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Osservatorio sui Balcani di Brindisi
ATTENZIONE! LA RIPRODUZIONE DI QUESTA PAGINA  VIOLA I DIRITTI D'AUTORE  Irpinia ribelle: le storie/18

Irpinia Storie

1956

 

 

Il mio primo giorno da minatore a Marcinelle.

Cavalli morti  fatti a pezzi a colpi d’ascia

Intervista  al montellese Gabriele Mocciolella

di Antonio Camuso

articolo completo su Il Monte n 2 -maggio agosto 2019

(VERSIONE RIDOTTA)

"...Il carbone non può aspettare i tempi della giustizia"

La   commissione d'inchiesta dopo il disastro tenne  20 sedute che si conclusero con il «Rapport d'Enquête» reso pubblico nel giugno del 1957.Il processo proseguì tra polemiche e veleni, ma il carbone non poteva aspettare e bisognava ripulire le gallerie per rimetterle in uso

“-Il primo giorno mi mandarono giù sottoterra  a 800 metri , con un belga, , e il  mio primo lavoro fu di liberare una galleria da una quindicina di carcasse dei cavalli  morti soffocati l'anno prima,  nel disastro del 1956, ...


In occasione dell'anniversario della strage di Minatori  a Marcinelle, pubblichiamo una versione ridotta dell'articolo apparso sulla rivista "Il Monte" nel 2019 e scaturita dall'intervista del montellese Gabriele Mocciolella a me concessa in esclusiva quando  eravamo in piena campagna anti-migranti da parte del  governo Lega-5stelle, tra politiche di porti chiusi, sgomberi di baraccopoli e criminalizzazione della figura del migrante. Purtroppo qualche anno fa Gabriele è deceduto ma ci ha lasciato questa bellissima testimonianza di umanità

ANTONIO CAMUSO  8 AGOSTO 2023


Sogni  di rivoluzione sommersi dal carbone

"- Quell’anno, nel 1957 partimmo da Montella  in parecchi, giovanissimi per il Belgio. Ricordo che c’era Alfonso Carbone della Serra e Garofalo. Alcuni di noi, me compreso,  erano iscritti alla FGCI (federazione giovanile comunista)  perché qui si vedeva tanta miseria e speravamo in una rivoluzione che potesse cambiare la società, e partimmo con quelle idee per il Belgio, ma ben presto quei sogni furono soffocati dallo stesso carbone che ci chiudeva i polmoni  quotidianamente. Abbiamo stretto i denti, pensato alle famiglie, sacrificandoci per i nostri figli. Ho trovato conforto nella lettura della Bibbia, convertendomi ai Testimoni di Geova, ma ancor oggi provo disgusto quando vedo l’ingiustizia e quando chi, pur professandosi cristiano si comporta male contro  altri esseri umani, per esempio  i migranti”-

Braccia contro carbone, il contributo dei meridionali alla rinascita del Nord industriale.

L’Italia del dopoguerra,  appariva sul baratro della guerra civile, con una rete ferroviaria  distrutta, i porti fatti a pezzi dai bombardamenti, le industrie chiuse per mancanza di materie prime , mentre  dai campi non si riusciva a produrre grano in quantità da sfamare la popolazione. Il Governo italiano, il 23 giugno 1946,  appena venti giorni dopo la proclamazione della Repubblica,  stilava un accordo con alcuni Paesi, in particolare Francia e Belgio, affinchè molti dei disoccupati italiani  che manifestavano  nelle piazze con le pance vuote , potessero emigrare,  riducendo  la tensione sociale  e  ricevendo,  in cambio del loro lavoro nei mestieri più pericolosi,  le materie prime necessarie per  le industrie dell’acciaio  e dell’energia , del Nord Italia.  Si stipulò che per ogni immigrato che lavorava in miniera , partissero per l’Italia  200 chili di carbone al giorno, dirette agli altoforni e  alle centrali elettriche del Nord- Italia. Poco importava  ai nostri governi, se  quel carbone che sporcava le facce e le mani dei mineurs  italiani entrasse  anche nei  loro  polmoni, causando  gravi danni alla loro salute , l’importante era che l’Italia ripartisse  e non cadesse preda di arruffa-popoli socialisteggianti e bolscevichi pro- Stalin. La coscienza collettiva nazionale dovette attendere   quel tragico 8 agosto 1956,  quando, nella miniera Bois du Cazier  a Marcinelle, in un pozzo a 800 metri di profondità ,scoppiò un incendio che provocò  la morte di 262 persone, di cui 136 immigrati  italiani quasi tutti meridionali o abruzzesi.Il  caso volle  che in turno  non vi fossero montellesi , nonostante che in molti, tra cui il fratello di Gabriele,  fossero lì  impiegati da anni.

