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LA SOLIDARIETÀ È UN' ARMA: USIAMOLA!
APPELLO per AVNI ER
Qualche giorno fa è stato trasferito nel CIE
di Bari il cittadino turco Avni Er rispetto al quale il governo turco
di Ankara ha avanzato tempo addietro formale richiesta di
estradizione.
Avni Er è colpevole solo di aver svolto nel corso degli
anni una puntuale denuncia delle violazioni dei diritti umani e della
libertà d'informazione in Turchia.
Avni Er è un oppositore politico, accusato di
appartenere al partito comunista DHKP-C . Il 1° aprile 2004
un'operazione repressiva ha provocato l'arresto di 82 persone in
Turchia ed altre 59 persone tra Germania, Olanda, Belgio, Grecia ed
Italia.
Tra loro giornalisti dell'opposizione, membri
di organizzazioni democratiche e per la difesa dei diritti umani,
avvocati ed artisti.
Avni Er, a seguito di un processo
scandaloso durante il quale testimoniarono contro di lui, a volto
coperto, i torturatori turchi, fu condannato dalla Corte di Assise di
Perugia nel 2006 con successiva conferma della Corte d'Appello
di Perugia.
Seguì una vasta campagna di mobilitazione e
sensibilizzazione cui aderirono diverse associazioni nazionali (Arci,
CRVG- Conferenza nazionale del volontariato della giustizia, Antigone)
e vari esponenti politici; ci fu una dichiarazione a tutela
dell'incolumità di Avni Er e per il rispetto delle norme
internazionali a difesa dei diritti dell'individuo da parte dell'europarlamentare
Giulietto Chiesa; ci furono molti ordini del giorno da parte del
Consiglio provinciale di Lecce (19 marzo 2008), del Consiglio
Regionale della Toscana, della Sardegna e della Campania.
Anche il Consiglio Regionale della Puglia, in
data 24 giugno 2008, sottoscrisse una mozione contro l'estradizione di
Avni Er in Turchia, con esplicito riferimento all'art.10 della
Costituzione italiana che recita:
" Lo straniero, al quale sia impedito
nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche
garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel
territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla
legge".
Ricordiamo che secondo associazioni
internazionali ed autorevoli come Human Rights Watch, Amnesty
International, nonché la Commissione ONU per i diritti umani ed il
comitato Europeo per la prevenzione della tortura, in Turchia vi è il
fondato timore di violazioni dei diritti, di trattamenti inumani
e degradanti, di tortura.
Ricordiamo inoltre che il curdo Ocalan,
nonostante il riconoscimento dell'asilo costituzionale rilasciato dal
governo italiano, è da 11 anni detenuto in regime di isolamento
totale nell'isola di Imrali. Infine, a dimostrazione della condizione
politica in Turchia, citiamo il tentativo di qualche giorno fa
dell'ennesimo colpo di stato manu militari.
Allo stato attuale, Avni Er ha inoltrato
formale richiesta d'asilo nel nostro paese e, per quanto affermato, -
anche in considerazione che la Corte d'Appello d'Anversa il 7 febbraio
2008, impegnata a giudicare 11 militanti del DHKP-C, si è rifiutata
di riconoscere tale organizzazione quale "gruppo
terroristico", prosciogliendo tutti gli imputati;
CHIEDIAMO
a tutte le forze democratiche, ai partiti, alle associazioni, alla
società, ai sindacati, di aderire e sottoscrivere l'appello in favore
di Avni Er, affinchè GLI VENGANO RICONOSCIUTE TUTTE LE FORME DI
TUTELA ED IL PRINCIPIO DI NON RESPINGIMENTO.
