si rischia di fare un referendum solo nella provincia di Lecce. Paradossale è la posizione del PCI leccese che è il sostenitore del NO al Carbone tra i più accesi , al contrario del PCI brindisino.

Su proposta del Consiglio Provinciale si istituisce una commissione di controllo sulla consultazione referendaria, che si doveva svolgere il 17 maggio 1987 , con pari numero tra consiglieri e rappresentanti del Comitato salentino contro le megacentrali. L’arcivescovo di lecce Micuzzi entrò a gamba tesa invitando i parroci ad appoggiare la consultazione incoraggiando l’affluenza dei parrocchiani.

Il referendum si svolse in 84 su 97 comuni della Provincia di Lecce con un affluenza del 60 per cento con punte tra i paesi più vicini alal centrale: trepuzzi, Surbo Squinzano che rasentò il 98 %, un record mai raggiunto tra le consultazioni referendarie a livello localein Italia. Con questi risultati si chiede al Comune di Brindisi di ordinare la sospensione dei lavori.

 Il sindaco Ortese, e parte della DC , non sono d’accordo anche perché ad aprile ha firmato una proroga di sei mesi dei lavori nella Centrale, dopo identico provvedimento del settembre 1986. Tale decisione provoca una spaccatura nella DC e le dimissioni del vicesindaco e quattro consiglieri . Si arriva alla crisi che culmina l’11 maggio 1987 con le dimissioni di Ortese.

Alla fine dell’anno nasce un giunta tricolore con DC, PCI e PRI e sindaco l’indipendente di sinistra Ennio Masiello , con PSI all’opposizione e gli ambientalisti di “Cattolici e laici per il cambiamento “ che danno l’appoggio esterno. Nel frattempo la situazione di tensione sulla centrale si era aggravata , segno ne è il grave episodio del 24 luglio 1987 con la contrapposizione , sino a rasentare l’aggressione , dei deputati Massimo Scalia (verdi) , Michele Boato (PD), Enrico Testa e Bianca Gelli (PCI) , da parte di un gruppo di operai e sindacalisti, durante una maniferstazione indetta dal Comitato salentino contro le Megacentrali, dinanzi ai cancelli di Cerano. La scena è ripresa da una dele televisioni locali e riproposta in Piazza Vittoria a Brindis, agli occhi della città, in una iniziativa di Controinformazione di Radio Casbah e Comitato contro L’Energia Padrona.

Intanto già nel giugno 1987 la provincia di Brindisi si orienta per il referendum che fu fissato per il 31 gennaio 1988 e il 23 dicembre il sindaco Masiello fece votare una delibera per una consultazione referendaria non solo su Crano ma sulla coesistenza delle due Megacentrali.

L’adesione dei comuni della provincia di Brindisi, fu limitata, poiché alcuni non sentivano come loro il problema centrali, mentre sulla popolazione brindina ihncombeva la spada di Damocle di una fuga industriale da Brindisi e licenziamenti di massa.

La consultazione si svolse su 12 comuni su 20 . la vittoria dei NO fu dell’88% ma, con un affluenza del 41% . La città di Brindisi fu il risultato più deludente con un 38 % di affluenza e una grossa percentuale di SI. (il SI ebbe il 10% e il NO giunse al 90 %, , mentre in tutti i comuni il SI sfiorò il 5%) Nel dibattito politico conseguente si incominciò a parlare della presenza di un partito trasversale del carbone che era ramificato in tutti i partiti brindisini.

Nel frattempo, l’8-9 novembre 1987 si tiene il referendum che mette il nucleare fuori dall’Italia, cosa confermata in quello successivo del 2011. L’ENEL a fronte di ciò lancia allarmi sulle forniture energetiche in Italia.

1988 -1989 L’inchiesta giudiziaria sulla Giunta comunale e l’avanzata del “partito trasversale del carbone”.

 

Dopo il risultato deludente del Referendum a Brindisi e la sentenza del TAR di Lecce dell’11 febbraio 1988 che prorogava la ripresa dei lavori a Cerano e rinviava il ricorso presentato dalla provincia di Lecce, il sindaco Masiello telegrafa lo stesso giorno al nuovo presidente dell’ENEL Viezzoli , per riaprire un confronto con Provincia e Comune di Brindisi.

 

Il 5 aprile 1988 : a Brindisi c’è una seduta congiunta tra consiglio Comunale e Provinciale per stabilire cosa chiedere all’ENEL. Si punta all’opzione diminuzione della potenza e policombustibilità. Intanto alla regione solo il DP Dino Frisullo si oppone alla riapertura delle trattative con ENEL.

