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PRETI , GIUDICI,
FASCISTI E MAFIA NELLA CALABRIA DEGLI ANNI 70
Dal libro
“ AFRICO” di Corrado Staiano del ’78,
riportiamo alcuni passaggi che ci fotografano la realtà calabrese negli
anni 70:
……”Ad Africo le antiche lotte degli anni ’50 sono passate , in una
continuità naturale , in eredità ai figli. i giovani del Circolo
rivoluzionario e poi del collettivo autonomo operai e studenti si sentono
protagonisti , provocano subito reazioni perché distruggono le regole del
gioco e infastidiscono anche i partiti della sinistra tradizionale.
Testimonianza di Rocco Palamara “…………Continuammo le lotte di sempre,
l’occupazione dei binari della ferrovia per conquistare la stazione, le
lotte per la forestale, per i cantieri boschivi, per le raccoglitrici di
gelsomini, per il doposcuola gratuito per i bambini, per la casa.
L’amministrazione, comunista fino al 1969, fu conquistata nel 1970 da una
lista civica costituita in gran parte da mafiosi che qui si dice
‘ndrangheta , la società dei dritti, che sarebbe la mafia calabrese, e da
lacchè. C’erano state proteste e scontenti per la precedente
amministrazione comunista : le forze più sane dei compagni sono costrette
da sempre ad emigrare buona parte dell’anno e molti , in occasione delle
votazioni, non tornarono per protesta. Pure io che mi trovavo a Milano a
lavorare non sono tornato a votare. Hanno vinto per pochi voti ,credo
sette, e molti imbrogli: votarono una ventina di suore venute da fuori ,
ci furono sulle famiglie pressioni di genere mafioso. Tutto il peso della
lotta , ormai, era sostenuto dal circolo:…………………………………………………………………..
Il primo motivo di scontro con il Comune fu a proposito dell’acqua:
saltata la vecchia rete idrica , i tubi erano scoperti , una ditta romana
faceva da copertura a un'altra ditta di casa e non iniziava i lavori .
C’era pericolo di epidemia e noi denunciammo ciò che stava accadendo ,
attaccammo il prete --- don Giovanni Stilo che muoveva tutti i fili. nda
--- , la giunta comunale, la mafia, invitammo la popolazione allo
sciopero. La nostra protesta fu considerata inaudita . Il Pci non l’aveva
mai fatto . I mafiosi reagirono prendendo di mira i più giovani di noi e
minacciando i genitori per convincerli a stare lontano dal circolo.
Stampammo dei manifesti di denuncia e li incollammo nei muri del paese.
……… quella notte tutti i manifesti furono strappati e la sede del circolo
bruciata. Qualcuno vide i mafiosi che appiccicavano il fuoco , noi
stampammo altri manifesti facendo i nomi dei responsabili. Non successe
niente , i carabinieri non fecero niente , come sempre. Continuò la
schermaglia di minacce per cercare di smantellare il circolo ricostruito
subito dopo con una colletta alla quale contribuirono anche i militanti
del Pci.”
--------------------------- Nel frattempo i compagni più grandicelli ( in
massima parte il circolo era costituito da un gran numero – parecchie
decine - di bambini ) si resero conto che erano veramente in pericolo ed
alcuni si prepararono alla difesa, procurandosi anche delle pistole . n d
a -----------------------------------------------------------------
“ L’11 ottobre 1970, alle 10 di sera , ero seduto sullo scalino di casa
con mio cugino Salvatore Palamara e fui aggredito da tre persone seguite
però da una decina di altre persone , una specie di processione di mafia.
