ARCHIVIO STORICO BENEDETTO PETRONE

archiviobpetrone@libero.it

RICORDI      

ANGELO BAGORDO

l'ultimo saluto degli amici

SEZIONE 1:Brindisi
 1)Salvatore de  Carolis
Titolo 2
Titolo 3

SEZIONE 2:Ostuni
Titolo 1
Titolo 2
Titolo 3
Titolo 4

SEZIONE 3:Lecce
1)A
ngelo Bagordo
Titolo 2
Titolo 3
Titolo 4
Titolo

SEZIONE 4:BARI
1) Benetto Petrone" Benny"

Titolo 2
Titolo 3
Titolo 4
Titolo 5

Titolo 6

SEZIONE 5:Taranto
Titolo 1
Titolo 2
Titolo 3
Titolo 4
Titolo 5

Titolo 6

Quotidiano di Lecce  del 6/4/01

Centinaia di persone davanti all'abitazione di Bagordo. I

funerali a spese del Comune.

 "Ciao Angelo"

 Pellegrinaggio in via Palmieri

Gli amici , quelli veri , non lo hanno dimenticato. E forse

nemmeno lui pensava di averne tanti. Per tutta la giornata di

ieri, in via Palmieri, al civico 1, c’è stato un

pellegrinaggio spontaneo. Tantissime persone  (amici,

conoscenti, residenti del borgo antico) si sono fermate

davanti a quella casa , alla casa di Angelo, del "profeta

ribelle".E per ieri sera, era in programma una veglia , per

ricordarlo degnamente.

Angelo Bagordo non è morto l'altro giorno. E' morto lo scorso

novembre, quando èstato sfrattato da quella casa. E i

messaggi di oggi, purtroppo, non potranno restituirlo alla

vita

E di messaggi , sui muri di quel palazzo, ce n'erano tanti

ieri pomeriggio."Lode alla morte solare nel cielo. Della tua

vita, del tuo dolore , del tuo pensiero". Giorgia: "Mi

dispiace tanto. Ciao Angelo" "Ce l'hanno fatta. Ciao Angelo":

firmato Emanuele, Ornella, Fernando. " Ciao Angelo. Ricordiamo

sempre il tuo grande senso di giustizia e di libertà Rimarrai

sempre l'amico di tutti": firmato gli amici del Duomo.

"Angelo era un uomo di pensiero-  stava scritto accanto ad una

sua foto- di filosofia, di antagonismo. La sua natura politica

lo ha accompagnato per tutta la vita e politico è il suo atto

estremo: s’è negato al mondo, un mondo che pure amava nel suo

tenace tentativo di cambiamento"

E poi ancora :" E' andato, stordito dalla solitudine, dalla

mancanza  dell'incontro, delle parole scambiate per strada,

lontano dalla sua dimora, dai suoi cagnetti, dalle sue povere

cose, che erano bandiera della sua diversità, della sua

separazione cosciente e critica".

Intanto i cani di Angelo ( sei esemplari adulti e quattro

cuccioli) sono accuditi nella pensione dell'associazione

rifugio cani abbandonati, della " Nuova Arca". Seguono i num.

telefono per adozione...

I funerali di Angelo si svolgeranno oggi pomeriggio a totale

carico del Comune di Lecce

                                        PER NON DIMENTICARE

 

 

 

 

 

    Per ricordare Angelo e per non dimenticare gli anni ’70.

 

    Credo che Angelo Bagordo, nella nostra città, per la nostra esperienza e memoria delle storie, dei conflitti, degli affetti maturati negli anni, sia appartenuto a pieno titolo alla parte migliore di una generazione – quella degli anni ’70 – sia esistenzialmente che politicamente. Sino alla radicalità delle sue scelte, sin nel disagio, nell’essere estraneo a ogni percorso di accomodamento, nel non accettare le regole dell’ipocrisia corrente.

 

    Oggi c’è una guerra sulla memoria che riguarda non solo gli anni della Resistenza e del secondo lungo dopoguerra, il più lungo dopoguerra per un paese europeo, ma anche sugli anni ’70, sulla memoria di quel lungo decennio. Non c’è memoria condivisa, né sulla Resistenza (un evento di appena 20 mesi), né sugli albori della Repubblica  e agisce ancora una rimozione sul ’68 e il decennio successivo quando non il tentativo di screditare quel ciclo di conflitti come causa del lassismo, delle droghe, del terrorismo di sinistra, e magari delle difficoltà proprie di una classe dirigente incapace di riforme e ben capace di corruzione e storicamente propensa alla chiusura autoritaria del conflitto.

 

    Ricordo di aver conosciuto Angelo in un’assemblea di movimento all’Università, poco prima del ’77, anno particolarmente rimosso. Lo ricordo che andò in silenzio a una lavagna e scrisse una poesia, sorprendendo un po’ tutti. Aveva scelto un linguaggio creativo che sovvertiva le regole del discorso, diverso da quello già un po’ stereotipato delle organizzazioni militanti e di opposizione della nuova sinistra che nasceva dalla rottura del ’68 e si radicava nell’autonomia culturale e organizzativa dalla sinistra storica. Probabilmente era il 1976, anno di vigilia, l’anno del raduno giovanile di Parco Lambro e delle contraddizioni che scoppiarono anticipatrici già nel cuore dei movimenti collettivi e dei circoli giovanili.