 

Il Comune di Brindisi firma una delibera che chiede che la dismissione di Costa Morena avvenga nello stesso momento dell’entrata in funzione di due gruppi di Cerano della stessa potenza. Si richiede una diminuzione dei 2640 MW.

Il governo continua a ribadire che a Brindisi non vi deve esseee nessuna riduzione, ritenedolo un polo strategico della produzione di energia , aprendo una fase di scontro con le amministrazioni locali, con la Provincia che vieta gli scarichi a mare della centrale e Comune pronto a nuove sospensioni.  Masiello arriva ad affermare che” il Governo ha trattato il Salento come se apparetenesse a un altro stato o peggio fosse terra di nessuno”.

Ma c’è il colpo di scena con le dimissioni di un consigliere DC e di due del PRI e la successiva verifica di maggioranza che porta alle dimissioni di Masiello. Le opposizioni parlano della presenza del partito trasversale del carbone che ha fatto cadere Masiello.  Provincia di Brindisi.

 

Tra la fine del 1988 e l’inizio del 1989, durante il periodo di crisi dell’Amministrazione cittadina, fu il presidente della Provincia De Michele a coordinare le trattative con il Governo e l’ENEL, coadiuvato dal consigliere anziano di Brindisi, Teodoro Saponaro del PCI, e dal nuovo presidente della Regione

Giuseppe Colasanto, eletto dopo la morte di Salvatore Fitto.

 Invece il TAR di Lecce dà il via libera sulla prosecuzione dei lavori nel cantiere di Cerano: sebbene una

perizia tecnica avesse rilevato notevoli difformità tra il progetto dell’impianto presentato dall’ENEL al Ministero dell’Industria e al Comune nel 1982 e quanto effettivamente era stato realizzato, il tribunale concesse un’ulteriore proroga senza termine all’ente elettrico.

Il “Comitato salentino contro le megacentrali” protestò contro la sentenza, ritenendola illegittima, soprattutto a causa della mancanza della concessione edilizia non ancora approvata dal Comune di Brindisi,

 

Il 12 Aprile 1989 il Consiglio regionale della Puglia approvò all’unanimità un ordine del giorno in cui si chiedeva al Governo nazionale di esprimere un parere sul blocco immediato dei lavori della megacentrale di Brindisi Sud. La sospensione era ritenuta fondamentale per la conclusione di una trattativa finalizzata al drastico ridimensionamento e riconversione di ciascuna delle centrali termoelettriche

 

La crisi amministrativa al Comune di Brindisi, nel frattempo, si era finalmente conclusa all’inizio di marzo con l’elezione a sindaco del democristiano Cosimo Quaranta, a seguito di un accordo con PSI, PRI, PLI e PSDI, maggio 1989, Durante la seduta furono presentati un ordine del giorno, sottoscritto dai consiglieri del MSI-DN e dei “Cattolici e laici per il cambiamento”, per la sospensione immediata dei lavori nel cantiere di Ceranodella produzione nell’impianto di Costa Morena. Vi era particolare preoccupazione anche in virtù di due avvisi di garanzia che il sostituto procuratore di Brindisi, Leonardo Leone De Castris, aveva inviato al presidente dell’ENEL Franco Viezzoli e al direttore della centrale di Brindisi Nord.

 

Il 5 luglio1989, tuttavia, il TAR di Lecce revocò la proroga concessa all’ENEL per i lavori alla centrale di Cerano, che da quel momento erano da considerarsi non autorizzati. In questo modo, era stata ristabilita la validità dell’ordinanza di sospensione emanata nel 1986 dal sindaco Ortese.

La Lega per l’Ambiente, in conseguenza di ciò, si rivolse alla Corte d’Appello di Lecce perché la revoca

dell’ordinanza cautelare emessa dal tribunale amministrativo fosse notificata all’ente elettrico, allo scopo di accelerare i tempi del blocco.

 

Solo a questo punto, il sindaco Quaranta decise di firmare una nuova ordinanza di sospensione dei lavori nel cantiere di Brindisi Sud e il Consiglio comunale, nei giorni successivi, appoggiò a maggioranza il provvedimento.

La reazione da parte dell’ENEL fu immediata, con lo scioglimento dei rapporti con le imprese appaltatrici che coinvolse circa 3.000 dipendenti, per cui furono avviate le procedure di licenziamento. Una parte di questi operai si recò al palazzo municipale per parlare con Quaranta, mentre altri organizzarono un presidio

all’interno della centrale nord di Costa Morena, permettendo l’accesso solo a una squadra di manutenzione di quindici persone.