Erano venuti correndo , il primo si gettò su di me , il secondo lanciò
pietre per colpirmi , il terzo sparò subito addosso a Salvatore che cadde
ferito da tre colpi alle gambe . un colpo forò la porta di casa mia , un
altro ruppe lo scalino. Io sono intervenuto in difesa di mio cugino , ho
sparato anch’io con la pistola , ho ferito due aggressori , uno alla
pancia , uno alla spalla e ho fatto scappare via gli altri. Avevo sparato
con una 6,35 , gli altri con una 7,65: era facile decifrare i fatti dai
differenti calibri delle pistole usate . Anche i carabinieri dissero che
prima erano stati sparati gli altri colpi e poi i miei . Io venni
interrogato perchè ero andato ad accompagnare mio cugino all’ospedale :
non dissi nulla , ci siamo portati tutti negativi. Ma in seguito mio
cugino fece i nomi degli sparatori . li avevamo visti bene perché ci
eravamo scontrati corpo a corpo : questa decisione fu presa dopo una
discussione famigliare , su pressione dei nostri parenti. E’ una cosa
inconsueta nella tradizione del paese , almeno che non ci siano omicidi
evidenti, fare i nomi ai carabinieri . Ma poiché si sostiene sempre che
non si riesce a debellare la mafia perché esiste l’omertà , quella volta
si decise: “ Se è solo per questo , allora ecco i nomi” . Anch’io ho
raccontato quello che è successo …………………………………………...
Un mese e mezzo dopo , nel novembre 1970 – era una domenica mattina -
camminavo con due amici in una strada del centro del paese quando ho visto
un ombra alle mie spalle . Capisco qualcosa , salto di lato e la scarica
di pistolettate và a vuoto.”
--------------------------------- Rocco si salva in realtà perché, essendo
armato pure lui, può dissuadere l’aggressore dallo sparare ancora e farlo
scappare. n d a -----------------------------------------------------
“Una settimana dopo vengono i carabinieri,…..e ci arrestano, io , Bruno e
Gianni , i miei fratelli gemelli che allora avevano diciassette anni , e
mio cugino Salvatore , di soli 16 anni , quello ferito davanti alla porta
di casa e che era ancora ingessato e poi arrestano anche Salvatore
Barbagallo , marito di una mia sorella. Ci portano in carcere a Locri ,
Gianni e mio cognato vengono rilasciati dopo 15 giorni , restiamo dentro
io , mio cugino e mio fratello Bruno. Ripetiamo i fatti come sono andati ,
citiamo i testimoni …………………….Veniamo incolpati della prima aggressione:
citiamo i testimoni, chiediamo il sopralluogo. Il giudice se la prende
comoda con i testimoni: comincia a interrogarli dopo tre mesi e finisce
dopo sei mesi.”
------------------------------ Responsabile di queste esasperanti
lungaggini , con dei ragazzini incolpevoli in carcere che da studenti
avevano già perso un anno di scuola, è stato l’allora Giudice Istruttore
di Locri FRANCESCO FRAMMARTINO ( n d a)---------------------------------------
“Perché si è fermato tanto per interrogarli ? Perché uscissero gli
indiziati per la strage del mercato di Locri , uno dei quali , Giuseppe
Morabito , detto “ tiraddritto” ..… oltre che amico del prete , è fratello
di Leo Morabito , uno di quelli che ci hanno assalito. Si è voluto
attendere che uscissero di prigione , in modo che tanti che avrebbero
testimoniato , vedendoli dopo tutto quel baccano che era stato fatto , si
sentono scoraggiati : “ allora la legge non garantisce niente” , hanno
detto e non hanno dato più la testimonianza.
Le testimonianze che c’erano, però, potevano già bastare . Queste
testimonianze dicono infatti che Bruno non c’era , che quelli sono venuti
correndo verso casa mia : spiegano insomma la dinamica dell’aggressione.
Ma io vengo ugualmente accusato di tentato omicidio. Mio fratello e mio
cugino “per appoggio morale alla volontà dello sparatore”….Ci hanno
arrestato il 2 novembre , hanno chiuso l’istruttoria ad aprile : Noi
pensavamo che nove mesi dopo l’arresto ci avrebbero processato : va bè ,
facciamo altri tre mesi , poi al processo le cose risulteranno evidenti:
invece si creano altri imbrogli , malgrado l’istruttoria sia finita la
causa non viene mandata a ruolo. Questo significa aspettare altri nove
mesi…………………………………………………...”
