Archivio storico"Benedetto Petrone"
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1l 7 marzo 1950 nasceva Taranto Vecchia, Salvatore Gigante "Moustakì" il compagno Moustakì e LOTTA CONTINUA a Taranto
"...Sempre in prima linea, anche troppo. Un pomeriggio un noto
Le testimonianze di Salvatore Stasi, Pupino, Antonio Scalzi, Nicola Latorre, Marcello Pantani
sedi: TARANTO TESTIMONIANZE su Moustakì Lettera a Moustaki di Salvatore Stasi 7 marzo 1950 7 marzo 2010 Se oggi fossi tra noi festeggeremmo il tuo Lettera aperta ai mass media e alle reti
telematiche di movimento: 7 marzo 1950 - 7 marzo 2010: 60 anni. Tanti sono gli anni che in questa data
avrebbe Molti non sanno neanche chi era questa
persona, suo malgrado "Che" Guevara in una lettera ai suoi figli
diceva all'incirca così: Siate sempre capaci di di più per la sua semplicità, per la sua
lealtà, per la sua umanità, per la sua coerenza. Per tutto ciò e per tutti gli anni vissuti
insieme con tantissime battaglie e tantissimi Salvatore STASI, attualmente coordinatore
provinciale della Confederazione Cobas e da TARANTO 7 MARZO 2010
Ringraziamo il compagno tarantino Pupino per questa testimonianza su Moustakì ARTICOLO PUBBLICATO SUL MENSILE
"L'AQUILONE" DI MASSAFRA. E'
Salvatore,
un amico , un operaio, una storia di questa città. 1^ PARTE. Salvatore é un piccolo pezzo di storia ignorata di questa grande, informe città. Una storia di giovani, di emarginati, di riscatto personale, politico, sociale, culturale, da una condizione di esclusione. Ragazzo della Città Vecchia di Taranto, turbolento ed incontrollabile spirito ribelle, radicato in quel piccolo mondo che il tempo, la modernità e la massificazione hanno affossato, insieme al degrado architettonico, a partire dalla seconda metà degli anni sessanta. Nelle strade per il Taranto, la squadra di calcio , “ingiustamente” privata della promozione in serie B dai “ brogli “della sleale ed antisportiva azione della concorrente Casertana, poi alla testa dei cortei operai, degli scioperi, dei blocchi stradali di fabbrica, della ribellione e della lotta sociale per la conquista di una dignità di vita in fabbrica e nella società. Una dignità che passava dalla appropriazione di un reddito che assicurasse l’ingresso nella modernità ( poter far propri i beni esposti nelle vetrine, pubblicizzati sulla televisione, sui giornali); dalla conquista della casa : con il bagno con le mattonelle di ceramica, magari in proprietà ; dal poter decidere modi e tempi della propria vita, dentro e fuori dal luogo di lavoro. Una battaglia da condurre da soli e per necessità politica, sociale ed anche umana, con gli altri: tutti coloro che vivevano la medesima collocazione sociale, economica, lavorativa . Salvatore viveva, ha vissuto, quale parte attiva, con la sua generosità ad offrirsi, per gli altri, quell’incredibile spinta che dagli anni settanta ha portato all’Italia moderna, passando dalla industrializzazione di massa alla società del terziario. Dal boom economico, alle grandi conquiste sociali e salariali, fino ai giorni nostri : alla società del debito, all’economia della speculazione finanziaria, alla crisi attuale. Ruota cosciente di un processo storico che ha cambiato la sua vita, la vita vissuta da tutti coloro che vedevano nel proprio futuro la possibilità di allontanare lo spettro della disoccupazione, della disperazione quotidiana del vivere , della emarginazione ed esclusione sociale , con la conquista del lavoro in fabbrica. Una formidabile spinta che, unita alla ribellione culturale nelle scuole e nelle università, mise contestualmente sul tappeto altri conti : quelli con la storia dei padri e dei nonni. Il fascismo degli anni trenta e quello che prepotentemente si riaffacciava con i colpi di stato mancati, con le tentate, ripetute svolte autoritarie, con l’azione clandestina e pubblica delle formazioni stragiste della estrema destra : Piazza Fontana a Milano, Piazza della Loggia a Brescia, l’attentato al treno Italicus , e con una sequela incredibile ( per un paese “civile” e moderno dell’occidente) di morti per mani ignote, sino alla strage della stazione di Bologna negli anni ’80. L’obiettivo ? Quello di sempre: bloccare le dinamiche sociali e lo spostamento della massa reddituale globale verso il lavoro dipendente e gli strati più poveri ed emarginati della