 

L’arma dei black-out

 

Per motivi di sicurezza, dunque, l’ente elettrico decise di fermare la produzione energetica dell’impianto, provocando una serie di black-out «a scacchiera» che si protrassero per diversi giorni nel Mezzogiorno d’Italia. Le diverse parti trovarono un accordo che fu firmato il 4 agosto presso il Ministero dell’Industria, alla presenza del presidente dell’ENEL Franco Viezzoli. L’ente elettrico, in questo modo, si impegnava a smantellare gradualmente l’impianto di Costa Morena dal 1990, mentre, per quanto riguardava la centrale di Cerano, erano garantiti impegni sulla policombustibilità, sulla riduzione da quattro a tre dei gruppi elettrici in funzione contemporanea (si trattava di una finta vittoria ambientalista, poiché per procedure di sicurezza dell’impianto, non era possibile che tutti i gruppi potessero entrare in funzione, nNdR) con l’utilizzo del metano oltre al carbone, sull’applicazione di tecnologie per la diminuzione delle emissioni inquinanti e sul potenziamento della rete di monitoraggio per la qualità dell’aria, del suolo e dell’acqua marina.   

 

Entra in campo la Magistratura.

 

Prima della definitiva ratifica degli accordi di Roma da parte del Consiglio comunale di Brindisi, il procuratore Leone De Castris inviò un avviso di garanzia al sindaco Quaranta e ad alcuni tecnici dell’ufficio ripartizione urbanistica del Comune, con l’accusa di interesse privato. Il Sindaco, infatti, aveva raggiunto un accordo con l’ENEL per rilasciare la concessione edilizia in sanatoria, necessaria per la ripresa

dei lavori a Cerano, «senza però ancora sapere quali sarebbero stati i contenuti tecnici del nuovo progetto presentato dall’ente» L’inchiesta si allargò ulteriormente in ottobre, coinvolgendo anche il

vicesindaco socialista Guglielmo Albano e tre assessori, uno del PSI, Teodoro Aprile, e due della DC, Antonio Fischetto e Paolo Chiantera. Il sindaco Quaranta, inoltre, fu inquisito anche per falso ideologico, peculato e abusivismo Due mesi dopo, la “tempesta giudiziaria” si estese con due avvisi di garanzia nei confronti dei consiglieri Vincenzo Amoruso del PCI e Corrado De Rinaldis Saponaro del PRI accusati di interesse privato in atti d’ufficio. Secondo l’accusa, infatti, essi erano legati ad alcune imprese appaltatrici del cantiere di Cerano: Amoruso era risultato uno dei titolari della ditta Sicma, mentre De Rinaldis Saponaro, all’epoca anche presidente della Camera di Commercio, risultò legato economicamente alla ditta

Leucci. Le due imprese avevano ricevuto diverse commesse per i lavori dell’impianto. Altre due comunicazioni giudiziarie per abusivismo, infine, riguardarono il presidente dell’ENEL Franco Viezzoli e il direttore della centrale di Cerano Vito Atzori .Di conseguenza, si giunse a un nuovo blocco, che portò, come nei mesi precedenti, alla “messa in libertà” degli operai, ai loro picchetti

davanti all’impianto di Costa Morena e a nuovi black-out decisi dall’ente elettrico.

 

Il 5 dicembre, però, il Consiglio di Stato accettò il ricorso presentato dall’ENEL e i lavori al cantiere di Brindisi Sud poterono riprendere nelle settimane successive con Viezzoli che garantiva al ministro del Lavoro Donat Cattin il pagamento della cassa integrazione ai dipendenti delle imprese appaltatrici.

Nella seduta del Consiglio comunale del 22 dicembre 1989, con un colpo di scena il PCI è determinante per approvare la delibera che permette la continuazione dei lavori a Cerano, con le proteste degli ambientalisti.

 

Il 1990 fu un anno particolarmente complesso a livello politico-amministrativo nel Brindisino a causa della concomitanza delle elezioni per il rinnovo del Consiglio provinciale e comunale, dove alla provincia si formò una giunta di sinistra comprensiva dei Verdi, mentre al comune con la vittoria della DC e la sconfitta del PCI-PDS, fu eletto sindaco Marchionna.

Il primo compito della giunta era cercare di far rispettare dall’ENEL l’accordo del 1989, gli impegni sulla policombustibilità e l’abbassamento degli inquinanti, in riferimento anche al decreto del 18 maggio 1990 del Ministro dell’Industria che approvava lavori per la desolforazione e la denitrificazione. 

 

Intanto il consiglio provinciale (BR) prima di cambiare assetto da sinistra a centrosinistra includendo la DC approvava lo scarico delle acque della Centrale come atto dovuto, scatenando le ire delle amministrazioni leccesi. La lega Ambiente di Lecce presentava così ricorso al TAR che il 23 aprile 1991 bloccava il decreto provinciale brindisino e in seguito anche il Consiglio di Stato decretava lo stop.

