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7 aprile 1979
Calogero
scatena la caccia contro l'Autonomia Operaia
PCI
e avvoltoi del movimento del 77 esultano.Le BR ringraziano
le
manifestazioni e i comunicati di protesta in Italia
manifestazioni
e comunicati di protesta in Puglia
Solo
a ricordare quella data , per chi c'era fa venire i brividi solo all'idea
che possa ripetersi un copione così macabro di aberrazione della
"democrazia borghese e sonno della ragione di tanti che si
qualificavano "riformisti, progressisti o -addirittura
-comunisti" tutti abbracciati appassionatamente a partecipare
idealmente o direttamente alla caccia all'autonomo pur di allontanare
l'incubo della presa di coscienza collettiva di un'intera società che
"la via obbligata al capitalismo" ben presto sarebbe stata solo
quella in pochi decenni ad una cocente delusione.
In
questa pagina inseriremo molti articoli, foto, cronache di allora, e
a cui speriamo che in molti collaborete a integrare. Abbiamo sin d'ora
ricevuto una collaborazione da compagni di Rivoluzione comunista (
che ringraziamo)di cui inseriamo uno stralcio relativo alla cronaca di
quei maledetti giorni.A breve integreremo con altro materiale proveniente
da altre aree di movimento
LA RETATA
Il 7 aprile 1979, agenti della DIGOS, polizia e carabinieri, effettuano
centinaia di perquisizioni in tutta Italia, arrestando, sulla base di 22
ordini di cattura firmati dal sostituto procuratore della Repubblica di
Padova Pietro Calogero, 15 esponenti di "Autonomia Operaia", e
cioè: Antonio Negri (a Milano); Oreste Scalzone, Emilio Vesce, Lauro
Zagato (a Roma); Ivo Galimberti, Luciano Ferrari Bravo, Carmela Di Rocco,
Giuseppe Nicotri, Paolo Benvegnù, Alisa Del Re, Sandro Serafini, Massimo
Tramonti (a Padova); Mario Dalmaviva (a Torino); Guido Bianchini (a
Ferrara); Marzio Sturaro (a Rovigo). Sono sfuggiti alla retata: Franco
Piperno, Pietro Despali, Roberto Ferrari Giambattista Marongiu, Gianfranco
Pancino, Giancarlo Balestrini, Gianni Boeto (o Domenico Gioia?). Gli
arrestati e i ricercati sono tutti professori, assistenti e studenti
universitari, giornalisti, ecc.
LE ACCUSE
Ecco i capi di imputazione formulati dal PM Calogero. Dodici degli
imputati sono incriminati "per aver... organizzato e diretto
un'associazione denominata 'Brigate Rosse' ... al fine di promuovere
l'insurrezione armata contro i poteri dello Stato e mutare violentemente
la Costituzione e le forme di governo sia mediante propaganda di azioni
armate contro persone e cose, sia mediante la predisposizione e la messa
in opera di rapimenti e sequestri di persona, omicidi e ferimenti e
danneggiamenti, di attentati contro istituzioni pubbliche e private".
Tutti gli imputati, per avere organizzato e diretto "Potere
Operaio" e "Autonomia Operaia" al fine "di sovvertire
violentemente gli ordinamenti costituiti dello Stato sia mediante la
propaganda e l'incitamento alla pratica cosiddetta dell'illegalità di
massa di varie forme di violenza e di lotta armata, espropri e
perquisizioni proletarie, incendi e danneggiamenti ai beni pubblici e
privati, rapimenti e sequestri di persona, pestaggi e ferimenti, attentati
a carceri, caserme, sedi di partito, associazioni e cosiddetti 'covi di
lavoro nero' sia mediante l'addestramento all'uso delle armi, munizioni,
esplosivi, ordigni incendiari e, infine, mediante il ricorso ad atti di
illegalità, di violenza e di attacco armato contro taluni degli
obbiettivi sopra precisati".