società; porre sotto controllo tutti i processi che minacciavano lo status sociale ed economico della grande oligarchia economica e dei ceti sociali da essa direttamente dipendenti. SECONDA PARTE Salvatore, dai vicoli della Città Vecchia , dalla delinquenza di strada, unico sbocco di vita disponibile a piene mani in quegli spazi, dalla marineria dei piccoli pescatori in lotta quotidiana per la sopravvivenza, scelse il suo percorso di riscatto, di servizio per tutti coloro che, come lui, non si vollero rassegnare al destino assegnato da una società immobile ed indifferente. Quando l’onda delle lotte sociali e sindacali si attenuò; quando tutti iniziarono a credere che la conquista di un salario dignitoso ( a volte sopra dimensionato rispetto alla effettiva ricchezza generata dal sistema produttivo ) , di ampie garanzie sociali , dell’avvenuto accesso a quell’universo immaginifico dei consumi superflui, inutili, a volte dannosi, ma gratificanti, della società dell’opulenza , della pubblicità e del fatuo , avesse definitivamente chiuso i conti di ognuno con i bisogni materiali di vita; la coscienza che la dignità di vita e di essere umano passava dal poter decidere del proprio spazio e del proprio tempo, portò Salvatore a lasciare il mondo della fabbrica, tornato ad essere, moderna schiavitù, il luogo dell'obbedienza e dell'espropriazione del proprio tempo, della propria salute e della propria mente. Salvatore ha poi vissuto gli anni del lavoro occasionale , ma libero (?) , il lavoro del piccolo artigiano, dell’occasionale senza vincoli, di quì e di là a seconda della voglia e delle necessità contingenti, senza mai dimenticare il suo impegno di un tempo, le sue radici : la battaglia contro l’inquinamento, contro il ritorno nella cultura e nel potere politico dei valori del fascismo di un tempo. Quel fascismo che guardava alla gente della Città Vecchia, ghetto dell’emarginazione da condannare al degrado , con disprezzo e con una insopprimibile, malcelata volontà di annientamento. Quello della storia negata dei bombardamenti, delle stragi con gas tossici, delle torture di popoli in lotta per la propria libertà, contro gli invasori, di deportazioni di ragazzi e ragazze quattordicenni e sedicenni, di donne e di uomini, per lavorare come schiavi nella nostra Puglia o per scaricare carbone nel porto di Napoli. Di uomini mandati a morire per opprimere, espropriare , vessare popoli inermi. Salvatore é morto, cinquantenne, in povertà, solo, a Bologna. Ultimo romantico rifugio di tutti coloro che hanno vissuto nel suo modo quegli anni ormai lontani, nel tempo, nella cultura, nel sentire e nella coscienza sociale. Il terrore dei fallimenti finanziari, i licenziamenti, la precarietà permanente, dei giovani e degli ex-giovani , tuttora supportata dalla “ ricchezza “ residua delle famiglie di provenienza ( potentissimo e provvido ammortizzatore sociale ), il messaggio degli imbonitori di turno che dispensano sorrisi e promesse a basso costo, dai mega schermi dei nuovi televisori , in ogni casa, hanno riaperto le porte del consenso ai valori dell’odio etnico e razziale, alla rivalutazione delle nostalgie delle mani tese e dei militarismi striscianti. Coloro che hanno vissuto come Salvatore, che hanno conosciuto le migliaia di Salvatore, che hanno combattuto nella vita quotidiana, nelle scelte di ogni momento di un’esistenza, i fantasmi dei valori assassini della cultura delle dittature dei razzismi, non rinunceranno a chiamare con il proprio nome un modernismo che quei valori non vuole combattere e denunciare, ma che ritiene debbano essere patrimonio della cultura corrente dei nostri tempi. TARANTO 29/3/2009 B. Pupino
Fonte:
http://italy.indymedia.org/news/2004/09/612792.php Sempre in prima linea, anche troppo. Un pomeriggio un noto
Anche per questo
La fine della grande politica lo lasciò
Un altro contributo alla memoria di Salvatore, di
quegli anni.
Vorrei ribadire solo quanto la militanza politica abbia emancipato
Salvatore. Forse, è il più bel regalo che la vita abbia dato a
Salvatore, a me e a tanti altri. E' una cosa che vedo in misura
notevolmente minore, oggi, e mi auguro che possa ritornare.
Antonio Scalzi
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Tratto dalle lettere a Il Manifesto del 01/09/2004
"Chi non
ricorda Salvatore Mustachi' di Lotta continua?
