Archivio storico"Benedetto Petrone"
|
|||||||
Giovanni Palatucci , tra mito e realtà storica. Nessun eroe solitario, ma reti internazionali di assistenza, contraddizioni nell'apparato statale fascista e tanto....Restiamo umani. di Antonio Camuso Archivio Storico Benedetto Petrone pagina aggiornata il 23 gennaio 2024, in occasione della giornata della Memoria 2024 Rielaborazione di un articolo di Antonio Camuso , pubblicato il 25 gennaio 2022 sul Quotidiano del Sud, Corriere dell'Irpinia, nelle pagine della Cultura,
Il grazie e la sintesi, di Antonio Camuso. Brindisi, 25 gennaio 2024 Da origini montellesi e da ricercatore storico, ringrazio la redazione Irpina del Quotidiano del Sud, diretta da Gianni Festa, ed in particolare la gentile e sempre disponibile Floriana Guerriero, per aver ospitato questo mio contributo di approfondimento sulla vicenda di Giovanni Palatucci. Un doppio grazie , poichè la città in cui risiedo, Brindisi, ha la Questura intitolata a Giovanni Palatucci e nel cui ingresso principale spicca una grande targa a lui dedicata.
Per chi non avesse potuto acquistare due anni fa l’edizione del Quotidiano del Sud/edizione Irpina del 25 gennaio 2022 , in occasione della giornata della Memoria 2024, abbiamo inserito il testo della ricerca a fondo pagina, ed inserendo in anteprima la sintesi delle tesi esposte nell'articolo. ...Fu la vittoria dell’Umanità, ciò che prevalse in lui e in tanti, spesso sconosciuti civili, militari, funzionari di polizia, religiosi che contribuirono in una grande catena di solidarietà a salvare tantissime vite umane perseguitate per motivi religiosi o politici da quel diabolico buco nero che fu l’Olocausto...
La prima tesi sfata il mito della non conoscenza di Palatucci del “problema ebraico” prima del suo arrivo a Fiume. Non è vero, poiché Palatucci, da universitario a Torino , ebbe modo di conoscerlo, grazie alla presenza , lì, di decine di studenti ebrei profughi dalle persecuzioni antisemite scatenetesi negli anni 20 e 30 nei paesi dell’Europa centroOrientale ed ospiti in centinaia presso le università italiane. La seconda tesi è collegata alla prima , ovvero, l’Italia del Ventennio e sino al 1938 fu, non solo inclusiva con la presenza in tutti i settori, anche di più alto livello nelle istituzioni, di italiani di fede israelita, ma addirittura , anche dopo il 1938 , tra contraddizioni e paradossi, permise il passaggio, l’ospitalità ed addirittura la fuga per altre destinazioni di ebrei perseguitati dai fascismi europei e dal nazismo. Grazie ad una interazione tra associazioni filantropiche ebraiche internazionali, che operarono legalmente sino all’8 settembre del 1943 si potettero aiutare migliaia di ebrei migranti /profughi. All’interno di queste contraddizioni e paradossi delle leggi approvate dallo stesso Partito Fascista, sino al 1940, grazie alle compagnie di navigazione di stanza a Trieste, migliaia di ebrei potettero imbarcarsi per i “porti sicuri” del Medio-oriente, Estremo Oriente (Shanghai) e da lì l’Australia. La terza tesi conseguente alla seconda, sfata il mito dell'eroe solitario, ridimensionandone il ruolo e l'apporto personale al salvataggio degli ebrei provenienti dal confine orientale, ove vi fu commistione tra collaudate reti di assistenza, contraddizioni nell'apparato statale fascista e tanta umanità. Il ruolo del funzionario di polizia Giovanni Palatucci a Fiume fu quello di sapersi giostrare tra queste contraddizioni, e interagire con una rete di solidarietà collaudata da decenni. Grazie a uomini come lui , come i tanti militari italiani che, nei territori occupati del confine Dalmato-croato, non seppero voltare la testa dinanzi alle persecuzioni dei fascisti croati Ustascia alleati delle SS. Grazie ad essi circa 4000 ebrei presenti in quei luoghi riuscirono a salvarsi, una eccezione dal grande valore storico e d umano, a fronte delle decine di migliaia di ebrei croati e centinaia di migliaia di ebrei yugoslavi, greci ed altrettanti zingari che finirono nelle camere a gas. Antonio Camuso Archivio Storico Benedetto Petrone Giornata della Memoria 2022 IL TESTO Attenzione: il testo che segue è soggetto a copyright e qualunque utilizzo va autorizzato dall'autore su richiesta con mail: archiviobpetrone at libero.it (ove at = @) Palatucci, eroe solitario o anello di una catena di solidarietà umana?di
