Archivio storico"Benedetto Petrone"
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Lo strano caso dell’incendio all’ufficio postale di Napoli-Porto, nel gennaio 1947. Ovvero come Filatelia e ricerca archivistica possono risolvere un giallo, svelando un retroscena di sfruttamento in odor di camorra. di Antonio Camuso Premessa: In attesa del 75esimo di quel 2 giugno 1946 quando il popolo italiano scelse la Repubblica e iniziò il cammino per darsi una Costituzione che sancisse ’uguaglianza di diritti e doveri di ogni cittadino , l’Archivio Storico Benedetto Petrone durante questo 2021, curerà nel suo sito una serie di pagine dedicate a quei primi passi dell’Italia del dopoguerra, invitando i lettori a contributi e suggerimenti. In questo caso ciò è avvenuto con gli amici del circolo filatelico di Bergamo, una città duramente colpita dal Covid-19, ma non doma. Una città che più di tutte ha dato il suo contributo di volontari nelle imprese garibaldine volte all’unificazione del nostro Paese e di cui quest’anno ricorre il 160 esimo. Le lettere salvate dall'incendio
Alcuni
giorni fa sulle pagine del Circolo Filatelico Bergamasco, il cui
presidente è il mio compaesano Vinicio Sesso, di Montella (Av), venivano
pubblicate le foto di corrispondenza, inoltrata tra febbraio e marzo 1947,
parzialmente danneggiata da un incendio e riportante il Timbro con
dicitura: “oggetto recuperato nelle
condizioni in cui si trova dall’incendio di Napoli-Porto”. Il filatelico possessore di queste buste Davide Nicosia , poneva la domanda cosa fosse successo in quell’Ufficio postale e spinto dalla mia curiosità di ricercatore storico, ma anche in segno di solidarietà e sostegno alla popolazione bergamasca che è stata la prima a subire la pandemia da Coronavirus, ho espresso la mia disponibilità a fare una ricerca nel mio data base di giornali del dopoguerra digitalizzati per l’Archivio Storico Benedetto Petrone, di cui sono il curatore. Il Porto di Napoli, cuore pulsante dell’Italia del dopoguerra. Alle suddette motivazioni nello spingermi a ricercare su quei fatti si aggiungevano a) le mie precedenti ricerche sul ruolo avuto dal porto di Napoli nello sforzo bellico Alleato dal 43 in poi, b) quelle compiute sul diario di guerra di mio padre Camuso Luigi, montellese, imbarcato sulla corvetta Fenice che, dall’aprile ‘45 sino a tutto il 1946, operò nello sminare le acque antistanti al porto di Napoli onde renderlo operativo al servizio della ricostruzione del nostro Paese. La devastazione delle aree portuali napoletane è rimasta visibile in certi luoghi sino agli anni 70, e si puo’ comprendere in che condizioni fossero quando, a fine 1945 venne reso operativo il deposito e centro di smistamento postale di Napoli-Porto. In attesa che la nostra flotta commerciale potesse riprendere a navigare, erano le navi Liberty americane ed Alleate a sbarcare sul principale porto del Tirreno aiuti in derrate alimentari, materie prime e ed altri generi essenziali. Con esse giungeva la corrispondenza , per poi essere distribuita in tutto il Paese, ma ancor più gradita la solidarietà dei parenti emigrati in America , nella forma” pacchi dono” onde alleviare lo stato di prostrazione in cui si trovavano le fasce più deboli del popolo italiano. Le dimensioni di questo inaspettato arrivo furono tali che, quell’ufficio postale ben presto si trovò letteralmente travolto e per poter sbrigare l’inoltro di tutto quel materiale dovette ricorrere all’assunzione di qualche centinaio di giovani disoccupati. Iniziativa doppiamente lodevole poiché andò ad alimentare, in un circuito virtuoso, la ripresa della città, riducendo in parte le tensioni sociali e sfamando altrettante famiglie. Nonostante l’iniziale inesperienza dei lavoratori precari assunti, l’attività procedette celermente sino al momento in cui intervennero altri interessi e con una gara d’appalto alquanto sospetta, il lavoro di facchinaggio fu affidato ad una ditta sfruttante un numero inadeguato di lavoratori semischiavizzati e fortemente ricattati. Una variazione organizzativa che andò a detrimento dei lavoratori precedentemente assunti come precari, a rischio di licenziamento, generando proteste sindacali ed elevando il clima di scontro in quell’ufficio Napoli-Porto.