Non Gasparazzo che stava nelle vignette del quotidiano, ma quello vero:
Salvatore Mustachi' di Taranto. Gigante solo di nome o all'apparenza,
uomo vero sempre, gentile e generoso nei piu' piccoli fatti quotidiani;
immancabile nelle grandi occasioni, quelle della lotta, quando c'era da
fare davvero qualcosa contro l'ingiustizia. Chi non ricorda e' riuscito
a scavare il vuoto dentro e nel suo deserto vive senza memoria. Chi l'ha
conosciuto non puo' che esserne fiero e puo' dire di aver conosciuto il
comunismo di persona. Ora Salvatore e' morto. Ora noi restiamo invalidi,
come mutilati. Per imbrogliare la morte vorrei scolpire parole come fa
Erri De Luca, che forse pensava a lui quando raccontava dei volantinaggi
davanti all'Italsider ai tempi di «la lotta continua: tre pacchetti
mille lire». Forse altri lo faranno, fra i mille e mille compagni che
l'hanno conosciuto: Erri, Adriano, Gianni, Dolores, Giorgio. Sicuramente
a noi, suoi compagni di strada e di lavoro o chi ha avuto la fortuna di
conoscerlo, a noi che abbiamo condiviso le grandi speranze del
cambiamento, le piccole gioie e la rabbia, a noi resta solo lo sconcerto
che non ha parole. Ora nessuno puo' fare l'elenco di quel noi. Noi
eravamo piu' di due. E lo sapevamo che c'era qualcosa di unico e
speciale nel nostro incontro. Quell'incontro ci ha salvati e piu' di una
volta abbiamo fantasticato di raccontare la nostra storia, io l'avrei
solo trascritta. Ora ci mancano le parole e quella storia non la
racconteremo piu' o non sara' piu' la stessa. A te vorrei dire solo: a
presto Salvatore.
Oggi (ieri, nota mia) i funerali alle ore17.00, presso la cattedrale San Cataldo di Taranto. Mario Saporetti, Betti Zacchino, Rita Baldacconi, Lilli Roda', Nicola Amandonico, Angelo Galeone, Antonio Galasso, Francesco Lomagistro, Iaia Vantaggiato"
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Nota mia: i funerali hanno visto la presenza incredibile dei "compagni
di piazza" e di ex di Lotta Continua e della ex cosidetta "sinistra
extra-parlamentare" - dispersi nei mille rivoli degli affanni quotidiani
ma riuniti dall'affetto e dalla stima per Mustachi' - e l'assenza, quasi
totale, di personaggi della sinistra "ingessata" che pur avevano
conosciuto Salvatore.
Un grazie a Rino ed agli altri compagni di Bologna e di Taranto che
hanno aiutato Salvatore in questi ultimi mesi, non ultimo per averlo
accompagnato nel suo ultimo viaggio da Bologna a Taranto.
Un grazie a Giovanni Guarino per la memoria storica che ha portato in
piazza con manifesti, foto e canzoni che a Salvatore avrebbero fatto
piacere.
Un'ultima cosa: alcuni compagni si stanno organizzando per raccogliere
fondi in memoria di Salvatore da devolvere per l'adozione a distanza di
un bambino.
Chi sia interessato me lo faccia sapere: vi farò sapere chi sono le
presone che se ne occupano.
Antonio Scalzi
nota dei curatori del sito momentaneamente il riferimento è il nostro mail in attesa di avere autorizzazione da antonio di pubblicare sua mail o indirizzo su questo sito segue un ricordo di Moustaki in un inedito di Pantani
Riportiamo qui un bellissimo ricordo di Moustaki inserito in una raccolta di scritti prodotta da Marcello Pantani dirigente di Lotta Continua , inviato a Taranto negli anni 70 che , in occasione del trentennale del 77 l'autore ha prodotto e non ancora pubblicato. Ringraziando Pantani di questo dono che fa a tutti i compagni pugliesi che con lui vissero quell'esperienza straordinaria e che pubblichiamo in forma di stralcio LA redazione dell'Archivio Storico Benedetto Petrone 4. Il pettine di Mustakì Già, gli operai dell’Italsider. Da quando LC sta lavorando a Taranto, l’Italsider è ogni giorno nella sua iniziativa politica, e si deve forse alla sua campagna per l’apertura di una vertenza aziendale con l’adozione di forme di lotta efficaci se i sindacati decidono (la cosa risale ad alcune settimane fa) di proclamare una specie di sciopero a scacchiera, così come richiesto dalle assemblee dei lavoratori per far pagare più pesantemente all’azienda il costo del muro opposto alle rivendicazioni sindacali. A questa modalità di lotta, la direzione risponde con la “messa in libertà”, cioè con la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, dei lavoratori dei reparti che si trovano a valle di quelli in sciopero e che non potrebbero produrre perché non riforniti del semilavorato. A questo punto occorrerebbe, da parte dei sindacati, radicalizzare il conflitto. Ma questo li condurrebbe a infilarsi in una situazione che non rientra nei loro progetti. Così, preferiscono costruirsi un capro espiatorio.