Antonio Camuso( Archivio Storico Benedetto Petrone)
Premessa
Il “giusto”Giovanni
Palatucci (Montella 31/5/1909 , Dachau
10/2/1945)è celebrato come simbolo di riscatto del popolo italiano
dall’infamia delle leggi razziali, ma è anche orgoglio dell’Irpinia e del
suo paese natale , Montella. L’attenzione dei media, per il “Giusto”
Palatucci, in questi anni è andata crescendo, nonostante i dubbi di alcuni
storici, sull’effettivo numero degli ebrei da lui salvati e sulle reali
motivazioni per le quali egli fu arrestato dai nazisti e deportato
(spionaggio in favore degli inglesi).
Il mio approfondimento
vuol
fare chiarezza sul contesto in cui si svolse l’opera in favore degli
ebrei, del commissario Palatucci, proponendo, non la figura “ dell’eroe
solitario”, bensì quella, ugualmente positiva, dell’uomo capace di
lavorare in squadra, sfruttando le circostanze contingenti,
e
che mise in
discussione le proprie certezze e doveri
di funzionario del Regime Fascista che
aveva promulgato le leggi razziali, e poi di una Repubblica Sociale
asservita alla Germania Nazista.
Interrogarsi per conoscere…
La “narrazione” corrente che
descrive
un
Palatucci che scopre il “problema ebraico” al suo arrivo nella questura di
Fiume, in piene leggi razziali, è sicuramente errata per i seguenti
motivi.
Il primo motivo
è che
il montellese
Giovanni Palatucci aveva già conosciuto
durante gli studi universitari le ricadute nefaste
dell’antisemitismo, quando nel 1928,
proveniente dall’Università di Napoli, si trasferì a Torino,
ove conseguì la laurea in giurisprudenza
nel 1932.
Presso quest’antica Università, numerosi erano i docenti di origini
ebraiche, come molti studenti, non solo italiani, che la frequentavano;
tra essi tanti in fuga dagli Stati europei dove dilagava l’antisemitismo.
Dinanzi a dati inconfutabili, dobbiamo
ammettere come l’Italia Fascista, che dal balcone di Piazza Venezia
sputava veleno sulle democrazie plutocrato/massoniche, per quasi tutto il
Ventennio, fu per gli ebrei dell’Europa Centro-Orientale, il porto sicuro
da raggiungere, nella loro fuga da persecuzioni, progrom, violenze.
Gli ebrei d’Italia nel 1924- Levi Minzi, responsabile del Comitato di
Assistenza per i profughi ebrei- Almanacco Italiano 1925 (Archivio storico
Benedetto Petrone, fondo Marisa Cione, Bagnoli Irpino.):
-
L’attività migliore degli ebrei italiani negli ultimi mesi è stata quella
del Comitato di Assistenza agli Emigranti Ebrei, in unione con numerosi
professori universitari o con l'appoggio dei Senati Accademici delle
diverse Università, per attrarre alle sedi di studio italiane i migliori
studenli ebrei dell'estero e in special modo quelli dei paesi …dove
infierisce l'antisemitismo scolastico: Polonia, Ungheria, Rumenia. Gli
studenti ebrei stranieri che frequentarono nel decorso anno scolastico le
Università e gli Istituti di Studi Superiori italiani furono oltre 400 e
nel maggior numero vennero da essi frequentate le università di Padova,
Firenze, Milano, Torino,
Pavia:
Un’attività
di accoglienza nel territorio Piemontese e presso quell’Università di
Torino che proseguì successivamente
come illustra
Barbara Costamagna, nel suo
Saggio scientifico per l’Università di Torino (2004): “I profughi ebrei
jugoslavi in Piemonte 1941-42."