 

    Di quella generazione dispersa si può dire che un nucleo residuale, per quanto minoritario, rimane tuttora in carcere o rifugiato in Francia, senza che si sia saputo e potuto agire con un provvedimento di indulto o di amnistia come segno di superamento dell’emergenza e di chiusura di un lascito tragico del Novecento. Non solo, uno come Adriano Sofri è rinchiuso da tre anni in carcere senza più prospettive di battaglia legale contro una sentenza mostruosa di condanna priva di prove e certezze. Poi forse si può dire che dopo la fine di quel decennio, diciamo dopo la ricaduta del movimento del ’77, di quella generazione in troppi hanno conosciuto il malessere, la delusione, a volte l’artiglio micidiale dell’eroina.

 

    Dopo vent’anni e anche più, a Milano, a Roma, a Bologna, ma anche altrove, sono stati ricordati quei ragazzi uccisi dai neofascisti e dalla risposta d’ordine delle polizie. Sulla Rete si possono trovare siti sulla memoria di quegli anni, con documenti e immagini e bibliografie. In alcuni casi si tratta di Fondazioni o Associazioni intestate a quei nomi, per non dimenticare, perché non si è fatta giustizia. Tra quei nomi che non abbiamo intenzione di dimenticare c’è quello di un ragazzo di vent’anni, Walter Rossi, ucciso a Roma nel ’77 mentre volantinava nei pressi di una notoria sezione fascista della capitale, con un proiettile alla nuca. E nel nome di Walter Rossi Angelo tentò, con altri giovani, di mettere su un centro sociale nel cuore del centro storico, con un’occupazione e una scaletta di attività culturali, di lavoro cooperativo, di attenzione e intervento sociale.

 

    Durante una manifestazione antifascista, quella del 12 novembre del ’77, Angelo assieme ad altri assaggiò, come si dice, mesi di carcere solo perché reo di antifascismo militante e il suo centro sociale venne sgombrato. Uno storico come Claudio Pavone riconosce all’antifascismo militante un ruolo, per quanto non quantificabile, nell’aver mantenuto basso il profilo elettorale e la presentabilità del partito neofascista. Non solo. Pavone non confonde l’antifascismo militante con il terrorismo di sinistra né accredita la nefasta teoria degli opposti estremismi che la sinistra storica volle usare per attaccare i movimenti collettivi e le organizzazioni militanti di allora. Il vecchio PCI in quegli anni vide con cecità incredibile in quei movimenti un impedimento al “farsi Stato” della classe e un intralcio alla marcia istituzionale che doveva legittimarlo in un compromesso con la Democrazia Cristiana (ricordiamo l’unità nazionale con quella classe dirigente). Si voleva stroncare il dissenso e si correva incontro a una democrazia eccezionalistica.

 

    Quelle lotte erano lotte di opposizione, di difesa della democrazia, contro la chiusura autoritaria del conflitto sociale, nel clima della guerra fredda tra i cosiddetti “due campi”, in una situazione di guerra civile strisciante attivata dai circoli dell’oltranzismo atlantico e subita da chi ancora si appoggiava cospicuamente al blocco sovietico e alle sue agenzie. Sempre lo storico Claudio Pavone ricorda come alcune delle organizzazioni militanti della nuova sinistra di quegli anni facevano riferimento all’ala sinistra della Resistenza, quella non rassegnata al paesaggio sociale del dopoguerra e all’involuzione della democrazia italiana. Ingenuamente o meno si parlava di Nuova Resistenza. In ogni caso ci si opponeva a una democrazia oligarchica e a una concezione di democrazia eccezionale fatta propria anche dalla sinistra storica che per poco non sfociò in una democrazia da Stato d’eccezione, e c’era chi lo cercava. La Commissioni stragi si chiude senza un nulla di fatto e con la proposta peregrina del suo presidente di una ambigua “pacificazione”. Per la qualità della democrazia nel nostro paese non c’è proprio da stare tranquilli, visto la nuova scena politica del dopo 13 maggio.

 

    Angelo era uno di quegli anni, era entrato in rapporto con quel movimento, veniva  dall’area dell’Autonomia senza alcuna voglia e capacità di essere fazioso, faceva piuttosto riferimento al versante che a partire dal ’77 affacciò bisogni e desideri di creatività, anche in modo radicale, la ricerca di frammenti di autonomia culturale, di ricerca collettiva e privata di nuovi stili di vita. Non penso che bisogna riproporre nuove istanze di guerra ideologica o vecchie culture e subculture politiche. Credo piuttosto che dobbiamo mantenere vivo uno spazio di autonomia culturale, un clima di conversazione e di attenzione, una rete di rapporti e una difesa della memoria, e tenere aperto il passaggio a nuovi transiti culturali, a nuove modalità del sentire, a sensibilità che non vadano più isolate e mortificate. In una provincia come la nostra non possiamo accettare l’oscuramento del dissenso, della pluralità delle esperienze e delle nuove ipotesi di legame sociale, un microclima costruito spesso attorno all’ossequio del peso dei poteri specifici del denaro e degli affari, del discorso metafisico, delle consorterie, né accettare la censura, l’oscuramento del dibattito pubblico. Nel clima a volte deprimente e pesante di una piccola città Angelo apparteneva a una comunità di cuore, di generazione, di solidarietà ironica e di amicizia. Chi l’ha conosciuto nel corso degli anni è quasi ancora geloso dei propri ricordi, gli conserva una forma pudica e difficile di memoria, gli deve ancora l’oscura gratitudine per una battuta, una chiacchierata, un sorriso.

 

 

 (16 maggio 2001)

                                                                                                      Silverio Tomeo