A sostegno di queste imputazioni, sempre secondo il PM Calogero:
"esistono sufficienti indizi di colpevolezza, desumibili: 1) dalla
copiosa documentazione sequestrata o acquisita soprattutto nelle parti in
cui esalta e si programma la lotta armata, si annunciano e si rivendicano
atti di violenza o attentati terroristici, si predispongono mezzi e
organizzazioni di tipo paramilitare, si promuove e si incita alla
insurrezione armata contro lo Stato; 2) dalle riviste Rosso e
Controinformazione, e di altri numerosi giornali e opuscoli, volantini e
scritti di evidente contenuto sovversivo; 3) dalle testimonianze assunte e
dalle risultanze delle indagini di polizia giudiziaria comprovanti sia la
natura, le modalità e i mezzi dell'attività criminosa svolta da ciascun
imputato, sia rapporti associativi intercorrenti tra l'uno e l'altro e il
comune disegno antigiuridico, sia infine la loro consumata e attuale
partecipazione in qualità di dirigenti e organizzatori ad associazioni
delittuose meglio configurate nei capi di imputazione".
Antonio Negri è colpito da un mandato di cattura emesso dal consigliere
di Roma, Achille Gallucci, basato - tra l'altro - sui seguenti punti: 1)
due rapporti, uno della DIGOS di Padova e l'altro della DIGOS di Roma; 2)
le "enunciazioni ideologiche" di Negri sarebbero
"sostanzialmente riprese" in documenti delle Brigate Rosse; 3)
la voce del telefonista delle BR che parlò con Eleonora Moro il 30/4/78
sarebbe quella di Negri.
Il procuratore della repubblica Aldo Fais ha dichiarato poco dopo gli
arresti: "Noi ci spingiamo verso la soluzione di un problema sociale
enorme, quale quello del terrorismo" (La Stampa, 10/4); e,
riferendosi agli arrestati, "Li teniamo saldamente in pugno"
(idem, 15/4). Il Presidente della repubblica Pertini, dal canto suo, il 10
ha telefonato a Fais e gli ha inviato un telegramma in cui afferma:
"facendo seguito alla mia telefonata, riconfermo piena solidarietà a
Lei e ai magistrati di Padova per la fermezza e il coraggio con cui stanno
agendo in difesa delle nostre istituzioni democratiche" (Panorama 24/
4).
Infine, il 15 l'istruttoria viene divisa in due tronconi: uno a Roma per
Negri, Nicotri, Scalzone, Zagato, Ferrari Bravo, Dalmaviva, Piperno,
Ferrari, Marongiu, Pacino e Balestrini, quali imputati di "banda
armata"; l'altro a Padova per tutti i restanti 10, per
"associazione sovversiva". Mentre scriviamo, giungono notizie di
altri arrestati a Firenze, Roma (12), ecc. L'operazione quindi continua.
LE REAZIONI
Ecco alcune delle più significative prese di posizione degli
"autonomi" sugli arresti dei loro esponenti. "Controlavoro",
foglio del "comitato proletario territoriale veneto", del 9,
sotto il titolo "È iniziata la campagna elettorale" afferma:
"L'operazione è frutto delle sempre più scoperte manovre di
avvicinamento democratico del PCI alle istituzioni ... Ciò che vogliono i
partiti ... è di evitare il terreno minato delle lotte organizzate sui
bisogni reali; sperano usando la repressione, che il dibattito e le lotte
aperte a livello nazionale su casa, energia, produzione di morte, servizi,
ecc. vengano congelate per lasciare il passo a lotte di difesa della
libertà e della incolumità dei compagni".
Sul volantone firmato "Per il Comunismo", diffuso a Padova l'11,
é scritto "Questi ciechi che si tengono per mano sono gli uomini che
si svelano di quel partito d'ordine che cerca di farsi avanti dentro la
crisi sociale e politica dell'assetto esistente... Ed è questo... l'unico
progetto credibile che la borghesia può praticare: la deriva autoritaria;
il braccio di ferro con la protesta sociale e la lotta rivendicativa di
interi settori proletari, le tecniche di annientamento contro le
avanguardie comuniste, la distruzione sistematica dei miti e delle
illusioni...". E conclude "Noi promettiamo... una risposta
intelligente, dispiegata, ragionata."