“…Fra
il 1931 e il 1938 la presenza di ebrei stranieri in Italia aumentò
particolarmente, passando dal 12% al 21,5% sul totale degli ebrei
residenti … e tra essi circa 400 giovani studenti….
Negli
anni Trenta crebbe significativamente la presenza di ebrei provenienti dai
paesi del centro ed est Europa, fino a raggiungere il 45% degli ebrei
stranieri residenti… Nel 1938 gli ebrei emigrati in Italia dai domini
nazisti erano stimabili su una cifra che oscillava tra i 4000 e i 4200
individui”.
E’
sconcertante apprendere come l’Italia fascista fosse capace di attrarre
nelle sue Università i migliori studenti di mezzo Continente, per di più
ebrei migranti, quando oggi nel 2022 non riesce a frenare la fuga dei
nostri giovani cervelli all’Estero...
Il secondo motivo
dell’avversione di Palatucci all’antisemitismo proveniva dall’essere
un
servitore
in divisa dello Stato Italiano che ,
sino al 1938, aveva una presenza significativa di ebrei
nelle Forze Armate e di Polizia,e dalle
quali ne furono espulsi
a causa
delle
leggi razziali;
Possiamo immaginare lo sconcerto del
commissario Palatucci
e
di
tanti militari di carriera,
nell’apprendere, nel 1938,
come
molti dei loro colleghi in divisa o ex compagni di studi universitari,
avrebbero perso il lavoro, la divisa, la professione a causa di leggi
spudoratamente ingiuste.
La presenza ebraica nelle Forze armate Italiane
Giovanni
Cecini nel suo libro “I soldati
ebrei di Mussolini”, cita:
In
Africa orientale la presenza di volontari fascisti di origine ebraica che
parteciparono alla guerra di aggressione all’Etiopia , (1935-36) fu tanto
elevata che fu attivato tra le truppe il servizio di rabbinato militare…
”Per
circa 60 generali e oltre seimila ufficiali e sottufficiali italiani di
origini ebraiche fu un’amara sorpresa il famigerato Regio decreto legge n
1728 del 17 novembre 1938
e
il successivo Regio Decreto Legge n 2111 del 22 dicembre 1938
che
diedero le disposizioni della messa in congedo assoluto (di fatto una
radiazione immediata) del personale militare delle forze armate di razza
ebraica dall’1 gennaio 1939…
L’europa dei nazionalismi e dei progroms, e l’Ialia solidale del primo
‘900.
L’Europa nata dopo il primo conflitto modiale,
fu quella delle “Patrie” , dei nazionalismi, dei regimi autoritari e delle
pulizie etnico-religiose. Dall’ ultracattolica Polonia, impossessatasi di
ampi territori dell’eximpero russo abitati da centinaia di migliaia di
ebrei , all’Ungheria del dittatore Horty , che aveva represso nel sangue
la repubblica socialista di Bela Kun, massacrando 5000 dei suoi
sostenitori tra cui moltissimi ebrei, sino alla Romania di re Carol e di
Antonescu, l’ondata di antisemitismo provocò persecuzioni e progrom.
Conseguente fu un crescente flusso migratorio verso gli Stati che si
affacciavano sul Mediterraneo , come Francia e Italia, per fuggire da un
vecchio
Continente ammalato di antisemitismo.
Paradossalmente,
dagli anni 20, l’Italia Fascista della marcia su Roma e di Mussolini, per
le popolazioni ebraiche perseguitate del Centro-Europa, divenne la meta
agognata da raggiungere a tutti i costi, prima tappa per un viaggio oltre
Oceano o, per una minoranza sionista, verso le prime colonie ebraiche in
Palestina.
La
migrazione ebraica 1880-1930 e il ruolo delle associazioni filantropiche.
Dopo la IGM, e la crisi economica che coinvolse
vinti e vincitori, gli Stati Uniti preoccupati dalle conseguenze per
l’arrivo di nuovi disoccupati, emisero nel 1921, e poi nel 1924 due leggi
restrittive che di fatto bloccarono il flusso migratorio ebraico verso gli
USA.