…” Quando ho saputo che il processo sarebbe stato rinviato a nuovo ruolo ,
ho deciso di scappare e , tempo una settimana , sono scappato dal carcere.
Non ho avuto aiuti da nessuno : una notte sono uscito dalla cella , ho
passato un'altra porta ancora e sono arrivato al cortile. Ho scalato i
muri di cinta e me ne sono andato. Mio fratello e mio cugino, minorenni ,
erano già stati trasferiti nel carcere minorile di Reggio e hanno dovuto
rimanere dentro."
E’ l’autunno del 1971….”
“ Anche sulla costa Jonica sono gli anni della protesta dei giovani, delle
manifestazioni, delle scritte sui muri e queste scritte accusano don
Stilo, la cui figura và aldilà di Africo e diventa il simbolo di un mondo
arcaico da abbattere…………………………………………………………………………… la nuova generazione
scende in piazza e la passione e la rabbia non sono né ambigue né
manovrate , ma rappresentano un modo dimenticato di intendere
l’opposizione: Chiedere la libertà per Rocco Palamara vuol dire anche
chiedere che la giustizia funzioni, che sia uguale per tutti , che non si
presti a giochi oscuri, che non sia l’eterno braccio secolare della classe
dominante. Migliaia di giovani stanno formandosi alla politica , sia pure
nella forma più elementare della manifestazione e dello slogam…..
Non è una protesta individuale o di pochi fuorviati , ma una protesta di
massa : i cortei che passano per i viali di oleandri dei paesi della costa
sembrano modesti se raffrontati ai cortei di quegli stessi anni delle
città industriali, ma ogni giovane , con un cartello , uno striscione o
uno slogam rappresenta una famiglia : porterà a casa un nuovo modo di
pensare , romperà schemi secolari di giudizio , riuscirà forse a far
discutere e a dubitare i padri e le madri , a distoglierli dalla mentalità
corrente ed è proprio questo che l’autorità costituita teme.”
………………………………………………………………………….
“ Rocco Palamara negli interrogatori in carcere accusa i suoi aggressori
di essere mafiosi e accusa don Stilo di esserne la mente. “ Definendoli
mafiosi intendo dire che essi fanno parte di una organizzazione che fa
capo a don Stilo , così come si dice in paese. Detta organizzazione si
avvale della mafia per raggiungere i suoi scopi , nel senso che don Stilo
si serve dell’organizzazione per togliere di mezzo i suoi nemici , mentre
l’organizzazione si avvale delle relazioni di don Stilo per la necessaria
protezione”
“ Il 30 aprile 1971 si svolgeva a Locri una manifestazione di solidarietà
con Rocco Palamara: i giovani - da Africo sono venuti i compagni del
Collettivo – stanno dirigendosi in corteo verso il carcere gridando i loro
slogam - “ La mafia che spara non ci fa paura la lotta sarà sempre più
dura”; “ Col calice e la lupara si perseguitano i Palamara ” quando i
carabinieri caricano: c’è qualche fermo , si aprono polemiche e dibattiti
che smuovono il chiuso mondo dei paesi . Il sostituto procuratore della
Repubblica di Locri , Guido Neri , nella sentenza in cui chiede al giudice
istruttore il rinvio a giudizio di Palamara e dei suoi aggressori per la
sparatoria d’avanti alla casa dell’anarchico , scrive : ” Va condannato
l’episodio disgustoso cui hanno dato vita un gruppo di studenti del liceo
scientifico di Locri i quali hanno inscenato una manifestazione di
solidarietà con i Palamara come se, anziche delinquenti comuni che , come
tali, meritano una giusta punizione , si trattasse di uomini da emulare ,
di esempi viventi di onestà e di purezza da difendere pubblicamente ,
perché vittime di ingiustizia altrui………………………………
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ANTIFASCISMO
INCHIESTE E CRONACHE IN PUGLIA E NEL SUD NEGLI ANNI 70
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