Archivio storico"Benedetto Petrone"
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8 marzo 1949
Quando la NATO fece naufragare la
festa della donna in Italia. Una ricerca di Antonio Camuso sulle
disposizioni ministeriali e prefettizie nel primo dopoguerra.
Il titolo sarebbe consono ad una fake news, ma a confermare come l’8 marzo fosse stato decretato, dai governi di unità antifascista e solidarietà nazionale ,come giornata da riconoscere festiva per le donne lavoratrici, almeno per il settore pubblico, lo attestano gli atti ufficiali depositati presso le prefetture d’Italia. Incredibilmente il primo 8 marzo festivo per disposizione ministeriale fu autorizzato ancora in regime luogotenenziale, nel 1946, con i Savoia in attesa del plebiscito tra Repubblica e Monarchia. In quel contesto i prefetti su comunicazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri , n° 61588/ 289555/3.3.3 inviarono apposite circolari affinchè tutte le donne dipendenti degli uffici pubblici fossero libere di lasciare il posto di lavoro per partecipare alle manifestazioni indette dall’UDI (Unione Donne Italiane) senza nessuna decurtazione di stipendio.
Dipendenti statali,
comunali, provinciali , come le impiegate ed operaie presso gli
stabilimenti ed arsenali militari, poterono per tre anni dal 1946 al
1948 riunirsi con il patrocinio del Governo e furono festeggiate dalla
classe politica italiana rappresentata dalla coalizione antifascista.
Le donne in quelle occasioni, preparavano mozioni e proposte
migliorative della loro condizione , consegnandole in delegazione
presso i prefetti d’Italia. A Fu Andreotti , il 7 marzo 1948, come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ad essere l’ultimo ad inviare alle prefetture l’autorizzazione a lasciare libere dal lavoro dalle ore 12 tutte le dipendenti pubbliche affinchè potessero partecipare alle manifestazioni unitarie per l’8 marzo.
Purtroppo si era ormai in
piena campagna elettorale,
caratterizzata da un durissimo scontro tra la Democrazia
Cristiana di De Gasperi, sollecitata dagli Stati uniti a rompere il
patto antifascista con le sinistre, dichiararsi filo-atlantista,
ricevendo in cambio aiuti economici e militari. La sconfitta delle
sinistre Unite( PCI-PSI) nelle elezioni del 1948, diede mano libera
alla DC e al blocco conservatore di avere quella maggioranza di
governo che pochi anni dopo autorizzò l’adesione dell’Italia alla
NATO, facendola piombare negli anni cupi della Guerra Fredda. Le manifestazioni delle donne italiane che in quegli anni chiedevano Pace per evitare il ripetersi degli orrori della seconda guerra mondiale in Europa, furono ritenute dai nuovi governi a guida DC come pericolose sovversive, anti-italiane, filo-russe e quindi da trattare come foriere di disturbo dell’ordine pubblico e come tali esser
trattate dalla polizia di Scelba.
Il
telegramma inviato dal ministro dell’Interno Scelba alle prefetture ,
il 4 marzo 1949, ( e ripetuto negli anni seguenti) parla chiaro:
“-
la festa della Donna
celebrantesi l’8 marzo a cui l’UDI e altre formazioni paracomuniste,
hanno richiesto il patrocinio della Presidenza della Repubblica è da
ritenere manifestazione di partito, come tale nessuna collaborazione
deve venire da organi istituzionali e si deve evitare qualunque
attentato alle libertà sui luoghi di lavoro
(ovvero
, perseguire gli scioperi in occasione dell’8 marzo e reprimere i
picchetti delle donne , fatti dinanzi a uffici e fabbriche
reclamanti la giornata semifestiva che
era in vigore sino all’anno prima) A 75 anni di distanza , non vi è segnale di
ripristino di quel riconoscimento nel godere pienamente questa festa,
conquistato anche con la partecipazione significativa delle donne alla
Resistenza,. E ancor oggi
il grido di “Pace! e smilitarizzazione dell’Europa intera!” , sono
quanto mai attuali con la
tragedia della guerra Russia –Ucraina.
ANTONIO CAMUSO ARCHIVIO STORICO BENEDETTO PETRONE archiviobpetrone at libero.it leggi anche La carta dei diritti della donna lavoratrice, presentata da comunisti e socialisti al congresso nazionale della CGIL Una ricerca di Antonio Camuso sulle lotte femminili nel primo dopoguerra.
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