Migliaia gli ebrei emigranti
rimasti
bloccati furono assistiti dalla carità pubblica
dei paesi che li avevano accolti o
dall’aiuto di associazione filantropiche ebraiche come
la J.CA. (Jewish Colonisation
Association)
impegnate a trovar loro destinazioni
alternative : Canada,
America del Sud, Africa, Estremo
Oriente, Palestina. Solo tra
il
1919
e il 1927,
ben
mezzo milione di ebrei lasciarono l’Europa per queste destinazioni
e
tra essi molte migliaia s’imbarcarono
dai porti di Trieste, Genova e Napoli. Un flusso che negli anni 30, con
l’avvento del nazismo, incluse ebrei dalla Germania , Austria
e Cecoslovacchia.
Le Società di Navigazione italiane, e in
particolare
quella dei
fratelli Cosulich (Lloyd
Triestino, poi Lloyd Adriatico), colsero al volo l’occasione,
ingrandendo e modernizzando la loro linea di navi,
con
rotte che e
tappe finalizzate allo sbarco dei migranti ebrei, spesso muniti solo di
visto turistico o di passaporti
provvisori.
Il fascismo filo-ebraico triestino
Trieste, sin dall’inizio degli anni 20,
fu sede del
Comitato per l’Assistenza degli
emigranti ebrei in Italia (Comasebit). L'assistenza fornita riguardava
consulenze sui paesi di destinazione e opportunità di lavoro, aiuti per
ottenere visti e passaggi, prezzi scontati dei biglietti e soprattutto
gestione dei contatti con le autorità locali.
Per chi immagina il regime
e il partito Fascista come un blocco
granitico, rimarrà sorpreso nel sapere che”
il
proprietario del Lloyd Triestino, Guido Cosulich, che
finanziava
la stampa del secondo giornale fascista d'Italia, ” Il Popolo di Trieste”,
come le spese della redazione e copriva le
spese
dei fascisti
dell'entourage di Francesco Giunti,(
Rese
Robert Moehrle Fascismo, antislavismo e antisemitismo:rapporti dei consoli
tedeschi a Trieste 1919-1945)
,
contemporaneamente
si prodigasse nei confronti dei profughi
ebrei dell’Europa dell’Est,
mettendo
gratuitamente a loro disposizione
locali di sua proprietà
e sulle sue navi
allestiva
cucine , mense e cabine che
rispettassero le rigide osservanze
ebraiche. (
relazione attività Comasebit
Trieste, anni 1921-1927, Biblioteca Uni Trieste)
Da metà anni 20 e sino al 1940 ,dai porti di Genova, Napoli , Trieste ,
facendo tappa al porto di Brindisi,
dove il sottoscritto risiede,
si partiva per i porti del
Medio-Oriente,
e
attraversato il canale di Suez si raggiungeva
Shanghai, e la sua comunità ebraica.
Nel suo recente libro
“Gli ebrei a Shanghai “, Elisa
Giunipero spiega come l’emigrazione ebraica, in particolare quella
tedesca, austriaca e cecoslovacca continuò
verso Shanghai, sino al
1941, anche su navi neutrali, fino a contare la cifra di 18.000
migranti/profughi presenti al momento della occupazione giapponese,
non
calcolando quelli già trasferitisi in Australia. Anche a Shanghai la
Storia volle giocare con il paradosso poiché
i
giapponesi resistettero alle pressioni naziste e quella comunità ebraica
si salvò dall’Olocausto.
La rete di solidarietà creata da militari e poliziotti italiani per
salvare gli ebrei jugoslavi.
Quanti furono gli ebrei salvati sul confine Orientale e fu solo opera del
Palatucci?
Per
comprendere come alcune migliaia di ebrei riuscirono a porsi in salvo
dalle SS naziste e dagli Ustascia croati , loro alleati , riuscendo a
raggiungere l’Italia attraverso il confine Orientale,
ritengo
che vadano analizzate le disposizioni, spesso contradditorie, emesse dal
Fascismo sulle
questioni razziali e migratorie e a cui
i
funzionari, come il nostro eroe, si attennero formalmente.