Si intensificano gli incontri e si arriva al 25 luglio 1991 a un accordo che in cambio di maggiore occupazione con la costruzione di una bretella metanifera e altri lavori edili e la promessa di non far mai andare a pieno regime a carbone le due centrali e un migliore monitoraggio, si sarebbe sbloccato l’intero contenzioso.

Poi il Consiglio di Stato a fine 1991 autorizzò definitivamente l’ENEL agli scarichi e contestualmente L’ENEL prevedeva di poter far partire due gruppi entro il 1992.

Inizia la caccia ai contributi ENEL.

Questi contributi n (legge 8 del 10 gennaio 1983) a seguito del referendum sul nucleare, di fatto erano stati aboliti, ma una commissione formata dal sindaco Marchionna in testa cercò di coinvolgere i quattro comuni più interessati all trattativa. I contributi ammontavano a 44 miliardi di cui 31 a Brindisi, san Pietro V, 5, Torchiarolo 4,4 e a Cellino 3, 5. Alla regione spettavano 7,7.

A questi contributi si aggiungevano quelli previsti dall’art 15 della legge 393 del 1975 che riguardava le opere secondarie di urbanizzzzione. Si trattava di 43 miliardi di cui oltre l’84% spettava al comune di Brindisi.

Questi contributi dovevano servire per creare sistemi di monitaoraggio e protezione e riequilibrio ambientale invece furono utilizzati per opere di manutenzione stradale, ristrutturazione palazzi storici, edilizia scolastica e creazione di parcheggi.

Solo per il verde pubblico fu utilizzato l’11 % di questi fondi.

Nel frattempo man mano che la costruzione della Centrale andava avanti iniziava il cammino della disoccupazione di ritorno delle aziende che ultimavano i lavori e iniziarono una serie di agitazioni sindacali che si inserivano nel quadro di crisi nazionale del 1992-1993 (governo Amato).

 Inizia l’era delle privatizzazioni, compresa l’ENEL.

A Brindisi, l’ENEL propagandava che la Centrale Sud avrebbe dato 350 posti di lavoro interni e 1.500 posti di ricaduta sul territorio. Intanto la difficile situazione  economica della città e contrasti nella vita politica portano al cambiamento di sindaco che diventa il DC Arina.

Il 12 gennaio 1994, ENEL annuncia il prossimo collaudo del 1° gruppo. Il 18 gennaio il sindaco Arina decreta il blocco, non dei lavori, (in maniera tale che l’ENERL non potese usare il ricatto della mesa in libertà delle aziende appaltanti) bensì solo della produzione di energia, richiedendo all’ENEL il rispetto degli accordi, ma di fatto altri contributi.

Nel frattempo l’ENEL nel 1993 si ritrovava in una tempesta giudiziaria a livello nazionale che a Brindisi coinvolgeva i due ex direttori dei lavori di Cerano, mentre si arrivava agli arresti domiciliari dello stesso presidente dell’ENEL Viezzoli. E’ l’era di Mani Pulite e l’intero sistema affaristico dei partiti entra in crisi.Ma poco dopo , Viezzoli è ripristinato al suo posto dal Governo Ciampi e l’ENEL prosegue il suo cammino anche a Brindisi.

Nelle prime elezioni della Seconda Repubblica al comune di Brindisi è eletto il sindaco Errico appoggiato dal PPI e dal PDS, mentre alla Provincia vince il centrodestra con Frugis. Entrambi si muovono per risolvere il contenzioso con l’ENEL e viene nominata una commissione speciale per i rapporti con il Ministero dell’Industria e con l’Ente elettrico.

Lo scopo era di avere maggior vantaggio in termini occupazionali e ridurre l’impatto ambientale, chiedendo la metanizzazione, L’ENEL rifiutò dicendo che il gas algerino costava troppo e ipotizzò la chiusura della centrale.

Nel frattempo l’ENEL chiedeva la proroga dell’esercizio della Centrale di Costa Morena fino al 31 dicembre 1997,. In questo contesto di contrapposizione si giunge alle dimissioni polemiche del sindaco Errico che denunciò l’esistenza di un” partito trasversale del carbone” che coinvolgeva tutti i partiti e di pressioni del ministro dell’Industria che aveva promesso che in cambio della permanenza di 4000 mw a Brindisi , ci sarebbero stati 40 miliardi di lire per le opere di risanamento della zona industriale definita “ad alto rischio ambientale”

Nel frattempo il dottor Antonio Di Giulio pubblicava uno studio sui tumori a Brindisi denunciando come cause le industrie della chimica e dell’energia.