Per adesioni e sottoscrizioni del documento inviare e-mail presso csidf@libero.it
Info: 339 8277593
Buon
Natale dalla Turchia ...con
arresto di kurdi
ErnesCoordinamentokurdistan]
comunicato stampa BDP BDP (Partito della pace e della
democrazia):
all'opinione pubblica
internazionaleBDP 25 dicembre 2009: Il 24 dicembre 2009, di mattina
presto, le Forze dell'ordine turche hanno realizzato una estesa
operazione di polizia contro il BDP (Partito della pace e della
democrazia). Più di 80 persone sono state fermate, fra le quali ci
sono anche ex parlamentari ed ex sindaci. I fermi sono stati
realizzati in spregio dei più universali diritti universali. Le loro
abitazioni private sono state devastate senza il minimo rispetto della
proprietà privata. Il 23 dicembre, dopo la decisione della Corte
costituzionale turca assunta lo scorso 11 dicembre di mettere il
Partito della societàdemocratica fuori legge, 94 sindaci e tutti gli
amministratori locali del DTP hanno deciso di aderire al BDP. Questa
operazione contro il BDP condotta nemmeno 24 ore dopo quella decisione
ci fa pensare molto. Dopo la grande affermazione del DTP nelle
elezioni amministrative dello scorso 29 marzo, ci sono stati gli
arresti di 53 dirigenti del Partito effettuati il 14 aprile, tra i
quali anche il vicepresidente del DTP. Trascorso 8 mesi non hanno
avuto ancora inizio i processi contro di essi dato che il dossier che
li riguarda è stato dichiarato di interesse nazionale e non
suscettibile di essere fatto oggetto di pubblico dibattimento. Il
motivo degli arresti, in questo modo, rimane sconosciuto. Dopo
l'operazione di polizia dello scorso 14 aprile sono stati arrestati
oltre 500 dirigenti politici kurdi.Mentre queste situazioni rimangono
ancora oggi in tutta la loro gravità senza soluzione alcuna, al
momento sono stati posto sotto fermo dietro mandato della Procura
della Repubblica, con l'operazione del 24 dicembre i seguenti
esponenti politici locali kurdi e membri della società civile: Dicle
Hatip copresidente del Congresso della società democratica ed ex
deputato del DEP, Muharrem Erbey, Vice presidente della Associazioni
per i diritti umani e Presidente della sezione di Diyarbakir, Selim
Sadak, Sindaco del comune di Siirt; Necdet Atalay, Sindaco del comune
di Batman; Zülküf Karatekin, Sindaco del comune di
Kayapýnar; Ethem Sahin, Sindaco del comune di Suruç;
Leyla Güven, Sindaca del comune di Viransehir; Ahmet Cengiz,
Sindaco del comune di Çýnar; Aydýn
Budak, Sindaco del comune di Cizre; Ferhan Türk, Sindaco del
comune di Kýzýltepe; Abdullah Demirbas, Sindaco
del comune di Sur; Hüseyin Kalkan, ex sindaco del comune di
Batman; Emrullah Cin, ex sindaco del comune di Viransehir; Fikret Kaya,
ex sindaco del Comune di Silvan; Fýrat Anlý, ex
sindaco del comune di Yenisehir; Yasar Sarý, Direttore del
DÝSKÝ; Ali Simsek, vice-sindaco dell'area
metropolitana di DiyarbakKYRr,. Mentre da un lato parla di apertura
democratica ingannando l'opinione pubblica mondiale e nazionale, il
governo dell'AKP aumenta la repressione contro i legittimi
rappresentanti del popolo kurdo. Nelle ultime elezioni amministrative
il DTP ha preso piùo meno 2,5 milioni di voti. I due co-presidente
del Partito, Ahmet Turk e la signora Aysel Tugluk sono stati espulsi
dalla Grande assemblea nazionale ed il partito è stato chiuso. Contro
questi attacchi il gruppo del DTP alla Grande assemblea nazionale
aveva deciso inizialmente di dimettersi dal Parlamento ma l'appello
dell'opinione pubblica che aveva chiesto loro di insistere ha fatto si
che fosse presa la decisione di unirsi al BDP continuando nel
parlamento la loro lotta democratica. Questa operazione è una
provocazione effettuata col consenso dell'AKP. Dopo l'operazione di
polizia dello scorso 14 aprile e la chiusura del DTP avevamo lanciato
un appello pubblico lanciato all'opinione pubblica turca ed a quella
internazionale; la mancanza di una adeguato riscontro ha favorito
l'aumento della repressione contro la volontà politica
kurda. Come BDP vogliamo condividere con voi la preoccupazione che
questi attacchi non fanno altro che aumentare la crisi e la violenza
politica interna. La soluzione non è arrestare la volontà; politica
dei kurdi ma conoscere le loro posizioni ed accettarli come
interlocutori per cercare assieme delle soluzioni condivise. Vogliamo
avvertire l'opinione pubblica turca e mondiale che il tentativo dell'AKP
di trovare una soluzione alla questione kurda senza i kurdi vuol dire
spingere la Turchia verso una guerra totale. La tensione che si
svilupperà in Turchia influenzerà negativamente la scena politica
medio-orientale e mondiale. Crediamo sia vitale che l'opinione
pubblica si mostri nettamente contro queste ingiustizie e queste dure
repressioni e che si esprima per la democrazia plurale. Chiediamo a
tutta l'opinione pubblica democratica di far sentire la sua voce e di
essere solidale contro queste operazioni effettuate verso il BDP e la
società civile kurda.