Fiume
1937-1939
Dal 1937 e sino al 19 agosto 1939, nulla ostava
il transito di emigranti ebrei nel territorio italiano, in particolar modo
se provvisti di passaporto o visto per l’espatrio dai paesi di origine e
ancor più se muniti di biglietto di imbarco dai porti italiani. In quegli
anni
l’emigrazione ebraica verso l’Italia,
passava quasi tutta dal Brennero , dirigendosi verso i porti di Trieste,
Napoli e Genova. Ben pochi erano coloro che transitavano per Fiume ed in
ogni
caso, l’attività dell’Ufficio stranieri di Fiume fu conforme
alle disposizioni ricevute dall’alto. Ad
agevolare questo lavoro la presenza dei fiduciari
del
Comasebit, ebrei del luogo, di
poliziotti
locali e,
dal
novembre ‘37,
di un Palatucci dall’esperienza
multiculturale ,di studente, nell’Università di Torino.
Fiume 1939-
aprile 1941
Fatta la legge trovato l’inganno, ovvero il miracolo della banconota
verde.
Con l’entrata in vigore delle leggi razziali,
la
migrazione ebraica verso il nostro paese si sarebbe
dovuta
arrestare e con essa la fiorente attività delle Compagnie di Navigazione
Italiane e dell’intero indotto , compresi gli hotel, le pensioni,le case
prese in affitto e pagate quasi sempre
in marchi tedeschi o in dollari. La banconota verde fu determinante
ad
ammorbidire i gerarchi
fascisti e
nel modificare le rigide disposizioni antisemite del’38 , facendo sì che,
soppresso
il Comasebit in data
29 agosto 1939, esso fosse
sostituito ad ottobre1939, da
un nuovo Comitato , dai connotati internazionali e garantito in gran parte
dai dollari americani delle associazioni filantropiche ebraiche e
sioniste.
Nasceva la
Delegazione Assistenza Emigrati
Ebrei (Delasem), con l'appoggio economico e organizzativo di
organizzazioni ebraiche internazionali, come
Y American Joint Distribution Commitee e la
HIAS (Hebrew Sheltering and ImmigrantAid Society). Grazie ai maggiori
finanziamenti triangolati con la collaborazione della Svizzera,
la
Delasem si occupò anche della distribuzione di buoni pasto, della
ricerca di alloggi, di sussidi per gli affitti, di offerta di cure
mediche, attività che continuò sino al 1943, quando con l’occupazione
nazista dovette entrare in clandestinità, ma il flusso di aiuti in denaro
non si arrestò , grazie all’intermediazione dei prelati cattolici, che
sostituirono i delegati ebrei catturati, deportati o costretti alla fuga
in Svizzera.
Possiamo ritenere che
anche
a Fiume, sino all’8 settembre 1943,
valesse
il tacito
accordo tra governo italiano
e
l’ebraica Delasem,
sul chiudere un occhio sull’arrivo di
migranti ebrei, purchè autosufficienti , intenzionati ad allontanarsi al
più presto dal nostro paese, e la cui assistenza
ricadesse sulla
Delasem e non sull’Italia.
Purtroppo l’uragano bellico
nell’aprile del 1941 giunse ai nostri
confini orientali con l’invasione del regno Jugoslavo da parte della
Germania, Italia ed Ungheria e le cose si complicarono.
Croazia
1941-43
In Croazia , dalla primavera del 1941, le
violenze perpetrate dalle milizie Ustascia del cattolicissimo
Ante
Pavelic,nei confronti di serbi e di ebrei,
si
tramutarono in una vera e propria pulizia etnica a cui i soldati italiani
occupanti furono spesso testimoni.
Ebrei
croati protetti dai soldati dell’Italia fascista delle leggi razziali.
