LA PUGLIA TRA RIVOLTE MASSACRI/1 |
Paolo Vinella ed un libro sui fatti di putignano del 1902
Mercoledì 06 ottobre 2004, alle 18,30, ci sarà, presso il CRSEC/REGIONE PUGLIA di Putignano (via F.lli Morea,43) la presentazione pubblica del volume
Una folla di 5.000 braccianti e contadini poveri di Putignano (la città contava all’epoca circa 14.000 abitanti) per due giorni, il 13 e 14 maggio 1902, dette sfogo alla propria indignazione e rabbia nei confronti della ristretta classe dei grandi proprietari terrieri e dei ricchi borghesi che ingrassavano sulla miseria e sullo sfruttamento dei lavoratori della terra. La protesta era rivolta anche contro il dazio, un sistema ingiusto ed esoso di tassazione indiretta che pesava soprattutto sui miseri consumi popolari, farina e pane compresi. Il secondo giorno, la folla, che chiedeva con decisione il lavoro, una giusta retribuzione ed una vita più dignitosa, alla vista dei carabinieri a cavallo che si apprestavano alla carica, cominciò a scagliare sassi ed a devastare ed incendiare i casotti in legno della cosiddetta ‘cinta daziaria’ e gli uffici del dazio, mentre il Sindaco, cui era stato chiesto invano di mettersi alla testa della protesta con la banda e la bandiera, si rifugiava nel Municipio.
Fu a questo punto che, secondo quanto accertato all’epoca dei fatti dal Tribunale di Bari, mentre la folla incalzava e una donna, Margherita Pusterla, cercava di disarmare un tenente scivolato a terra per impedirgli di sparare sui compagni, i Carabinieri fecero fuoco sulla folla. A terra restavano numerosi feriti, tra cui, più grave, la stessa Pusterla che morì quattro giorni dopo. Seguirono denunce ed arresti. Trentadue furono i processati (tra cui 3 donne e 4 minorenni) che subirono varie condanne.
Inaspettatamente per l’epoca, i giudici del Tribunale di Bari dichiararono esplicitamente che ‘la precipua causa dei moti sovversivi fu … il disagio economico, la squallida desolante miseria in cui oggi versa la classe diseredata di Putignano, il lavoratore dei campi che non sa come provvedere ai bisogni della vita dell'oggi per sé e la sua famiglia. Sobrio, laborioso, paziente, buono, sottomesso, economico, il contadino Putignanese lavora sempre, quando può, ma il suo lavoro è insufficiente a mantenere sé e la famiglia, perché vilmente retribuito. Fu questo il motivo per cui insorse la folla nel 14 maggio’.
Quattro anni prima (1898), a Milano, il generale Bava Beccaris aveva massacrato a cannonate la folla inerme che reclamava ‘pane e lavoro’ (circa 100 morti). Umberto I, il re ‘buono’ corresponsabile della carneficina, lo elogiò e lo premiò immediatamente con la ‘Gran corona dell’Ordine militare di Savoia’ e la nomina di senatore a vita. In Puglia, nel solo 1902, in seguito alle proteste popolari, oltre che a Putignano, si ebbero eccidi, con morti e feriti, a Cassano Murge, a Candela, a Cerignola, ecc.
Margherita Pusterla e i suoi compagni, i braccianti di Putignano, oltre ad essere stati, con il duro lavoro dei campi, gli artefici della ricchezza materiale su cui è si è costruita la nostra realtà attuale, sono stati anche, con il loro prepotente bisogno di riscatto, il motore dell’avanzamento sociale e della conquista della democrazia, dei diritti e della dignità per tutti, almeno sulla carta, e di quel tanto di cui oggi godiamo ed andiamo fieri. Margherita Pusterla ed i suoi compagni, umili eroi misconosciuti e protagonisti della nostra epopea contadina, le loro lotte, i loro sacrifici hanno diritto al nostro ricordo, alla nostra riconoscenza, alla nostra gratitudine.