Provincia e Comune cercano tra il marzo e il maggio del 1996 di elaborare una bozza di Convenzione che salvi la faccia a tutti e permetta all’ENEL di uscire da questa situazione di conflittualità istituzionale(bozza del 2 maggio 1996) In cambio di funzionamento di due gruppi a carbone di Brindisi Nord sino al 1998 e dei due restanti a metano sino al 2007, data di chiusura della Centerale , l’ENEL doveva versare 43 miliardi per interventi di pubblica utilità.

Gli ambientalisti, contrari, costituirono il Comitato promotore del referendum consultivo sulle due centrali di Brindisi che proponeva la chiusura di Brindisi Nord entro il 2000 e la riduzione a 660 MW , con funzionamento a metano di Cerano.

L’elezione del 1996 porta il centro destra con Lorenzo Maggi a vincere al Comune di Brindisi e una linea condivisa con Frugis per la pacificazione con L’ENEL.

Prodi approva questa linea, in contrapposizione al ministro dell’ambiente EDO Ronchi, e i presidenti dell’ENEL , Testa e poi TATO’ dichiarano irreale la metanizzazione dell’impianto.

Con l’intermediazione del sottosegretario Carpi si arriva all’accordo tra ENEL, Frugis e Maggi del 12 novembre 1996, in cui due gruppi di Costa Morena avrebbero funzionato a metano sino al 2007, (data prevista per lo smantellamento) mentre per gli altri due e per i due di Cerano si sarebbe andato a carbone sino al 1998 , con un consumo di 2, 5 milioni di tonnellate di carbone , e poi o a metano o olio combustibile a basso tenore dio zolfo.

 L’ENEL si sarebbe impegnato per terminare il nastro traportatore entro il 1997 e di pagare tutti i danni che ci sarebbero stati a colture e a cose. Inoltre si accollava le spese di centraline di mopnitoraggio nei comuni soto al supervisione della Provincia. Dal punto di vista occupazionale , l’ENEL si impegnava ad assumere con bandi pubblici , 45% dal comune di Brindisi e Tuturano e il 15% dai comuni Cellino e San Pietro V. Infine l’ENEL doveva finanziare per 47 miliardi opere compensativo di utilità pubblica e per 500 milioni attività universitarie a Brindisi.

Contestualmente all’accordo venivano meno tutte le cause di tipo legale e i blocchi decretati dalle diverse amministrazioni in passato.

Nel 1997 la Centrale di Cerano entrava pienamente in funzione ,mentre con la privatizzazione ulteriore dell’ENEL e delle sue centrali molti accordi sono rimasti ancora non rispettati. Nel frattempo inchieste della magistratura e indagini di carattere ambientale ed epidemiologico, continuano a perseguitare la vita del polo energetico brindisino. La centrale di Cerano costata 7.000 miliardi di lire dello Stato, oggi è oggetto di altre contestazioni e di nuovi movimenti di protesta .

Per quanto riguarda la centrale di Costa Morena,Brindisi Nord , pur con continui miglioramenti, è ancora parzialmente in funzione , grazie a decreti di governo in violazione dell’accordo del 1996. Passata privata, continua a lavorare a carbone, a due passi dalla città e con i camini che incrociano il sentiero di discesa degli aerei, in arrivo su Brindisi.

Quanto il Comitato contro l’Energia Padrona affermava che , nei confronti di Brindisi , la classe politica nazionale e le lobby dell’energia praticassero una linea di totale asservimento ai propri disegni , trattandola , come affermava l’exsindaco Masiello “come una colonia , più che un territorio nazionale” è stato confermato sin dal 1985, quando a fronte della presa d’atto che i piani di programmazione energetica fatti antecedementemente fossero smoderatamente superiori alla realtà e si procedette alla riduzione di essi, escludendo sistematicamente Brindisi, considerandola un polo energetico strategico per il Mezzogiorno d’Italia.  La classe politica brindisina, ma anche sindacale, in questo contesto, schieratasi per l’installazione della Centrale , motivandola per motivi occupazionali, non seppe mai riuscire a essere un’interlocutrice credibile nei confronti dell’ENEL e dei Governi, confermando, ancor oggi che nel suo interno il “partito trasversale del Carbone” aveva ed ha solide fondamenta.

AUTORE : Antonio Camuso (Archivio Storico Benedetto Petrone) archiviobpetrone@libero.it

http://www.pugliantagonista.it/arch2.htm

Brindisi, 18 gennaio 2015

 

 

 

 

 

 

 

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