Agli
ebrei di Karlovac fu imposto dai croati di accogliere nelle proprie case,
e servire da domestici, gli ufficiali italiani, compreso il generale
Ambrosio, replicando l’esempio di Mostar e Zagabria dove gli Ustascia
avevano schiavizzato immediatamente le famiglie ebree. Paradossalmente a
Karlovac questa misura apparentemente umiliante per gli ebrei, fu per essi
una benedizione, poiché il
generale Ambrosio li ritenne sotto la
protezione dello Stato e dell’Esercito Italiano. Con molti di essi/e, di
origini veneziane e di lingua italiana, intrecciarono Molti di essi
parlavano la nostra lingua, avendo origini veneziane
e
nelle località balneari occupate dagli italiani si intrecciarono, tra i
soldati italiani e le donne ebree, storie di amicizia e di amore.
Il professore israeliano, ex profugo croato,
Menachem Shelah, salvato dai militari italiani, nel suo libro -Un
debito di gratitudine.
Storia dei rapporti tra esercito Italiano ed ebrei in Dalmazia1941-43
Edizioni Stato Maggiore Difesa 2009 -scrive:
”-… In questo suo messaggio, diretto al Comando Superiore
FF.AA.Slovenia-Dalmazia- (2a Armata). Ufficio Affari Civili, e redatto il
15 maggio 1942, il generale Coturri comunica:-Mi risulta di una certa
promiscuità di ufficiali e sottufficiali italiani con elementi
appartenenti alla razza ebraica, e anche certa comunanza con donne
ebraiche, in luoghi pubblici, e ai bagni di sole e di mare. Questo
contegno si scosta dalle direttive razziali, e va modificato-….
Fortunatamente ben pochi ufficiali accettarono di adeguarsi a questa
direttiva, compreso lo stesso generale Roatta,
inflessibile
nella lotta contro i partigiani slavi di Tito.”.
Gli Ustascia croati di religione cattolica,
forti dell’appoggio nazista, aumentarono le violenze contro ebrei e altre
etnie, che da Zagabria e altre località croate cercarono scampo presso i
paesi occupati dai militari italiani. La risposta alla pulizia etnica
scatenata dai croati fu la nascita del forte movimento partigiano
comandato da Tito. Nel dicembre 1941, Ante Pavelic, leader degli ustascia
dichiarava a Ciano di aver risolto la situazione degli ebrei nella stato
indipendente Croato, poichè da 35.000 si erano ridotti a 12.000 facendoli
“emigrare”…nei lager nazisti.
E’ con il termine “emigrato”
che i croati comunicano all’ufficio stranieri di Fiume, e al suo
responsabile il commissario Palatucci, la posizione del signor Weiss,
marito della signora
Mika Eisler
(al secolo Maria),
non a caso della comunità ebraica di Karlovac.
Com’è
noto la signora
Mika
Maria Eisler
godendo della protezione e, forse, dell’affetto del Palatucci riuscì
grazie a lui a espatriare in Svizzera.
Il salvataggio coniugi Conforty
A quel periodo risale il salvataggio dei
coniugi ebrei Conforty, di Zagabria, grazie all’interessamento del
colonnello Antonio Bertone che ottiene, poi a Fiume, da Palatucci il
permesso di soggiorno per entrambi confermando l’esistenza a Fiume , nel
come
a Fiume nel 1941 di una rete di assistenza che procurava documenti falsi
per gli ebrei in fuga, e
si
avvaleva della benevola complicità del Commissario Palatucci.
“-…Nino
(il colonnello Antonio Bertone), organizza il trasferimento clandestino
dei miei genitori in treno per I’ Italia. Egli personalmente li sistema in
uno scompartimento di II classe, fa abbassare le tendine e mette due
soldati dell'Esercito italiano (uomini di sua fiducia) nel corridoio
davanti alla porta dello scompartimento per impedire il controllo della
famigerata polizia Ustascia. Giunti alla stazione di Fiume (allora
Italia), il colonnello Bertone si attiva subito per procurare documenti
italiani per i miei, che altrimenti sarebbero stati immediatamente
rimpatriati dalla polizia italiana della stazione. E verso sera li
accompagna in questura e li presenta al commissario Giovanni Palatucci.
Evidentemente il colonnello conosceva bene questo personaggio, allora capo
dell'ufficio stranieri, …Mamma e papà passano la notte ospitati nella
soffitta della questura e l'indomani mattina ottengono il permesso di
soggiorno. Nove mesi dopo, nell’agosto 1942, si trasferirono in Piemonte.