Nonostante la notizia di quell’orrore e  di come Marcinelle significasse morte, lacrime e sangue,  per dare un tozzo di pane ai propri figli, da Montella si continuò  a partire per quella destinazione

Cavalli morti  fatti a pezzi a colpi d’ascia

Il mio primo giorno in miniera a fare il becchino…

“- Sono partito da Montella nel luglio del 1957, il giorno del primo compleanno di mia figlia, facendo un debito di trentamila lire.Era triste la vita per noi giovani disoccupati: si andava a garzoni presso qualche  artigiano, per imparare un mestiere, senza retribuzione, o peggio a guardare porci , pecore e capre, per ricevere un po’ di formaggio, latte  o un po’ di castagne o granturco, ma soldi nulla.

Io sono arrivato in Belgio in un periodo particolare, quando  erano stati imposti dei limiti all’immigrazione , e li ho aggirati “illegalmente”  con un visto turistico,  Siccome mio fratello lavorava da anni a Marcinelle , è riuscito a farmi assumere. Il primo giorno  che sono sceso giù mio fratello piangeva accompagnandomi all’ascensore. Io non capivo e l’ho rimproverato:<<Come! hai fatto tanto per trovarmi  lavoro, ed ora piangi? Ma sei stupido! Dovresti essere contento!>>-  Ma lui sapeva  cosa era la vita in miniera…"- 

Il povero Gabriele a decine di anni di distanza ancor oggi accenna ad un moto di disgusto, accompagnato da una sorta  di richiesta di comprensione di come lui fosse stato costretto  a chinare il capo, pur di dare il pane a moglie efiglia , e dar loro una casa in Belgio

 Resistere in miniera per ricongiungere la famiglia

"Conoscere il meccanismo della circolazione forzata dell’aria in miniera,  era vitale per chi vi lavorava ed io ne ebbi una  importante lezione proprio il mio primo giorno di lavoro: il belga che era stato inviato con me ad addestrarmi e controllare come lavoravo, quando vide che io incominciavo a dar di stomaco dal puzzo nauseabondo che fuoriusciva dalle carcasse smembrate, impietosito mi insegnò come stare a monte di esse, con l’aria fresca che entrava alle mie spalle  mentre  i miasmi venivano  convogliati verso l’alto del pozzo di circolazione. Fu così che riuscii a resistere e  ben presto ricevetti un alloggio in affitto  di proprietà della miniera e feci venire in Belgio la mia famiglia”-

Foto di gruppo di minatori montellesi

“-Questo articolo di giornale (Messaggero di sant’Antonio n1 gennaio 2006) l’ho incorniciato perché in questa foto vi sono raffigurati alcuni montellesi, tra cui mio fratello Salvatore Mocciolella nato nel 1927.Lo vedi? Qui con i baffetti alle spalle di Domenico Chiaradonna , mentre in basso al centro  è Gramaglia il cui figlio Romolo  laureatosi  lavora nel campo dei brevetti per la farmaceutica  europea. Poi ci sono  Salvatore Di Salvo,Gabriele Gambone, Giuseppe de Stefano.

ANTONIO CAMUSO

archiviobpetrone at libero.it

EDIZIONE RIDOTTA E CORRETTA 8 AGOSTO 2023