Dai giornali da me consultati, ovvero, l’Avanti del 31 dicembre1946 e del 25 gennaio 1947, si evince quanto il clima fosse acceso e come il fuoco non solo simbolico dilagò nel deposito delle lettere. Nonostante che di esso non si accenni sull’Avanti del 25 gennaio 47, la richiesta di un deposito di emergenza fa pensare che qualcosa di grave dovesse essere accaduto e che comunque la situazione fosse esplosiva. Il sottoscritto propende quindi sull’origine dolosa di questo incendio che potrebbe essere attribuibile a qualche precario licenziato o invece a una ritorsione da parte di” elementi “vicini alla ditta messa sotto accusa dal sindacato. cliccare sulle immagini per ingrandire Dalla lettura di quegli articoli si ha l’immagine di un molo antistante all’ufficio smistamento, ingombro di cataste di pacchi esposte alle intemperie o , gli stessi, ammucchiati su chiatte galleggianti, Materiale che doveva essere sorvegliato dai lavoratori precari, in pieno inverno, anche la notte per evitare furti, e forse qualche fuoco di fortuna acceso per riscaldarsi potrebbe esser stato invece la causa accidentale di quell’incendio . Ringrazio i signori Vincio Sesso e Davide Nicosia per avermi permesso di pubblicare foto di corrispondenza di loro proprietà e li autorizzo a pubblicare senza nessun onere questo articolo sul loro Corriere Postale. Allego i testi dei due articoli in questione.
Archivio Storico Benedetto Petrone , Brindisi 12 gennaio 2021
Cosa succede a Napoli-Porto?Avanti , 31 dicembre 1946 (Archivio storico Benedetto Petrone, fondo Irpinia)
Quando un anno fa si ricostituì l'Ufficio di Napoli Porto fu
necessaria l'assunzione di diverse centinaia di impiegati ed agenti
diurnisti a causa dell'ingente afflusso di pacchi dono provenienti dai
nostri connazionali d'America. Il la- Ma quando dopo pochi mesi
i servizi di manovalanza furono affidati ad una Ditta
appaltatrice le cose mutarono, nonostante il ritorno alla quasi normalità;
e non vi fu senza ragione una profonda distensione fra il personale al
quale si facevano accuse e minacce di licenziamento. E' d'uopo porre una
comanda alla competenza del Ministro Scelba: sa egli che, per gli
interessi capitalistici della Ditta appaltatrice. i pacchi-dono, tanto
attesi dagli italiani che hanno parenti in America, anziché di essere
immagazzinati sono lasciati sulle zattere o.nella migliore ipotesi, sullo
spiazzale antistante al Magazzino, esposti alle intemperie con pericolo di
furti ed altro? Ciò perchè la Ditta in questione ha uno
sparuto è misero numero di manovali che trattati peggio dei condannati ai
lavori forzati sfrutta pur di risparmiare l'impiego di mano d'opera e
poter cosi intascare netti i notevoli profitti Cosi stando le cose i dipendenti dell'Ufficio
fatti tacere sempre con le consuete ed ormai abituali minacce di
licenziamento, sono costretti a fare i guardiani diurni e notturni alle
zattere ed al piazzale sunnominato sottoponendosi alle intemperie per
comodità della Ditta appaltatrice che, a dire il vero,spadroneggia
indisturbata. Numerose
sono
le rimostranze del personale che sa di non fare gli
interessi dell'Amministrazione ma solo di coloro i quali ancora sfruttano
speculando vilmente sul- Speriamo che si faccia luce su ciò e si
epurino i responsabili perchè se questo stato di cose fa piacere a
qualcuno non dovrà fare certamente piacere al Ministro che vedrebbe
menomata la sua stessa autorità. Noi siamo per la giustizia
per la verità; ma veritas odium paruit CT
Niente di nuovo a Napoli PortoAvanti 25 gennaio 1947 (Archivio Storico Benedetto Petrone, fondo Irpinia)
Dopo la nostra
segnalazione del 31 u.s.al Ministro delle Poste avevamo sperato che molte
cose si sarebbero chiarite all'ufficio di Napoli-Porto. In verità, in un
primo momento* grazie all'interessamento del solerte dott. Ponsiglione (il
quale nulla tralascia per risolvere i problemi organizzativi ed accogliere
le richieste degli impiegati, furono presi alcuni provvedimenti di
carattere immediato che davano bene a sperare anche per il futuro; ma,
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