La Torino degli studi universitari di Palatucci e dell’accoglienza verso
gli ebrei. Quest’ultima
parte della testimonianza contiene l’indizio per svelare il dilemma che ha
diviso gli storici sull’opera di Palatucci: ovvero quanti furono e dove
essi effettivamente si rifugiarono.
Purtroppo il testardo campanilistico
convincimento che tutti gli ebrei fuggiti attraverso il confine orientale
tra il 1941 e il 1943 fossero opera del solo Palatucci e che ad ospitarli
“ in todo” fosse stato suo zio Vescovo a
Campagna ha creato
solo
confusione e disorientamento.
L’illuminante risposta giunge dai superstiti
archivi dell’Associazione di Assistenza ebraica in Italia, di quel
periodo, la Delasem. Il
trasferimento e il salvataggio di alcune migliaia di ebrei, attraverso il
nostro confine orientale, Fiume compresa, fu grazie ad una rete di
solidarietà diffusa.
Grazie
al lavoro di ricerca di Barbara
Costamagna per l’università di Torino, (la stessa dove si laureò in
legge il giovane Palatucci), scopriamo che fu proprio il Piemonte la meta
degli ebrei in fuga dalla Jugoslavia, mentre solo un numero limitato fu
inviato nell’unico grande campo di internamento, quello
di Ferramonti Tarsia, in Calabria, che ospitava 2000 internati.
“-…
A Torino
la Delasem si prese cura dei profughi presenti in Piemonte e in altre zone
d'Italia. La sua gestione fu affidata al professore Giulio Bemporad,
professore di matematica e direttore dell'osservatorio astronomico di Pino
Torinese….
…Morpurgo, consigliere del Comitato Italiano di Assistenza agli Emigranti
Ebrei di Trieste, recatosi nella exJugoslavia, prese tutti i contatti
necessari con i profughi e con le autorità civili e militari locali, al
fine di creare una rete utile alla distribuzione di soccorso in loco e
permettere agli ebrei che lo desiderassero di essere internati in Italia,
lontano dalle brutture tedesche. Già nell'estate del 1941 furono
organizzati i primi trasporti di profughi verso l'Italia. Gli arrivi
continuarono fino al 1943, e furono diretti verso i campi e i comuni di
internamento ….l’accoglienza in Piemonte è stata fatta in maniera
capillare su tutto il teritorio, collocando famiglie o singoli in
pensioni, alberghi, località exturistiche e case di privati in affitto dal
1941 a oggi (inizi 1943) sono giunti nelle zone di nostra competenza 3250
profughi ebrei provenienti dai territori della exJugoslavia …. compresi
500 profughi trasferiti in Croazia da Spalato per ordine del Governo della
Dalmazia di Zara. Il numero complessivo dei profughi ebrei censiti e
assistiti dalla Delasem in Italia è 9800.
Il paradosso del lager italiano nell’isola di Arbe.
Questa relazione ritrovata nell’Archivio
Delasem, fa definitivamente chiarezza sull’ammontare di profughi ebrei
che, varcando il nostro confine orientale, comprensivo di Fiume, si
rifugiarono in Italia negli anni eroici di Palatucci, per un totale che si
avvicina ai 4500 profughi
provenienti dalla exJugoslavia (compresi tedeschi, cechi, ungheresi che lì
avevano trovato rifugio prima dell’invasione nazifascista del 1941),
poiché ai 3250 della relazione
della Delasem vanno aggiunti
un migliaio in gran parte provenienti dal campo di autointernamento
dell’Isola di Arbe, dove
ebbero un trattamento migliore rispetto
alle famiglie slave lì imprigionate, perché ritenute fiancheggiatrici dei
partigiani. Questi
mille ebrei, dopo l’8 settembre ’43, prima dell’arrivo delle SS, furono
aiutati dai militari italiani a rifugiarsi in Italia.
3000
ebrei furono salvati dai partigiani comunisti di Tito che li trasferirono
sulla costa . Solo 300 anziani e malati caddero nelle mani naziste e
sterminati.
archiviobpetrone at libero.it |
|