Nella mozione approvata dall'assemblea generale veneta con delegazioni
nazionali tenutasi a Padova l'11 l'operazione militare poliziesca viene
definita: "idiota, pericoloso tentativo di annientare fisicamente ed
organizzativamente le possibilità di processi rivoluzionari di
liberazione comunista dallo sfruttamento capitalistico", e conclude
lanciando: "una campagna politica di lotta, di informazione e di
sostegno di tutte le iniziative atte alla liberazione dei compagni
imprigionati. Propone un manifesto politico come piattaforma comune di
tutti i rivoluzionari di tutta l'autonomia operaia per la mobilitazione di
tutte le strutture proletarie, di tutti gli spezzoni organizzati fino alla
completa sconfitta delle iniziative del nemico di classe. Assume l'impegno
di determinate scadenze nazionali e generali per la ripresa degli spazi
politici, per il diritto dei comunisti di scendere in piazza come verifica
dei livelli determinati e raggiunti dalla campagna politica da questa
assemblea in poi".
Franco Piperno, infine, dalla latitanza invia una lettera all'Espresso
(15/4), in cui esclama: "Qui si tratta della possibilità stessa di
espressione politica (cioè di mediazione intelligente) da parte dei nuovi
strati sociali minoritari ma significativi che sono oltre l'etica del
lavoro - vero tarlo che rode lentamente l'assetto sociale vigente... Ad
una logica politica si sostituisce una logica di guerra". E conclude
con un appello: "Coloro che pur essendo nostri avversari si battono
contro il regime armonico DC-PCI devono venire allo scoperto... La nuova
sinistra, il partito radicale, magistratura democratica, Terracini,
Lombardi, Pannella, Rodotà, Rossanda, Pintor, Bocca vogliamo sapere da
che parte state".
A parte le prese di posizione summenzionate, ricordiamo le manifestazioni
di protesta attuate a Milano il 9, a Roma e Bologna il 10 (con scontri
violenti con la polizia che voleva impedirle), quella
"nazionale" a Padova l'11 ridotta ad assemblea per lo
spiegamento colossale di polizia e carabinieri, ecc. Sempre l'11, a Thiene,
tre elementi del "gruppo sociale" locale (legato all'Autonomia
padovana) muoiono per l'esplosione di un ordigno che stavano preparando:
sono Angelo Dal Santo, Maria Antonietta Berna, Alberto Graziani. È una
risposta tragicamente mancata, sulla linea del "livello di
fuoco". Vengono arrestati 5 loro compagni e altri 3 sono ricercati
L'archivio
Storico Benedetto Petrone contribuisce con materiali provenienti
dall'archivio dei fondi che sino ad ora ne fanno parte. Inseriamo
per primo, doverosamente per ricordare la triste vicenda di questi tre
giovani morti, spinti da un clima da dichiarazione di guerra contro
le avanguardie comuniste ad un gesto che oggi può sembrare ridicolo:
costruire un piccolo ordigno per l'ennesimo attentato dimostraticvo quando
dall'altra parte un'intero sistema repressivo, armato di tutto punto
e pronto a seppellire sotto secoli di carcere speciale un'intera
generazione di insorgenti.
La loro
vicenda , la loro morte si accomuna a quella dei giovani wheathermen morti
anch'essi alcuni anni prima , negli USA in una situazione simile. il
nostro augurio è di non rivedere mai più simili tragedie
nel volantino si legge :CI SON VITE
CHE PESANO UNA PIUMA E ALTRE CHE PESANO COME UNA MONTAGNA
Continueremo, nonostante tutto questo
grave lutto(sul quale non riterremo ammissibile nessuna volgare
speculazione), la lotta per realizzare quei comuni bisogni, aspirazioni ed
ideali che legavano la vita di questi compagni a noi e a migliaia di altri
comunisti e proletari
Firmato
tutto il movimento proletario comunista
12 aprile 1979
cip via 8 febbraio
Vi
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