INVIATO DA oRSOLA CASAGRANDE
La fotografia degli uomini e
donne arrestati alla vigilia di
natale a Diyarbakir e in tante altre città kurde parla da sola: in
fila, in
manette. Sono sindaci, amministratori e amministratrici locali,
democraticamente eletti dal popolo. Sono attivisti per i diritti
umani,
avvocati, sindacalisti. Sono ex deputati... Sono uomini e donne kurde
che il
governo e più ancora 'lo stato' turco non tollera. Non li sopporta
perché sono
uomini e donne che vogliono la pace. Ma non si limitano a chiederla,
la
praticano, o cercano di farlo, tra un arresto e un altro, tra un
periodo in
carcere e un altro, tra un processo e un altro. Sono uomini e donne
per i quali
praticare la pace vuol dire incessantemente lavorare ogni giorno per
una
soluzione negoziata a un conflitto che insanguina la Turchia dal 1984
(nella
sua ultima fase). Fare, costruire pace, significa proporre, continuare
a
parlare di soluzione, di dialogo, di negoziato anche quando l'unica
risposta
che arriva da parte dei poteri forti, che siano essi legati allo stato
(che ha
un volto pubblico e uno segreto) o al governo attuale, islamico
moderato,
guidato da un premier, Recep Tayyip Erdogan che fino a questo momento
si è
dimostrato incapace (e forse in fondo nemmeno vuole) di porre davvero
all'ordine del giorno la questione kurda. Che vuol dire la questione
di un
terzo della popolazione della Turchia. Tanti sono i kurdi, e non
chiedono un
nuovo stato, ma di essere riconosciuti come pari cittadini, portatori
di pari
diritti.
Questi arresti sono un altro atto della guerra senza esclusione di
colpi che lo stato (nella sua declinazione pubblica e segreta) e -
fino a prova
contraria - il governo Akp ha ingaggiato con i kurdi, con chi li
rappresenta (e
viene legalmente e democraticamente votato). Una guerra che certo non
è
cominciata ieri. L'esercito manovra la politica in Turchia: tre colpi
di stato
in sessant'anni ne sono la prova. Ma ce ne sono tante altre di prove.
Esercito
spesso significa poteri segreti dello stato. La Turchia di questi
poteri forti
non riesce a liberarsi. Nonostante gli sforzi della società civile.
All'Europa
importa poco di questi sforzi, più preoccupata a trovare un accordo
rattoppato
che le faccia dire che tutto va bene, che i diritti umani sono (più o
meno)
rispettati e quindi si può andare ad arraffare quanto si può in
questo nuovo
importante mercato... la porta con l'oriente, con l'Asia.
Scriviamo qui
sotto l'elenco degli uomini e donne per i quali è stato confermato
l'arresto:
23 tra sindaci (come il sindaco di Sur), attivisti per i diritti umani
(il
presidente dell'associazione diritti umani di Diyarbakir (Muharrem
Erbey), e
tanti altri amministratori e sindacalisti.
Una lista di nomi. Per noi una
lista di amici e amiche che da anni si battono per una Turchia in cui
kurdi e
turchi possano vivere in pace, una pace giusta e duratura, dove i
diritti siano
riconosciuti a tutti. Dove non esistano cittadini di serie A e di
serie B. A
loro, e a quanti in Turchia si battono per la democrazia e la pace, va
la
nostra solidarietà.
Hatip Dicle, Firat Anli, Abdullah Demirbas, Zülküf
Karatekin, Ali Simsek, Nejdet Atalay, Aydin Budak, Muharem Erbey,
Ferhan Türk,
Etem Sahin, Leyla Güven, Emrullah Cin, Hüseyin Kalkan, Abdullah
Akengin, Yasar
Sari, Nadir Bingöl, Cebrail Kurt, Fethi Süvari, Ramazan Debe, Abbas
Çelik,
Ahmet Makas, Kazim Kurt, Takibe Turgay
Chiediamo che il parlamento italiano,
il parlamento europeo, quanti possono agire e fare pressione sul
governo turco
lo facciano.
Orsola Casagrande
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