Quando sta per terminare il presidio delle portinerie per il cambio turno delle 14 (presenti i dirigenti sindacali, gruppi di operai e i militanti di LC), durante il quale da parte della Fim-Cisl si è anche tentato di fare provocazioni nei confronti di un militante di LC (apostrofato a più riprese come uno “vestito casual alla Gianni Agnelli”), ancora la Fim, approfittando del fatto che i picchetti si sono ormai sfoltiti, decide di passare alle vie di fatto. Quelli della Fim si allontanano come per andarsene, seguiti da quelli della Fiom-Cgil e della Uilm, mentre noi rimaniamo per un attimo ancora davanti alla portineria. E lì, i “rappresentanti dei lavoratori”, ritornati indietro, ci prendono a sassate, gridandoci “provocatori”, “figli di papà”, “pagati dai padroni”. Devono essersi ispirati alla lapidazione (vista da poco in televisione) del film “Improvvisamente l’estate scorsa”, tratto dal dramma di Tennessee Williams. Rispondiamo con le poche pietre che riusciamo a raccogliere, le stesse usate prima da loro. E la cosa finisce lì, ma qualcuno di noi è stato colpito di brutto alla testa, qualcun altro in altra parte del corpo.
La sera ritorniamo al presidio per il cambio turno delle 22, frequentato anche da “quadri” sindacali interni ed esterni e da carabinieri su un lato e poliziotti su quello opposto. Come per annunciare che stavolta all’ordine del giorno ci sono “mazzate” di stato, anziché pietre. Noi siamo al gran completo come militanti “forestieri” e come giovani proletari della città vecchia, non solo Lucio Battisti, Enzo, Lino. Luccio Mustakì, ma anche alcuni loro amici operai delle ditte. Non c’è luce abbastanza.... Gli autobus arrivano praticamente vuoti di operai in entrata e sono davvero pochi gli operai in uscita: segno che lo sciopero è andato e sta andando bene e che alla grinta del padrone gli operai stanno rispondendo con forte determinazione. Nessuna azione particolare rivolta verso i crumiri. Ma, mentre le forze di polizia si stanno ritirando, si mettono a marciare verso di noi quelli dei sindacati, con l’aria spavalda di chi ha al proprio attivo la coraggiosa azione delle sassate del primo pomeriggio (ci spiace vedere tra loro, anche se si limita a seguirli titubante in coda, il delegato Fiom aderente alla IV Internazionale, forse per godersi la scena). Decidiamo di non fare una piega e li aspettiamo: siamo un po’ meno di loro, ma neppure tanto. Quando ci arrivano proprio vicino, si accorgono che stavolta bisogna menar le mani e si fermano. Mustakì, di scatto, si abbassa, si tura su una gamba del pantalone ed estrae una cosa affilata da sotto la calza, rivolgendola a mo’ di avvertimento verso il manipolo sindacale, il quale indietreggia, fa dietrofront e si mette a gridare verso la polizia: “Coltello, hanno un coltello!”. Accorrono dei poliziotti, mentre Mustakì, sghignazzando come il Gasparazzo di Roberto Zamarin, comincia a fare uso proprio di quell’oggetto affilato, pettinandosi. I poliziotti si ritirano, gli attivisti sindacali abbandonano la scena con la coda tra le gambe, noi ci facciamo quattro risate e andiamo a scrivere il testo di un volantino per raccontare e commentare la giornata, da diffondere il giorno successivo agli operai dell’Italsider.
.... davanti alle portinerie dell’Italsider il nostro volantino ha successo, nel senso che sono molti gli operai che non attendono che glielo diamo noi, ma vengono a prenderselo loro, e si formano molti capannelli di discussione non solo sulla vertenza, sulla “messa in libertà” e sulla risposta di lotta da preparare, ma anche sulle sassate e sul pettine di Mustakì.
NOTA
DELLA REDAZIONE
APRIAMO LA PAGINA RICORDI DI TARANTO CON UN OMAGGIO A MUSTAKI E CON LE PAROLE A LUI DEDICATE DA NICOLA LATORRE E ANTONIO SCALZI
CIAO MOUSTAKÍ.... Oggi non è tempo di interrogazioni, proclami e manifestazioni.
Oggi si onora un grande compagno.
Antonio Scalzi 3/9/04
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