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Avvertenza:
La redazione segnala i libri senza che vi sia identità di vedute con gli
autori degli stessi.
I
LIBRI
SULL'UNIONE DEI COMUNISTI ITALIANI
(MARXISTI-LENINISTI)
UCI (m-l)
tra revisionismo, mistificazione e
facili condanne sul dogmatismo di allora, ...ma ci fu una generazione che
visse il maoismo come una liberazione...
la prefazione
del libro
Linda
Lanzillotta fu espulsa perché s´era messa con un uomo sposato. Antonio
Polito perché frequentava il circolo del tennis di Castellamare di Stabia.
Nicola Latorre, oggi capofila dei dalemiani, nella sua Fasano diffondeva
90 copie di Servire il popolo, quante ne vendeva l´Unità, ragion per cui
Alfredo Reichlin lo convinse a passare nel Pci. Renato Mannheimer,
militante a Milano, si offrì di smerciare i libri che i compagni ricchi
avevano sottratto alle biblioteche paterne per l´autofinanziamento: in
parte li comprò lui stesso e s´edificò così la libreria. A quei tempi
perfino Diabolik era maoista. Piombato a Kuantaj, paese fantastico
identificabile con la Cina, giunse all´amara conclusione: «Qua io non
avrei ragione di esistere». I poster di Mao
campeggiavano nei cessi delle sezioni, come scoprì Fabrizio Dentice dell´Espresso
visitando il collettivo di Paola, in Calabria. Il motto era «mettere al
primo posto la politica».
Una gita al mare si declinava in un noioso esercizio di militanza: «Ogni
volta che qualcuno sbagliava assumendo atteggiamenti borghesi ci si
riuniva tutti, si leggeva la apposita citazione del presidente Mao
e si sviluppava la critica collettiva contro questi errori», come
riferiva un surreale resoconto di La bandiera rossa, il mensile dell´Unione
dei comunisti italiani (marxisti-lenisti). Il Mao
italiano, Aldo Brandirali, oggi è consigliere comunale a Milano, dopo una
lunga militanza in Comunione e Liberazione. «Don Giussani mi ha rimesso
in piedi».
La breve parabola dei maoisti italiani è raccontata con amore per le
spigolature da Stefano Ferrante, giornalista de La7, in La Cina non era
vicina, (Sperling&Kupfer, pagg. XI-276, euro 16) in libreria da oggi.
Sette anni di vita: 1968-1975. I primi quattro come movimento. Gli ultimi
tre come partito. Diecimila militanti.
Un giornale che per gli avversari di Potere operaio era "Servire il
pollo". Slogan di replica: «Se vuoi fare la rivoluzione non ti
fidare di Oreste Scalzone». Il Pci prendeva le distanze da Mosca e loro
ripubblicavano l´opera omnia di Stalin. Negli anni dei freak Brandirali
si faceva fotografare in giacca e cravatta. A Pilar Castel, attrice e
sorella di Lou, venne vietato di andare ai picchetti in minigonna.
Banditi i nomi stranieri. Mojmir Jezek - disegnatore di avi cecoslovacchi
- venne ribattezzato in Emilio. Un discreto fanatismo ideologico.
Fumisterie incomprensibili. Documenti perlopiù illeggibili. C´erano
anche crudeltà indicibili. Marco Bellocchio racconta che si tenne un
soviet per decidere se era giusto che una donna abortisse, o se non
conveniva far nascere un figlio rivoluzionario. Collettivizzazioni
forzate: «A un certo punto avevano puntato la mia 500 blu, ma non l´ho
mollata, io non ho mai collettivizzato nulla» confessa la Lanzillotta. E
poi l´episodio più noto, il matrimonio comunista celebrato a Milano l´8
gennaio 1972 fra Sergio Bisi e Cristina Soraci davanti ai ritratti di
Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao. Fu
soprattutto una grande mossa di marketing, ma i due stanno ancora insieme:
hanno gestito un distributore di benzina, ora commerciano in libri
antichi. Furono maoisti anche Michele Santoro, i fratelli Antonio e Gianni
Pennacchi, quest´ultimo al Giornale, l´ex ministro Barbara Pollastrini,
impegnato nel doposcuola proletario, Enzo Lo Giudice, che non vota dal
1968 e che difese Craxi durante Tangentopoli, Fausto Luppetti, editore,
Giovanni Fasanella che ha fatto il film sulle Br, Giuliana del Bufalo, lo
scrittore Fulvio Abbate. Il pittore Mario Schifano devolveva parte dei
suoi guadagni al movimento. Il direttore politico di Servire il popolo
Angelo Arvati ha semplicemente cambiato chiesa: ora è diacono nella
diocesi di Casale Monferrato.
La
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